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Rischio e pericolo vulcanico

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Presentazione sul tema: "Rischio e pericolo vulcanico"— Transcript della presentazione:

1 Rischio e pericolo vulcanico

2 Che cosa si intende con rischio vulcanico?
Rischio e pericolo sono due grandezze diverse e sono messe in relazione dalla formula: R = P x V x E V è la vulnerabilità (per esempio quanto un edificio è ben costruito); E l'esposizione (in pratica, quante persone o beni possono essere danneggiati in una certa area); La pericolosità (P), nel caso dei vulcani, si può definire come la capacità che ha un vulcano di modificare l'ambiente intorno a sé. Il rischio è invece la probabilità che queste manifestazioni (tipicamente le eruzioni) danneggino la popolazione in termini di perdite umane o di danni materiali.

3 È possibile prevedere un'eruzione?
Per i vulcani ad attività persistente (in Italia Etna e Stromboli) è possibile fare buone previsioni perché esistono molti dati sul loro comportamento. Nel caso degli altri vulcani attivi ma quiescenti, che cioè hanno eruttato entro gli ultimi anni, esistono poche osservazioni dirette o sono del tutto assenti, quindi non è possibile fare previsioni precise.

4 Come si studiano i vulcani italiani?
L’INGV utilizza diversi tipi di sensori, sia fissi che portatili: Sensori sismici GPS Clinometri Telecamere Immagini termiche Dilatometri Misura dei flussi di gas I vulcani sono studiati anche prelevando campioni del materiale eruttato e svolgendo analisi chimiche e petrologiche.

5 In che modo il lavoro dell'INGV permette di mitigare il rischio vulcanico?  
INGV ricava dallo studio del vulcano una serie di conoscenze che poi vengono usate da altri enti, come la Protezione Civile. Un esempio riguarda le ceneri vulcaniche emesse da Etna e Stromboli, che possono dare problemi agli aerei, alla viabilità autostradale, agli edifici e alla salute pubblica. L’Istituto, oltre a prevedere le eruzioni, prevede anche il comportamento delle ceneri in modo che sia possibile attuare le dovute contromisure.

6 Che cosa rimane ancora da fare in Italia?
Nonostante la presenza di almeno 10 vulcani attivi, in Italia non c’è una buona percezione del rischio vulcanico che, come dimostra il caso dell’ultima crisi bradisismica dei Campi Flegrei, non è comunque di semplice gestione. Dal punto di vista dei vulcanologi c’è ancora molto lavoro da fare per migliorare le nostre conoscenze, in particolar modo per i vulcani meno studiati, per esempio i Colli Albani o quelli sottomarini come il Marsili.


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