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La preistoriala preistoria gli Egizigli Egizi il mondo greco-romanoil mondo greco-romano l’Orientel’Oriente il Sudamericail Sudamerica il Medioevoil Medioevo.

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Presentazione sul tema: "La preistoriala preistoria gli Egizigli Egizi il mondo greco-romanoil mondo greco-romano l’Orientel’Oriente il Sudamericail Sudamerica il Medioevoil Medioevo."— Transcript della presentazione:

1 la preistoriala preistoria gli Egizigli Egizi il mondo greco-romanoil mondo greco-romano l’Orientel’Oriente il Sudamericail Sudamerica il Medioevoil Medioevo il Rinascimentoil Rinascimento l’era modernal’era moderna l’era contemporaneal’era contemporanea I colori nella storia dell’Uomo

2 Le civiltà precolombiane I pigmenti e i coloranti del cosiddetto Nuovo Mondo rivaleggiavano con quelli del Mondo Antico per quanto riguarda varietà e tecnologia di produzione. Prima dell’arrivo degli spagnoli nel XVI secolo, infatti, le culture indigene mesoamericane erano assai sviluppate dal punto di vista tecnico per quanto riguarda l’arte. Esse producevano numerosi pigmenti e coloranti per le loro opere, conoscevano la carta e i libri, padroneggiavano indifferentemente l’affresco, la miniatura, la pittura su ceramica per non parlare degli altri aspetti dell’arte per cui sono famose, come l’architettura e la scultura Le lingue scritte produssero una forte tradizione di testi scritti e dipinti o codici, in cui si distinguevano i Mixtechi del Messico meridionale, gli Aztechi del Messico centrale e i Maya della penisola Yucatán Esempi mirabili sono il Codex Borbonicus (nella figura il dio Azteco Huitzilopochtli) e il Codex Borgia

3 Sfortunatamente, l’arte dei popoli precolombiani non è sfuggita all’onda distruttrice dei Conquistadores spagnoli. L’anno fatale è il 1519, quando le armate di Hernan Cortès si presentano al cospetto del re azteco Moctezuma e vengono accolti come divinità …poi arrivano i Conquistadores Per quanto l’incontro tra le due culture sia stato spesso descritto in termini romanzeschi, per i Nativi l’arrivo di Cortès è l’inizio della fine: secondo le stime, nel 1600 in Messico sopravvivevano un milione di abitanti dei 25 milioni originari Dal punto di vista artistico vale la stessa tendenza, nel senso che, ispirati dalla croce di Cristo e dalla spada di Re Carlo V, gli Spagnoli attaccarono il millenario patrimonio culturale dei Nativi, bruciando le biblioteche con i codici e distruggendo i dipinti murali di templi e palazzi, nel tentativo di cancellare ogni collegamento al passato pagano di quelle culture

4 Il danno maggiore di questa opera di annientamento fu sopportato dall’arte pittorica. Molte delle opere dei Nativi furono distrutte da membri della Chiesa Cattolica, in particolare funzionari dell’Inquisizione, preoccupati che le immagini dei testi illustrati e degli affreschi potessero costituire una minaccia per la stabilità della Chiesa Dell’originale, immenso corpus letterario delle civiltà precolombiane sopravvivono oggi poche decine di codici sparsi in tutto il mondo, grazie all’opera di recupero di alcuni ordini religiosi come i Francescani che conservarono i manoscritti o fecero fare copie dagli scrivani sopravvissuti Una delle conseguenze pratiche dell’occupazione spagnola fu l’assimilazione forzata delle tecnologie europee da parte dei Nativi. Ciò vale anche per l’arte e significa che nel volgere di pochi decenni gli artisti messicani presero ad utilizzare i materiali tipici dell’arte europea, a parte il primo periodo coloniale della Nuova Spagna (1521–1600) che fu di transizione, in quanto si miscelavano elementi artistici indigeni ed europei Dopo cosa resta?

5 Fonti bibliografiche Le informazioni che abbiamo sull’uso del colore nelle civiltà precolombiane ci derivano in gran parte dai cronisti europei e in particolare spagnoli che, al seguito delle spedizioni dei Conquistadores o impegnati nelle missioni religiose, testimoniarono di un’arte esuberante e ricchissima, oltre ad esprimere in alcuni casi il rammarico per il dramma della cultura, per non dire di quello umano, patito dai popoli nativi Il gesuita Francisco Javier Clavijero nella sua Storia antica del Messico (1780) dice che “…di tutte quelle forti dipinture era pieno l’Imperio Messicano, poiché erano innumerabili i Pittori, e non v’era veruna cosa che non dipingessero”. Poi aggiunge “…i primi Predicatori del Vangelo, sospettando che in sì fatte dipinture vi fosse della superstizione, le perseguitarono a furia” Interessante è anche il testo di Bernal Diaz del Castillo, cronista-soldato al seguito di Cortès, che in diversi passaggi del suo resoconto illustra lo stupore e l’ammirazione per le opere d’arte che vedevano

6 Il Codice Fiorentino Informazioni più tecniche sull’uso dei materiali pittorici ci vengono principalmente da due testi del XVI secolo. Il francescano Fray Bernardino de Sahagun nella sua Historia general de las cosas de la Nueva Hispania in dodici libri (1575-80) chiamata anche Codice Fiorentino, illustra i coloranti impiegati dagli scribi Aztechi includendo nomi in nahuatl, l’antica lingua azteca e in spagnolo. Il codice è attualmente conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze L’altra fonte è il Codex Barberini o Libellus de Medicinalibus Indorum Herbis, prodotto da due scribi Aztechi nel 1552

7 I codici dipinti Le testimonianze letterarie dirette sui materiali pittorici sono però da ricercarsi nei codici dipinti, chiamati amoxtli nella lingua nàhuatl degli Aztechi. Questi manoscritti erano scritti nell’alfabeto romano o in nahuatl o altre lingue; potevano essere prevalentemente testuali oppure dipinti con la scrittura per immagini. In ogni caso riportavano molte informazioni sull’uso dei colori e sull’importanza che era attribuita alle sostanze necessarie per la pittura e la tintura Come si è detto, i codici superstiti pre- e postcolombiani sono pochi e alcuni in realtà sono copie posteriori. Secondo un censimento sono sopravvissuti 434 codici dipinti, di cui 14-17 sicuramente precolombiani, gli altri composti sotto l’influenza della dominazione spagnola Nella figura è mostrata una pagina dal Codice Borgia, conservato presso la Biblioteca Apostolica del Vaticano

8 I Maya La cultura Maya è una delle più importanti e sofisticate tra quelle precolombiane. Si insediarono probabilmente dal 500 a.C. nel Messico meridionale e negli altipiani dell’America Centrale, odierni Guatemala, El Salvador, Belize e Honduras I Maya fecero un uso intensivo del colore: palazzi e piazze erano decorate con dipinti, bassorilievi e stucchi Alcune popolazioni Maya sopravvivono ancora oggi in piccoli villaggi e conservano alcune delle tradizioni antiche, come il linguaggio e le festività

9 Gli affreschi Maya di Bonampak Una delle opere artistiche più importanti dei Maya e in generale delle civiltà precolombiane è il ciclo di affreschi del sito di Bonampak, localizzato nella foresta tropicale del Chiapas (Messico). Si tratta di tre pareti affrescate all’interno di un tempio, scoperte nel 1946. Le pitture risalgono al VIII secolo d.C. (periodo Classico) e ritraggono con dettaglio sorprendente gli usi e costumi dei Maya: rituali di corte, cerimonie sacrificali, riscossione di tributi, vesti, strumenti musicali, armi. Nel complesso si tratta di una risorsa inestimabile per comprendere la società Maya Gli affreschi sono dipinti con tonalità vive. I vari colori sono impiegati in maniera naturale, ma anche in base al loro significato simbolico

10 Gli Aztechi Nel susseguirsi delle ondate umane nei territori della Mesoamerica, gli ultimi a stabilirsi e a governare erano stati i Mexìca o Aztechi, che occupavano la fertile vallata del Messico Gli Aztechi, come le altre civiltà mesoamericane, erano adoratori del sole, della luce e dei colori della natura e ciò si rifletteva nel complesso simbolismo cromatico che permeava la cosmogonia, le liturgie religiose, i cerimoniali, la scrittura e in definitiva il vivere di tutti i giorni È interessante notare che anche gli Aztechi usarono la tecnica di sopprimere il patrimonio culturale dei loro nemici. Nel 1428 il principe azteco Itzcoatl ordinava di distruggere i dipinti e le scritture che illustravano le tradizioni delle tribù assoggettate

11 Scuole pittoriche Dal punto di vista stilistico, per quanto riguarda la pittura murale si possono individuare quattro scuole precolombiane: L’arte pittorica precolombiana colpisce l’osservatore di cultura europea soprattutto per la complessità dei segni e per la policromia spesso violenta e anomala per i nostri parametri, per cui ci appare spesso esotica e misteriosa la scuola di Teotihuacanla scuola di Teotihuacan la scuola azteca-toltecala scuola azteca-tolteca la scuola maya, probabilmente la più evoluta, il cui lavoro più noto è costituito dagli affreschi di Bonampakla scuola maya, probabilmente la più evoluta, il cui lavoro più noto è costituito dagli affreschi di Bonampak la scuola maya-tolteca, operativa nello Yucatan con centro in Chichen- Itzala scuola maya-tolteca, operativa nello Yucatan con centro in Chichen- Itza

12 I materiali pittorici I materiali pittorici usati dalle culture precolombiane sono molto vari ma, mentre per i pigmenti si tratta generalmente di sostanze già in uso in culture precedenti, per quanto riguarda i coloranti si nota una notevolissima varietà di materie prime, di origine sia vegetale (es. indaco, sx) che animale (es. cocciniglia, dx), indice di una profonda conoscenza della natura circostante e di buone capacità tecnologiche per sfruttare questa natura. La preparazione di un colorante è infatti generalmente più laboriosa di quella di un pigmento minerale La maggiore parte dei coloranti in uso nella Mesoamerica (come peraltro in altre parti del mondo) aveva caratteristiche di fugacità, si tratta cioè di sostanze che tendono a perdere il loro colore originale se esposte alla luce. Alcuni coloranti, inoltre, in particolare quelli composti da antociani, mostrano una stretta dipendenza del colore dal pH, e quindi potevano essere prodotti con tinte diverse a seconda del tipo di lavorazione

13 I colori: il bianco I pigmenti usati per il colore bianco sono sostanzialmente gli stessi in uso nell’area mediterranea: rocce calcaree o magnesiache e cerussite, con maggiore varietà con il termine tizatl o tizatlalli si indicavano probabilmente materiali cretacei (rocce sedimentare miste argillose-calcaree), tra cui iztactlalli o terra bianca che, impastato con succhi vegetali, era usato come stucco o come cosmetico oltre che come pigmentocon il termine tizatl o tizatlalli si indicavano probabilmente materiali cretacei (rocce sedimentare miste argillose-calcaree), tra cui iztactlalli o terra bianca che, impastato con succhi vegetali, era usato come stucco o come cosmetico oltre che come pigmento il termine tetizatl indica invece rocce calcaree da cui, per arrostimento, si otteneva la calce chiamata tenextli o cenere di pietra, di largo impiegoil termine tetizatl indica invece rocce calcaree da cui, per arrostimento, si otteneva la calce chiamata tenextli o cenere di pietra, di largo impiego la dolomia, roccia ricca di dolomite (Ca, Mg)(CO 3 ) 2, era impiegata specificamente nelle decorazione di piccoli vasi per bere; è stata identificata anche negli intonaci di Bonampak insieme all’idromagnesite, 3MgCO 3 ·Mg(OH) 2 ·3H 2 Ola dolomia, roccia ricca di dolomite (Ca, Mg)(CO 3 ) 2, era impiegata specificamente nelle decorazione di piccoli vasi per bere; è stata identificata anche negli intonaci di Bonampak insieme all’idromagnesite, 3MgCO 3 ·Mg(OH) 2 ·3H 2 O il gesso o chimaltizatl era impiegato dopo calcinazioneil gesso o chimaltizatl era impiegato dopo calcinazione infine è probabile l’uso del minerale cerussite, PbCO 3infine è probabile l’uso del minerale cerussite, PbCO 3

14 I colori: il nero La gamma dei pigmenti neri è molto ampia. Oltre ai già noti nerofumo, nero di carbone di legna e nero d’ossa, c’erano i neri vegetali e i neri da bitume o asfalti i neri vegetali erano preparati da estratti di piante, come il nacazcalotl, il frutto del carrubo, ricco di tannini, il cui estratto trattato con vetrioli (sali di rame, CuSO 4 ·5H 2 O o ferro, FeSO 4 ·7H 2 O) o con allume (K 2 Al 2 (SO 4 ) 4 ·24H 2 O) dava un inchiostro analogo all’atramentum sutorium dei Romani; altra pianta usata era il huitzquahuitl o albero delle spine, in italiano legno di campeggio, che fornisce un estratto rosso omonimo ricco di tannini che vira al nero per aggiunta di vetriolii neri vegetali erano preparati da estratti di piante, come il nacazcalotl, il frutto del carrubo, ricco di tannini, il cui estratto trattato con vetrioli (sali di rame, CuSO 4 ·5H 2 O o ferro, FeSO 4 ·7H 2 O) o con allume (K 2 Al 2 (SO 4 ) 4 ·24H 2 O) dava un inchiostro analogo all’atramentum sutorium dei Romani; altra pianta usata era il huitzquahuitl o albero delle spine, in italiano legno di campeggio, che fornisce un estratto rosso omonimo ricco di tannini che vira al nero per aggiunta di vetrioli i neri da bitume, asfalti o scisti bituminosi sono di vario genere e uso: alcuni sono identificabili come sostanze maleodoranti (tlalxoquiac o terra fetida) in virtù del contenuto di composti solforati, altri sono meno sgradevoli (palli, terra per tingere, usato per la tintura dei capelli) o addirittura profumati come il chapopotli, indicato da Clavijero come bitume di Giudea, usato nei riti religiosi e come sostanza da masticare; è stato identificato negli affreschi maya di Bonampaki neri da bitume, asfalti o scisti bituminosi sono di vario genere e uso: alcuni sono identificabili come sostanze maleodoranti (tlalxoquiac o terra fetida) in virtù del contenuto di composti solforati, altri sono meno sgradevoli (palli, terra per tingere, usato per la tintura dei capelli) o addirittura profumati come il chapopotli, indicato da Clavijero come bitume di Giudea, usato nei riti religiosi e come sostanza da masticare; è stato identificato negli affreschi maya di Bonampak

15 I colori: il rosso I Maya e gli Aztechi fecero un gran uso dell’ocra rossa in tutte le sue tonalità, una delle cui varianti era chiamato rosso teotihuacano. Va sottolineato che il nome pellerossa dato alle popolazioni indigene del Nordamerica è legato all’incontro di Caboto con tribù primitive che usavano tingersi il corpo con ocra rossa. È incerto l’uso di cinabro e di minio, le cui materie prime erano però disponibili in Messico Più ricco è il panorama dei rossi di origine non minerale. Tra quelli di origine vegetale spiccano coloranti ricavati da piante di alto fusto: il già citato campeggio, il brasiletto e varietà minori, accomunati dall’essere costituiti da sostanze di tipo flavonoide. Oltre all’impiego prevalente in campo tessile, molto diffuso successivamente in Europa, questi coloranti trovarono impiego anche in campo pittorico, specialmente nella tecnica della miniatura

16 Il rosso venuto dal Brasile Un colorante rosso molto usato nel Medioevo era il brasiletto o verzino o legno del Brasile, ricavato da varie piante leguminose dei generi Caesalpinia ed Haematoxylum. Si tratta di piante indigene dell'Estremo Oriente (Caesalpinia sappan) e, si vedrà in seguito, dell’America centromeridionale (Caesalpinia echinata, esempio a sx, ed Haematoxylum brasiletto) Il brasiletto ricavato dalla Caesalpinia sappan si impiegava in Asia almeno dal II secolo a.C. e arrivò poi in Europa nel X secolo d.C., prima quindi della scoperta dell'America. Il termine bresil viene forse dall'arabo, da cui passò al portoghese pau brasil con il significato di legno fiammeggiante o brace, in ragione del suo colore acceso. Il suo nome non deriva perciò, come si potrebbe pensare, dal Brasile, ma viceversa: quando i Portoghesi guidati da Pedro Alvares de Cabral nel 1500 sbarcarono sulle coste dell'odierno Brasile, essi scoprirono la presenza di numerose piante simile a quelle già note in Europa per l'estrazione del brasiletto, e da qui chiamarono Brasile la terra appena conquistata

17 Il principio contenuto nelle piante è il flavonoide brasilina. Esso per ossidazione all’aria e alla luce genera la brasileina, di colore più intenso: brasileina Il colorante si ricava dalla parte interna del tronco. La preparazione avviene riducendo il legno in segatura che viene poi trattata con acqua bollente. Da notare il fatto che l’ossidazione naturale a brasileina era già nota ai tintori medievali, i quali lasciavano invecchiare il colorante estratto in modo che si arricchisse di brasileina brasilina

18 Il brasiletto è un colorante a mordente, non molto stabile alla luce. La gamma di colori ottenibili per mordenzatura con allume varia dal rosso cremisi al rosso arancio. La mordenzatura si può fare anche con stagno, generando un colore rosa Oltre che come colorante tessile, il verzino era impiegato nel Medioevo in area mediterranea per preparare un inchiostro rosso e in arte pittorica come lacca alluminata e succo, soprattutto nella miniatura e nella decorazione delle icone La lacca si otteneva estraendo la brasilina dal legno con urina fermentata o con liscivia di cenere, e precipitando su gesso o biacca in presenza di allume, ricavando tinte dal rosso-viola al rosa. Nel De arte illuminandi, trattato medievale sulla miniatura, si indicano due tipi diversi di lacca alluminata per la preparazione del colore rosaceo o rosetta: una più densa e coprente, per gli ornamenti e le stoffe, e una più fluida e trasparente per ripassare le ombre e per le velature. Il succo era ottenuto in maniera analoga e trattato con allume ma, essendo solubile in acqua, si impiegava per ombreggiare gli altri colori

19 Il campeggio Si tratta di un colorante affine al brasiletto, di grande importanza storica ed economica, il cui impatto sull’economia della regione dei Caraibi fu secondo solo a quello dello zucchero. La sua importanza è esemplificata nello stemma del Belize che mostra due tagliatori di campeggio Il colorante, chiamato logwood in inglese, si ricava dalla leguminosa Haematoxilon campechanum, pianta nativa del Centramerica il cui nome deriva dalla Campeche Bay, sulla penisola dello Yucatan. Presso le civiltà Mesoamericane era in uso già prima di Colombo, mentre in Europa il colorante introdotto dagli Spagnoli fu molto apprezzato a partire dal XVI secolo per la sua economicità e ampia gamma cromatica; per far fronte alle altissime richieste le regioni produttrici furono sottoposte a coltivazione intensiva, con conseguenze facilmente immaginabili dal punto di vista ambientale e umano. Ancora oggi la produzione di campeggio è alta

20 Il principio colorante del campeggio è il flavonoide ematossilina, analogo alla brasilina. Anche in questo caso, l’esposizione all’aria provoca la formazione di un prodotto ossidato, l’emateina, di colore più intenso. Inoltre sono presenti tannini, attivi nella produzione di coloranti neri Analogamente al brasiletto, il campeggio si ottiene dalla parte interna del fusto dopo taglio, riduzione a segatura e bollitura in acqua. La gamma di colori ottenibili per mordenzatura è una delle più ampie tra i coloranti vegetali. A seconda delle condizioni di preparazione il colorante può risultare rosso, porpora, lavanda, viola, grigio, blu ma si tratta di tinte non particolarmente stabili alla luce Il colore più stabile è invece il nero, per ottenere il quale il campeggio è insuperabile e come tale fu molto sfruttato per tingere i vestiti dell’alta società Europea del XVIII-XIX secolo, oltre che come precursore di inchiostro. Questo colore è legato alla presenza di tannini nel colorante, che per addizione di solfato ferroso o rameico generano un precipitato nero

21 In campo pittorico il campeggio è citato tra i coloranti impiegati dagli Aztechi nella miniatura, mentre in Occidente nel XVII secolo era usato come prodotto economico per la tecnica dell’acquerello Il principio attivo, l’ematossilina, è di largo impiego in campo biologico come colorante istologico e batteriologico

22 Il rosso più pregiato e brillante era però di origine animale, ottenuto dalle femmine di cocciniglia, nocheztli in azteco, un insetto nativo del Messico e del Centro-Sudamerica chiamato Dactylopius coccus o Coccus cacti in quanto parassita di cactus La cocciniglia La cocciniglia, come il kermes, appartiene ai coloranti ricavati da insetti del gruppo dei Coccidi. Si tratta di scarafaggi i cui individui femmine contengono sostanze pigmentate in rosso con composizione chimica affine, essendo tutti acidi antrachinonici; da specie a specie varia il tipo e i rapporti relativi di questi acidi. I coloranti più importanti di questo gruppo, oltre alla cocciniglia messicana, sono i già citati kermes, la cocciniglia armena (ricavata dalla Porphyropora hamelii), la cocciniglia polacca (dalla Porphyropora polonica) e la lacca indiana (dalla Kerria lacca)

23 Nelle cocciniglie prevale l'acido carminico (1), mentre nel kermes prevalgono l'acido kermesico (2) e flavokermesico (3). Nella lacca indiana prevalgono infine gli acidi laccaici (4), oltre all'acido flavokermesico HO OHOCH 3 COOH OH OOH H HO H OHH OH H H CH 2 OH O HO HO HOO OH COOH CH 3 O (1)(2) (3)(4)

24 Nella tabella sono riassunte le caratteristiche dei cinque coloranti ricavati dai Coccidi. Nella composizione sono indicati i principali acidi e un composto non meglio identificato, chiamato dcII kermesico (75-100) flavokermesico (0-25) no dcII Oriente, Mediterraneo Kermes vermilio Kermes laccaico A (71-96) laccaico B (0-20) kermesico + flavo (3.6-9.0) India, Asia sudovest Kerria lacca Lacca indiana carminico (94-98) kermesico + flavo (0.4-2.2) dcII (1.4-3.8) Mesoamerica Dactylopius coccus Cocciniglia carminico (95-99) kermesico + flavo (1.0-4.2) dcII (0.1-1.2) Asia centrale Porphyropora hameli Cocciniglia armena carminico (62-88) kermesico + flavo (12-38) dcII (tracce) Europa orientale Porphyropora polanica Cocciniglia polacca Composizione acidi % OrigineSpecieColorante

25 In Europa la cocciniglia messicana arrivò nel 1523 portata dagli Spagnoli a seguito della conquista del Messico da parte di Cortès, ma era impiegata dagli Aztechi, dagli Inca e da popoli preincaici già da alcuni secoli prima; le prime evidenze risalgono al 700 a.C. in Perù. Tra gli Aztechi era considerata di tale pregio che il re Moctezuma la imponeva come esazione delle tasse Le proprietà della cocciniglia messicana erano talmente superiori che gli Spagnoli, pochi anni dopo la conquista, si affrettarono a portarla in Europa vendendola a carissimo prezzo; pare anzi che la cocciniglia sia stata tra i primi prodotti del Messico ad arrivare in Europa. Nel giro di poco tempo diventò il terzo prodotto più prezioso importato dalle Americhe, dopo l’oro e l’argento, e rimpiazzò quasi completamente gli altri coloranti rossi dal mercato tessile La superiorità della cocciniglia rispetto al kermes è spiegabile in termini di percentuale di principio attivo nella materia prima, gli insetti. La cocciniglia messicana essiccata contiene il 10-20% di acido carminico, mentre il kermes contiene solo l’1% di acido kermesico

26 Nel 1694 un testo di ottica scritto da un artigiano di nome Nicolaas Hartsoeker, costruttore di lenti e microscopi, riportava per la prima volta un’illustrazione dell’insetto, dimostrando che il colorante era effettivamente estratto da un animale e non da una bacca

27 A partire dal XVIII secolo la coltivazione degli insetti fu poi introdotta in varie parti del mondo. Piantagioni di cactus o nopalerie sono presenti anche in Europa, es. sulle isole Canarie (sotto, Lanzarote) Attualmente la cocciniglia ha un uso limitato in campo tessile, a causa della sua relativa fugacità. L’impiego principale della versione naturale è nel campo della cosmesi, mentre la versione sintetica è difficile da preparare e non è quindi di interesse economico

28 Ci sono due qualità di cocciniglia: una di allevamento, chiamata mesteca o grana fina e una selvatica, la grana silvestra. La varietà coltivata è costituita da individui più grandi e fornisce perciò una quantità maggiore di colorante; la varietà selvatica si propaga più velocemente e dà 6 raccolti all’anno La preparazione del colorante è analoga a quella del kermes. Si selezionano gli individui femmine, carichi di uova (i maschi, essendo alati come nel Kermes vermilio, non rimangono attaccati alle piante). Gli insetti si prelevano dai cactus due o quattro volte all'anno, prima che depongano le uova; poi vengono uccisi per fumigazione con aceto o vapore caldo. Per essiccamento assumono poi la consistenza di grani rosso- marrone

29 Gli usi della cocciniglia erano molteplici, al di là dell'impiego nella tintura dei capi tessili: in campo artistico nei manoscritti e per decorare oggetti, come colorante per cosmetici e infine come medicina Dal punto di vista tecnico il colorante era mordenzato principalmente con allume per dare un colore cremisi; inoltre si usavano sali di stagno (scarlatto), ferro e cromo (porpora), rame (bordeaux). La lacca di cocciniglia è fugace come quella di kermes e pertanto la sua identificazione è problematica A lato: Tintoretto, Miracolo dello schiavo (1548)

30 Tra le applicazioni più famose della cocciniglia (sostituita attualmente da coloranti sintetici) va citata la tintura delle uniformi delle Guardie di Buckingham Palace...... …e delle uniformi della Royal Mounted Police of Canada, le mitiche Giubbe Rosse

31 I colori: il giallo L’ocra gialla era il principale pigmento giallo. Più interessanti sono i coloranti gialli di origine vegetale, tipici della produzione messicana: la cosmea, chiamata xochipalli, estratta dai fiori della pianta Cosmos sulphureus. I principi coloranti sono composti flavonoidi come la isoquercetina (sx), la luteolina e la buteina. Dalla stessa pianta i chimici aztechi sapevano anche preparare un colorante arancione, facendo bollire i fiori in una soluzione di carbonato sodico decaidrato (il natron egizio). Lo xochipalli era usato anche come medicinalela cosmea, chiamata xochipalli, estratta dai fiori della pianta Cosmos sulphureus. I principi coloranti sono composti flavonoidi come la isoquercetina (sx), la luteolina e la buteina. Dalla stessa pianta i chimici aztechi sapevano anche preparare un colorante arancione, facendo bollire i fiori in una soluzione di carbonato sodico decaidrato (il natron egizio). Lo xochipalli era usato anche come medicinale il giallo cuscuta, chiamato zacatlaxcalli dai Nativi: ricavato da piante infestanti come la Cuscuta tinctoria, ha come principio colorante la cuscutina (dx)il giallo cuscuta, chiamato zacatlaxcalli dai Nativi: ricavato da piante infestanti come la Cuscuta tinctoria, ha come principio colorante la cuscutina (dx) Un altro colorante arancione, l'annatto o achiotl, si ricavava dai semi della Bixa orellana. Il suo colore è determinato dalla presenza di due sostanze aUn altro colorante arancione, l'annatto o achiotl, si ricavava dai semi della Bixa orellana. Il suo colore è determinato dalla presenza di due sostanze a struttura isoprenica, la bixina (dx), rossa e la orellina, gialla

32 I colori: il blu Curiosamente, la lingua maya e quella azteca indicavano i colori verde e blu con lo stesso termine, distinguendo piuttosto tra matlali, verde-blu scuro, e xiuhtl, chiaro La gamma dei blu presenta numerose varianti, in cui prevalgono i coloranti: l’azzurrite, identificato nei dipinti del Palazzo del Quetzalpapalotl; ad esso potrebbe corrispondere il termine texotli che viene descritto da alcuni cronisti come “azul, cierta tierra mineral”l’azzurrite, identificato nei dipinti del Palazzo del Quetzalpapalotl; ad esso potrebbe corrispondere il termine texotli che viene descritto da alcuni cronisti come “azul, cierta tierra mineral” in alternativa il nome texotli potrebbe corrispondere all’estratto acquoso dei fiori della Commellina coelestis o commellina, contenente un’antocianina, sostanza analoga a quelle che pigmentano i mirtilli, i lamponi, le more, l’uva e altri frutti rossi e blu. L’antocianina in questione è la commellinina o delfinidina-3,5-diglucoside esterificata con acido cumaricoin alternativa il nome texotli potrebbe corrispondere all’estratto acquoso dei fiori della Commellina coelestis o commellina, contenente un’antocianina, sostanza analoga a quelle che pigmentano i mirtilli, i lamponi, le more, l’uva e altri frutti rossi e blu. L’antocianina in questione è la commellinina o delfinidina-3,5-diglucoside esterificata con acido cumarico anche a base di antociani è il cissus, di colore variabile tra il blu e il porpora, ricavato dai frutti delle vitacee Cissus eliptica e C. verticillataanche a base di antociani è il cissus, di colore variabile tra il blu e il porpora, ricavato dai frutti delle vitacee Cissus eliptica e C. verticillata

33 Altri coloranti blu l’indaco, chiamato dagli Aztechi xuiquilitl, ricavato da piante della specie Indigofera, in particolare I. suffruticosa, specie indigena, e I. anil e I. tinctoria, introdotte dagli Spagnoli. Gli Aztechi impiegavano l’indaco anche come cosmeticol’indaco, chiamato dagli Aztechi xuiquilitl, ricavato da piante della specie Indigofera, in particolare I. suffruticosa, specie indigena, e I. anil e I. tinctoria, introdotte dagli Spagnoli. Gli Aztechi impiegavano l’indaco anche come cosmetico la justicia o mohuitli, estratto dalle foglie di piante della specie Jacobinia, Jacobinia mohintli (attualmente nota come Justicia spicigera) e Jacobinia umbrosa (nota come Justicia aurea); il colorante è a base di composti indigoidila justicia o mohuitli, estratto dalle foglie di piante della specie Jacobinia, Jacobinia mohintli (attualmente nota come Justicia spicigera) e Jacobinia umbrosa (nota come Justicia aurea); il colorante è a base di composti indigoidi un altro colorante blu è identificato nel Codice Fiorentino come matlali, di tinta variabile tra il verde scuro e il blu-verde, ricavato dalle foglie della pianta (Guaiacum coulteri) e impiegato anche per la sintesi del blu Seri, un pigmento simileun altro colorante blu è identificato nel Codice Fiorentino come matlali, di tinta variabile tra il verde scuro e il blu-verde, ricavato dalle foglie della pianta (Guaiacum coulteri) e impiegato anche per la sintesi del blu Seri, un pigmento simile al blu Maya (vedi oltre) in quanto risultante da una miscela argilla- colorante; il pigmento era in uso presso gli Indiani Seri della regione del Sonora, nel Messico nordoccidentale. Il principio colorante del matlali è l’acido guaiaconico

34 Il blu Maya Tra i materiali pittorici delle culture mesoamericane senza dubbio giganteggia il blu Maya. Si tratta di un pigmento brillante blu con una nota verde, nato dall'unione artificiale di un'argilla bianca e un colorante blu, l'indaco; più correttamente sarebbe definibile una lacca L'attributo Maya deriva dall'essere stato scoperto per la prima volta nel 1931 nel Tempio dei Guerrieri di Chichen Itza nello Yucatan, ma nulla prova che sia stato inventato dai Maya; peraltro era in uso anche presso i Toltechi, i Mixteca e gli Aztechi. L’introduzione del pigmento potrebbe risalire all’VIII secolo d.C.

35 Caratteristiche del blu Maya Il blu Maya ha durabilità e resistenza chimica eccezionali, considerando la sua natura parzialmente organica, in quanto non è attaccato da acidi, alcali, solventi organici, agenti ossidanti e riducenti, calore moderato e biocorrosione. Queste proprietà sono legate alla struttura chimica del pigmento, in cui l'agente colorante, l'indaco (presente al 5-10%) è incapsulato all'interno del reticolo costituito dell'argilla che lo protegge senza alterarne il colore La struttura del complesso indaco/argilla è stata chiarita solo negli anni '60 da ricercatori belgi ed è oggetto tuttora di studi approfonditi. L'argilla bianca è paligorskite o attapulgite; possono essere presenti anche altri minerali argillosi come sepiolite e montmorillonite

36 grigio: Al, Mgverde scuro: Sirosso: O blu chiaro: Nincolore: C

37 La struttura cristallina tridimensionale della paligorskite presenta canali in cui risiede acqua chiamata zeolitica, non strutturale; tecnicamente questa argilla può essere chiamata una zeolite. In questa struttura l'acqua assorbita si perde per riscaldamento attorno a 100°C, l'acqua zeolitica a 150°C l'acqua di coordinazione e strutturale a 375–425°C Le dimensioni di questi canali sono compatibili con quelle delle molecole di indaco. Questo, insieme alle evidenze diagnostiche ottenute con analisi XRD, porta a pensare che l’indaco sia incorporato nell’argilla e non adsorbito sulla sua superficie

38 Il metodo di preparazione del blu Maya è stato oggetto di numerosi studi tecnologici, in cui si è cercato di replicare la ricetta originale Nel 1993 ricercatori spagnoli proposero e riprodussero un metodo di sintesi basato su documenti storici, compatibile con la tecnologia che potevano avere i popoli precolombiani di 1000 anni fa. Questo metodo indica la sorgente di indaco nelle foglie di Indigofera suffruticosa o añil, una pianta importata dagli Spagnoli in Sudamerica, e la sorgente di paligorskite nel sak lu’um o terra bianca, un'argilla proveniente dallo Yucatan e conosciuta dai Maya. Si può ipotizzare che foglie e ramoscelli di Indigofera venissero lasciati a bagno in sospensioni acquose di argilla, in modo che un precursore dell'indaco, l'indacano o il leucoindaco, fosse estratto e penetrasse nelle cavità della paligorskite. Dopo filtrazione, il materiale era ventilato con aria per favorire l’ossidazione a indaco

39 Questa procedura sarebbe però incompleta, in quanto produrrebbe un pigmento blu ma non resistente agli acidi: è infatti il successivo stadio di cottura a 150-200°C che, attraverso la rimozione irreversibile dell'acqua zeolitica, permette la fissazione dell'indaco alla struttura cristallina del minerale argilloso. Si può ipotizzare la formazione di legami a idrogeno tra l’acqua di costituzione dell’argilla e i gruppi N-H e C=O dell’indaco È interessante notare che l'incapsulamento di indaco non avviene in presenza di argille a struttura laminare come la montmorillonite. Quindi la struttura zeolitica di paligorskite e sepiolite è decisiva. Si potrebbe allora dire che la sintesi del blu Maya rappresenti uno dei primi casi di nanotecnologia

40 un processo analogo alla tintura al tino, che prevede cioè la riduzione dell’indigotina a leucoindaco con un reagente riducente in ambiente basico, successiva addizione di paligorskite alla soluzione gialla, essiccamento della polvere e riscaldamento a 150-200°Cun processo analogo alla tintura al tino, che prevede cioè la riduzione dell’indigotina a leucoindaco con un reagente riducente in ambiente basico, successiva addizione di paligorskite alla soluzione gialla, essiccamento della polvere e riscaldamento a 150-200°C il processo descritto in precedenza nel quale le foglie di Indigofera añil sono messe a macerare in acqua in presenza di paligorskite e in condizioni di aerazione, con successivo riscaldamentoil processo descritto in precedenza nel quale le foglie di Indigofera añil sono messe a macerare in acqua in presenza di paligorskite e in condizioni di aerazione, con successivo riscaldamento un semplice processo di miscelazione di indaco e paligorskite in polvere, con successivo riscaldamento della miscelaun semplice processo di miscelazione di indaco e paligorskite in polvere, con successivo riscaldamento della miscela In tutti i casi citati il prodotto che si ottiene ha le caratteristiche chimiche e cromatiche del pigmento, cioè estrema stabilità ai reagenti chimici e colore intenso blu-turchese Attualmente le ipotesi sulla sintesi del blu Maya sono diverse. Tenendo in considerazione i mezzi tecnici e i materiali disponibili alle culture Mesoamericane di 1000 anni fa, si possono ipotizzare le seguenti procedure:

41 Colori del blu Maya Il rapporto indaco/argilla determina il colore: a valori bassi, il pigmento risulta verde, mentre è turchese o blu a valori alti. Era anche impiegato in miscela con l’ocra rossa, con cui dava un pigmento con tonalità porpora In alcuni affreschi in cui è presente il colore verde, si possono notare cristalli gialli che mostrano, dal punto di vista analitico, le caratteristiche del blu Maya. In questi casi si può ipotizzare che l’aerazione della miscela indaco/argilla non sia stata sufficiente a ossidare tutto l’indaco, lasciando alcune molecole nella forma leuco, la forma ridotta incolore del colorante indigotina leuco-indigotina indigotina leuco-indigotina

42 Usi del blu Maya Il blu Maya era usato negli affreschi, per la pittura su ceramica e su smalti e nei manoscritti. Secondo alcuni studi, in epoca precolombiana il pigmento aveva un ruolo importante nelle cerimonie, in particolare in quelle sacrificali: le vittime e gli altari su cui erano stese erano dipinti in blu “…prima che i loro cuori pulsanti fossero rimossi”

43 I colori: il verde L’unico verde minerale di cui sia noto l’impiego è la malachite, detta texoxoctli, trovata nelle pitture di Teotihuacan. L’uso di terra verde, miscela complessa di silicati ampiamente usata in tutte le culture, è riportato nella decorazione dei manoscritti noti come Relaciones Geográficas, di epoca coloniale (1521–1600), ma non è certo se si tratti di pigmento indigeno o importato dalla Spagna I pittori aztechi, però, benchè non esistessero in natura coloranti verdi, erano in grado di preparare un colorante verde chiamato yapalli miscelando il giallo cuscuta con l’estratto della Commellina coelestis, disperdendoli e stabilizzandoli nel lattice dell’orchidea Epidendrum pastoris Il Codice Fiorentino descrive due coloranti verdi, yapalli (verde scuro) e quiltic (verde o giallo scuro); entrambi sarebbero però risultanti dalla miscela del blu texotli e del giallo zacatlaxcalli

44 I colori: il porpora Numerosi studi testimoniano la tradizione dell’impiego di coloranti porpora nella tintura delle vesti dei popoli del Centro e Sudamerica. Dai molluschi Purpura patula pansa Gould, diffusi sulle coste dell’Oceano Pacifico, e Purpura patula Linné, diffusi sulle coste dell’Atlantico, si ricavava un colorante porpora chimicamente affine alla porpora di Tiro, avente cioè il 6,6’-dibromoindaco come principio colorante Un metodo di estrazione usato dai pescatori messicani consisteva nel soffiare sul mollusco in modo da indurne la secrezione dalla ghiandola purpurigena; il mollusco era poi ributtato in mare. Questo metodo era senza dubbio più gentile rispetto a quello dei Fenici, che usavano espiantare il mollusco dalla conchiglia o anche macinarlo insieme al guscio

45 Altri coloranti porpora un altro mollusco noto come lepre di mare, appartenente al genere Aplysia Linnaeus, secerne una sostanza impiegata dagli Aztechi come colorante porpora. In questo caso il principio colorante è una porfirina non ciclica, analoga alla bilirubina (dx)un altro mollusco noto come lepre di mare, appartenente al genere Aplysia Linnaeus, secerne una sostanza impiegata dagli Aztechi come colorante porpora. In questo caso il principio colorante è una porfirina non ciclica, analoga alla bilirubina (dx) un colorante porpora di origine vegetale, chiamato cuauhy-ohuachtli dagli Aztechi, si otteneva dai semi degli arbusti Jatropha curcas e Jatropha glandulifera, piante comune nella zona tropicale delle Americhe, chiamate in lingua nàhuatl esiquitle, cioè sangue, o Sangre de Dragoun colorante porpora di origine vegetale, chiamato cuauhy-ohuachtli dagli Aztechi, si otteneva dai semi degli arbusti Jatropha curcas e Jatropha glandulifera, piante comune nella zona tropicale delle Americhe, chiamate in lingua nàhuatl esiquitle, cioè sangue, o Sangre de Drago in spagnolo in quanto l’estratto ricorda il Dragon's blood ricavato dalla palma asiatica Calamus Draco. Il colorante della Jatropha è a base di composti naftochinonici, in particolare derivati della shikonina (sopra) l’euforbia o cuetlaxochitl dalle foglie della poinsettia (Euphorbia pulcherima), contenente un colorante antocianinicol’euforbia o cuetlaxochitl dalle foglie della poinsettia (Euphorbia pulcherima), contenente un colorante antocianinico


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