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C ORSO DI PIANIFICAZIONE D ’ EMERGENZA DEL LIVELLO PROVINCIALE RIVOLTO AI RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE STRUTTURE OPERATIVE LOCALI E A GLI OPERATORI DELLA.

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Presentazione sul tema: "C ORSO DI PIANIFICAZIONE D ’ EMERGENZA DEL LIVELLO PROVINCIALE RIVOLTO AI RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE STRUTTURE OPERATIVE LOCALI E A GLI OPERATORI DELLA."— Transcript della presentazione:

1 C ORSO DI PIANIFICAZIONE D ’ EMERGENZA DEL LIVELLO PROVINCIALE RIVOLTO AI RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE STRUTTURE OPERATIVE LOCALI E A GLI OPERATORI DELLA P ROVINCIA DI L ATINA IL RISCHIO DEGLI INCENDI BOSCHIVI E DI INTERFACCIA a cura del V.Q.A.f. Angela Farina Corpo forestale dello Stato – Comando Regionale per il Lazio

2 Legge n. 353 del 2000 Art. 2. (Definizione) Per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree. Pertanto l'incendio boschivo può presentarsi come incendio che riguarda il bosco o le aree ad esso assimilate, oppure come incendio di interfaccia urbano-rurale nel caso in cui minacci di interessare aree di interfaccia urbano-rurale, intese queste come aree o fasce, nelle quali l'interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta. Tale tipo di incendio può avere origine sia in prossimità dell'insediamento (ad es. dovuto all'abbruciamento di residui vegetali o all'accensione di fuochi durante attività ricreative in parchi urbani e/o periurbani) sia come derivazione da un incendio di bosco.

3 Definizione di bosco L.R. n. 39/2002 in linea con la normativa forestale statale, è da considerarsi bosco qualsiasi area coperta da vegetazione forestale avente estensione non inferiore a 5.000 mq e di larghezza mediamente maggiore a 20 m, e con copertura non inferiore al 20 % in qualsiasi stadio di sviluppo.

4 le aree ripariali ricoperte da vegetazione di qualsiasi estensione

5 le aree ricoperte da vegetazione arbustiva, denominati arbusteti, di specie di cui all’allegato A3, associate ad esemplari arborei e quelle non associate a copertura arborea ma con superficie maggiore di 5.000 mq e copertura maggiore del 50 %

6 i castagneti da frutto e le sugherete aventi le dimensioni e coperture minime previste per i boschi

7 le aree già boscate nelle quali l’assenza del soprassuolo arboreo o una sua copertura inferiore al 20 % abbiano carattere temporaneo e siano ascrivibili ad interventi selvicolturali o di utilizzazione oppure a danni da eventi naturali, accidentali o da incendio

8 i vivai forestali interni ai boschi i rimboschimenti a fini protettivi

9 le radure di ampiezza inferiore a 5.000 mq se non occupate da coltura agraria continuativa

10 Ma secondo la legge è incendio boschivo anche quell’incendio che interessa terreni coltivati, incolti e pascoli limitrofi ai boschi

11 IL TRIANGOLO DEL FUOCO L'incendio boschivo è un processo chimico rapidissimo di combustione (ossidazione), che avviene solo in presenza del combustibile, qual e’ il materiale vegetale, dell'ossigeno (comburente) e di una piccola quantità di calore ad alto potenziale, che determina lo sviluppo a catena del processo stesso. COME SI VERIFICANO GLI INCENDI BOSCHIVI

12 Da tale reazione si sviluppa energia termica ad elevata temperatura e il fuoco è l’emissione di luce e calore che si manifesta nella combustione di un corpo. Quando dal corpo si sprigiona un gas, questa emissione assume la forma della fiamma, e cioè di una lingua gassosa incandescente estremamente mobile. Per la vegetazione è il processo opposto alla fotosintesi, in cui a partire da anidride carbonica e acqua le piante grazie alla luce producono zuccheri ed emettono ossigeno. Nella combustione infatti le piante assorbono ossigeno ed emettono anidride carbonica e vapore acqueo sviluppando luce e calore. Perché avvenga la combustione occorre sempre la presenza contemporanea di tre elementi: Il combustibile (nel caso del bosco, sono i materiali vegetali costituiti da paglia, rami, tronchi, radici, erbe, foglie etc. e composti di:  cellulosa = polimero costituito da unità C 6 H 10 O 5  lignina = 43% carbonio 6% idrogeno 31% ossigeno - formula grezza C 6 H 9 O 4 inoltre sono presenti in notevole quantità:  H 2 O, resine ed oli essenziali e sali minerali quali calcio, silicio e potassio.

13  ll comburente (l’ossigeno o l’aria, miscuglio gassoso composto da ossigeno – 21%- azoto –78%- argo e altri gas rari –1%)  La sorgente di calore che eleva la temperatura ad un valore tale (valore di ignizione) da innescare il processo e farlo continuare a catena. La temperatura detta temperatura di accensione o di ignizione per i materiali vegetali è di circa 300°C. Le sorgenti di calore esterne possono essere di natura diversa: scintille, cerini, mozziconi di sigaretta, fulmini, fiamme ossidriche etc. CONCLUDENDO:  Perché un incendio si sviluppi sono sempre necessari gli elementi che costituiscono il cosiddetto "triangolo del fuoco", cioè il combustibile (paglia, legno, etc.), il comburente (l'ossigeno) e la temperatura di combustione. Mentre i primi due elementi sono sempre disponibili, la temperatura necessaria all'accensione é presente solo in determinate condizioni.

14 Gli incendi boschivi sono di vari tipi. Una classificazione distingue:  Incendi di superficie o radenti  Incendi di corona o chioma  Incendi sotterranei  Incendi di ceppaie CLASSIFICAZIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI

15 incendio radente Sono i più frequenti. Ogni incendio nella sua fase iniziale è di questo tipo. Il fuoco brucia la lettiera indecomposta, la copertura erbacea e arbustiva. I valori di intensità, velocità, altezza della fiamma dipendono soprattutto dal grado di umidità del combustibile. Tali incendi il più delle volte non causano danni di rilievo agli alberi e l’opera di spegnimento è relativamente facile, anche con semplici mezzi manuali. Intensità da 100 a 3000 KW/m.

16 incendio di chioma Sono gli incendi più difficilmente controllabili. Sono percorse dal fuoco le parti alte delle chiome e la trasmissione del fuoco può avvenire contemporaneamente all’incendio di superficie (incendio di barriera). Le fiamme si stendono rapidamente con grande sviluppo di calore e quando tira vento i tizzoni diffondono il fuoco anche a grandi distanze. Le produzioni di vapori di olii eterei possono comportare delle vere e proprie esplosioni. Possono superare anche i viali parafuoco. Sono frequenti nei boschi puri di resinose soprattutto in quelli giovani carenti sotto il profilo degli interventi selvicolturali di sfollo, diradamento, spalcatura, ripulitura.

17 17 GLI INCENDI SOTTERRANEI E DI CEPPAIA Gli incendi sotterranei bruciano lentamente le sostanze vegetali sotto il livello del suolo: il muschio, la torba, l’humus indecomposto. Si verificano nelle pianure dell’Europa e del Nord America nei periodi molto siccitosi, quando la sostanza vegetale indecomposta incorporata nel terreno può bruciare e quando il terreno consenta una certa aerazione. Sono subdoli e non appariscenti. Per far si che non si verifichino è importante bonificare completamente il territorio percorso dal fuoco. Negli incendi di ceppaia la combustione può protrarsi per diversi giorni con il pericolo che un tizzone, trasportato dal vento, possa estendere l’incendio in una zona ancora non percorsa. Sono caratteristici dei boschi di castagno e degli oliveti abbandonati.

18 I FATTORI PREDISPONENTI

19 Le condizioni che influenzano l’innesco e la diffusione dell'incendio sono principalmente rappresentate da: il tipo di combustibile le condizioni del tempo la morfologia del terreno

20 Il combustibile L'infiammabilità, intesa come facilità di accensione, la velocità di combustione e il potere calorifico dipendono dal peso specifico, dalla struttura anatomica e dalle dimensioni del materiale vegetale, dal contenuto di acqua, di oli essenziali, di resine e dalla disponibilità di ossigeno. Dimensioni Per effetto dell’irraggiamento e della convezione provocati dalla fonte esterna di calore, i materiali di piccole dimensioni si riscaldano meglio di quelli più grossi e arrivano prima alla temperatura di ignizione. Se sottili e non pressati, offrono maggiore superficie esterna all'ossigeno comburente e pertanto bruciano di più. Struttura anatomica Il legno molto poroso (e quindi con maggiore superficie esposta all’aria) si accende più facilmente, anche se non è detto che bruci altrettanto bene per presenza di strato carbonioso che può ostacolare il processo di combustione.

21 Contenuto d’acqua che si trova nei tessuti, che può variare dal 2 al 90% (considerata l’intera pianta), in dipendenza delle condizioni atmosferiche ed in particolar modo dell'umidità relativa dell'aria nel caso di materiale morto e dallo stadio vegetativo nel caso di pianta viva. Esso ha influenza sul potere calorifico, in quanto sottrae calore per la sua vaporizzazione. Presenza di resine e oli essenziali Le piante ad alto contenuto di resine, oli e terpeni si infiammano e bruciano con facilità. La temperatura di accensione è in genere minore di quella del legno, mentre è maggiore il potere calorifico (8500Cal/kg per la resina). Tipo di gestione selvicolturale La mancanza di cure colturali al bosco (ripuliture, sfolli, diradamenti) influisce negativamente sul fenomeno.

22 22 Boschi alpini

23 23 Pascoli

24 24 Ambienti ad alto rischio di incendio Pinete mediterranee

25 Macchia mediterranea Rischio elevato nel periodo estivo, aggravato dalla alta infiammabilità delle essenze ricche di resine; alta difficoltà di spegnimento per l'intrico della vegetazione e l'alto potenziale calorico sviluppato dalle essenze di alto fusto se presenti

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27 Umidità del suolo e atmosferica: influenza il tenore di quella della vegetazione. Di notte quando l’umidità è presente ed assorbita in misura maggiore, il fuoco brucia più lentamente. Da qui l’intensificazione degli addetti delle operazioni di spegnimento durante la notte. Importante è anche il ruolo della nebbia e della rugiada. Temperatura, agisce nel senso che i combustibili preriscaldati dal sole e quindi con un tenore idrico minore bruciano più rapidamente dei combustibili freddi. Vento, che apporta grandi quantità di aria e quindi di ossigeno per la combustione, essicca i materiali vegetali facendo evaporare l’acqua, produce spostamenti, volatilizzazione e salti di particelle in condizioni di combustione attiva, determina l'avanzamento della linea del fuoco, provoca il preriscaldamento del materiale legnoso e quindi nuovi punti d'inizio e di continuazione del fuoco. Le condizioni meteorologiche

28 Sono state misurate anche velocità di avanzamento molto maggiori 1- 2 km/h in situazioni di particolare ventosità (Sardegna, Isola D’Elba, Val d’Aosta). Velocità del ventoVelocità di avanzamento 20 km/h250 m/h 40 km/h600 m/h 45 km/h750 m/h 50 km/h450 m/h E’ stato calcolato che la velocità del fuoco sia approssimativamente proporzionale alla radice quadrata della velocità del vento in una lettiera compatta. Fino a velocità del vento di 40 km/h si avrebbe un aumento più che proporzionale della velocità di avanzamento del fuoco, mentre a velocità superiori la velocità è meno che proporzionale. Osservazioni piemontesi

29 Esposizione, determina l'irraggiamento solare e quindi influisce sulla temperatura e sull’umidità; l’esposizione a sud - ovest è la più calda e quindi la più pericolosa. Pendenza, facilita l’avanzamento del fuoco verso le zone più alte pre- riscaldando con la convezione dell’aria calda i combustibili sovrastanti. Il fuoco si sviluppa più rapidamente in salita che in discesa. Conseguenza della pendenza è il rotolio di materiali vegetali infiammati, per esempio pigne nelle pinete che possono riaccendere eventuali nuovi focolai. Presenza di burroni, crepacci o strettoie, in questo caso il fuoco avanza con la massima rapidità per l’intensità del tiraggio dell’aria calda, paragonabile ad un camino. La morfologia del terreno

30 LA PROPAGAZIONE DEL FUOCO Siccome sono tante le variabili che entrano in gioco, NON vi è un unico modello di diffusione del fuoco e di propagazione dell’incendio in bosco. Comunque una cosa è certa: la propagazione del fuoco è in funzione del cosiddetto bilancio termico globale: quando il calore sviluppato è in grado di interessare altro combustibile rispetto a quello già interessato, allora il fuoco si espande, avanzando in modo più o meno uniforme per quanto riguarda la direzione e con una maggiore o minore velocità in funzione di una serie di variabili quali: vento (velocità e direzione) infiammabilità e combustibilità della vegetazione presenza di ostacoli ubicazione e giacitura

31 LA CONOSCENZA DEL COMPORTAMENTO DEL FUOCO E DELLA SUA GEOMETRIA E’ DI ESTREMA UTILITA’ SIA NELLA LOTTA PER LO SPEGNIMENTO CHE NELLE ATTIVITA’ DI INDAGINE RELATIVE ALLA INDIVIDUAZIONE DEL PROBABILE PUNTO DI INNESCO DI INIZIO DELL’INCENDIO (MEF)

32 MODELLO IDEALE: propagazione radiale con velocità uniforme rispetto al focolaio iniziale, assenza di vento, uniformità di vegetazione e terreno pianeggiante

33 Vento costante in una direzione: l’incendio conserva una caratteristica forma allungata ellittico - ovale. Assenza di vento e terreno pianeggiante: il fuoco tende ad espandersi in tutte direzioni in forma circolare. Vento variabile: si alternano diverse direzioni preferenziali del fuoco.

34 La pendenza del terreno: esalta il preriscaldamento per l’apporto di calore esterno dal basso, i materiali vengono gradualmente riscaldati ed essiccati, scompare l’acqua, la temperatura raggiunge i 100 gradi. La pendenza facilita l’avanzata dell’incendio verso le zone più alte. Sul crinale il fuoco ha un andamento quasi verticale, con la convezione (il calore viene asportato da gas o liquidi in movimento, le differenze di densità dovute alle temperature producono dei moti) si ha un richiamo di aria in senso opposto all'altro versante.

35 CONCLUDENDO Gli incendi dei boschi, pur seguendo l'andamento climatico, però non si manifestano uniformemente sul territorio: ci sono delle zone dove questo pericolo è maggiore che in altre, come l'esperienza ed i fatti, annualmente, confermano. Si vuol affermare che, a parità di condizioni climatiche e di coefficiente d'aridità, vi sono altre diversi fattori che favoriscono lo sviluppo degli incendi nei boschi e che sono riconducibili all’uomo, quali l'afflusso turistico, l'abbandono rurale delle campagne, l'attività di particolari pratiche agronomiche e pastorizie, le vendette, le speculazioni. Cosi, a seconda dell'ubicazione propria del bosco e del suo rapporto specifico con i fattori accennati, si hanno dei soprassuoli più esposti al pericolo e al rischio d'incendio, rispetto ad altri, dove i fattori sociali ed umani, sono meno incidenti.

36 Le Regioni approvano il piano regionale per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi individuando secondo l’art. 3 della L. n. 353/2000: a) le cause determinanti ed i fattori predisponenti l’incendio; b) le aree percorse dal fuoco nell’anno precedente, rappresentate con apposita cartografia; c) le aree a rischio di incendio boschivo rappresentate con apposita cartografia tematica aggiornata, con l’indicazione delle tipologie di vegetazione prevalenti; d) i periodi a rischio di incendio boschivo, con l’indicazione dei dati anemologici e dell’esposizione ai venti; e) gli indici di pericolosità fissati su base quantitativa e sinottica

37 Alcuni dati superficie territoriale del Lazio: 1.720.640 ettari superficie occupata da bosco ed altre aree di interesse per il piano: 710.700 ettari superficie forestale evidenziata dall’INFC 2005 (Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio): 605.859 ettari numero medio annuo di incendi nella serie storica 1990 – 2010: 540 superficie boscata media annua percorsa dal fuoco per la serie storica 1990-2010: 3.528 ettari superficie totale (boscata e non) media annua percorsa dal fuoco nel periodo 1990-2010: 6.227 ettari numero medio annuo di incendi nella serie storica 2006 – 2010: 415 superficie boscata media annua percorsa dal fuoco per la serie storica 2006 – 2010: 3.104 ettari superficie totale (boscata e non) media annua percorsa dal fuoco nel periodo 2006 – 2010: 4.736 ettari

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41 A livello provinciale e con riferimento all’intero quinquennio le superfici totali medie percorse da un evento variano dai 7,02 ha/incendio nella provincia di Viterbo ai 12,92 ha/incendio in quella di Latina, mentre i valori di superficie boscata mediamente colpita da un incendio sono compresi tra 2,62 ha/incendio della provincia di Viterbo e 10,35 ha/incendio della provincia di Latina.

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43 La zonizzazione del rischio La valutazione dei rischi nelle diverse aree del territorio regionale è fondamentale per supportare l’attività di programmazione delle azioni di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Essa prende in considerazione diverse variabili che possono incidere sia sull’innesco che sulla propagazione del fuoco. La combinazione di 5 indici, opportunamente normalizzati, porta alla definizione del rischio complessivo (IR) a livello comunale: Indice di pericolosità (Pe) dipende dall’incidenza che hanno le diverse formazioni vegetali come risultano dalla Carta dell’Uso del Suolo sul territorio comunale totale: S formazione/S comunale totale Indice di rischio potenziale (Rp) valore di rischio attribuito ad ogni singola formazione vegetale in base alla propensione intrinseca all’innesco e propagazione degli incendi. Sono stati individuati n. 4 livelli di rischio potenziale che sono stati rapportati alla superficie comunale: S1K1+S2K2+S3K3+S4K4 / Superficie di tutte e 4 le classi

44 Indice di rischio reale (Rr) si basa sulla reale incidenza degli incendi nel comune (superficie percorsa e n. eventi) nel perio 2006-2010. Indice del valore ecologico (Ve) utilizza i valori di rilevanza così come attribuiti dalla Carta della Natura (ISPRA) che tengono conto anche dell’appartenenza ad aree protette. Indice di rischio climatico (Rc) viene determinato sulla base delle variabili di temperatura e precipitazioni. Ad ogni indice è stato attribuito un peso di significatività e poi sono stati sommati per fornire il rischio complessivo IR comunale. K4 molto altoConifere litoranee, formazioni miste di conifere e latifoglie litoranee e di collina, praterie xeriche, eucaliptus, conifere a rapido accrescimento K3 altoSclerofille e macchia mediterranea, latifoglie termofile e termomesofile, cespuglieti e oliveti K2 medioConifere montane, formazioni miste di conifere e latifoglie montane, castagneti K1 bassoLatifoglie mesofile, praterie sommitali, pioppeti e saliceti

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46 La classificazione del rischio I primi 20 comuni nella graduatoria che partendo da quelli maggiormente a rischio arriva a quelli a rischio basso sono: Formia, Santi Cosma e Damiano, Itri, Sperlonga, Spigno Saturnia, Castelforte, Lenola, Gaeta, Fondi, Ausonia, Campodimele, Patena, Cervaro, Gorga, Villa Santa Lucia, Magliano Romano, Carpineto Romano, Sermoneta, Prossedi, Castelnuovo Parano. La maggior parte in provincia di Latina


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