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PubblicatoEdoardo Salvadori Modificato 8 anni fa
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La sfida dell'alternanza scuola-lavoro e dell'apprendistato per scuole e università
Prof. Giuseppe Bertagna Università degli Studi di Bergamo - Milano, 22 Febbraio 2016
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Scenario 1. Internet of Things, Industry 4.0, stampanti 3D, robotica, intelligenza artificiale, biotecnologia, nanotecnologia, genetica chimico-tecnologica: quarta rivoluzione industriale. È qui che si creeranno i posti di lavoro dei prossimi decenni. 2. Proprio le caratteristiche di questi posti di lavoro costringono a ridisegnare l’intero dei lavori relazionali e sociali da essi implicati (a livello di welfare familiare e di servizi sociali cooperativi, mutualistici, assistenziali, formativi, intermodali, turistico-alberghieri, mass mediali-comunicativi, informativi, museal-culturali, ecologico-ambientali). 3. Nell’epoca fordista poche persone (l’élite) dovevano essere formate per comandare sulle altre, «dipendenti dalla classe dirigente»; nell’epoca attuale, proprio la connessione tra i due punti precedenti, implica per tutti e al massimo livello possibile il passaggio dalla «dipendenza» all’«autonomia» e dalla gerarchia fissa strutturale alla gerarchia mobile funzionale a seconda dei tempi, luoghi, contesti e prestazioni.
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Vincoli per la formazione (1)
Per le biografie dei singoli, ciò significa necessità di superare il paradigma formativo separativo; in particolare, non è più possibile pensare ed operare, presupponendo che: 1. la formazione ai posti di lavoro e ai lavori da quarta rivoluzione industriale sia separabile, e non invece simultanea, a quella necessaria per sostenere le loro ricadute personali, interpersonali e sociali; 2. la formazione si possa completare in un solo tempo della vita (quello giovanile), separato da quello successivo riservato al solo lavoro;
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Vincoli per la formazione (2)
3. la formazione possa essere teleopatica, ossia volta, come è stata finora, alla massimizzazione di qualche parte di essa, per es. essere formazione: a) per un solo lavoro da svolgere per l’intera vita quando si sa che bisognerà essere in grado di trasformare più volte lo stesso lavoro, cambiare anche natura e tipologia di lavoro e soprattutto creare nuovi lavori (la precarietà da avversità ad opportunità); b) per una sola parte della cultura sia essa pure quella costituita dall’ampio e sempre più importante acronimo di Steam (Sciences, Tecnology, Engineering, Arts, Mathematics); c) per una sola dimensione dell’integralità personale, sia essa cognitiva, estetica, psicologica, manuale, sociale, morale… semmai ogni parte, naturalmente diversa a seconda delle inclinazioni, capacità, predisposizioni dei singoli, dovrà essere occasione per scoprire sempre in essa le ricadute del tutto, secondo la ri-assunzione degli antichi insegnamenti della paideia classica e della Bildung moderna
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Scelte metodologiche 1. Passare dalle discipline di studio intese come fini dell’insegnamento (magari soltanto in una certa età della vita) alle discipline intese come mezzi per la risoluzione e l’affrontamento di compiti reali in situazione emergenti in ogni età della vita; 2. passare da un’epistemologia lineare (disciplinarismo) ad un’epistemologia della complessità situata (interdisciplinarità); 3. passare dalla pratica di una separazione logica, cronologica e magari anche topologica tra sapere ed esperienza, conoscenze e vita, astratto (dis-creto) e reale (con-creto), studio e lavoro, insegnamento («docenza») e apprendimento («docibilità) ad una pratica di segno contrario: è questo il vero senso del concetto di alternanza formativa per tutte le età della vita.
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Conseguenze ordinamentali
1. A partire dai 15 anni fino alla fine della vita lavorativa (non dunque fino ai 29 anni come ora), sia nel privato sia nel pubblico (oggi escluso dalla possibilità di impiegare questo istituto) si tratta di riconoscere che l’apprendistato formativo in assetto di lavoro è la pratica più strategica per rendere possibile quanto finora indicato e per far esplodere, soprattutto oggi, con la «rivoluzione» delle nuove tecnologie e dell’ontologia del virtuale, le antinomie «della teoria e della pratica dei due tempi» e del paradigma separativo; 2. A partire dai 15 anni, se non è possibile per mancanza di imprese o per rifiuto dei giovani l’esperienza dell’apprendistato formativo in assetto di lavoro, diventa compito prioritario degli istituti di formazione rendere sistematica l’alternanza scuola-lavoro, con: - attività di laboratorio; - tirocini formativi curricolari osservativi (per es., il job shadowing) e attivi (stage aziendali con pratiche riflessive); - esperienze di «impresa formativa simulata» e di «impresa didattica»; - botteghe scuola ecc…
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Lo status quaestionis (1)
1. Attualmente, gli istituti tecnici, tra 400 ore obbligatorie di alternanza nel triennio, quota di autonomia del 20% dei curricoli, spazi di flessibilità aggiuntivi alle quote di autonomia nelle aree di indirizzo (30% nel II biennio e 35% nell’ultimo anno), parte delle ore di indirizzo con la presenza dell’insegnante tecnico pratico, dedicate «a didattica di laboratorio, analisi e soluzione dei problemi, il lavoro per progetti» pari a 396/anno nel primo biennio e 561/anno nel secondo biennio e quinto anno, a fronte di un orario complessivo annuale di ore potrebbero già dedicare alla formazione on the job circa 6,4 ore la settimana nel primo biennio, 11,5 ore la settimana nel secondo biennio (2 giorni su 6) e 12 ore nell’ultimo anno (2 giorni e mezzo su 6).
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Lo status quaestionis (2)
2. Gli istituti professionali statali, con un primo biennio articolato, per ciascun anno, in 660 ore di insegnamenti generale e in 396 ore di insegnamenti di indirizzo; un secondo biennio articolato per ciascun anno in 495 ore di insegnamenti generali e in 561 ore di insegnamenti di indirizzo; un quinto anno articolato in 495 ore di insegnamenti generali e in 561 ore di insegnamenti, usando la quota del 20%, nonché gli spazi di flessibilità entro il limite del 35% dell’orario annuale nel secondo biennio e il 40% nell’ultimo anno sono possono promuovere una formazione on the job in tempi di poco superiore ai tecnici. 3. Diversa la situazione dell’Ifp regionale e dei corsi di Ifp complementari attivati negli istituti professionali. Qui tra il 15% e il 50% delle ore del triennio di qualifica (20%-50% nel quarto anno) deve essere impegnato in «alternanza» e tra il 15% e il 25% in «tirocinio formativo» (20%-30% nel quarto anno).
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Domanda Quanti istituti tecnici e professionali statali, con le attuali rigidità degli organici, perfino di potenziamento, riescono a fare davvero circa un giorno su 6 alternanza nel primo biennio, 2 nel secondo biennio e 3 nell’ultimo anno, corrispondenti, in caso di “alternanza verticale”, a un mese continuativo nel primo biennio, 2 nel secondo biennio e 3 nel quinto anno? E quanti Cfp sfruttano fino in fondo le opportunità normative che hanno di ampliare le esperienze di alternanza rispetto agli istituti tecnici e professionali?
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Due messaggi di Regione Lombardia
Ha fatto bene perciò la legge 30/2015 della Regione Lombardia a dare un doppio messaggio: a) confermare che la via del futuro è chiamata a valorizzare il sistema duale italiano, e in particolare a potenziare i percorsi in apprendistato formativo; per questo ha cominciato a condizionare le doti formazione che gli enti dell’istruzione e formazione professionale ricevono per ogni studente al vincolo di avere almeno il 5% di apprendisti di primo livello tra i loro “iscritti” e a favorire in ogni modo possibile l’apprendistato di terzo livello, relativo a Its, lauree, dottorati e master universitari; è consolante che la realtà abbia già superato questo limite minimo. b) confermare, con i contributi alla costituzione dei i Poli tecnico-professionali, che scuole statali e Ifp regionali sono chiamate a favorite e ad ampliare in ogni modo esperienze sistematiche di alternanza formativa scuola-lavoro.
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Grazie per l’attenzione!
Prof. Giuseppe Bertagna
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