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Breve storia dei fondamenti della matematica

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Presentazione sul tema: "Breve storia dei fondamenti della matematica"— Transcript della presentazione:

1 Breve storia dei fondamenti della matematica
I difficili rapporti tra Matematica, Realtà e Verità

2 1. I fondamenti nell’antichità

3 I fondamenti antichi Talete e la piramide
Il viaggio di Eratostene da Alessandria a Siene nel 240 a.C. E quello di Posidonio da Alessandria a Rodi nel 100 a.C.

4 I fondamenti antichi Stupore dei Greci di fronte alla potenza della matematica Si pone il problema: “Qual è la ragione per cui la matematica si adatta così bene alla realtà?” Risposte filosofiche diverse: Pitagora, Platone, Democrito. Fino all'inizio del XIX s. centralità della geometria. L’algebra è mera tecnica di calcolo e i primi elementi di analisi sono fondati sulla continuità geometrica.

5 Fisica  Geometria  Analisi matematica
I fondamenti antichi Descartes ( ) Materia  Estensione marginalità del concetto di massa e di forza teoria dei vortici per spiegare la forza gravitazionale "geometrizzazione ad oltranza”: Toute ma physique n'est pas que géométrie paradigma perdente, almeno fino a relat. gen., 1916“ Geometria  Fisica Newton ( ) Materia  Massa La geometria fonda l'analisi matematica tutta la matematica è branca della meccanica spazio fisico  spazio matematico (contrariamente ad Aristotele) Fisica  Geometria  Analisi matematica

6 I fondamenti antichi Evidenza  Geometria
Lo spazio euclideo, ordinato con i suoi assiomi ha fondamento nell'evidenza: Evidenza  Geometria Il criterio di evidenza richiede un ulteriore fondamento? Risposte diverse ma riconducibili ad ordine filosofico (razionalismo, empirismo, kantismo, psicologismo)

7 2. Storia del 5° postulato La matematica non è fondata sulla realtà

8 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Già i primi commentatori di Euclide discussero del postulato delle parallele e nel corso dei secoli numerosi furono i tentativi sia di sostituirlo con proposizioni ad esso equivalenti rispetto agli altri quattro postulati, ma più evidenti, sia di dimostrarlo, ovvero di ridurlo a un teorema sulla base degli altri quattro postulati. Proclo ( dC) si esprime così rispetto al quinto postulato: “Se per alcune coppie di rette, formanti con una terza angoli interni da una stessa parte la cui somma è minore di due retti, esiste un punto di incontro, resta da vedere se ciò accade per tutte le coppie. Poiché alcuno potrebbe osservare che vi fosse una certa deficienza (rispetto a due angoli retti) per la quale non si incontrano, incontrandosi invece tutte le altre per le quali tale deficienza fosse maggiore.”

9 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Non si riuscì a sostituire il V postulato perché tutte le proposizioni presentavano lo stesso grado di evidenza. Nel XVIII secolo nacque l'idea che il postulato delle parallele fosse dimostrabile, fosse cioè un teorema, e quindi un falso postulato.

10 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Il primo grande tentativo di dimostrarlo risale al gesuita Girolamo Saccheri. Per discutere il problema nella sua opera Euclides ab omni nævo vindicatus egli costruisce il quadrilatero birettangolo isoscele ABCD, nel quale i lati AD e BC sono equivalenti e i due angoli nei vertici A e B sono retti. Saccheri dimostra poi che, per la simmetria della figura, i due angoli nei vertici C e D sono equivalenti e osserva che sono possibili solo tre ipotesi: 1) “ipotesi dell'angolo retto”: i due angoli in C e in D sono retti; 2) “ipotesi dell'angolo acuto”: i due angoli in C e in D sono acuti; 3) “ipotesi dell'angolo ottuso”: i due angoli in C e in D sono ottusi.

11 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Nell'ipotesi dell'angolo retto dunque C e D sono retti senza ricorrere al quinto postulato e si giunge direttamente alla geometria euclidea metrica. Saccheri studia le conseguenze dell’ipotesi dell'angolo ottuso e la scarta poiché è contraria alla prolungabilità illimitata del segmento e quindi contraria alla natura della linea retta, la quale per Saccheri è infinita. Quindi dimostra una serie di interessanti risultati conseguenti all'ipotesi dell'angolo acuto, tra i quali l'esistenza di una perpendicolare e di una obliqua condotte a una stessa retta da uno stesso punto P esterno ad essa, e l'esistenza di coppie di rette che, nello stesso piano, si avvicinano indefinitamente, senza mai incontrarsi. Davanti a simili risultati abbandona anche l'ipotesi dell'angolo acuto perché ritiene conduca ad assurdità.

12 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
All'inizio del XIX secolo alcuni grandi matematici avevano ottenuto risultati non euclidei sostituendo il quinto postulato, ma tali risultati erano ritenuti così assurdi da dissuadere gli autori dalla pubblicazione. Così Lagrange rinuncia all'ultimo momento ad esporre le proprie idee all'Accademia delle Scienze di Parigi commentando: “Occorre che vi pensi ancora” K.F. Gauss, il princeps mathematicorum ritenuto da molti il più notevole matematico del secolo, non pubblica i suoi lavori in merito “per non udire le strida dei beoti”.

13 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
In effetti, le due rette r ed s della figura non si incontrano in alcun punto nello spazio finito: il punto di incontro è all'infinito. In ciò sta la difficoltà della questione. L'ipotesi dell'angolo retto, rappresentata dal postulato di Euclide o da uno dei suoi equivalenti, costruisce una geometria basata sulle osservazioni fatte in uno spazio finito e pretende di estendere le proprietà trovate anche all'infinito. Questo passaggio non è spiegabile con una deduzione, ma solo con un processo di estrapolazione nel quale si estendono le conoscenze costruite in un insieme preciso di elementi (lo spazio finito) a un insieme più vasto di elementi (lo spazio comprendente l'infinito), giustificando la cosa solo con il fatto che il primo insieme è contenuto nel secondo. Questo procedimento non è conforme al carattere che si vuole dare alla geometria. È necessario ricorrere a un postulato, con la chiara coscienza che questo costituisce solo una delle possibili scelte.

14 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Se Euclide e 2000 anni di geometria hanno scelto l'ipotesi dell'angolo retto per lo spazio, significa che essa appariva più evidente quando era giudicata in uno spazio limitato. Non per questo quella euclidea è l'unica geometria metrica possibile. Anzi dobbiamo dedurre che esiste una fondamentale differenza tra: la costruzione di una geometria come scienza che studia lo spazio e le figure matematiche; la costruzione di una geometria che descrive le proprietà dello spazio fisico in cui viviamo.

15 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Per una geometria del primo tipo, che chiameremo geometria matematica, qualunque ipotesi è interessante (purché non contraddittoria con le altre) e permette di costruire una teoria con un significato matematico. Per una geometria del secondo tipo, che chiameremo geometria fisica, sono interessanti solo le ipotesi che hanno un'utilità nello studio della realtà dei fenomeni fisici.

16 La geometria dell'angolo acuto
Nel corso del XIX secolo, ad opera separatamente del russo Nikolaj Ivanovic Lobacevskij ( ), dell'ungherese János Bolyai ( ) e del tedesco Karl Friedrich Gauss ( ), viene elaborata la geometria fondata sui primi quattro postulati di Euclide e sull'ipotesi dell'angolo acuto, chiamata geometria dell'angolo acuto o geometria iperbolica. Questa geometria, per i matematici dell'epoca, non ha alcun riferimento con lo spazio della fisica allora accettata ed è una geometria metrica non euclidea.

17 La geometria dell'angolo acuto
Per tentare di comprenderne il significato è possibile costruire un modello. Sia dato l'insieme dei punti interni di un cerchio, con esclusione dunque dei punti della circonferenza: i punti del piano della geometria iperbolica sono i punti di tale insieme. Le rette dello spazio iperbolico sono rappresentate, nel modello, dalle corde del cerchio. L'intersezione tra due rette corrisponde all'intersezione tra due corde. Data una corda, per un punto esterno ad essa passano infinite corde che non intersecano la prima: ciò equivale, nello spazio iperbolico, alla proprietà (non valida nella geometria euclidea) per cui da un punto esterno a una retta passano infinite parallele alla retta data. La geometria iperbolica ha proprietà che possono apparire strane, proprio perché non euclidee: la somma degli angoli interni di un triangolo, per esempio, risulta minore di due angoli retti.

18 La geometria dell'angolo acuto
Se la geometria iperbolica non presentava alcun interesse per la fisica ai tempi della sua prima elaborazione, oggi essa risulta più appropriata della geometria euclidea per descrivere alcuni fenomeni fisici, come ad esempio il comportamento dei raggi di luce.

19 La geometria dell'angolo ottuso
Sempre nel XIX secolo, ad opera principalmente del tedesco Bernhard Riemann ( ), viene elaborata la geometria fondata sui primi quattro postulati di Euclide e sull'ipotesi dell'angolo ottuso, chiamata geometria dell'angolo ottuso o geometria ellittica. Anch'essa per i matematici dell'epoca non ha alcun riferimento con lo spazio fisico ed è una geometria metrica non euclidea.

20 La geometria dell'angolo ottuso
Anche in questo caso risulta utile costruire un modello. Sia dato l'insieme dei punti della superficie di una semisfera, con esclusione del suo contorno: i punti del piano della geometria ellittica sono i punti di tale insieme. Le rette dello spazio ellittico sono rappresentate, nel modello, da porzioni di geodetiche, cioè da porzioni di circonferenze massime.

21 La geometria dell'angolo ottuso
L'intersezione tra due rette corrisponde alla intersezione tra due geodetiche. Per ogni punto passano infinite geodetiche, ma, data una geodetica, per un punto esterno ad essa non passa alcuna geodetica che non la intersechi: ciò equivale, nello spazio ellittico, alla proprietà (non valida nella geometria euclidea) per cui da un punto esterno a una retta non si può tracciare alcuna retta parallela alla retta data. Nella geometria ellittica la somma degli angoli interni di un triangolo è maggiore di due angoli retti.

22 La geometria dell'angolo ottuso
Possiamo osservare che la geometria ellittica è la geometria terrestre. In un triangolo avente i tre vertici coincidenti con tre punti della superficie terrestre e in cui ogni lato rappresenta il percorso più breve da un vertice all'altro, la somma degli angoli interni è maggiore di un angolo piatto. Come caso estremo si consideri un triangolo con un vertice nel polo Nord e gli altri due sull'equatore, a una distanza tra loro pari a un quarto della lunghezza dell'equatore: la somma degli angoli interni di un tale triangolo è pari a tre angoli retti. Sia la geometria di Lobacevskij che quella di Riemann sono geometrie metriche, ovvero è definita in esse la distanza tra due punti come il percorso più breve che li congiunge. Ma tali distanze hanno forme matematiche profondamente diverse da quelle della geometria euclidea, che è fondata sul teorema di Pitagora.

23 La geometria dell'angolo ottuso
Se la geometria ellittica non rivestiva interesse per la fisica ai tempi della sua prima elaborazione, oggi essa è utilizzata nello studio delle proprietà gravitazionali dello spazio, nell'ambito della teoria generale della relatività (Einstein, 1916).

24 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Riemann, 1867 Euclide, 300 a.C. Lobacevskij, 1829 Geometria ELLITTICA PARABOLICA IPERBOLICA Parallele a un punto Nessuna Una sola Infinite  angoli triangolo >  =  <  r curvatura spazio finito infinito  C, non reale

25 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Per ristabilire il legame tra la geometria e la realtà, Gauss tenta di misurare la somma degli angoli interni di un triangolo geografico: è uno degli ultimi tentativi di comprendere quale sia la geometria fisica. Ma contemporaneamente rappresenta il riconoscere che la geometria è conoscenza a posteriori nella misura in cui è riferita alla realtà: Gauss è il primo a pensare in modo non kantiano in geometria (C. Mangione). Nella misura in cui le proposizioni matematiche si riferiscono alla realtà, esse non sono certe; e nella misura in cui esse sono certe, non si riferiscono alla realtà (Einstein, saggio Geometria ed esperienza)

26 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
E' famoso il seguente brano del matematico francese Henri Poincaré ( ). “Poiché sono possibili parecchie geometrie, siamo sicuri che proprio la nostra sia quella vera?... Per rispondere è necessario che prima ci poniamo la domanda sulla natura degli assiomi della geometria. Sono essi giudizi a priori come vuole Kant? In tal caso ci si imporrebbero con tale forza che sarebbe impossibile concepire il contrario e quindi potremmo costruirvi sopra un edificio teorico; non ci sarebbero in tal caso geometrie non euclidee. Gli assiomi della geometria sono dunque verità sperimentali? [...] Ma se la geometria fosse una scienza sperimentale, non potrebbe essere una scienza esatta; sarebbe soggetta a continue revisioni [...] Gli assiomi della geometria non sono dunque né giudizi sintetici a priori né fatti di esperienza. Sono invece delle convenzioni; la nostra scelta, fra tutte le convenzioni possibili, è guidata da fatti sperimentali, ma resta libera e non trova dei limiti che nella necessità di evitare le contraddizioni. Per questo i postulati possono rimanere rigorosamente veri, anche se le leggi sperimentali che ne hanno determinato l'adozione fossero solo approssimative. In altre parole, gli assiomi della geometria non sono che definizioni camuffate. Ed allora che cosa si deve pensare del problema se la geometria euclidea è vera? Tale problema è senza senso! Altrettanto varrebbe domandare se il sistema metrico è vero e false le misure antiche; se le coordinate cartesiane sono vere e le polari false. Una geometria non può essere più vera di un'altra; può essere soltanto più comoda.” Poincaré H., citato in Chiellini, pag. 466

27 Epilogo dell'epoca bimillenaria della Geometria
Riassumiamo le conseguenze fondamentali della scoperta delle geometrie non euclidee: Crisi della univocità e necessità dei concetti geometrici. Geometria matematica e geometria fisica si separano. Lo spazio matematico e lo spazio fisico tornano a divorziare. Come ai tempi di Aristotele! Teoria matematica e realtà si separano: vi sarà una verità matematica (legata essenzialmente al principio di non contraddizione) e una verità di realtà.

28 3. La “crisi dei fondamenti” dell’Ottocento La fugace stagione dell'Aritmetica

29 La perdita della certezza nell'Evidenza
I Greci avevano posto il problema: Esistono più punti sulla retta che numeri razionali I numeri razionali (insieme Q) sono quelli definibili sempre come rapporti tra numeri naturali (insieme N). I numeri reali (insieme R) comprendono sia i razionali che altri numeri, detti irrazionali. In sostanza i Greci scoprirono due cose.

30 La perdita della certezza nell'Evidenza
1) I numeri che costituivano il loro cosmo aritmetico, i numeri costruibili cioè come rapporti di interi, sono infiniti oltre che per addizione anche per divisione. Si accorsero cioè che tra due numeri razionali, anche vicinissimi, come ad esempio 0 e (un milionesimo), sono compresi infiniti numeri razionali. Ciò da una parte li espose irrimediabilmente alla critica zenoniana, ma dall'altra dovette far intravedere la possibilità di descrivere lo spazio (e la geometria stessa) con l'aritmetica: infatti, sia un segmento che un sottoinsieme di numeri razionali, come quelli compresi tra 0 e 1, contengono infiniti elementi. Si sospettò dunque la corrispondenza biunivoca tra l'insieme Q e la retta e che l'insieme Q fosse un "pieno" e non lasciasse "buchi".

31 La perdita della certezza nell'Evidenza
2) Questa speranza si rivelò illusoria: i numeri razionali rivelarono dei “buchi” e non si prestarono più a descrivere lo spazio fisico, dopo la scoperta dei numeri irrazionali. Cadde ogni speranza di costruire una corrispondenza tra aritmetica e geometria. Ne risultò penalizzata l'aritmetica, che divenne matematica del discreto, e la matematica dell'Occidente per secoli si identificò quasi solo con la geometria.

32 La perdita della certezza nell'Evidenza
Tutta la matematica dei Greci è fortemente caratterizzata dalla costruibilità. Il criterio di costruibilità appariva molto più affidabile di ogni speculazione, soprattutto dopo due episodi spiacevoli che costruiranno il complesso del mondo greco per l'infinito: la lacerante scoperta dei numeri irrazionali in aritmetica. la penetrante e aggressiva critica di Zenone al molteplice geometrico I Greci sapevano ciò che, in linguaggio moderno, chiamiamo la densità dell’insieme dei razionali Q. Teorema della densità di Q

33 La perdita della certezza nell'Evidenza
Trovarono inoltre, in ambito geometrico, una conseguenza di quanto, in linguaggio moderno ed in ambito aritmetico, potremmo definire come la continuità di R, ma non di Q: R e Q quindi non potevano essere messi in corrispondenza biunivoca. Teorema della numerabilità di Q. L'insieme Q è numerabile (Cantor) Mettendo in ordine tutte le frazioni nella matrice seguente: 0/1 1/1 2/1 3/1 4/1 ..… 0/2 1/2 2/2 3/2 4/2 ..… 0/3 1/3 2/3 3/3 4/3 ..… 0/4 1/4 2/4 3/4 4/4 ..… … … … … … queste si possono "contare", cioè mettere in corrispondenza con i numeri naturali. Dunque Q è numerabile.

34 La perdita della certezza nell'Evidenza
Teorema della non numerabilità di R (Liouville) Dim. per abs. di Cantor (usa l'assioma della scelta di Zermelo) Ordino tutti i numeri reali in questo modo: a1= 0.11 12 13 14… a2= 0.21 22 23 24… a3= 0.31 32 33 34… … Ma il numero b=0.ß1 ß2 ß3 ß4... (con ßi = 0 se ii dispari e =1 se ii pari) non compare! (absurdus, c.v.d.). Dunque R non è numerabile. L'aporia di Zenone si può sintetizzare con le chiare parole di P. Albertelli che ha curato le traduzioni dei frammenti di Zenone nel volume I Presocratici di Hermann Diels. L'aporia dice: a) [Tesi]. Se l'essere ha grandezza (= è continuo, è divisibile) è molteplice e non uno in conseguenza della divisione in parti; ma se nulla è uno, dato che la molteplicità è costituita di unità, nulla sarà molteplice. b) [Antitesi]. L'indivisibile, ciò che non ha grandezza, l'uno, non esiste; infatti non è nulla ciò che, sottratto o aggiunto, non diminuisce o accresce.

35 La perdita della certezza nell'Evidenza
Tutte le volte che successivamente, come ad esempio nella soluzione delle equazioni algebriche, si pose il problema di trattare con l'insieme dei numeri reali (razionali e irrazionali) si fece ricorso alla geometria, ritenuta più affidabile: basta infatti associare all'insieme dei numeri reali quella "pienezza", caratteristica della retta, che va sotto il nome di continuità. Ciò avviene ammettendo implicitamente il seguente assioma: Tra i punti di una retta r e l'insieme R dei numeri reali c'è una corrispondenza biunivoca. Mentre non può esserci corrispondenza biunivoca tra l'insieme Q dei numeri razionali e i punti sulla retta.

36 La perdita della certezza nell'Evidenza
Così facendo: Continuità della retta  Continuità dell'insieme R dei numeri reali Continuità in Geometria  Continuità in Aritmetica. Geometria  Tutta la Matematica Dopo la scoperta delle geometrie non euclidee questo modo di vedere entra in crisi. La crisi appare fondamentalmente circoscritta alla geometria, poiché è fondamentalmente crisi del legame tra spazio matematico e fisico.

37 La perdita della certezza nell'Evidenza
La matematica deve cercare un altro fondamento alle sue verità. Occorre un fondamento per l'Analisi matematica e, poiché questa si fonda sul continuo, necessita di un fondamento la continuità dell'insieme R. E con essa la stessa Geometria e la continuità della retta. Se il continuo geometrico della retta non è più affidabile per giustificare il continuo dei numeri reali, sarà l'aritmetica stessa al suo interno a fondarlo. Ciò viene fatto introducendo in modo rigoroso il concetto di numero reale.

38 1872 Nel 1872 vengono date tre diverse definizioni di numero reale, che corrispondono a due differenti assiomi di continuità. Uno di questi è dovuto a Cantor. Assioma di continuità (Cantor) Due insiemi separati e contigui ammettono uno e un solo elemento di separazione. Assioma di continuità (Dedekind) Dividendo un insieme A in due classi A1 e A2, tali che: ciascun elemento di A appartenga o ad A1 o ad A2; ogni elemento di A1 preceda ogni elemento di A2; esiste uno e un solo elemento di separazione, appartenente o ad A1 o ad A2. Si dimostra che: Dedekind  Cantor Dedekind  Eudosso-Archimede

39 1872 In breve: contigui significa che i due insiemi sono "infinitamente ravvicinati" e separati che ogni elemento del primo precede tutti gli elementi del secondo. L'argomento è ampiamente trattato dai testi di matematica liceale. Se ne studiano solitamente le applicazioni geometriche al problema della rettificazione della circonferenza e della quadratura del cerchio. Va sottolineata qui la portata dell'assioma, per evitare una sua lettura banalizzante, come la seguente: Se dico che un insieme è costituito da tutti i numeri minori di  e l'altro da tutti quelli maggiori, è ovvio che l'elemento di separazione  esista. Occorre pensare a tutti i modi possibili di individuare i due insiemi senza ricorrere all'elemento di separazione, come ad esempio il seguente: Il primo insieme contiene tutti i numeri i cui quadrati sono minori di 2 e il secondo tutti i numeri i cui quadrati sono maggiori di 2. Solo l'assioma di continuità ci assicura aritmeticamente dell'esistenza del numero 2. Si noti che Aristotele descrive la continuità della retta nel modo seguente: “Una cosa è continua quando i limiti in cui due sue qualsiasi parti successive si toccano sono uno e uno solo e sono, come implica la parola "continuo", tenuti insieme” (Kline M., vol. 1, p. 65)

40 Aritmetica  Analisi  Geometria
1872 L'analisi non necessita più della geometria né del concetto intuitivo di spazio, che diviene un ente astratto: la nozione di numero naturale appare più semplice e meno problematica. “Per la prima volta nella storia era il continuo definito aritmeticamente che fondava quello geometrico” (C. Mangione). Aritmetica  Analisi  Geometria

41 1872 Recupero delle certezze perdute? L'Aritmetica si fonda su giudizi sintetici a priori? Secondo Poincaré, il principio di induzione - che, per Frege e Dedekind, è fondamento dell'aritmetica - è “l'unico principio scientifico che possa insegnarci qualcosa di nuovo, qualcosa cioè che non proviene dall'esperienza e che arricchisce in modo effettivo la nostra conoscenza. Esso soddisfa dunque alle condizioni enunciate da Kant perché una scienza risulti autenticamente tale: «É il vero tipo di giudizio sintetico a priori»". (citato in Geymonat, VI, 182) Poincaré si rivela convenzionalista in geometria ma kantiano in aritmetica.

42 1872 Il principio di induzione è il ponte che collega il numero (finito) all'infinito. Esso afferma quanto segue: Se una proprietà P vale per un certo numero intero n0 E se so che, se quella proprietà vale per un numero naturale n, allora vale anche per il suo successivo n+1 Allora la proprietà P vale per tutti i numeri naturali n In simboli: (P(n0)  (n P(n)  P(n+1)))  n P(n) dove n e n0 sono numeri naturali. Si legge: “Se P vale per n0 e se, valendo P per un qualsiasi n, vale anche per n+1, allora P vale per tutti gli n. Il principio di induzione sembra molto naturale e fonda la sua forza su questa evidenza. Pur tuttavia esso concerne l'infinito e quindi la sua deve essere considerata una falsa evidenza.

43 1872 Come giustificare il principio di induzione?
Ricorso a proprietà della mente non basta, poiché la verità del principio non può essere dimostrata in modo semantico, giacché il principio di induzione è la nostra chiave di accesso alla comprensione dell'infinito. Il problema dei fondamenti è indissolubilmente intrecciato con il problema dell'infinito.

44 Insiemistica  Aritmetica  Analisi  Geometria
1872 Georg Cantor ( ): sposta l'intuizione sul concetto di insieme. Teoria intuizionistica degli insiemi a fondamento dell'aritmetica. Insiemistica  Aritmetica  Analisi  Geometria La teoria degli insiemi - che si studia nella scuola media - con Cantor diviene strumentale alla trattazione del problema dell'infinito in aritmetica. Devono esistere almeno due infiniti: l’infinito numerabile, 0, di N, Z e Q l’infinito continuo, c, di  e della retta

45 Gli infiniti di Cantor Discutere di numeri infiniti conduce a facili errori, come mostrano i paradossi dell'infinito. Paradosso di Galileo: “I numeri quadrati sono tanti quanti tutti i numeri” (Galileo: “Non vedo che ad altra decisione si possa venire che a dire, in ultima conclusione, che gli attributi di eguale, maggiore o minore non aver luogo negli infiniti, ma solo nelle quantità terminate”). Noto anche nella versione del Paradosso dell'albergatore: “Un albergatore possiede infinite stanze numerate progressivamente dal numero 1. Arrivano infiniti clienti che vengono sistemati nelle infinite stanze. Arrivano quindi altri infiniti clienti. L'albergatore ordina a tutti i clienti già sistemati di spostarsi dalla propria camera n a quella con il corrispondente numero quadrato n2. Si liberano infinite stanze che possono essere occupate dai nuovi arrivati”

46 Gli infiniti di Cantor Paradosso del segmento I punti di un segmento sono tanti quanti i punti di tutta una retta, come si stabilisce con la corrispondenza biunivoca della figura. Altri famosi paradossi furono i seguenti: Paradosso di Cantor: Le n-ple di reali sono tante quanti i reali (tanti punti nel piano quanti sulla retta (Cantor: “Lo vedo, ma non lo credo”). Paradosso di Peano: Esistono curve che riempiono un quadrato (cfr. oggetti frattali).

47 Gli infiniti di Cantor Questi sono tuttavia solo paradossi, poiché hanno una spiegazione nella teoria di Cantor sui numeri infiniti. Partiamo dai numeri finiti. Due numeri finiti sono uguali quando sono potenze di insiemi in corrispondenza biunivoca: n = m  n=p(A)  m=p(B)  A in corrispondenza biunivoca con B Non può mai presentarsi il caso di un insieme finito in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio.

48 Gli infiniti di Cantor p(N) = 0
Ma un insieme infinito è definito proprio come un insieme che può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio. La potenza p(A) di un insieme infinito A si chiama numero transfinito. Il primo numero transfinito è la potenza dell'insieme dei numeri naturali, che si indica con il simbolo 0 (si legge: aleph con zero, l’aleph è la prima lettera dell'alfabeto ebraico): p(N) = 0

49 Gli infiniti di Cantor Ne discende che due insiemi infiniti di cui uno è sottoinsieme proprio dell'altro, possono corrispondere allo stesso numero transfinito. Esempio: Nel paradosso di Galileo questo accade tra l'insieme dei numeri naturali e l'insieme dei numeri quadrati: il primo contiene il secondo, ma "hanno lo stesso numero" transfinito di elementi. Occorre allora un criterio per dire quando due numeri transfiniti sono uguali, maggiori o minori: Teorema di Cantor - Bernstein: Due insiemi infiniti sono equipotenti (cioè "hanno lo stesso numero transfinito”) se esiste una corrispondenza biunivoca tra ciascuno e un sottoinsieme proprio dell'altro. Se esiste solo una delle due corrispondenze biunivoche, allora uno è maggiore dell'altro.

50 Gli infiniti di Cantor p(N) = p(Z) = p(Q) = 0 p() p(C) = c 0 < c
Esempi: Il numero transfinito di N, è uguale a quello di Z ed anche a quello di Q, ma è diverso e minore del numero transfinito di R. In simboli: p(N) = p(Z) = p(Q) = 0 p() p(C) = c 0 < c Dunque nell'insieme dei numeri transfiniti vi è un ordine.

51 Gli infiniti di Cantor Si chiama insieme delle parti (A) dell'insieme A, quell'insieme formato da tutti i sottoinsiemi propri e impropri di A e si dimostra che se l'insieme A ha potenza n, cioè p(A)=n, allora l'insieme delle parti di A, (A), ha potenza 2n: p((A)) = 2n. Dato un insieme A infinito, esiste sempre un numero transfinito maggiore di p(A): è p((A)): L'ipotesi del continuo in aritmetica equivale a: Inoltre esiste anche un numero transfinito maggiore di p()=c, 2c.

52 4. La potenza della logica

53 Le antinomie logiche La teoria intuizionistica di Cantor non dice molto di più, ma soprattutto cade su alcuni gravi problemi: le antinomie logiche. Antinomia di Cicerone “Se tu affermi di mentire, allora: se dici il vero, allora menti; se menti, allora dici il vero”. Antinomia del coccodrillo Il coccodrillo rapisce un ragazzo e dice al padre: «Se indovini cosa farò, riavrai tuo figlio». Il padre risponde che non gli ridarà il figlio. Antinomia del barbiere (Russell, 1918). Un barbiere di villaggio, vantandosi di non avere concorrenza, si fa pubblicità dicendo che lui ovviamente non fa la barba a quelli che si rasano da soli, ma la fa a tutti quelli che non si rasano da soli. Finché un giorno si chiede se deve o no radere se stesso.

54 Le antinomie logiche Antinomia di Russell
Insiemi C: insiemi che contengono se stessi come elemento; Insiemi non-C: insiemi che non contengono se stessi come elemento. Esempi: l'insieme dei punti del piano è un insieme non-C; l'insieme di tutti gli insiemi pensabili è un insieme C Se M è l'insieme di tutti gli insiemi non-C, allora: se M è non-C, non contiene se stesso, ma allora, per definizione di M, contiene se stesso; se M è C, contiene se stesso, ma allora, per definizione di M, non contiene se stesso.

55 Le antinomie logiche Cosa c'entrano le antinomie logiche con la teoria di Cantor ? “La causa di tutti questi paradossi, come rilevano Russell e Whitehead, è che un oggetto viene definito in termini di una classe di oggetti che contiene l'oggetto stesso. Simili definizioni sono dette anche impredicative, e si trovano soprattutto in teoria degli insiemi. [...] La dimostrazione di Cantor della non numerabilità dell'insieme dei numeri reali fa anch'essa uso di insiemi impredicativi.” Kline M., vol. 2, p. 1379

56 Le antinomie logiche “Aristotele discute la definizione. La sua nozione di definizione è moderna: egli dice che è il nome di un insieme di parole. Egli rileva anche che la definizione deve essere data in termini di qualche cosa che è antecedente alla cosa definita. Così, egli critica la definizione “un punto è ciò che non ha parti” perché le parole “ciò che” non dicono a che cosa fanno riferimento, se non eventualmente a punto, e perciò la definizione non è corretta. Egli sostiene la necessità di termini non definiti perché deve esserci un punto di partenza nella serie di definizioni, ma i matematici successivi persero di vista questa necessità fino alla fine del XIX secolo”. Kline M., vol. 1, p. 64.

57 Le antinomie logiche Per tutta la seconda metà del XIX s. si assisté ad un grande sviluppo della logica (De Morgan; Boole; Nascita dell'algebra della logica, cioè del calcolo logico) La logica non è più una branca della filosofia Idea di poter matematizzare il pensiero Gottlob Frege ( ) e Richard Dedekind ( ) assunsero una posizione differente da quella di Cantor: Ricostruire l'aritmetica come costrutto logico fondato su definizioni Il principio di induzione ad esempio diviene una proprietà definitoria. Rivoluzione di Frege, Dedekind: Il fondamento della matematica non è psicologico, ma logico

58 Le antinomie logiche Nel 1908 Ernst Zermelo ( ) tentò di risolvere la questione assiomatizzando la teoria degli insiemi, cioè ricostruendola a partire da un sistema di assiomi (postulati), come nella geometria di Euclide, tra i quali in particolare l'ultimo (IX), chiamato Postulato di fondazione, afferma: Si esclude che esistano insiemi che appartengono a se stessi come elemento. Cioè si escludono esplicitamente gli insiemi C dell'antinomia di Russell.

59 Logica  Insiemistica  Aritmetica  Analisi  Geometria
Le antinomie logiche Il criterio di evidenza è definitivamente sostituito dal criterio di non contraddizione. Logica  Insiemistica  Aritmetica  Analisi  Geometria Tuttavia la soluzione proposta da Zermelo non fu ritenuta soddisfacente da tutti i matematici. Fin dalla fine del XIX secolo si erano infatti imposte nel mondo matematico tre scuole di pensiero fondate su tre modi diversi di intendere questa disciplina.

60 5. Scuole di pensiero nel XX secolo La matematica è anche opinione

61 Logicismo Frege, Russell, Whitehead
L'obiettivo della scuola logicista “è di fondare la matematica sulla logica. Non è necessario alcuno degli assiomi della matematica; la matematica diventa nient'altro che una naturale estensione delle leggi e della materia della logica. Ma i postulati della logica e tutte le loro conseguenze sono arbitrari e, soprattutto, formali. Cioè, essi sono privi contenuto: hanno solamente una forma. Di conseguenza anche la matematica non ha contenuto ma solamente forma. I significati fisici che associamo ai numeri o ai concetti geometrici non fanno parte della matematica. È pensando a questo che Russell disse che la matematica è quella materia in cui non conosciamo mai ciò di cui stiamo parlando, né se ciò che diciamo è vero. In realtà, quando Russell avviò il suo programma ai primi del secolo, lui (e Frege) ritenevano veri gli assiomi della logica. Ma Russell abbandonò questa posizione nell'edizione del 1937 dei Principles of Mathematics. L'approccio logicista ha ricevuto molte critiche. [...] Un'altra seria critica filosofica della posizione logicista in toto è che se l'idea logicista fosse corretta, allora tutta la matematica sarebbe una scienza puramente formale, logico-deduttiva in cui i teoremi seguono dalle leggi del pensiero. Appare perciò inesplicabile che una simile elaborazione deduttiva delle leggi del pensiero possa rappresentare una gran varietà di fenomeni naturali quali l'acustica, l'elettromagnetismo e la meccanica. Inoltre, nella creazione della matematica l'intuizione immaginativa o percettiva devono fornire nuovi concetti, siano essi derivati o meno dall'esperienza. Altrimenti come potrebbero nascere nuove conoscenze? Ma nei Principia tutti i concetti si riducono a concetti logici.” Kline M., vol. 2, p

62 Intuizionismo Kronecker, Poincaré, Brouwer, Weyl, Heyting
Le principali tesi della corrente intuizionista sono: Alcune semplici affermazioni matematiche non devono richiedere fondamento al di fuori della intuizione immediata dell'uomo. Esempio: L'aritmetica non necessita di una fondazione assiomatica. La matematica intuizionista di Kronecker ad esempio è pitagorica: Egli riteneva che i numeri interi fossero dotati di un significato stabilito da Dio I numeri razionali sono un comodo sistema per trattare i numeri interi I numeri irrazionali non esistono.

63 Intuizionismo Un qualsiasi ente matematico dovrebbe essere costruibile in un numero finito di passi ed in modo esatto. Allo stesso modo una qualsiasi dimostrazione dovrebbe essere costruttiva. I numeri irrazionali non esistono. Inoltre la costruibilità degli enti elimina gli insiemi impredicativi: infatti, per costruire un insieme A che contiene se stesso come elemento occorre che A sia già costruito: dunque A non è costruibile. Rifiuto del principio logico del terzo escluso applicato agli insiemi infiniti. Ciò invalida le dimostrazioni per assurdo. Non si può dimostrare che un ente esiste, dimostrando che la sua inesistenza porterebbe a contraddizione.

64 Intuizionismo La logica classica si fonda su tre principi.
1) Principio di identità Ogni proposizione equivale a se stessa: P P = P 2) Principio di non contraddizione Una proposizione e la sua negazione non possono essere contemporaneamente vere:  P (P  P) 3) Principio del terzo escluso Una proposizione può essere solo vera o falsa:  P P  P Proprio a causa della legge del terzo escluso (che i medievali indicavano col Tertium non datur) la logica classica è una logica bivalente.

65 Intuizionismo Trattando di insiemi infiniti si può incorrere in un terzo stato, oltre alla verità e alla falsità di una proposizione: la sua indecidibilità. Esempio: “Nello sviluppo decimale del numero = esiste la successione di cifre ” Secondo Poincaré il ridurre la matematica alla logica l'avrebbe trasformata in un'immensa tautologia.

66 Intuizionismo «La posizione intuizionista di Brouwer discende da una filosofia più ampia. L'intuizione fondamentale, secondo Brouwer, è l'avvenire delle percezioni in successione temporale. "La matematica nasce quando l'oggetto della dualità, che risulta dal passare del tempo, viene astratto da tutti gli avvenimenti particolari. La rimanente forma vuota [la relazione di n con n+1] del contenuto comune a tutte queste dualità diviene l'intuizione originaria della matematica e ripetuta illimitatamente a nuovi soggetti matematici". Perciò con l'illimitata ripetizione la mente forma il concetto dei numeri naturali successivi. L'idea che i numeri interi derivino dall'intuizione del tempo era stata sostenuta da Kant, da William R. Hamilton nel suo Algebra as a Science of Time, e dal filosofo Arthur Schopenhauer. [...] Le idee matematiche [secondo Brouwer] sono immerse nella mente umana prima di linguaggio, logica ed esperienza. L'intuizione, non l'esperienza o la logica, determina la validità e l'accettabilità delle idee. Si deve naturalmente ricordare che questi enunciati concernenti il ruolo dell'esperienza devono essere presi in senso filosofico, non in senso storico. Secondo Brouwer gli oggetti matematici sono acquisiti per mezzo di una costruzione intellettuale, e i numeri fondamentali 1, 2, 3, ... forniscono il prototipo di una costruzione siffatta. La possibilità della ripetizione illimitata della forma vuota, il passo da n ad n+1, conduce agli insiemi infiniti. Comunque, l'infinito di Brouwer è l'infinito potenziale di Aristotele, mentre la matematica moderna, così come è stata fondata per esempio da Cantor, fa un uso estensivo degli insiemi infiniti in atto, in cui tutti gli elementi sono presenti "contemporaneamente". A proposito del concetto intuizionista di insieme infinito, Weyl, che apparteneva alla scuola intuizionista, dice che "la successione di numeri che cresce al di là di ogni stadio già raggiunto ... è una varietà di possibilità che si aprono all'infinito; rimane per sempre allo stato di creazione, ma non è un dominio chiuso di cose che esistono in se stesse. Nell'aver ciecamente convertito l'uno nell'altro sta la vera fonte delle nostre difficoltà, comprese le antinomie - una fonte di natura più fondamentale del principio del circolo vizioso indicato da Russell. Brouwer ci ha aperto gli occhi, e ci ha fatto vedere quanto la matematica classica, nutrita da una fede nell'assoluto che trascende tutte le possibilità di umana comprensione, vada oltre simili enunciati perché può vantare un significato reale e una verità fondata sull'evidenza» …

67 Intuizionismo «Il mondo dell'intuizione matematica è contrapposto al mondo delle percezioni casuali. A questo mondo casuale, e non alla matematica, appartiene il linguaggio, che in quella sede serve per comprendere i comportamenti comuni. Le parole o le relazioni verbali vengono usate per comunicare verità. Il linguaggio serve ad evocare nella mente dell'uomo copie di idee per mezzo di simboli e suoni. Ma i pensieri non possono mai venire simbolizzati interamente. Queste osservazioni si applicano anche al linguaggio matematico, compreso il linguaggio simbolico. Le idee matematiche sono indipendenti dall'abito linguistico, e sono in realtà assai più ricche.La logica appartiene al linguaggio. Essa offre un sistema di regole che permettono la deduzione di ulteriori relazioni verbali e sono volte anche a comunicare verità. Tuttavia, queste verità non sono tali finché non le abbiamo sperimentate, e non vi è neppure la garanzia che esse possano essere sperimentate. La logica non è uno strumento attendibile per scoprire delle verità che non possono essere ottenute anche in altro modo. I principi logici sono la regolarità osservata a posteriori nel linguaggio. Essi sono dei meccanismi di manipolazione del linguaggio, sono la teoria di rappresentazione del linguaggio. I più importanti passi avanti in matematica non si ottengono perfezionando la forma logica ma modificando la stessa teoria di base. La logica poggia sulla matematica, e non la matematica sulla logica. Poiché non riconosce alcun principio logico obbligatorio a priori, Brouwer non riconosce alla matematica il compito di dedurre conclusioni dagli assiomi. La matematica non è costretta a rispettare le regole della logica, e per questo motivo i paradossi sarebbero ininfluenti anche se dovessimo accettare i concetti matematici e le costruzioni chiamati in causa dai paradossi. Ovviamente, come si vedrà, gli intuizionisti non accettano tutti questi concetti e queste dimostrazioni. Weyl si dilunga sul ruolo della logica: "Secondo le sue [di Brouwer] idee e la sua lettura della storia, la logica classica venne ricavata dalla matematica degli insiemi finiti e dei loro sottoinsiemi ... Dimentichi di queste origini limitate, successivamente si scambiò quella logica per qualcosa di superiore e precedente a tutta la matematica ed infine la si applicò, senza giustificazione, alla matematica degli insiemi infiniti. Questa è la caduta e il peccato originale della teoria degli insiemi, per cui essa viene giustamente punita dalle antinomie. Non è tanto sorprendente che si siano presentate delle contraddizioni, quanto che esse si siano mostrate ad uno stadio del gioco così avanzato». Kline M., vol. 2, pp

68 Formalismo Hilbert, von Neumann
Le tesi principali sono: Abbandono della discussione sul rapporto tra matematica e realtà materiale. La matematica concerne solo simboli e un linguaggio per utilizzarli, quello logico. Vengono accettati: la logica classica con il principio del terzo escluso, la teoria di Cantor sugli insiemi infiniti, l'analisi matematica. La matematica è costituita da diversi settori, ciascuno dei quali è un sistema ipotetico-deduttivo fondato su assiomi specifici, alcuni dei quali sono assiomi logici. La matematica non è riducibile ad una singola disciplina e dunque nemmeno alla logica.

69 Formalismo La condizione fondamentale che rende oggettiva la matematica è la sua non-contraddittorietà (coerenza). I formalisti lavorarono a lungo alla ricerca di una dimostrazione della non-contraddittorietà di un sistema formale fondato su regole logiche, costruendo una disciplina che dovrebbe occuparsi di questo: la metamatematica. Riuscirono a dimostrare che la coerenza della maggior parte delle discipline matematiche si riduceva alla coerenza dell'aritmetica. All'inizio degli anni '30 restava da dimostrare la coerenza interna dell'aritmetica.

70 Formalismo Nella metamatematica rientrano, ad esempio, teoremi come i seguenti due che valgono in qualsiasi teoria razionale, cioè ipotetico-deduttiva. Teorema dello Pseudo-Scoto (Ex absurdis sequitur quo libet) Se in una certa teoria razionale T esistono due proposizioni tra loro contraddittorie A e A (non-A), allora è possibile dimostrare in T qualsiasi proposizione. Dimostrazione Presa una qualsiasi proposizione P, si supponga che P sia falsa e si ricordi che la seguente è una tautologia logica: B  C, ¬B  C Dunque, supponendo A e ¬A vere: ¬A  P, ¬P  ¬A A  P, ¬A  P Quindi, se ¬P è vera, anche P è vera e di qui la tesi: A: A,AT  P PT Teorema Condizione necessaria e sufficiente affinché una teoria razionale T non sia contraddittoria è che non contenga tutte le proposizioni. La condizione è necessaria. Infatti, se T contiene tutte le proposizioni è manifestamente contraddittoria, poiché contiene una proposizione e la sua negazione. La condizione è sufficiente. Infatti, se T è contraddittoria, allora contiene tutte le proposizioni per il teorema dello Pseudo-Scoto. Ne discende che per dimostrare la non contraddittorietà di una teoria T è sufficiente dimostrare che esiste almeno una proposizione P che non sia dimostrabile nella teoria T.

71 6. Il teorema di Gödel Il sogno infranto della Logica

72 La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
Nel 1930 l'austriaco Kurt Gödel enunciò il suo celebre: Teorema di incompletezza Una teoria formale, abbastanza potente da contenere al suo interno almeno l'aritmetica, o è coerente o è completa. Coerente significa non contraddittorio, che non genera contraddizioni cioè nel quale è impossibile dimostrare una proposizione e la sua negazione. Completo significa che di ogni proposizione è in grado di stabilire la verità o la falsità.

73 La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
In una teoria formale (cioè assiomatizzata) che contiene l'aritmetica vi sono proposizioni come la seguente: P = “Non esiste una dimostrazione di P” Ora, se P è falsa, allora il sistema è incoerente, poiché contiene una proposizione falsa. Viceversa se P è vera, allora il sistema è incompleto poiché P non è dimostrabile al suo interno. Naturalmente la scelta cade sulla verità di queste proposizioni P, verità non dimostrabile nel sistema. Si veda una discussione semplice sulla dimostrazione del teorema di incompletezza in Penrose R., pp. 147 e segg.

74 La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
Ciò significa che se costruiamo una teoria coerente, allora dobbiamo rinunciare alla sua completezza: essa conterrà affermazioni indecidibili. Una delle più importanti affermazioni indecidibili che una tale teoria può contenere è quella relativa alla propria coerenza, come afferma il corollario che discende dal teorema di incompletezza: Corollario del teorema di incompletezza Non si può dimostrare la coerenza dell'aritmetica con metodi aritmetizzabili. Quindi muore definitivamente la speranza di dimostrare la coerenza dell'aritmetica al suo interno, cioè ricavandola dai suoi assiomi.

75 La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
Frege già nel 1884 aveva scritto: “Spesso si agisce come se la pura e semplice esigenza equivalesse già al soddisfacimento di essa. Si esige che la sottrazione, la divisione, l'estrazione di radice risultino sempre eseguibili, e si ritiene con ciò di aver fatto abbastanza. Ma allora perché non pretendere che per tre punti arbitrari passi sempre una retta? Perché non esigere che per un sistema di numeri complessi a tre dimensioni valgano tutte le solite regole di addizione e di moltiplicazione, proprio come per i numeri reali? Evidentemente perché queste ultime due pretese contengono una contraddizione. Prima di affermare che quelle altre esigenze sono soddisfatte, si dimostri dunque che anche in esse non è contenuta alcuna contraddizione. Fin quando non si sarà compiuta una tale dimostrazione, tutto il rigore di cui tanto si parla non potrà essere che mera parvenza”. Citato in Selleri F., p. 62.

76 La perdita della certezza nella potenza assoluta della Logica
Non potendo rinunciare alla coerenza, i nostri sistemi formali aritmetizzabili dovranno rinunciare alla completezza di cui Hilbert era convinto, e con essa alla certezza sulla propria coerenza. “Gödel dìmostrò che all'interno di un sistema rigidamente logico come quello che Russell e Whitehead avevano sviluppato per l'aritmetica, è possibile formulare proposizioni che sono indecidibili o indimostrabili nell'ambito degli assiomi del sistema. In altre parole, all'interno del sistema esistono certe asserzioni ben precise che non possono essere né dimostrate né invalidate. Pertanto, usando i rnetodi convenzionali, non si può essere certi che gli assiomi dell'aritmetica non portino a contraddizioni. [...] Nelle sue implicazioni la scoperta di proposizioni indecidibili da parte di Gödel è non meno inquietante della rivelazione di grandezze incommensurabili fatta da Ippaso: infatti sembra precludere ogni speranza di potere giungere alla certezza matematica attraverso l'impiego dei metodi convenzionali”. Boyer C.B., pp

77 7. Conclusione?

78 Conclusione «L'implicazione che ci sono dei limiti a ciò che si può ottenere con l'assiomatizzazione, contrasta vivamente con l'opinione del tardo Ottocento secondo la quale la matematica è coestensiva alla famiglia del branche assiomatizzate. Il risultato di Gödel inferse un colpo mortale all'assiomatizzazione globale. L'inadeguatezza del metodo assiomatico non è in se stessa una contraddizione, ma è sorprendente, perché i matematici si aspettavano che ogni enunciato vero potesse essere certamente dimostrato entro la struttura di qualche sistema assiomatico. Naturalmente i ragionamenti di cui sopra non escludono la possibilità di nuovi metodi di dimostrazione che vadano al di là di ciò che permette la metamatematica di Hilbert.» ...

79 Conclusione … «Hilbert non era convinto che questo colpo distruggesse il suo programma. Egli ribatteva che anche se si dovessero usare concetti esterni a un sistema formale, essi dovrebbero essere ancora finiti e intuitivamente concreti, e perciò accettabili. Hilbert era un ottimista. Egli aveva una fiducia illimitata nel potere del ragionamento e della comprensione umana. Nella conferenza che tenne al congresso internazionale del 1928 aveva affermato: "Non ci sono limiti alla comprensione matematica... in matematica non ci sono Ignorabimus; anzi, possiamo sempre rispondere a domande significative... la nostra ragione non possiede alcuna arte segreta ma procede con regole del tutto definite ed enunciabili che sono la garanzia dell'assoluta obiettività del suo giudizio". Ogni matematico, egli disse, condivide la convinzione che sia possibile risolvere ogni problema matematico ben posto. Questo ottimismo gli dette forza e coraggio, ma gli impedì di capire che ci possono essere problemi matematici indecidibili.» …

80 Conclusione … «Il programma formalista, riuscito o meno, era inaccettabile per gli intuizionisti. Nel 1925 Brouwer criticò duramente i formalisti. Ovviamente, egli disse, gli assiomatici metodi formalisti eviteranno le contraddizioni, ma per questa strada non si otterrà niente di valore matematico. Una teoria falsa non è meno falsa se non è arrestata da una contraddizione, proprio come un atto criminale è criminale che sia o no proibito dalla legge. Sarcasticamente notò: "Alla domanda: dove si trova il rigore matematico, i due diversi partiti daranno risposte diverse. Gli intuizionisti dicono: nell'intelletto umano; i formalisti dicono: sulla carta". Anche Weyl attaccò il programma di Hilbert: "La matematica di Hilbert può essere un bel gioco con le formule, anche più divertente degli scacchi; ma che rapporto ha con la conoscenza, dato che le formule non hanno dichiaratamente alcun significato materiale in virtù del quale esse possano esprimere verità intuitive?"» …

81 Conclusione … «A difesa della filosofia formalista, si deve rilevare che è solo allo scopo di dimostrare la coerenza, la completezza e altre proprietà che la matematica è stata ridotta a formule prive di significato. Per quanto riguarda la matematica nella sua interezza, anche i formalisti respingono l'idea che essa sia semplicemente un gioco: essi la considerano una scienza obiettiva. Hilbert a sua volta accusò Brouwer e Weyl di cercare di buttare a mare tutto ciò che non piacesse loro e di promulgare dittatorialmente un embargo. Egli chiamò l'intuizionismo un tradimento della scienza (e tuttavia nella sua metamatematica si limitava a principi logici intuitivamente chiari)”». Kline M., vol. 2, pp

82 Conclusione «Vi sono alcuni che vedono la speranza di uscire dall'impasse attuale. Il gruppo di matematici che scrive con lo pseudonimo di Nicholas Bourbaki offre questo incoraggiamento: ”È’ da venticinque secoli che i matematici hanno l'abitudine di correggere i loro errori e vedere così la loro scienza arricchita, e non impoverita; ciò dà loro il diritto di guardare al futuro con serenità”. Che sia o meno autorizzato l'ottimismo, lo stato attuale della matematica è stato ben descritto da Weyl: "La questione dei fondamenti ultimi e del significato ultimo della matematica rimane aperta; noi non sappiamo in quale direzione troverà la sua soluzione finale e neppure se ci si possa aspettare una risposta obiettiva definitiva. La 'Matematizzazione' può ben essere un'attività creativa dell'uomo, come il linguaggio o la musica, di originalità primaria, le cui decisioni storiche sfuggono a una completa razionalizzazione oggettiva”». Kline M., vol. 2, p. 1410

83 Conclusione Ritornando alla questione più ampia posta all'inizio, qual è la ragione per cui la matematica si adatta così bene alla realtà? D’altra parte non è possibile pensare che la matematica sia il prodotto della cultura greco-europea. Civiltà profondamente diverse e che non comunicavano, costruirono pressoché contemporaneamente aritmetiche e geometrie simili. Ma se la matematica è l'essenza profonda della realtà cosa rende l'intelletto umano capace di scoprirne il velo? Quale teoria gnoseologica, dopo il parziale insuccesso del trascendentalismo kantiano, è erede moderno del mito della caverna? «È la matematica ad essere nella natura o è l’uomo a mettercela? La matematica esiste in sé e l’uomo la svela, o la matematica esiste in quanto l’uomo la inventa?» Piero Bianucci, TuttoScienze, La Stampa, 17/11/2004

84 Conclusione La visione del rapporto matematica-realtà è cambiata nella storia del pensiero matematico.

85 Conclusione Se la matematica è solo un modello che descrive così bene una realtà sottostante (non essenzialmente matematica) cosa rende l'intelletto umano capace di approssimare così bene tale realtà? L'evoluzionismo e la storia singolare della specie homo sapiens è la risposta?

86 Conclusione

87 Bibliografia Kline M., Storia del pensiero matematico, Einaudi, Torino 1991, ediz. 2 voll. Enriques F., Questioni riguardanti le matematiche elementari, Zanichelli, Bologna , ediz. 2 voll. Geymonat L., Storia del pensiero filosofico e scientifico, Gatrzanti, Milano 1975, ediz. 9 voll. Boyer C.B., Storia della matematica, Mondadori, Milano 1990, pp Penrose R., La mente nuova dell'imperatore, Rizzoli, Milano 1992 Selleri F., Fisica senza dogma, Dedalo, Bari 1989 Diels, Kranz, a cura di, I presocratici. Testimonianze e frammenti, Einaudi, Torino Chiellini A., Manuale di preparazione all’esame orale di Matematica, Eredi V. Veschi, Roma 1975 Fontana F., Rovelli C., Matematica, A. Mondadori, Milano 1989, ediz. 2 voll.


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