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tutto ciò si rifletter nell’arte.

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Presentazione sul tema: "tutto ciò si rifletter nell’arte."— Transcript della presentazione:

1 tutto ciò si rifletter nell’arte.
La cultura americana degli anni Cinquanta e Sessanta è caratterizzata: dall’espansione economica e dal consumismo La conquista dello spazio (1969, ALLUNAGGIO) dalle guerre di Corea e Vietnam dalla costruzione del muro di Berlino (13 agosto 1961) dalla crisi dei missili di Cuba (14 ottobre 1962) dall’invasione dei mass media dalla lotta contro la discriminazione razziale e per i diritti civili dei neri dalla contestazione giovanile e dall‘anticonformismo: tutto ciò si rifletter nell’arte. Il 13 agosto 1961, il regime sovietico al controllo della Germania dell'est eresse un muro che divideva Berlino est dal settore ovest della città per fermare l'esodo delle persone in fuga dalla collettivizzazione forzata. Benché questa azione fosse in spregio agli accordi siglati dalle "quattro potenze", Kennedy non intraprese alcuna azione per fermarla La crisi dei missili di Cuba, iniziò il 14 ottobre 1962, quando gli aerei-spia U-2 americani fotografarono un sito cubano dove era in costruzione una base missilistica sovietica. Kennedy si trovò di fronte un pesante dilemma: se gli Stati Uniti avessero attaccato il sito, avrebbero dato inizio ad una guerra nucleare con l'Unione Sovietica. Se non avessero fatto nulla, avrebbero avuto una permanente minaccia nucleare nella propria regione, in una vicinanza tale da rendere quasi impossibile un contrattacco qualora i nemici avessero attaccato per primi. E ancora, la paura che gli Stati Uniti apparissero deboli agli occhi del mondo. Molti ufficiali militari e ministri del governo fecero pressione per un attacco aereo, ma Kennedy ordinò un blocco navale ed avviò negoziati con i russi. Una settimana dopo raggiunse un accordo con il Segretario Generale Nikita Khruščёv. Khrushchev si accordò segretamente a ritirare i missili in cambio dell'impegno degli Stati Uniti a non invadere Cuba e a ritirare i propri missili nucleari dalla Turchia. Affrontò la minaccia che cresceva contro il governo del Vietnam del Sud inviando prima dei consiglieri militari e poi delle truppe nell'area, dando inizio alla guerra del Vietnam. Il programma di operazioni coperte del GVN (Sudvietnamiti), secondo le fonti tradizionali, venne progettato per imporre una "pressione progressiva e crescente" sul Nord, e iniziò su una scala piccola e sostanzialmente inefficace nel febbraio Il ruolo attivo degli USA nelle poche operazioni coperte che vennero portate avanti, fu essenzialmente limitato alla pianificazione, equipaggiamento ed addestramento delle forze del GVN coinvolte, ma le responsabilità degli USA per aver lanciato e condotto queste attività fu inequivoco e portò con sé una implicita, simbolica e psicologica intensificazione dell'impegno statunitense. Come mostrato dalla documentazione storica Kennedy si oppose strenuamente ad ogni soluzione alternativa alla vittoria nello scenario vietnamita, linea che seguì anche Jonhson fino all'escalation finale. Successivamente gli esponenti del Partito Democratico si operano in ogni modo per preservare l'immagine di Kennedy indenne dalle disastrose conseguenze del sud-est asiatico che lui stesso aveva pianificato.

2 La guerra del Vietnam

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13 J f k John F. Kennedy prestò giuramento come 35° presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio Nel suo discorso inaugurale parlò del bisogno di tutti gli americani di essere cittadini attivi. Disse: « Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese ». Chiese anche alle nazioni del mondo di unirsi nella lotta contro ciò che chiamò "i comuni nemici dell'umanità... la tirannia, la povertà, le malattie e la guerra".

14 Il presidente Kennedy fu assassinato a Dallas, in Texas, il 22 novembre 1963 alle 12:30, ora locale, mentre era in visita ufficiale alla città. Fu un evento straordinario e devastante per la vita di molti americani. "Dov'eri quando hanno sparato a Kennedy?" fu una domanda posta di frequente negli anni successivi e continuò a risuonare per decenni dopo il fatto.

15 La lotta per i diritti civili dei neri
Martin Luter King

16 La beat generation La contestazione
Dalla fine della seconda guerra mondiale si può individuare una tendenza generale: la contestazione. La cultura della contestazione ha interessato soprattutto il mondo giovanile, manifestandosi sia in America sia in Europa con atteggiamenti ribellistici, provocatori, anticonformistici e trasgressivi. All'origine della rabbia giovanile stava la contestazione del sistema borghese capitalistico, l'ansia per un futuro su cui pesava il pericolo di una guerra atomica e il violento scontro generazionale. Essa era caratterizzata dal rifiuto della società, accusata di appiattire l'uomo, dequalificare l'intellettuale e mercificare tutto, anche l'arte e il pensiero. Un fenomeno europeo di protesta giovanile è stato quello dei"giovani arrabbiati" (Angry Young Men). Nasceva nel 1957 in Inghilterra ed era animato da uno spirito trasgressivo nei confronti della morale tradizionale e del conservatorismo della società inglese. Attraverso la drammaturgia e la narrativa, questi giovani aggredivano il reale, presentandolo nella sua forma più bassa e frustrante usando un linguaggio basato sullo slang, in altre parole termini gergali e dialettali. Un similare fenomeno di protesta socio-esistenziale, è stato quello della "beat generation", sviluppatosi in America fra la metà degli anni 50' e 60', con forti concentrazioni a San Francisco e a New York; in esso interagiscono fattori psicologici, di costume e di moda, e prese di posizione morali, intellettuali ed artistiche. La società americana, di questo periodo, è percorsa da mille contraddizioni che finiscono per bloccarla in un immobilismo senza avvenire e senza speranza. Infatti, per un verso gli USA, che hanno combattuto in difesa della democrazia contro le barbarie naziste, sono considerati da molti il simbolo dalla libertà e della giustizia; dall'altro vivono sotto l'incubo della guerra fredda, costantemente minacciati dal rischio di un conflitto nucleare. Inoltre, la paura del comunismo, scatena una vera e propria persecuzione nei confronti di tutti coloro, in particolare intellettuali e artisti, che hanno manifestato o manifestano simpatie per la sinistra (la cosiddetta "caccia alle streghe" orchestrata dal senatore Mc Carthy). Tutto ciò crea un clima pesante, che fa vacillare l'immagine del paese, da sempre considerato la culla della libertà. Sul piano dei costumi, per un verso si assiste al dilagare del consumismo, nel quale sembra essersi incarnata la promessa di felicità, garantita dal primo articolo dalla Costituzione, per altro persistono modelli di vita conformistici che bandiscono, come attività pericolose e immorali, il ballo, le relazioni sessuali e le corse in motocicletta. La contestazione La beat generation

17 I giovani della beat generation non si riconoscono in questo tipo di società ed esprimono il loro rifiuto con un atteggiamento nel quale confluiscono spinte diverse: ribellione, manifestata attraverso la scelta di un'esistenza vagabonda sulle strade e sui treni d'America e attraverso la libertà sessuale, rinunzia, voglia di una vita sfrenata e senza regole, esigenza d'autenticità e onestà in qualsiasi tipo di rapporto, vita comunitaria ecc. Essi, infatti, ritengono che solo rifiutando in blocco la civiltà moderna sia possibile salvare l'uomo come essere umano; scaturisce da qui quella che essi chiamano "disaffiliazione", in altre parole un totale e consapevole estraneamento dalla società. Si tratta di un atteggiamento volutamente passivo, che non si propone di abbattere le istituzioni per stabilirne altre più consone alle esigenze dell'uomo, ma contrappone, alla falsità della società borghese, la chiusura in un proprio mondo solitario, del quale fanno parte solo coloro che condividono gli stessi ideali. Ciò significa che mancava alla beat generation quello spirito eversivo proprio delle avanguardie storiche. Dietro i loro atteggiamenti provocatori, non c'era la volontà ideologica di cambiare il sociale, ma solo il distacco e la fuga dai modelli societari. A tutto ciò essi reagivano con "l'assenza, " una particolare categoria dello spirito, in cui coesisteva la fuga, il viaggio e il nomadismo. I beatnik, come essi amavano definirsi, basavano inoltre la loro esistenza su una socialità e morale naturali, non regolate da leggi, e su un'assoluta onestà e franchezza; erano pacifisti, non avevano alcun interesse per il denaro, facevano uso di droghe e amavano la musica jazz. Tutti questi atteggiamenti, trovano proprio piena espressione nel termine beat, che ha in inglese il significato di "battuto" e al tempo stesso di "beato". Vuole, cioè, esprimere da un lato il rifiuto volontario di una società, nei confronti della quale ci si sente necessariamente sconfitti e dall'altro la felicità che da quest'atteggiamento ne deriva. La protesta beat investiva in primo piano il comportamento e l'abbigliamento. Il linguaggio era aperto e libero, non privo di termini volutamente osceni. L'abbigliamento era dichiaratamente anticonvenzionale, basato su jeans e maglioni sdruciti, scarpe da tennis o di corda, occhiali scuri e medaglioni attorno al collo; la capigliatura tendeva a coprire le orecchie. Perciò si fabbricavano medaglioni, pendagli, abbigliamento. Venivano costruite discoteche e luoghi di ritrovo beat. Ciò creava un'ulteriore differenza con le avanguardie storiche, poiché mentre esse creavano una netta lacerazione con la società e la storia, il movimento beat apriva sempre più le porte al consumismo contemporaneo.  Dunque, il sospetto e il rifiuto, di fronte ad una civiltà impregnata di razionalismo, sfociava nell'interesse per le filosofie mistiche orientali, soprattutto per il buddismo zen.  

18 D'altro canto, sul piano letterario, il movimento è stato tipologizzato in alcune opere del tempo, che sono diventate una sorta di Vangelo per i giovani beat: Il giovane Holden, di Salinger, ove si descrive, con viva adesione al mondo giovanile e al suo gergo (slang), il senso di disagio e d'angoscia che caratterizzava le generazioni a contatto con la civiltà consumistica, schiavizzata dal mito del denaro e del benessere. Kerouac, in particolare, è l'autore di quella che può essere definita la bibbia dei beatnik, il romanzo Sulla Strada, scritto nel 1951 e pubblicato nel Ne è protagonista Sal Paradise, il quale narra i suoi viaggi attraverso l'America del nord, negli anni 47-50, e i suoi incontri con Karl Marx e Dean Moriarty. I tre personaggi sono personificazioni rispettivamente di Jack Kerouac, Allan Ginsberg e Neal Cassady. Nel corso dei loro viaggi, compiuti coi mezzi più disparati, i tre giovani ricercano tutti i piaceri che la vita può dar loro, da quelli intellettuali alle visioni stimolate dell'alcol e dalla droga, alle eccitazioni provocate dalla velocità nella guida e dalla musica jazz, al godimento sessuale volto a colmare un profondo bisogno d'affetto. Al tempo stesso, però, acquisiscono anche l'esperienza della vita vissuta dai vagabondi, dai poveri, dagli emarginati dalla società e ne traggono un profondo senso di compassione e solidarietà. Il romanzo si conclude con il ritorno alla tristezza del vivere quotidiano.  Sul piano cinematografico, la figura del giovane ribelle, sensibile e infelice è stata incarnata da attori quali James Dean (nella foto), protagonista di Gioventù bruciata e da Marlon Brando nel film Il selvaggio, divenuti entrambi simboli della rivolta giovanile contro un mondo adulto visto come fonte di noia, di sottomissione e viltà.

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20 Jimi Hendrix Joan Baez e Bob Dylan

21 "Questo è un piccolo passo per un uomo ma un balzo gigantesco per l'Umanità" "This is a little step for a man but a gigantic jump for the mankind" ( Neil Armstrong July 1969 ) Gli esseri umani sono atterrati sulla Luna il 20 luglio 1969, all'apice di una gara spaziale tra URSS e Stati Uniti d'America, ispirata dalla guerra fredda. Il primo astronauta a camminare sulla superficie lunare fu Neil Armstrong, comandante dell'Apollo

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23 Il Rock Elvis Presley

24 Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo?
Soffiando nel vento Quante strade deve percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo? E quanti mari deve superare una colomba bianca prima che si addormenti sulla spiaggia? E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone prima che verranno abolite per sempre? La risposta, mio amico sta soffiando nel vento, la risposta sta soffiando nel vento Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto prima che riesca a vedere il cielo? E quanti orecchie deve avere un uomo prima che ascolti la gente piangere? E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia che troppa gente è morta? Per quanti anni una montagna può esistere prima che venga spazzata via dal mare? E per quanti anni può la gente esistere prima di avere il permesso di essere libere E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa fingendo di non vedere la risposta sta soffiando nel vento. BLOWING IN THE WIND   di Bob Dyland How many roads must a man walk down Before you call him a man? Yes, 'n' how many seas must a white dove sail Before she sleeps in the sand? Yes, 'n' how many times must the cannon balls fly Before they're forever banned? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind. How many times must a man look up Before he can see the sky? Yes, 'n' how many ears must one man have Before he can hear people cry? Yes, 'n' how many deaths will it take till he knows That too many people have died? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind. How many years can a mountain exist Before it's washed to the sea? Yes, 'n' how many years can some people exist Before they're allowed to be free? Yes, 'n' how many times can a man turn his head, Pretending he just doesn't see? The answer, my friend, is blowin' in the wind, The answer is blowin' in the wind.

25 Analisi testuale Il testo presenta una struttura del 3+1: tre strofe, all'interno delle quali sono presenti rispettivamente tre domande (di tipo riflessivo) cui l'autore propone "un'unica soluzione" ("the answer my friend, is blowing...) La canzone si apre con una sorta di "contestazione" nei confronti dell'uomo che nonostante il suo evolvesi in 2000 anni di civiltà, non ha ancora preso coscienza di se stesso; ancora va errando senza meta. Infatti, la seconda domanda della prima strofa, attraverso la metafora della colomba bianca (white dove), indica questa condizione in cui l'uomo non riesce a trovar pace ("before she sleeps in the sand" - posarsi sulla spiaggia -). Con la terza domanda l'autore anticipa quello che sarà il tema della successiva strofa: le armi che riportano al crudele pensiero della guerra. Essa, infatti, con le sue esplosioni "oscura", "appanna" il cielo, quindi quanto ancora dovrà aspettare l'uomo prima di poter vedere la luce del sole…? ("How many times must a man look up before he can see the sky?" - sky=cielo=sole=Luce di libertà -) Con le successive due domande viene invece fatto un chiaro appello all'indifferenza dell'uomo che con l'infamia e la crudeltà della "macchina della guerra" non si ferma neppure di fronte all'innocenza dei bambini e delle donne ("how many ears must one man have bifore he can hear people cry? Yes, and how many deaths will it take till he knows that too many people have died?"). Nella terza strofa si termina con la riflessione sulla guerra, che con la sua forza "abbatte" persino le montagne ["How many years can a mountain exist before it's washed to the sea"] (chiara allusione alla potenza nucleare) e si continua con una riflessione dell'uomo che si sente ingabbiato da questa vita, che non gli permette di sentirsi libero (How many years can some paople exist before they're allowed to be free?) terminando infine con una frase di contestazione: fin quando si pretenderà che l'uomo non prenda coscienza di tutto ciò. A tutti questi interrogativi vi è una sola risposta espressa dal ritornello ("the answer, my friend is blowin' in the wind, the answer is blowin'in the wind"); essa è un chiaro segno d'impotenza dell'uomo, che non riesce a dare una spiegazione a tale condizione, e nello stesso tempo cenno d'ottimismo poiché a tutte queste domande, tuttavia una risposta esiste ed è nel "vento", aspetta solo di essere colta. Inoltre è presente nel testo, e precisamente nel ritornello, la parola chiave: "Mio amico"; il poeta-musicista si rivolge all'intera umanità in termini di fratellanza di fronte ad una situazione che ci accomuna tutti. Nel complesso si presenta come una canzone molto espressiva poiché riesce a racchiudere in tre strofe un insieme di tematiche, valori e speranze che hanno segnato un'epoca: quella degli anni 60'. 

26 “Comprare è più americano di pensare. Ed io sono americano” (A
“Comprare è più americano di pensare. Ed io sono americano” (A. Whorol) Non è un’ arte popolare nel senso di espressione semplice del sentimento del popolo E’ popolare nel senso che è un’arte rivolta alla massa e comprensibile a tutti POP ART (Popular art) 1955 circa INGHILTERRA STATI UNITI “This is Tomorrow” New Dada Richard Hamilton Jasper Jhons Nasce in opposizione all’Espressionismo astratto e all’Informale che erano forme d’arte elitarie esprimevano un profondo disagio e una forte critica nei confronti della società dei consumi La pop art ha origine contemporaneamente nell’Inghilterra degli anni ‘50 e negli Stati Uniti negli anni Sessanta, ma salta agli onori della notorietà grazie alla Biennale di Venezia del 1964 L'appellativo Pop Art (abbreviazione dell'espressione inglese popular culture o popular art, fu coniato dal critico Alloway negli anni '50 per indicare l'insieme di esperienze figurative ispirate all'universo tecnologico e alla cultura popolare urbana.            L'interesse estetico di queste realtà trascurate dalla cultura ufficiale, trovò una propria formulazione teorica nel corso delle riunioni dell'Independent Group (tra i cui membri figuravano Hamilton e Paolozzi) all'Istitute of Conteporary Art di Londra. Negli USA essa si pone in realtà agli antipodi dell’altra grande corrente Americana, quella Informale dell’Action painting o Espressionismo astratto rappresentato da Pollock. Quest’ultima era una corrente artistica “colta” e densa di richiami all’avanguardia storica dell’antica Europa. La pop art , invece, si pone come dice il termine stesso come “arte popolare” (popular art), cioè come fenomeno artistico comprensibile alla massa, spesso impreparata culturalmente e superficiale. Il termine POP è infatti contrazione di popular ed era usato negli anni seguenti la seconda guerra mondiale per fare riferimento alle espressioni visive dei mass media (cartelloni pubblicitari, televisione, fumetti, rotocalchi) la cui enorme diffusione li rendeva appunto popolari, nel senso che venivano fruite da una gran massa di persone e ne condizionavano la vita. I precedenti della pop art vanno cercati nell’attività definita New dada di Jasper Jhons e Robert Rauschenberg .

27 La pop art Molto è stato scritto sulla “doppia nascita” della pop art in Gran Bretagna e negli Stati uniti. In effetti le più precoci manifestazioni di pop art apparvero in Inghilterra già dalla metà degli anni ’50 per merito di artisti come RICHARD HAMILTON, EDUARDO PAOLOZZI , PETER BLAKE, anche se il termine stesso di pop art e il grosso successo di questa corrente cominciarono solo dopo la sua apparizione negli USA. In Inghilterra furono allestite alcune esposizioni come la famosa “THIS IS TOMORROW” (QUESTO è IL DOMANI) che facevano il punto sulla situazione dell’uomo contemporaneo nella società dei mass media. Proprio in questa mostra venne esposto l’ingrandimento di un collage fortografico di R. Hamilton, che conteva in nuce tutti gli elementi e i temi del linguaggio pop:. Iin uno strano ambiente abitato da un mister muscolo e una pin up , la tv, un registratore, degli elettrodomestici, un poster di un enorme fumetto occhieggiano come altrettanti emblemi della vita di oggi. Dalla finestra si intravede un cinematografo, insegne al neon e grandi cartelloni illuminati. Tra le scritte contenute nel collage compare persino, in evidenza la parola pop. Quasi contemporaneamente una poetica pop si delineò anche negli Stati Uniti. Opponendosi al ventennale dominio dell'arte astratta e, soprattutto negli Stati Uniti, all'esasperata gestualità soggettivista dell'Action Painting o dell'Espressionismo Astratto, gli artisti pop celebrano la società dei consumi e la cultura di massa. Essi non solo adottano le immagini e gli oggetti della realtà urbana e quotidiana (l'automobile, i prodotti di consumo e industriali, i personaggi famosi), ma anche la tecniche dei mass media, come la fotografia la stampa i fumetti e la pubblicità. In questo modo ogni separazione tra arte e vita viene definitivamente eliminata. Richard Hamilton, Cos’è che rende le case di oggi così attraenti? 1956

28 Il linguaggio pop negli Stati Uniti succede a quasi un ventennio di arte informale e trova un pubblico sensibile al suo messaggio. Qui le prime avvisaglie si hanno come abbiamo visto con i protagonisti del New Dada, in special modo Robert Rauschenberg e Jasper Johns, che pur non abbandonando ancora le tracce di incomprensione e di disagio scaricate sulla tela dall'Action Painting e dalla tendenza informale più astratta, popolano i loro quadri di immagini e oggetti "reali", di uso corrente, addossati sulla tela o semplicemente dipinti: da adesso in poi l'artista contemporaneo si pone l'interrogativo su che cosa sia il primario e lo specifico nel fare arte rispetto allo sconfinato panorama circostante della pubblicità, dell'oggetto di consumo e dell'immagine popolare.  Proprio a partire dai primissimi anni Sessanta artisti come Jim Dine, Claes Oldenburg, Roy Lichtenstein e James Rosenquist, rispetto a questo interrogativo si attestano su precise posizioni; essi infatti, assolutamente disillusi del fatto di credere nell'arte come riscatto e scettici sulle possibilità di scelte libere ed autonome dell'individuo, ricorrono appunto a tecniche prelevate dal linguaggio pubblicitario. Scrive nel 1965 Roy Lichtenstein: "Da Cezanne l'arte è diventata estremamente romantica e irrealistica, si è nutrita di arte, si è trasformata in una utopia. Ha avuto sempre meno a che fare con il mondo, guarda al di dentro... Fuori c'è il mondo. L'arte Pop guarda fuori, al mondo; mostra di accettare il suo ambiente, il che non è bene né male, ma soltanto segno di un atteggiamento diverso". La Pop Art è un movimento strettamente legato ai ritmi della metropoli moderna e della sua cultura popolare che gli artisti inglobano nelle loro immagini; la principale fonte di ispirazione è proprio l'universo della società di massa con il conseguente linguaggio promozionale e commerciale che ha sugli uomini notevole influenza.  L'artista pop decide che nel suo lavoro è prioritaria la coincidenza tra arte e vita e, rompendo ogni barriera tra l'ambito artistico e la subcultura, diffusasi attraverso il linguaggio dei media, egli la eleva conferendole dignità estetica. Questo atto è compiuto non per assumere posizione critica o di contestazione, ma accettando la realtà del sistema. Il livellamento culturale e ideologico prodotto dai mass-media che propongono immagini facilmente comprensibili da tutti non viene contestato, ma anzi accettato, ribadito e messo in risalto. 

29 La Pop Art ha un rapporto complesso, a volte ambiguo, con la realtà sociale contemporanea, ma ha avuto un effetto notevole nel pubblico ed ha facilitato l'accettazione di forme d'arte non legate alla tradizione, ma più vicine alla capacità di assorbimento culturale delle masse di quanto non lo siano state le contemporanee esperienze astratte, visuali e ambientali.  Una delle caratteristiche della Pop Art è l'impiego degli oggetti d'uso comune, di derivazione duchampiana, ma, mentre l'artista francese li decontestualizza inserendoli nell'ambito artistico come significanti poetici, gli artisti pop li restituiscono come scarti della società dei consumi e tuttavia elementi "necessari" all'interno della vita della società contemporanea. "Ciò che caratterizza il Pop", afferma ancora Lichtenstein, " è innanzitutto l'uso che esso fa di quello che viene disprezzato".  Paradossalmente, la pop art appare come la più grande apologia del sistema dei consumi che si propone però di smascherare e demitizzare attraverso un'operazione ironico-dissacratoria. Il carattere apparentemente apologetico si manifesta nella presentazione di tutti gli oggetti di più largo consumo e di più banale uso, in primo luogo il cibo confezionato, nel loro aspetto più rigogliosamente appariscente e allettante, cosi come fanno i manifesti pubblicitari, di cui il pop ripete però, scoprendoli, i meccanismi di presa sui più poveri automatismi inconsci del pubblico medio.  Si ha così l'acquisizione nella cultura artistica contemporanea di un concetto d'uso degli oggetti assunti alla dimensione estetica non come materia informe, né come ready-made o object-trouvé di stampo dada o surrealista, né come rifiuto dell'industria riscattato a oggetto d'arte, né come testimonianza di un rapporto dell'uomo con la realtà che è andato perduto o che sta per perdersi, ma esattamente per quello che l'oggetto è nel suo rapporto di uso e consumo e come prodotto di un sistema industriale consumistico standardizzato e seriale. 

30 . Essa si pone in realtà agli antipodi dell’altra grande corrente Americana, quella Informale dell’Action painting o Espressionismo astratto rappresentato da Pollock. Quest’ultima era una corrente artistica “colta” e densa di richiami all’avanguardia storica dell’antica Europa. La pop art , invece, di pone come dice il termine stesso come “arte popolare” (popular art), cioè come fenomeno artistico comprensibile alla massa, spesso impreparata culturalmente e superficiale. Il termine POP è infatti contrazione di popular ed era usato negli anni seguenti la seconda guerra mondiale per fare riferimento alle espressioni visive dei mass media (cartelloni pubblicitari, televisione, fumetti, rotocalchi) la cui enorme diffusione li rendeva appunto popolari, nel senso che venivano fruite da una gran massa di persone e ne condizionavano la vita. I precedenti della pop art vanno cercati nell’attività definita New dada di Jasper Jhons e Robert Rauschenberg .

31 Jasper Jhons Utilizza intenzionalmente un soggetto banale tratto dalla vita quotidiana(bandiere, bersagli, numeri l’alfabeto). La sua è la poetica dell’oggetto qualsiasi che è debitrice del Dadaismo ( ma i suoi non sono ready-made, bensì soggetti creati dall’artista) quanto anticipatrice della pop art (ma a dieffrenza di essa egli “crea” l’immagine, non sfrutta quelle già pronte) Lo scopo è quello, vagamente ironico, di insinuare nell’osservatore il dubbio: è un dipinto che ritrae una bandiera o è una bandiera vera (nel qual caso ci troveremo di fronte ad un ready-made): in questo modo sfida apertamente l’illusionismo proprio della tradizione pittorica I suoi soggetti rimangono sospesi in una curiosa situazione di stallo, proprio dovuta al fatto che sono quasi reali: come le lattine di birra che fonde in bronzo e dipinge ad olio: non sono ready-made, ma esempi di un nuovo tipo di mimesi della realtà, che sottintende quel riconoscimento del quotidiano, del banale, del mai detto in arte, che costituiranno uno dei punti salienti della pop art. Egli rende pittura , in sostanza, un soggetto non pittorico, un’immagine scontata

32 La pop art si pone come arte di massa comprensibile a tutti perché utilizza proprio i prodotti tipici della società moderna ed è legato alle immagini dei mass media: fumetti-coca cola – le immagini di Marilyn Monroe e di Jackie Kennedy etc. L’artista rinunciava a produrre immagini preferendo attingere al vasto repertorio già esistente: si limita a manipolare questi soggetti ingrandendoli, colorandoli, ripetendoli e comunque estraniandoli dal proprio contesto. L’artista operava una scelta fra le tante immagini in circolazione e poi la “ricreava” isolando l’immagine in genere posta in serie o , viceversa, ripetendo in serie le immagini abitualmente isolate. Gli oggetti erano riprodotti fedelmente anche se in scala diversa e con differenti materiali. La rappresentazione degli oggetti decontestualizzati o la loro ripetizione ne consentiva la riscoperta da parte del grande pubblico : il cambiamento di contesto di un immagine o di un oggetto produce infatti un senso di spaesamento per cui esso appare diverso agli occhi di chi guarda. L’artista si proponeva di far riflettere sul valore dei soggetti che sceglieva e su quello dei miti che rappresentava diventati dominatori della società dei consumi. Tuttavia la pop art sembra contestare solo superficialmente la società di massa di cui è figlia poiché dà per scontata l’irreversibilità del modello consumistico-moderno. Jasper Jhons Bersaglio, 1974

33 Jasper Jhons, Three Flags, 1958 Encausto su tela

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35 Robert Rauschenberg Il tema dominante è quello, spesso presente nella pittuara americana, dello pittura che non si estende”al di là” dello spazio reale, ma si protende “al di qua” del piano del quadro, invade lo spazio dell’esistenza

36 Bed, 1955, combine-painting Il famoso letto di Rauschenberg è un vero letto, sfatto e sudicio, imbrattato di colori che accrescono la disgustosa evidenza della cosa presentata come un quadro. In realtà è qualcosa di mezzo fra il quadro e il letto : il dipinto si trasforma a vista, ma senza che si avverta il trapasso nella cosa evocata.

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38 Roy Lichtenstein Analizza la struttura dell’immagine dei fumetti (Comic strips): uno dei più sfruttati mezzi di comunicazione di massa. Queste immagini diffuse in milioni di esemplari non pretendono di essere opere d’arte, ma devono riuscire a comunicare sinteticamente e visivamente un contenuto narrativo. Esse devono rispondere a due esigenze: essere riproducibili con i normali procedimenti tipografici e produrre una certa emozione nei lettori. Linchtenstein isola una di queste immagini sottraendola al “consumo” e la guarda al microscopio, la ingrandisce e la riproduce a mano ricostruendone il “retino” tipografico con metodi pittorici e grafici. L’immagine normalmente destinata ad essere seriale perché riprodotta con mezzi meccanici diventa così un Unicum perchè realizzata con mezzi artigianali. Ciò che lo interessa non è analizzare il contenuto del messaggio, ma il MEDIUM , cioè il modo in cui è comunicato: infatti egli cerca di confrontare le strutture tecniche della pittura con quelle della tipografia come testimoniano alcune sue opere che, riprendendo un quadro di Picasso o di Mondrian (cioè un’immagine esteticamente qualificata) , lo trascrivono nel codice segnico della riproduzione tipografica: la pennellata o l’impasto di colore sono tradotti in puntini più o meno fitti.

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41 Claes Oldenburg E’ tra tutti i “pop artists” della scuola di New York quello che più risente dell’influenza europea: i suoi oggetti quotidiani ingigantiti o riprodotti in versione “molle” (Dali’) sono di chiara derivazione surrealista (Magritte, Dalì) anche se sono desunti volutamente dall’orizzonte banale dell’oggetto di consumo. I materiali che usa sono inconsueti nella pratica artistica ( panno, materiali sintetici) e gli consentono di realizzare oggetti “molli” privi della loro consueta rigidità: gli oggetti appaiono come svuotati senza alcuna funzionalità: basta toccarli perché si deformino. Le immagini estratte dal loro contesto comunicativo, vengono proposte alla visione del pubblico con nuove modalità percettive e ciò ci costringe quasi a ripensare ai veri colore e alla vera forma dell’oggetto che , troppo spesso visto da noi quotidianamente in realtà spesso non ci è veramente noto. Scompare però ogni traccia di pittura e rimangono solo e cose-immagini. Avendo a che fare con la società dei consumi Oldenburg la identifica con il più corrente dei generi di consumo: il cibo, il “cibo americano” industrializzato e standardizzato: gli hamburger, gli hot-dogs, gli ice-cream. Anzi i modelli suoi non sono neppure quei cibi, ma la relativa pubblicità a colori: nella società dei consumi viene prima l’immagine pubblicitaria e poi la cosa . Qual ‘è il senso dell’operazione? Oldenburg non intende decantare, con quei cibi di cartapesta e di gesso sfacciatamente colorati, gli umili valori dell’esistenza come i pittori delle tavole imbandite del Seicento. Egli sembra dire che nella società dei consumi anche le persone sono generi di consumo, come il cibo. Egli richiama momentaneamente l’attenzione su cose destinate ad essere consumate senza farci caso. Null’altro che un istante di disgusto nel circolo del consumo: La critica sociale di Oledenburg non va oltre.

42 Claes oldenburg

43 Claes oldenburg

44 Pay telephone

45 Batteria molle

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47 Warhol è l’America, ma i suoi concittadini hanno la tendenza non a respingerlo, ma a neutralizzarlo e a diffidarne, confinandolo ai margini tra le eccentricità newyorkesi. E’ la condotta seguita sempre dagli americani nei confronti dei loro autori più imbarazzanti. In realtà Warhol non si è accanito contro l’America, non l’ha denigrata..,l’ha invece presa alla lettera senza far sermoni: ciò mette l’americano a disagio…forse egli è proprio così: superficiale e incapace di riscatto o mutamento, definitivamente perso nel consumismo e nella superficialità, inghiottito dall’immagine …E l’America non consente ad un eccentrico artista di mettere a nudo una verità come questa

48 La prima generazione di artisti che ha operato nell’immediato secondo dopoguerra ed ha creato l’arte americana, ovvero gli espressionisti astratti e gli esponenti dell’action painting, era composta in buona parte da nuovi arrivati, da immigrati di recente e sradicati. Gorky e De Kooning ,Rothko, Pollock e Kline vivono una condizione di attrito e di scontro con l’America e formalmente elaborano uno stile concitato di rifiuto. Nelle opere l’esito è altissimo, ma pagato spesso a un prezzo eccessivo. Gorky si suicida; Pollock si distrugge a forza di alcol, finendo in un incidente d’auto; Rotko si apre le vene; solo De Kooning sopravvive come uno scampato ad un naufragio previsto.

49 La generazione che succede a questi artisti, quella neodadaista e pop degli americani autentici, si presenta naturalmente più radicata nella società USA. La reazione di questi artisti alla grande America appare meno individualistica e più sedimentata. Essi lasciano passare nell’opera in aspetti e soluzioni formali diverse , proprio quella realtà anonima , tecnologica e di massa, tenuta a bada e a distanza dai loro predecessori.

50 Al principio degli anni Sessanta Warhol abbandona il suo lavoro di pubblicitario per mettersi a lavorare in proprio nella sua “Factory” (prima sulla 47 a East Street e poi all’800 di Broadway) come artista indipendente, paradossalmente non lo fa per acquistare maggiore libertà creativa. Rifiuta invece l’invenzione e la produzione: nessuna delle immagini che “faranno Warhol” sono opera di Warhol medesimo. Transitavano prima di lui nei circuiti industriali e continuano a transitare dopo di lui. Fra quel prima e quel dopo, l’artista si limita a rifare l’immagine prescelta. Come faranno nei rispettivi settori e con metodi diversi tutti gli artisti pop.

51 Warhol rifà le immagini che stanno sotto gli occhi di tutti per sottrarle all’indifferenza, all’invisibilità e renderle tanto visibili da farcele conoscere realmente. Perché è proprio l’oggetto che ci sta di continuo presente davanti allo sguardo che ci sfugge, che non vediamo. E di conseguenza ci sfugge la nostra vita presente. Proprio su questa constatazione Edgar Allan Poe ha costruito uno dei suoi più famosi racconti: La lettera rubata: ciò che è troppo esposto si sottrae alla nostra percezione visiva. Nel racconto la lettera fortemente compromettente, posata astutamente nella piena visibilità del ripiano della scrivania , sfugge alle ripetute ispezioni di una squadra di poliziotti. Perciò Warhol col rifare l’immagine la tira fuori dal circuito comunicativo in cui galleggia , per renderla almeno per un momento presente. La sua selezione compone l’enciclopedia iconografica del secondo trentennio del ‘900. Ha scelto prima di tutto una serie di star maschili e femminili: Elvis Presley, Marlon Brando, Marilyn Monroe, James Dean.. Ha compilato un inventario dei cibi di maggior consumo dove ciò che si vede è solo l’involucro, la scatoletta; ha messo insieme un repertorio di fatti di cronaca mescolando incidenti d’auto e suicidi spettacolari sotto l’etichetta di “Disasters”. Ha selezionato immagini dedicate alla sedia elettrica , alla statua della libertà, ai fiori, al dollaro. Al tempo stesso esegue una serie di immagini tratte dalle riproduzioni di opere d’arte

52 Esaminiamo ora l’elaborazione formale a cui è stato sottoposto il suo repertorio iconografico, la manipolazione stilistica che ha subito.

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54 A definire stilisticamente queste immagini è innanzitutto il colore
A definire stilisticamente queste immagini è innanzitutto il colore. La gamma coloristica è ristretta e aggressiva , antinaturalistica, estranea alla tradizione artistica: usa infatti l’inchiostro industriale Questa scelta conferisce alle immagini un impatto visivo e una risonanza emotiva molto forti. Se negli anni ‘60 i colori si presentano netti e pulitissimi , a partire dagli ani ‘70 i colori sono stesi a macchie e strati. Due sono essenzialmente i procedimenti adottati da Warhol per dare visibilità alle immagini di consumo troppo viste: il primo è l’isolamento e la dilatazione dell’immagine. L’immagine diventa una combinazione, un montaggio meccanico di inchiostri molto carichi. Il volto risulta simile ad una maschera. Il secondo è la ripetizione seriale del soggetto: le file di lattine, di bottiglie di banconote o altro disposti in sequenze monotone, ordinate e sovrapposte:la comunicazione commerciale infatti spinge l’immagine a moltiplicarsi , a ripetersi. Questa è la prerogativa dell’immagine meccanica elaborata nell’epoca della riproducibilità tecnica. Ecco allora che Warhol mima con coerenza la tendenza dell’immagine a ripetersi. L’allineamento di Warhol non attesta solo l’invadenza delle immagini nello spazio, ma anche la particolarità della nostra ricezione. L’immagine viene ripetuta è vero dall’industria di massa, ma sono anche i nostri incontri successivi con essa che la ripetono nel corso della giornata, dal notiziario tv alla pubblicità stradale…

55 E’ possibile ritrovare nell’opera di Warhol un dato nichilista di fondo. In effetti prerogativa delle immagini meccanicamente riprodotte a cui egli attinge è il consumo e l’oblio: Warhol passa dalle immagini isolate e colorate a immagini ripetute che finiscono tuttavia per essere poi dimenticate, abbandonate: alla strada della salvezza ( quella per esempio scelta da Lichtenstein che con i suoi fumetti ritagliati e ingranditi ha operato una sorta di “lavaggio formale” cercando di arrestare lo scorrimento dell’immagine per dare inizio ad un processo inverso) W. ha finito per scegliere quella della degradazione, del logoramento dell’immagine e della sua conseguente sparizione. Nel momento in cui la macchina fotografica ( o quella da presa) immortala un momento della vita reale , la vita passa nell’immagine solo a condizione di svuotarsi, di appiattirsi, di diminuirsi; ma questa immagine tratta dal reale non ha neanche il tempo di consolidarsi che già ha inizio il suo processo di logoramento fino alla sua scomparsa finale nell’indifferenza dell’assuefazione del consumatore. L’immagine scorre perciò tra due catastrofi: la messa a morte della vita da cui nasce l’immagine appunto e e la messa a morte della stessa immagine nella distrazione del consumatore. Warhol , con l’estrema lucidità della sua opera, instaura tra queste due catastrofi una specie di zona mediana lungo la quale scorre la breve traiettoria dell’immagine. Prima di Warhol, è il maestro Dada Marcel Duchamp a misurarsi con la banalità già confezionata dell’oggetto comune , già fatto: una ruota di bicicletta p.es.

56 Wharol presenta l’immagine logora, consumata, sfatta
Wharol presenta l’immagine logora, consumata, sfatta. Presenta l’immagine che ha fatto notizia, quella divulgata dalla stampa quotidiana a colori o in bianco e nero, ma come tutte le notizie trapassa nell’inconscio senza “fare storia”. E’ questa parabola discendente che W. analizza. L’iter del consumo psicologico dell’immagine notizia.

57 George Segal Lo scultore Segal ricostruisce ambienti con cose vere : per esempio una stanza da bagno con tanto di vasca, rubinetti, asciugamani, spugne e sapone; poi vi colloca una persona di gesso bianco, tra il fantoccio e il fantasma. Le cose diventate protagoniste annullano la persona. Per mezzo dei suoi calchi in gesso sollecitava una riflessione sulla realtà di ogni giorno. Riproduceva infatti situazioni reali colte davanti un cinema, sull’autostrada, in un negozio etc. Le sue figure sono calchi persone vere tratta dalla realtà e inserite in uno spazio che è quello della vita di ogni giorno.I personaggi appaiono bloccati in posizioni abituali. Non vi sono dettagli e la massa della materia è trattata rozzamente, ma gli atteggiamenti daano ugualmente il senso del peso della vita: è come se nel flusso ininterrotto di immagini che scorrono davanti ai nostri occhi , egli operasse un momento di arresto che blocca la figura. E’ un’operazione artistica che costringe anche l’osservatore a riflettere e a vedere ciò che sfugge nel flusso continuo della vita di ogni giorno.

58 George Segal, the diner 1964-66, gesso e oggetti.
Il titolo dell’opera tradotto in italiano può far riferimento sia ad una persona che mangia, sia ad un posto in cui è possibile mangiare. E’ un opera atre dimensioni in attraverso un calco in gesso, si affiancano ad oggetti reali, propri di una stazione di servizio sull’autostrada o di un bar cittadino. La cameriera si accinge a preparare il caffè, il cliente attende. Sono gesti abituali, che raffigurano uno dei tanti momenti presenti nella vita reale, in una comune giornata di lavoro. Le figure , le cui superfici non hanno avuto alcun particolare trattamento, si presentano alquanto imprecise e sflilacciate e sono ambientate in un bar, evocato da oggetti presi direttamente dalla realtà: il bancone, la macchina da caffè, tazzine e zuccheriera, la lampada al neon. La situazione riprodotta si presenta bloccata, quasi spettrale e sebbene sia una delle tante immagini che fanno parte della vita quotidiana dei una grande metropoli costringe a soffermarsi su di essa.

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62 Verso la fine del 1962 compaiono nelle opere di Schifano dettagli della realtà urbana, segni iconici (come i marchi Esso e Coca Cola) a rammentare le ricorrenti, tipiche pubblicità della contemporanea società dei consumi. Schifano, che in quegli anni si divide tra Roma e New York, affronta i temi della pop art e li rielabora con spirito autonomo e ironico.

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