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I licheni come bioindicatori
Gli indicatori biologici invece forniscono informazioni circa gli effetti complessivi ed eventualmente sinergici di più fattori. I due sistemi di monitoraggio ambientale mediante indicatori biologici e non biologici sono pertanto complementari, fornendo gli uni informazioni sugli effetti e gli altri sulle cause di ogni variazione ambientale. L'uso dei licheni come bioindicatori è basato sulla valutazione degli effetti dell'aria inquinata su tali organismi. Le ragioni che fanno di questi organismi degli ottimi bioindicatori sono molteplici:
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I licheni come bioindicatori
sono estremamente diffusi nell'ambiente hanno velocità di crescita molto lenta (da 0,1 a 10 millimetri all'anno) e quindi possono registrare le variazioni atmosferiche nell'arco di più anni assorbono tutte le sostanze presenti nell'atmosfera e le accumulano nel tallo con continuità, senza che vi sia per questi organismi una possibilità di disintossicazione, infatti non possiedono apparato escretore, né ricambio dei tessuti come i vegetali d'alto fusto, che perdono le foglie eliminando con esse una parte delle sostanze tossiche; i licheni sono particolarmente attivi nei periodi piovosi, nei periodi cioè nei quali è anche più intenso l'inquinamento atmosferico che viene a concentrarsi nelle piogge.
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I licheni come bioindicatori
I licheni paradossalmente, pur essendo in grado di colonizzare gli ambienti più inospitali sono nel contempo tra i più sensibili alle modificazioni chimiche dell'atmosfera. I primi studi che posero in relazione la rarefazione di alcune specie con l'inquinamento risalgono al 1859 nel Lancashire meridionale e a Parigi nel 1866, ma solo nel dopoguerra questa tematica è stata affrontata organicamente.
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I licheni come bioindicatori
I licheni sono in grado di consentire nel loro tallo alte concentrazioni di metalli pesanti come ferro, piombo ecc. e radionuclidi (stronzio radioattivo ecc.) (Fossati e Coll., 1991); essi pertanto fanno parte di quel particolare gruppo di bioindicatori definiti come bioaccumulatori. Il requisito più significativo dei licheni come bioaccumulatori è la possibilità di evidenziare la presenza di sostanze che per la loro bassa concentrazione sarebbero difficilmente rilevabili con altri metodi. Oltre i metalli pesanti, anche sali di varia natura vengono incorporati e non possono essere rimossi da agenti naturali come piogge o inondazioni.
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I licheni come bioindicatori
L'anidride solforosa SO2 è uno dei tipici inquinanti fitotossici, essa è presente in concentrazioni significative nell'aria, viene assorbita nei vegetali e provoca gravi danni soprattutto in quelli incapaci di effettuare il ricambio delle foglie. Le sue fonti naturali sono le attività microbiche e le eruzioni vulcaniche, le fonti antropogenetiche sono date da combustioni o attività minerarie e metallurgiche, quali l'estrazione del rame. La SO2 emessa nell'atmosfera si dissolve rapidamente nel vapore acqueo dove reagisce, dando prima acido solforoso e poi acido solforico che in parte cade al suolo sotto forma di piogge acide; parte della SO2 si ossida direttamente a solforica grazie ad un processo stimolato dalla radiazione solare, anche quest’ultima si trasforma in acido.
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I licheni come bioindicatori
Il danno più consistente determinato dalla SO2 sui talli lichenici è a carico della clorofilla, che viene degradata a feofitina, sostanza simile, nella quale però un atomo di idrogeno sostituisce il magnesio, provocando un'alterazione dei tilacoidi, evidenziabile con osservazioni al microscopio elettronico a scansione (Favali e coll., 1989; Favali e coll., 1991) e una conseguente variazione dello spettro di assorbimento della luce da parte del ficobionte che esita in una compromissione del processo fotosintetico, fino al blocco e alla conseguente morte. Oltre a quest'effetto l' SO2 produrrebbe alterazioni a carico della respirazione, della capacità di fissare l'azoto atmosferico oltre che degli scambi di acqua e sali.
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