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Sistemi locali di welfare Lavinia Bifulco. Amministrazioni pubbliche e welfare locale 1. Amministrazioni pubbliche e welfare locale  New Public Management.

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Presentazione sul tema: "Sistemi locali di welfare Lavinia Bifulco. Amministrazioni pubbliche e welfare locale 1. Amministrazioni pubbliche e welfare locale  New Public Management."— Transcript della presentazione:

1 Sistemi locali di welfare Lavinia Bifulco

2 Amministrazioni pubbliche e welfare locale 1. Amministrazioni pubbliche e welfare locale  New Public Management  La società del controllo  Italia  Amministrazioni pubbliche e politiche sociali: gerarchie, aziende, reti?

3 New Public Management  NPM: tre assunti: la modernizzazione, il nuovo e l’efficienza (Hood, 1998). Propugnando “una modernità manageriale” dei servizi improntata sul mercato e sulla razionalità economica, il NPM tende a presentarsi come radicalmente differente dagli approcci precedenti  Power (1997) “si potrebbe molto semplicemente classificare l’NPM come il desiderio di sostituire la presunta inefficienza della burocrazia gerarchica con la presunta efficienza dei mercati” (p. 61).

4 NPM  “libertà di scegliere” e “libertà di gestire” (Hood, 1998).  Orientamento al risultato 1. Non più seguire il regolamento, ma scegliere e rischiare. Non più controllare se ciò che viene fatto è conforme alle regole ma misurare i risultati e, in alcuni casi, la soddisfazione del consumatore. 2. Non più il trattamento uniforme e serializzato ma il servizio diversificato e personalizzato. 3. Non più il funzionario obbediente ma l’intraprendenza nel reperire le risorse ed elaborare le strategie. 4. Non più l’obbligo di applicare una regola ma quello di render conto di quanto si è fatto e di quanto si è speso per farlo, cioè l’accountability.

5 NPM  “ […] l’NPM afferma di parlare per conto dei contribuenti e dei consumatori contro l’inveterata cultura dell’autoreferenzialità professionale. Contribuenti e cittadini, così come avviene per gli azionisti, sono i mitici punti di riferimento che definiscono la vera finalità del NPM” (Power, 1997, p. 62).

6 NPM  USA, presidenza Clinton: Reinventing Government  UK: riorganizzazioni del servizio sanitario, 1. Value for money (rapporto congruo fra il prezzo di un servizio o di un bene e la sua qualità) 2. Le tre E: economicità (spendere meno), efficienza (spendere bene) ed efficacia ( saggiamente). 3. Accountability 4. Il programma Next Steps (1988) ha decentrato molti servizi pubblici affidandoli a un sistema di agenzie dirette da figure di profilo manageriale. 5. Il programma Citizens’ Charter (poi ribattezzato Service First) 6. Il National Audit Office (problemi dell’autonomia delle autorità locali)

7 NPM  Quali risultati? 1. I principi organizzativi della gerarchia e della specializzazione hanno perso terreno. E hanno perso legittimità le idee collegate, per esempio quelle dell’importanza della competenza professionale burocratica e del riferimento alla legge. 2. Il settore pubblico è diventato effettivamente anche più leggero o snello. Fra il 1976 e il 1998, cioè nell’arco dei dodici anni che coincidono con il periodo più intenso di riorganizzazioni amministrative, il numero dei funzionari in Gran Bretagna è passato da 762000 a 481000 (Rhodes 2000a).

8 Critiche  l’introduzione di ricette manageriali ha significato l’aumento del carico procedurale dell’attività amministrativa. E’ aumentata la parcellizzazione del lavoro.  Problemi riguardo a valori quali l’orientamento universalistico, l’eguaglianza e la dimensione pubblica dell’azione amministrativa.  La governamentalità: il NPM è collegato alla tendenza propria del neoliberismo a ricorrere a strumenti di azione e di controllo che operano a distanza intervenendo sulle – e attraverso le - motivazioni degli individui (Rose, Miller, 1992).  Suleiman (2005) parla di uno smantellamento dello Stato e di una revisione del contratto sociale che definisce gli obblighi reciproci fra Stato e cittadini. De- professionalizzazione della burocrazia, “sottomissione della burocrazia alla volontà della maggioranza politica del momento”

9 The audit society Power M., trad. it. La società dei controlli, Edizioni di Comunità, Torino 2002.  I controlli non costituiscono soltanto un insieme di funzioni tecniche, ma anche “una preferenza o una moda temporaneamente consolidata che sfugge alla progettazione consapevole” (Ivi, p. 172). La base sociale dell’esplosione dei controlli è il binomio rischio-sicurezza. “I controlli seguono un particolare tipo di sceneggiatura organizzativa la cui essenza drammatica è la produzione di sicurezza” (Ibid.). I risultati non sempre rispondono alle attese.  “Quando il processo di controllo viene difensivamente legalizzato, il rischio è che si ponga una fiducia eccessiva in un’industria che produce vuote certificazioni di sicurezza. La società dei controlli è una società che si espone a tale rischio nella misura in cui investe oltremisura su rituali di verifica superficiali a scapito di altre forme di intelligenza organizzativa […] I controlli rischiano di trasformarsi in una forma di dotta ignoranza” (Ivi, p. 173).  Contrariamente a quanto presupposto dagli schemi cognitivi ai quali il NPM fa riferimento, incentrati sul calcolo economico e informati dall’idea dell’oggettività della conoscenza, le misure sono reattive e “suscitano le reazioni delle persone che intervengono sugli oggetti che esse misurano (Espeland, Sauder, 2007, p. 2 e sgg.). Si può perciò essere incoraggiati a evitare le situazioni che, dati i criteri di verifica, equivalgono a sicuri insuccessi. Vedi servizi per l’impiego: in Olanda (Borghi, van Berkel, 2005) come in Svizzera (Bonvin, Farvaque, 2005), la tendenza da parte dei controllati a conformarsi ai criteri di successo e insuccesso incorporati dai protocolli valutativi porta a una selezione più o meno implicita a sfavore dei soggetti con situazioni di più difficile soluzione.

10 Italia  Amministrazione snella: aumento del lavoro precario ed esternalizzazioni.  Eurispes (2007): il numero dei dipendenti pubblici è diminuito dal 1992 (anno del blocco) fino al 1999 di oltre centomila unità (- 3,3%). Poi ha ricominciato a crescere ma principalmente grazie ai contratti a tempo determinato e a quelli atipici. Dal 1992 la spesa per il personale è aumentata, passando da poco meno di 100 miliardi a circa 156 miliardi di euro nel 2005. E’ aumentato anche il numero dei dipendenti a tempo determinato che passano da 120 000 unità all’inizio degli anni Novanta (prevalentemente supplenti nelle scuole) a oltre 600 000 unità del 2006.  Esternalizzazioni  Si fa sempre più ricorso a contratti con organizzazioni esterne anche nel caso in cui il fabbisogno è limitato alla dotazione di personale (o mano d’opera), per colmare carenze di organico e di competenze specifiche e/o perché valutata economicamente vantaggiosa. Forme di sotto- occupazione mascherata?  l’ Italia, con una percentuale sul totale degli occupati che supera di poco il 16%, non è fra i primi paesi in Europa per numero di dipendenti pubblici, venendo dopo paesi come la Svezia, la Danimarca e la Finlandia, ma anche l’Austria e il Regno Unito.

11 Italia  Riorganizzazioni e riforme: da Cassese a Brunetta …

12 Amministrazioni pubbliche e welfare locale  La sanità :  La commercializzazione e l’aziendalizzazione possono concretizzarsi in aspetti “burocratici”, come la verticalizzazione, il controllo procedurale, un’oscura ripartizione delle responsabilità, un’autonomia limitata ….

13 Amministrazioni pubbliche e welfare locale  Arene a più voci, negoziali e partecipazione  Governance collaborativa e partecipativa:  Problemi responsabilità, rappresentatività. ‘pubblicità’, ecc.

14 Quali amministrazioni pubbliche?  Burocrazia  Azienda  Amministrazione rete, condivisa, partecipata ecc.

15 La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy  Gli indirizzi assunti nell’Unione Europea enfatizzano le virtù inclusive e cooperative di infrastrutture dell’azione pubblica quali le partnership.  Orientamenti nazionali: grazie a Blair, un’intera stagione di politiche di rigenerazione urbana in Gran Bretagna ha fatto leva su parole d’ordine come cooperazione e comunità. In Francia, già alla fine degli anni Settanta la concertazione è diventata parte integrante dei metodi di intervento sui quartieri in crisi, insieme all’integrazione fra gli aspetti fisici e quelli sociali del recupero e alla ricostruzione di legami sociali nelle comunità  Governance collaborativa o partecipativa.  Una nuova stagione delle politiche e della politica democratica: problemi della mediatizzazione e personalizzazione della politica. la democrazia rappresentativa «ha evacuato il demos» (Mastropaolo 2005), blocchi di potere che Alessandro Pizzorno (2001) ha colto con il termine di «poteri privati» e Colin Crouch (2003) con quello di «post-democrazia »  Come in altri paesi europei, a questa situazione si affiancano le sperimentazioni intraprese all’insegna della partecipazione, della deliberazione, del coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni pubbliche. Quelle sperimentazioni che, secondo Colin Crouch (2003, 135) sarebbero «il vivaio della futura vitalità democratica» e che concretizzerebbero la possibilità – o la speranza – di rivitalizzare la politicaattraverso le politiche.

16 La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy  La programmazione negoziale: anni 90, nascono i Patti territoriali (Bobbio, 2000; Pichierri, 2001). Come rilevato a più riprese da Bobbio (2000, 2006), è in questa fase che crescono le pratiche contrattuali o pattizie, basate su accordi formalizzati e volontari che impegnano reciprocamente una molteplicità di attori, pubblici e privati, al perseguimento di un interesse collettivo. Le politiche per lo sviluppo locale sono, ancora oggi, il cuore della programmazione negoziale ma sono state via via affiancate da altre aree strategiche dell’intervento pubblico, nell’ambito urbanistico, della riqualificazione urbana, delle infrastrutture e in quello sociale.

17 La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy  Il paniere degli strumenti negoziali: I Patti territoriali, oltre ad avere una storia più lunga, hanno radici più robuste nella concertazione triangolare (fra amministrazioni pubbliche, rappresentanze sindacali e imprese) e una struttura dei rapporti fra i poteri politico-istituzionali che, soprattutto in una prima fase, ha sofferto di un eccesso di centralizzazione. Nell’ambito della riqualificazione urbana, i Contratti di quartiere, nati sulla scia degli omonimi programmi francesi, si caratterizzano per la compresenza fra principi solidaristici e meccanismi competitivi. I Piani sociali di zona puntano in modo più lineare sull’istituzione di arene decisionali inclusive. Questi strumenti in ogni caso danno tutti rilievo a dimensioni quali la costruzione/formalizzazione di accordi e la cooperazione (fra istituzioni e fra istituzioni e attori sociali).

18 La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy  Oltre che ai fattori e alle spinte già accennate, l’espansione della programmazione negoziale deve molto alla crisi del paradigma razionalistico che, maturata dagli anni 80, ha spinto a prendere le distanze dai presupposti più proibitivi delle metodologie ‘ingegneristiche’ della programmazione. All’incirca da quegli anni, infatti, hanno guadagnato spazio modelli delle decisioni pubbliche improntati a una razionalità processuale, incrementale e interattiva.  Ad accelerare il cambiamento sono poi intervenute congiuntamente la delegittimazione crescente dell’architettura politico-amministrativa, tendenzialmente centralizzata e gerarchica, del government; e la necessità di lubrificare i meccanismi ordinari del consenso, pesantemente inceppati soprattutto nel caso della programmazione di interventi a largo impatto ambientale e sociale.  Oggi, è soprattutto la pluralità degli attori coinvolti o coinvolgibili in processi di governance locale che motiva il ricorso a modalità di programmazione in grado di sostenere la mediazione e il confronto fra interessi differenti e a volte contrapposti.

19 La partecipazione e il quadro dei cambiamenti di policy  In realtà, si è discusso e si discute ancora su quali siano gli elementi effettivi di novità della programmazione negoziale rispetto alla tradizione italiana, caratterizzata da una lunga storia di pratiche negoziali per lo più in odore di particolarismo. La differenza è – dovrebbe essere – principalmente la trasparenza: l’idea o l’intenzione è infatti che la negoziazione debba svolgersi non più all’ombra della gerarchia ma in piena luce e secondo principi di accountability che impongono di render conto di ciò che si fa e che si consegue. Una particolare attenzione è dedicata, inoltre, ad approcci negoziali che possano favorire le logiche integrative, fondate su comportamenti reciprocamente orientati, anziché quelle distributive, orientate alla spartizione di risorse

20 La varietà della partecipazione Coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni  Chi  Cosa  Dove  Come  Inclusività  Incisività

21 La varietà della partecipazione nei piani di zona  Implementazione: molto diseguale  Il problema delle risorse


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