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PLATONE (la dialettica)

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Presentazione sul tema: "PLATONE (la dialettica)"— Transcript della presentazione:

1 PLATONE (la dialettica)
prof. Michele de Pasquale

2 le idee formano un ordine immodificabile ed eterno
la dialettica conosce le relazioni in cui stanno le idee: dal loro raccogliersi in una unità suprema al loro dividersi nella molteplicità delle idee “chi è capace di cogliere le cose nel loro insieme è dialettico” (Platone, Repubblica VII 537) Idee che sono partecipate da tutte le altre idee e anche da ogni ente sensibile DIVI S IONE SINTESI Idee che, in diversa misura, sono partecipate dalle idee che costituiscono i piani inferiori Idee che non sono partecipate da altre idee, ma solo da enti sensibili

3 la dialettica coincide, quindi, con un duplice movimento del pensiero:
ascendente (synopsis) risalire da un dato ente al genere universale in cui esso è compreso discendente (diaìresis) discesa dal genere sommo, escludendo le determinazioni estranee, per giungere all’idea più vicina alla realtà singola

4 come può l’idea essere causa della realtà apparente?
partendo dall’assunto che le idee hanno le stesse caratteristiche dell’uno parmenideo e che il loro rapporto col mondo sensibile è paragonabile a quello dell’uno (essere) col molteplice (non essere), come può l’idea essere causa della realtà apparente? obiezioni contro la teoria della partecipazione (mèthexis) dell’oggetto particolare all’idea corrispondente: è partecipazione all’intera idea o ad una parte di essa? Ma accettando o una o l’altra posizione si entra comunque in contraddizione perchè si identifica uno e molteplice obiezioni contro la teoria dell’imitazione (mìmesis) degli oggetti particolari rispetto alle idee: dato un rapporto tra oggetti e la loro idea corrispondente, bisognerà postulare un’altra idea (argomento del terzo uomo) comprensiva del rapporto detto e via continuando ulteriore obiezione: se la teoria della mìmesis fosse vera ne deriverebbe l’inconoscibilità delle idee perchè la nostra conoscenza è relativa a questo mondo

5 “Ma dimmi: ti sembra, come dici, che vi siano specie di cui queste cose, diverse da quelle specie, prendono parte ricevendone il nome: così , per esempio, le cose che partecipano della somiglianza sono simili, quelle che partecipano della grandezza, grandi, e quelle che partecipano della bellezza e della giustizia, giuste e belle?" "Certamente", disse Socrate. "Dunque di tutta la specie o di una parte di essa partecipa ogni cosa che vi prende parte? O un'altra forma di partecipazione vi sarebbe al dì fuori di queste?" "E come potrebbe esserci?", disse. "Ti sembra che tutta la specie sia in ciascuna delle molte cose, rimanendo una, o come credi che sia?" "Che cosa lo impedisce", disse Socrate, "o Parmenide?" "Dunque la specie è una e identica, e sarà presente, nello stesso tempo, attraverso la sua totalità, nei molti, che sono separati, e così essa risulterà separata da se stessa". "Questo", disse, "non può essere, se, come il giorno è uno, ed è identico nello stesso tempo in molti luoghi, e per nulla al mondo esso è separato da se stesso, così anche ciascuna delle specie sarà in tutte le cose una e identica nello stesso tempo". "Con troppa semplicità", disse "o Socrate, fai in modo che l'unità sia identica, nello stesso tempo e in molti luoghi, come se, coprendo con un velo molti uomini, dicessi che esso è uno, ed è, nella sua totalità, sui molti. O non è così che intendi esprimerti?" "Forse", rispose. %

6 "Questo non potrebbe accadere".
"Il velo sarà tutto su ciascuno, oppure ogni sua parte su ogni uomo?" "Ogni sua parte". "Dunque, Socrate", disse, "le specie, prese in sé, sono divisibili, e quanto prende parte di esse partecipa di una parte, e non più tutta la specie si troverà in ciascuno, ma vi sarà una parte in ciascuno". "Mi sembra così ". "Vorrai affermare, o Socrate, che quella specie, che è una, si divide veramente in noi, e sarà ancora una?" "Nient'affatto", disse. "Considera questo fatto", disse. "Se dividerai la grandezza presa in sé, e ciascuna delle molte cose grandi sarà grande in base alla parte di grandezza di cui è fornita, parte che risulterà più piccola della grandezza stessa, non ti sembrerà assurdo?" "Certamente", disse. "E allora? Ciascun oggetto, assumendo una piccola parte dell'uguale, avrà un qualcosa che, pur minore dell'uguale preso in sé, renderà questo oggetto che lo contiene uguale a qualcos'altro?" "Impossibile". "Ma se uno di noi avesse parte del piccolo, il piccolo in sé sarà più grande di questo piccolo, essendo questo piccolo una sua parte, e così il piccolo in sé sarà più grande: e ciò a cui si aggiunga la parte sottratta sarà più piccolo e non più grande di prima". "Questo non potrebbe accadere". "Come potranno prendere parte", disse, "o Socrate, le altre cose delle specie, se non possono prendere parte né delle loro parti, né della loro interezza?" "No, per Zeus", disse, "non mi sembra affatto semplice dare una definizione di una cosa simile". %

7 "Quello che dici è vero", disse.
"E allora? Come ti regoli dinanzi a ciò?" "Dinanzi a che cosa?" "Credo che tu sia convinto che ciascuna specie esista come un'unità per questo motivo: allorché ti sembra che vi siano molte cose grandi, ti sembra forse che ci sia un unico e identico tratto distintivo se le osservi tutte quante insieme, sicché ritieni che la grandezza corrisponda all'unità". "Quello che dici è vero", disse. "E dunque? Se allo stesso modo rivolgi lo sguardo della tua anima su tutte le cose, sul grande in sé e su tutte le altre cose grandi, non si manifesta a sua volta un'unica grandezza, grazie alla quale tutte queste cose appaiono grandi?" "Pare così ". "Si manifesterà un'altra specie di grandezza, sorta accanto alla grandezza presa in sé, e alle cose che partecipano di essa: e su tutte queste vi sarà un'altra specie, in virtù della quale tutte queste cose saranno grandi. E ciascuna specie non sarà più per te unica, ma infinita e molteplice". (Platone, Parmenide )

8 in tal modo si concilia molteplicità ed unità:
il superamento delle obiezioni avviene attraverso una riformulazione della teoria delle idee: Platone non riferisce più l’idea di partecipazione al rapporto cosa-idea, ma alle idee tra loro (koinonìa = reciproca comunanza) in tal modo si concilia molteplicità ed unità: le idee perdono l’immobilità dell’essere parmenideo per accogliere al loro interno la complessità prima esclusiva del mondo empirico

9 questi nessi gerarchici sono stabiliti mediante la diaìresis
il mondo delle idee ha assunto l’aspetto di un organismo complesso che dà ragione degli aspetti di molteplicità propri dell’esperienza: dalla sinossi (riconduzione unitaria del molteplice empirico), l’attenzione si sposta sulla divisione che permette di ritrovare, entro l’unità dell’idea, la molteplicità che consente di collegarle al mondo empirico ogni idea è articolata, secondo un rapporto di comunanza, con quelle ad essa subordinate (idee più particolari) e sovraordinate (idee più universali) questi nessi gerarchici sono stabiliti mediante la diaìresis (cfr. Politico 263ss)

10 all’interno di questo discorso è possibile risolvere il rapporto essere-non essere
premesso che al vertice della struttura delle idee ci sono cinque generi sommi (essere, identico, diverso, stasi, movimento), la questione è risolvibile considerando il rapporto tra il secondo e il terzo genere: il non essere è il diverso, un’idea cioè che non ha comunanza (es. l’uomo non è un volatile, non è un quadrupede) l’idea che non ha comunanza non è “nulla” - come sosteneva Parmenide - ma semplicemente un’altra idea che potrà risultare utile in un’altra diaìresis (parricidio di Parmenide)

11 “ OSPITE: Che alcuni generi dunque tendono a congiungersi tra di loro noi lo abbiamo ammesso, e altri no: alcuni in modo minore, altri in modo maggiore: nulla impedisce poi che altri, potendo passare attraverso tutti, con tutti possano congiungersi. Dopo di ciò seguitiamo nel ragionamento facendo la ricerca in questo modo, non su tutti gli aspetti, per non confonderci tra molti, ma scegliendone alcuni di quelli che vengono chiamati i più grandi, considerando per prima cosa quali essi sono uno per volta, poi, come stanno quanto a forza di comunanza tra di loro, tanto che, se non potremo afferrare l'essere e il non essere in tutta chiarezza, almeno su di essi non ci troviamo a essere privi di argomentazione, per quanto lo consente il criterio della nostra attuale ricerca, per vedere se ci è dato di venircene fuori incolumi dicendo che il non essere è realmente non essere. TEETETO: Dunque occorre farlo. OSPITE: I più grandi fra tutti i generi che or ora noi passavamo in rassegna sono l'"essere" stesso, la "stasi", il "moto". TEETETO: I più grandi di molto. OSPITE: Ma abbiamo anche detto che due di essi, moto e stasi, non possono mescolarsi tra di loro. TEETETO: Sì , certamente. OSPITE: L'essere invece si può mescolare con gli altri due: infatti, in certo qual modo l'uno e l'altro sono. TEETETO: Come no? OSPITE: Ma questi divengono tre? %

12 TEETETO: Ebbene? OSPITE: Ciascuno di essi perciò è differente dagli altri due, ma è identico a se stesso. TEETETO: è così . OSPITE: Ora poi cosa abbiamo voluto significare circa identico e diverso? Sono forse questi due generi, diversi dai tre, per quanto sempre congiunti con quelli per necessità, e si deve fare la ricerca su cinque e non su tre come essi sono e non ci siamo accorti che con questo "autentico" e "diverso" abbiamo denominato qualcuno dì quei generi prima ricordati? TEETETO: Forse. OSPITE: Eppure né il moto né la stasi sono essi stessi né il diverso né l'identico. TEETETO: Come? OSPITE: Perché quello che diciamo in comune del moto e della stasi, è che non è possibile che questo sia né l'uno né l'altro dei due. OSPITE: Il moto allora starebbe fermo e la stasi si muoverebbe: infatti congiungendosi all'uno e all'altro, l'identico e il diverso, forzerebbe l'altro a cambiare in senso contrario la sua natura, in quanto lo mette a parte del contrario. TEETETO: è esatto. OSPITE: L'uno e l'altro però hanno parte dell'identico e del diverso. TEETETO: Sì . OSPITE: Ma noi non diciamo che il moto è l'identico e il diverso, e nemmeno della stasi. %

13 TEETETO: No, certo. OSPITE: Dobbiamo allora pensare l'essere e l'identico come una sola cosa? TEETETO: Forse. OSPITE: Ma se l'essere e l'identico non significano nulla di diverso, quando ancora noi discorrendo di moto e stasi affermiamo che ambedue sono, intenderemo così di significare che l'uno e l'altro sono l'identico poiché "sono"? TEETETO: Ma questo è impossibile. OSPITE: Ebbene è impossibile che l'identico e l'essere siano una cosa sola. TEETETO: Un presso a poco. OSPITE: Poniamo dunque l'"identico" come quarto aspetto oltre gli altri tre? TEETETO: Ma certo. OSPITE: Ebbene? Il "diverso" lo dobbiamo chiamare come quinto? O si deve invece pensare questo e l'essere come due nomi soltanto per un genere solo? OSPITE: Ma, a mio parere, sarai d'accordo che fra gli esseri, alcuni sono essi stessi in sé altrì invece si richiamano ad altri. TEETETO: Perché no? OSPITE: Ma il diverso è sempre in relazione al diverso. O no? TEETETO: è così . …. “ (Platone, Sofista )

14 fino a che punto è possibile spingere il processo di divisione?
ci si avvicinerà all’idea corrispondente alla realtà singola? no, le idee per quanto possano avvicinarsi al mondo empirico, resteranno trascendenti: al termine della divisione troveremo idee indivisibili (idee atomi) quindi la divisione dialettica delle idee non risolve il dualismo tra mondo ideale e mondo sensibile


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