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Anselmo d’Aosta Il problema dell’equilibrio tra fede e ragione è costante nella filosofia medievale. Anselmo (1033-1109) si interessa soprattutto alla.

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Presentazione sul tema: "Anselmo d’Aosta Il problema dell’equilibrio tra fede e ragione è costante nella filosofia medievale. Anselmo (1033-1109) si interessa soprattutto alla."— Transcript della presentazione:

1 Anselmo d’Aosta Il problema dell’equilibrio tra fede e ragione è costante nella filosofia medievale. Anselmo (1033-1109) si interessa soprattutto alla questione di Dio, al cui proposito egli distingue la questione dell’esistenza da quella della natura (essenza). Tale distinzione si ritrova nel Monologion, dove egli formula le quattro prove a posteriori dell’esistenza di Dio (dagli effetti alle cause) Mentre la distinzione tra esistenza ed essenza viene trascurata nel Proslogion, dove egli formula l’argomento ontologico (o a priori)

2 Summum bonum Dio come aliquid summe bonum Vi sono innumerevoli cose buone, la cui diversità viene sperimentata dai sensi e confermata con la ragione. Ciò comporta che le diverse cose presentino diversi gradi di bontà. Ma tutte sono buone per qualcosa che deve essere inteso come identico nelle cose differenti (così come le cose sono dette più o meno giuste in riferimento al grado di giustizia che in esse si esprime). Ciò significa che i diversi beni sono tali non per sé ma per altro, altrimenti tutti sarebbero beni allo stesso modo. Deve quindi esistere un bene che sia identico, uno e per sé. Essendo unico non può essere pensato come uguale o inferiore agli altri beni diversi: esso deve essere superiore. Esiste un ente sommo che è sommamente buono

3 Summum Magnum Dio come aliquid summe magnum Allo stesso modo in cui si è trovato che vi è qualcosa di sommamente buono, così deve darsi qualcosa di sommamente grande (nel valore, non nella quantità. Ad es. la sapienza: tanto è maggiore tanto è migliore e più degna) perché tutte le cose che sono grandi lo sono per un qualcosa di grande per se stesso.

4 Causalità L’ «essere» delle cose Tutto ciò che è, è in virtù o di qualcosa o di nulla. Ma nulla è in virtù di nulla, quindi ciò che è, è in virtù di qualcosa. Tutto ciò che è per altro è meno di ciò che è per sé (che basta a se stesso) Deve esserci qualcosa che è per sé e che è tale massimamente rispetto a tutte le altre cose. «Perciò vi è qualcosa che, si dica essenza o sostanza o natura, è il più buono, il più grande e superiore a tutte le cose che sono». Esso deve essere uno, identico, e per sé.

5 Gradualità Dimostrazione per gradi Le cose si distinguono per inuguaglianza di gradi. (ad es. il cavallo è migliore del sasso, e l’uomo è migliore del cavallo) Poiché non si può negare che certe nature siano migliori di altre, nondimeno la ragione ci persuade che una, tra di esse, è superiore alle altre in modo tale da non averne alcuna superiore a sé. Esiste quindi un summum ens superiore a tutte le cose che sono.

6 La prova ontologica Nel Proslogion Anselmo formula la famosa «prova ontologica» Dio è qualcosa di cui non si può pensare nulla di più grande. Ciò di cui non si può pensare qualcosa di più grande non può essere nel solo intelletto, poiché si può pensare che vi sia qualcosa di cui non si possa pensare che non esiste, e questo è maggiore di ciò che si può pensare che non esiste. Ergo, Dio, che è ciò di cui non si può pensare il maggiore, esiste. Se infatti qualche mente potesse pensare qualcosa di migliore di Dio, essa si eleverebbe al di sopra di Dio stesso. Il che non è possibile. Solo di ciò che è all’infuori di Dio si può pensare che non esista. (Kant respingerà questa argomentazione indicandone il limite nella distinzione tra esistenza pensata ed esistenza reale)

7 La conoscenza nell’età moderna Parola chiave: Rivoluzione Copernico (1473-1543):- sistema eliocentrico = cambia prospettiva da cui guardare il fenomeno astronomico Galileo (1564-1642): - matematica scienza necessaria Newton (1642-1728): - matematizza l’universo = scienza fisica diventa scienza necessaria come la matematica - Spazio e Tempo sono assoluti: punti di riferimento indipendenti da qualsiasi corpo

8 Cartesio Cartesio (1596-1650) apre la strada, insieme a Bacone, ad un nuovo modo di intendere la conoscenza. Egli assume come modello di riferimento la matematica, di cui ammira la certezza e l’evidenza dei suoi ragionamenti e rifiuta la filosofia scolastica, che considera una mera arte di argomentare, una retorica. Inoltre, egli considera la teologia una trattazione di temi superiori alla portata della ragione umana e non necessari alla salvezza dell’anima

9 Dubbio scettico Punto di partenza della ricerca di Cartesio è il dubbio scettico: rigettare come assolutamente falso tutto ciò di cui si possa anche solo minimamente dubitare per vedere se alla fine rimanga qualcosa nella mia mente di assolutamente indubitabile. Dubbio iperbolico: e se noi fossimo stati creati, anziché da un Dio veritiero da un «genio maligno» che ci ha fatto ritenere evidenti cose che in realtà non lo sono?

10 Cogito ergo sum Ma per quanto possa esserci un genio maligno che mi inganna su ciò che credo di conoscere, egli non può certo negare che io sia qualcosa, fintanto che penso di essere qualcosa: «Ego sum, ego existo». «Io sono, io esisto, è necessariamente vera, ogni qual volta la pronuncio, o la mente la concepisce» (Meditazioni metafisiche, II). Il pensiero è quindi oggetto di un’idea chiara e distinta.

11 Sono una res cogitans Sono una cosa pensante, indipendente dal corpo e dal mondo, la cui conoscenza potrebbe essere frutto dell’errore e dell’illusione. Da qui la distinzione tra res cogitans e res extensa Prima tesi metafisica: la sostanza pensante è l’anima che, essendo del tutto distinta dal corpo, viene ad essere per sua stessa essenza immortale.

12 Ogni idea chiara e distinta deve essere anche vera Ma se la chiarezza con cui si vede che per pensare bisogna esistere è sufficiente ad assicurare la verità dell’affermazione «cogito ergo sum», allora ogni idea chiara e distinta al pari della mia esistenza deve essere anche vera.

13 L’esistenza di Dio Tre sono le prove di Cartesio per l’esistenza di Dio: 1)Ho l’idea di un Essere perfetto, la quale non mi può venire da me stesso perché io sono chiaramente imperfetto (in quanto dubito della mia conoscenza) né vengono dalle realtà esterne, di cui dubito. È necessario, dunque, che ciò che è più perfetto non possa provenire da ciò che lo è di meno e che quindi esista un Essere perfetto realmente esistente fuori di me. 2)Io so di essere imperfetto e che quindi esisto per altro dal quale dipendo, altrimenti avrei potuto darmi da me tutto ciò che mi manca (infinità, onniscienza e onnipotenza). Esiste quindi un Essere dal quale dipendo: Dio 3)L’idea di un Essere perfetto è l’idea di un essere in cui l’essenza comprende l’esistenza (poiché senza esistenza non sarebbe perfetto), allo stesso modo in cui l’idea del triangolo comprende la proprietà di avere la somma degli angoli uguale a due angoli retti. Dunque l’esistenza di Dio è certa quanto lo è una dimostrazione di geometria.

14 Dio garanzia della verità L’esistenza di Dio è la cosa più certa, essa è la garanzia della verità di tutte le idee chiare e distinte, in quanto queste ultime ci vengono da Dio. Le idee chiare e distinte sono le idee della matematica, che ci sono state date da Dio nel momento in cui ci ha creato. Tali idee sono quindi innate e si differenziano dalle idee avventizie, che ci vengono dal mondo esterno, e dalle idee fittizie che sono quelle che creiamo noi. Queste ultime due tipi di idee sono oscure e confuse. Noi a volte cadiamo in errore anche riguardo alle idee della matematica, ma ciò non è dovuto al nostro intelletto, ma alla nostra volontà.

15 Kant Kant rifiuta le idee innate di Cartesio, sostenendo invece che, almeno cronologicamente, «ogni nostra conoscenza procede dall’esperienza». La priorità temporale, però, non esclude che ci sia un’altra fonte di conoscenza al di fuori dell’esperienza. Che la nostra conoscenza empirica sia composta da ciò che riceviamo mediante le impressioni e di ciò che la nostra facoltà conoscitiva vi aggiunge da sé, stimolata da impressioni sensibili, è conciliabile con la priorità temporale dell’esperienza.

16 Critica della ragion pura Premessa del 1787 Parole chiave: Rivoluzione – Metodo Logica, matematica e fisica hanno seguito il cammino sicuro della scienza, determinando a priori il proprio oggetto Logica: chiusa e completa perché delimitata alla forma dell’intelletto: «l’intelletto non deve nella logica occuparsi di altro che di se stesso e della propria forma» Matematica e Fisica: sono entrate nella via sicura della scienza grazie a rivoluzioni poste in atto dalle felici idee di singoli uomini. Fisica: Nuovo metodo scientifico: la ragione vede solo ciò che lei stessa produce, secondo il proprio disegno e con i principi dei suoi giudizi secondo leggi immutabili deve entrare e costringere la natura a rispondere alle sue domande. «È necessario quindi che la ragione si presenti alla natura avendo in una mano i principi, secondo i quali soltanto è possibile che fenomeni concordanti abbiano valore di legge, e nell’altra l’esperimento, che essa ha immaginato secondo questi principi: per venire, bensì, istruita da lei, ma non in qualità di scolaro che stia a sentire tutto ci che piaccia al maestro, sibbene di giudice, che costringa i testimoni a rispondere alle domande che egli loro rivolge.» (p. 16)

17 Critica della ragion pura Premessa del 1787 Metafisica: Non ha ancora intrapreso il cammino sicuro della scienza perché la ragione in questo caso è «scolara di se stessa» ↓ Rivoluzione kantiana = Rivoluzione nel metodo di procedere della ragione nella metafisica «Si faccia, dunque, finalmente la prova di vedere se saremo più fortunati nei problemi della metafisica, facendo l’ipotesi che gli oggetti debbano regolarsi sulla nostra conoscenza: ciò che si accorda meglio colla desiderata possibilità d’una conoscenza a priori, che stabilisca qualcosa relativamente agli oggetti, prima che essi ci siano dati.» (p. 17)

18 Critica della ragion pura Problema: non è possibile verificare mediante esperimenti le proposizioni della ragion pura, soprattutto quando si avventurano al di là dei limiti di ogni esperienza possibile ↓ noumeno = cosa in sé. Si può solo pensare fenomeno = oggetto dei sensi e dell’intelligenza per la conoscenza ↓ Conoscere ≠ Pensare ↓ Ragion pura speculativa – Ragion pura pratica Metafisica non può superare i limiti dell’esperienza possibile (utilità negativa), ma ciò lascia lo spazio all’uso pratico (morale) della ragione (utilità positiva) Critica della ragion pura = trattato sul metodo: indica le condizioni di possibilità del nostro conoscere

19 Critica della ragion pura Introduzione Problema della ragion pura è: Come è possibile la matematica pura? Come è possibile la fisica? Come è possibile la metafisica in quanto scienza? (ad es. è possibile la conoscenza dell’esistenza di Dio al pari del fatto che 5+7=12?)

20 Critica della ragion pura Introduzione L’indagine con cui si trova una risposta alla triplice domanda viene chiamata trascendentale Trascendentale: ogni conoscenza che si occupa del nostro modo di conoscere gli oggetti, nel senso in cui tale modo deve essere possibile a priori. Kant vuole scoprire le condizioni dell’esperienza che si trovano prima di ogni esperienza.

21 Trascendentale Nella scolastica i «trascendentali» dell’essere sono le determinazioni essenziali ultime dell’essere Per san Tommaso (e per la scolastica medievale in genere, seppur con variazioni) sono cinque: Res (una realtà) Unum (intrinseca unità e inseparabilità), Aliquid (qualcosa di intrinsecamente distinto), Verum (conoscibile dall’intelletto), Bonum (qualcosa di appetibile).

22 Trascendentale Per «trascendentale» Kant intende ogni conoscenza che si occupi in generale del nostro modo di conoscere a priori gli oggetti dell’esperienza. Il che non significa che ogni conoscenza a priori sia anche trascendentale. Trascendentale nella Critica della ragion pura è intesa quella conoscenza attraverso la quale conosciamo che e come alcune rappresentazioni (intuizioni o concetti) sono impiegate o sono possibili esclusivamente a priori, ovvero come conoscenza universale e necessaria.

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26 I limiti della ragione La scienza naturale non scoprirà mai l’interno (noumeno) delle cose, ma neppure ne ha bisogno per le sue spiegazioni fisiche. La metafisica, al contrario, nella dialettica della ragion pura, ci porta ai limiti e le idee trascendentali, proprio perché sono necessarie ma non si lasciano mai realizzare, servono a determinare tali limiti. Questo è lo scopo e l’utilità di questa disposizione naturale della nostra ragione che ha generata la metafisica. Noi dobbiamo dunque pensare un essere immateriale, un mondo intelligibile e un essere supremo fra tutti (puri noumeni), perché la ragione soltanto in essi prova appagamento, ma non potremo conoscerli, perché essi sono pure idee, e se staccassi l’intelletto dalla sensitività non rimarrebbe altro che la pura forma del pensiero senza intuizione e con essa sola io non posso conoscere niente di determinato.

27 Kant Come un orologio sta all’orologiaio così il mondo sensibile sta allo Sconosciuto che io non conosco per ciò che è in sé, ma comunque conosco per ciò che è per me, ossia riguardo al mondo di cui io sono parte. Si tratta, in altri termini, di una conoscenza per analogia. La limitazione del campo dell’esperienza con qualcosa che le è sconosciuto è comunque una conoscenza della ragione, che si limita, come conviene ad una conoscenza del limite, soltanto al rapporto di ciò che sta fuori di esso con ciò che vi è contenuto.


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