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Nella preistoria di Homo sapiens la situazione è stata sicuramente variata e diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. Partendo.

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Presentazione sul tema: "Nella preistoria di Homo sapiens la situazione è stata sicuramente variata e diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. Partendo."— Transcript della presentazione:

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2 Nella preistoria di Homo sapiens la situazione è stata sicuramente variata e diversificata a seconda delle culture, epoche e luoghi geografici. Partendo da 200 000 anni fa, la società ha presentato variabili modelli, dal cacciatore di piccole prede e raccoglitore del paleolitico medio organizzato in piccole unità sociali, attraverso le più numerose società dedite alla caccia dei grossi mammiferi come mammut e ungulati, fino alle culture stanziali dedite ad agricoltura ed allevamento dell'età del rame. Attraverso le varie epoche si sono potuti ipotizzare vari schemi sociali, e secondo alcune teorie anche matriarcato o società con parità di generecome nel caso delle sei nazioni, formate da popoli ascrivibili al neolitico, ma in nord America giunte alla nostra cultura in epoca storica, in popolazioni melanesiane, ed altre ancora. Nell'immaginario, sicuramente supportato da diverse prove, ma non esauriente tutte le situazioni, mentre l'uomo si dedicava alla caccia le donne si specializzarono nella raccolta di bacche commestibili, radici e frutti. Si ritiene, in alcune situazioni, che fossero impegnate per gran parte della loro vita da gravidanze, allattamento e cura della prole, fossero meno mobili e si dedicassero alla raccolta dei vegetali commestibili e dei piccoli animali.

3 Atene è la principale fonte di informazioni sulle donne in Grecia. E 'difficile sapere dove le caratteristiche descritte per le donne ateniesi possano essere applicate con validità anche ad altre città greche. Le donne ateniesi potevano, questo in special modo durante il periodo classico (tra il V e il IV secolo a.C.) - entrare temporaneamente nel mondo lavorativo attraverso contratti stipulati per un valore che però doveva mantenersi rigorosamente inferiore a quello di un "medimnos di orzo" (una misura di grano): ciò permetteva alle donne di impegnarsi in piccoli commerci, perlopiù da svolgersi al mercato cittadino. Gli schiavi, come le donne, non erano eleggibili per la piena cittadinanza ad Atene, anche se in rarissime circostanze potevano diventare cittadini, se liberati. L'unico ostacolo permanente alla cittadinanza e alla conquista a pieno titolo dei diritti politici e civili, nell'antica Atene, era quindi il genere sessuale di appartenenza: per destino di nascita le femmine risultavano essere inferiori ai maschi, e sempre lo rimasero per tutto il corso della storia antica di Atene. Nessuna donna è mai riuscita ad acquisire la cittadinanza, è sempre stata esclusa, sia in linea di principio che nella pratica, dalla democrazia ateniese

4 Le donne nell'antica Sparta erano famose per la propria fertilità, rispetto a tutte le altre donne greche. A differenza di quanto accadeva alle donne nell'Atene classica, nella società spartana le ragazze venivano allevate praticamente alla stessa maniera dei maschi, compresa la formazione fisica e le prove di idoneità a cui sottoporsi periodicamente. Nel corso dei secoli Sparta si era acquisita la solida reputazione di esporre i propri neonati ai rigori della natura a partire dal primo giorno di vita, così da rafforzarne immediatamente il carattere e scoprirne eventuali difetti fisici, ma anche di attuare una ferrea politica di eugenetica; con una forte attenzione all'allevamento dei bambini, in particolare i ragazzi, totalmente concentrato e focalizzato sull'arte della guerra, il che ha portato a credere che la loro società fosse duramente improntata ad un severo regime di patriarcato. Questa indulgenza esiste solo in relazione alle testimonianze date da autori maschi stranieri del tempo, in quanto testi spartani sull'argomento sono completamente assenti; Sparta sembra aver volutamente mancato di registrare la sua storia e, dato che gli uomini del tempo erano molto poco inclini ad osservare con sguardo attento le donne, in particolar modo quelle che pensavano potessero agire al di sopra della loro stessa posizione, occorre affidarsi a tutta la capacità critica disponibile per poter discernere quali informazioni siano effettivamente assegnabili alle donne di Sparta.

5 In questo periodo le donne romane godono di una conquistata dignità ed autonomia difesa anche da teorici del "femminismo" antico come Gaio Musonio Rufo nell'età dei Flavi.Molte imperatrici romane di questa età sono meritevoli di quel titolo di Augusta che fu dato a Livia solo dopo la morte del marito. Grande figura di donna è quella di Plotina, moglie di Traiano che aveva accompagnato il marito nella guerra contro i Parti e che, dopo la morte dell'imperatore, aveva così ben disposto le sue segrete volontà politiche testamentarie che Adriano ottenne la successione senza contrasti. Così la moglie di quest'ultimo Sabina, nonostante le malignità su di lei nella Historia Augusta, la si ritrova celebrata in numerose iscrizioni da coloro che erano stati beneficiati da lei e da statue che l'avevano divinizzata ancora in vita. Si dice che Adriano fosse in contrasto con lei ma bastò che Svetonio, segretario ab epistulis, le avesse mancato di rispetto che l'augusto consorte intervenisse facendogli perdere in un batter d'occhio il suo incarico.

6 Le donne nell'antico Egitto possedevano uno status che contrastava in modo significativo con la condizione della donna in molti paesi moderni, in quanto occupavano e veniva assegnata loro una fetta di potere sociale (e, in certi casi, anche politico) che non è consentito loro avere in un buon numero di società (sociologia) dell'età contemporanea. Anche se gli uomini e le donne in terra d'Egitto avevano poteri tradizionalmente distinti all'interno della società civile, non sussisteva alcuna barriera insormontabile - né di tipo culturale né tanto meno religioso - davanti a coloro che volessero deviare da un tale modello di separazione dei ruoli. La società egizia riconosceva non l'uguaglianza sociale dei sessi (nel senso più moderno del termine, o le pari opportunità), bensì la complementarità essenziale nei compiti a cui erano destinati rispettivamente uomini e donne. I doveri a cui era chiamata la popolazione femminile del paese erano soprattutto rivolti alla buona riuscita della vita nell'ambiente familiare, quindi alla prosperità della famiglia e alla buona salute e crescita e dei figli. Un tale rispetto nei confronti della femminilità è espresso chiaramente nella'antica teologia della religione egizia e dalla sua morale, pur rimanendo alquanto difficoltoso stabilire la portata della sua applicazione effettiva nella realtà della vita quotidiana nell'antico Egitto; è stato in ogni caso molto differente per esempio nella società dell'antica Atene dove le donne erano legalmente considerate come delle "eterne minorenni" e pertanto prive della maggior parte dei diritti civili.

7 Fisicamente deboli e moralmente fragili le donne nel Medioevo erano viste come esseri da proteggere, sia dagli altri che da se stesse. Nobili, lavoratrici cittadine, o religiose di un convento erano sottoposte alla sorveglianza e guida degli uomini. Non potevano sostenere un’attività in proprio, neanche dopo una vedovanza, infatti l’universo femminile era limitato dalla legge della corporazione, la quale stabiliva che ogni amministrazione doveva essere integrata da un uomo.

8 Il ruolo della donna nel corso del Rinascimento e dell’Età moderna subisce profondi cambiamenti che conducono in due opposte direzioni: se da un lato, si assiste infatti a una maggiore partecipazione delle donne alla vita pubblica e agli eventi mondani, dall’altro lato, solo alle donne appartenenti alle classi sociali più elevate era consentito, e non sempre, l’accesso agli studi accademici e il raggiungimento di ruoli di prestigio.

9 Il Settecento rappresenta il secolo dell’emancipazione della donna. Le donne avevano pertanto ruoli di grande importanza come la direzione dei salotti. Esse nel Settecento erano ritenute dai sapienti illuministi sufficientemente intelligenti da sostenere conversazioni su vari temi, alla pari degli uomini e abbastanza intraprendenti da guidarli, con il loro incoraggiamento e le loro critiche pertinenti, nel compiere scelte importanti e aiutarli a costruire una buona società. Ad esse inoltre era riservata un’educazione prevalentemente scientifica, pertanto donavano il loro contributo scientifico e filosofico nella stesura dell’Enciclopedia.

10 Un'osservazione di carattere generale è che ogni fenomeno storico subisce durante il XX secolo una fortissima accelerazione del suo sviluppo che coinvolge anche l'emancipazione delle donne. A modificare la condizione femminile hanno contribuito in primo luogo una serie di eventi demografici e socioculturali: un progressivo calo degli indici della natalità in seguito alla diffusione della anticoncezionali, dell'istruzione femminile e all'accresciuto lavoro delle donne fuori casa. Ne consegue che quello di moglie e di madre è pur sempre il ruolo principale, ma non più l'unico modello proposto alle donne. Può essere particolarmente interessante osservare che persino la bellezza fisica, da attributo femminile molto valorizzato ma 'spendibile' dalle donne praticamente solo in funzione di un buon matrimonio...e quindi magari anche di una promozione sociale, si trasforma a partire dal dopoguerra in una sorta di strumento professionale. Nasce infatti una serie di professioni in cui la bellezza fisica è valorizzata a fini economici: in particolare la professione di indossatrice e di modella, ma anche di annunciatrice televisiva e di valletta. La concezione maschile e femminile sul ruolo della donna si è modificata anche perché il controllo del costume e della morale è sempre meno nelle mani della chiesa e delle autorità tradizionali, e invece è sempre più affidato un'opinione pubblica che si forma attraverso mezzi di comunicazione di massa (radio, cinema,rotocalchi 'si intende originariamente una tecnica di stampa', televisione). All'inizio, alle donne viene sempre proposto un ruolo di sostanziale sottomissione all'uomo, ma non più cieca, assoluta e incontestabile: si ammette che anch'esse abbiano diritto a riconoscimenti, gratificazioni e spazi di autonomia. Nel ‘900 i progressi in questo senso sono tanti, ma per completare il processo evolutivo della donna bisogna attendere la fine del XX secolo.

11 “Quasi la felicità. Storie di donne e lavoro” è il web- documentario realizzato dalla Cooperativa Camera a Sud nell’ambito del progetto “NO GAP. Storie di donne e di lavoro in Puglia”, vincitore del bando GIOVANI PER IL SOCIALE del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale (2014), con capofila l’Associazione Il Grillo. Quasi la felicità perché “Amare il proprio lavoro è la cosa che si avvicina più concretamente alla felicità sulla terra” come scriveva Primo Levi; una frase che amava citare spesso anche Rita Levi Montalcini perché aveva ispirato la sua vita. La celebre scienziata, una delle figure femminili più luminose dell’ultimo secolo, una lunga vita al servizio della ricerca, ma anche al sostegno della dignità della donna e del lavoro femminile, era fortemente persuasa del fatto che il lavoro delle donne fosse fondamentale per la costruzione e la conservazione della pace: “il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace”. Quasi la felicità perché il lavoro non può e non deve essere tutto, ma riveste senza dubbio un ruolo importante nella vita delle persone. Per prima cosa il lavoro è un diritto umano ed è ciò che permette a ciascuno – uomo o donna che sia – di dare il proprio contributo al progresso materiale e spirituale della società.

12 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali …” (art. 3). “Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione” (art. 23). “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione …” (art. 37). “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne …” (art. 51 Costituzione italiana). Secondo il Forum Economico Mondiale l’Italia è al 69esimo posto, su 142 paesi, nella classifica del Global Gender Gap Index 2014 che ogni anno viene elaborata per monitorare la portata e l’ampiezza della disparità di genere nel mondo in rapporto a quattro settori fondamentali: economico (composizione della forza lavoro, gap retributivi, differenze nella carriera), politico (presenza di donne nelle alte cariche dello Stato), dell’istruzione (numero di donne alfabetizzate e iscritte a scuola rispetto agli uomini) e della salute (nuovi nati in base al sesso, aspettativa di vita). Una posizione di bassa classifica che la vede ben lontana dai paesi del nord Europa, Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca che detengono saldamente e da tempo le prime cinque posizioni.

13 In Italia, e nel Sud Italia in particolare, la condizione femminile è poi ancora più critica rispetto al resto della penisola. L’ultimo rilievo Svimez 2014 parla di un Sud a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116 mila abitanti nel solo 2013), non fare figli, impoverirsi (+40% di famiglie povere nell’ultimo anno) perché manca il lavoro. Negli ultimi cinque anni, dal 2008 al 2013, le donne in Italia hanno perso 11mila posti di lavoro. Nel 2013 a fronte di un tasso di attività femminile medio del 66% in Europa (che arriva all’83% in Finlandia), le regioni del Mezzogiorno vanno peggio di Malta e della Romania (che registrano tassi di attività femminile rispettivamente del 50% e del 48,4%) e in Puglia il tasso di occupazione femminile è solo del 38%. Nel Mezzogiorno la probabilità di lavorare per le ragazze per certi versi appare quasi azzerata e si parla sempre più di vera e propria segregazione occupazionale. E’ evidente che se anche nel nostro Paese si vuole davvero favorire lo sviluppo e la produttività, servono interventi ad hoc per garantire l’equità e tutelare i diritti delle donne. Preliminare tuttavia, perfino rispetto alle misure economiche, per ottenere questo risultato, è l’investimento nell’educazione, nella cultura e nella formazione in quanto chiavi fondamentali e imprescindibili per affrontare un autentico cambio di rotta: non solo per prevenire la violenza di cui sempre più spesso le donne sono vittime, ma anche per promuovere l’equità e tutelare i diritti di tutte le donne nel nostro paese, il diritto al lavoro in particolare. In questo scenario Quasi la felicità è una raccolta di storie di resistenza e resilienza perché, come abbiamo visto, il lavoro femminile e giovanile rientra in una condizione doppiamente a rischio di svantaggio e di fragilità nell’attuale contesto socio-economico. Abbiamo raccolto storie e testimonianze di percorsi di lavoro e di vita di donne che sono riuscite a realizzare il proprio progetto o che quantomeno ci provano. Nonostante tutto. Donne, come tante, che in Puglia lavorano e fanno progetti, creano, inventano il lavoro quando non c’è oppure inseguono una passione, un sogno. Alcune di loro hanno viaggiato, hanno studiato e acquisito competenze fuori dal nostro Paese e sono tornate per nostalgia, per amore o per desiderio di riscatto per la propria terra. Molte di loro sono madri o vorrebbero diventarlo e fanno i conti con le difficoltà che della conciliazione vita-lavoro. Altre hanno fatto scelte differenti da quelle della maternità e ci hanno raccontato i loro progetti altrettanto creativi e gratificanti.


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