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Metrica e musica (da P.G. Beltrami, Gli Strumenti della poesia, Il Mulino, 1996, pp. 12-13) Il rapporto fra metrica e musica nasce storicamente dal fatto.

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1 Metrica e musica (da P.G. Beltrami, Gli Strumenti della poesia, Il Mulino, 1996, pp. 12-13)
Il rapporto fra metrica e musica nasce storicamente dal fatto che in origine (un’origine ripetuta più volte nella storia) i testi in versi erano tali perché erano testi per musica: si pensi quante volte la poesia è stata detta canto, anche quando non era per musica, e quante volte è stata effettivamente cantata. Le norme metriche non sono affatto assimilabili alle regole della musica; ma la metrica, come la musica, organizza nel tempo fenomeni che sono anche suoni (non puri suoni, ma segni linguistici, fatti inseparabilmente di suono e di significato), mettendoli in relazione fra loro secondo rapporti di tempo e di qualità sonora. Di più, l’elaborazione metrica del testo non incide su significati comunicabili, ma su percezioni astratte, non traducibili linguisticamente, come quelle di cui è oggetto la musica.

2 forma sonetto (Giacomo da Lentini, tenzone sulla natura d’amore)
A Amor è uno desio che ven da core B per abondanza di gran piacimento; A e li occhi in prima generan l’amore B e lo core li dà nutricamento. A Ben è alcuna fiata om amatore 5 B senza vedere so ‘namoramento, A ma quell’amor che stringe con furore B da la vista de li occhi à nascimento. A Che li occhi rapresentan a lo core C d’onni cosa che veden bono e rio, 10 D com'è formata naturalemente; A e lo cor, che di zo è concepitore, C imagina, e piace quel desio: D e questo amore regna fra la gente.

3 forma sonetto (Dante, Vita Nuova XXVI)
A Tanto gentile e tanto onesta pARE B la donna mia quand’ella altrui salUTA, B ch’ogne lingua deven tremando mUTA, A e li occhi no l’ardiscon di guardARE. A Ella si va, sentendosi laudARE, 5 B benignamente d’umiltà vestUTA; B e par che sia una cosa venUTA A da cielo in terra a miracol mostrARE. C Mostrasi sì piacente a chi la mIRA, D che dà per li occhi una dolcezza al cORE, 10 E che ’ntender no la può chi no la prOVA: E e par che de la sua labbia si mOVA D un spirito soave pien d’amORE, C che va dicendo a l’anima: SospIRA.

4 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 1
I piede A Di pensier in pensier, di monte in mONTE B mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE C provo contrario a la tranquilla vITA. II piede A Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE, B se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE, 5 C ivi s’acqueta l’alma sbigottITA; sirma c et come Amor l’envITA, D or ride, or piange, or teme, or s’assecURA; E e ’l volto che lei segue ov’ella mENA e si turba et rasserENA, 10 D et in un esser picciol tempo dURA; F onde a la vista huom di tal vita expERTO F diria: Questo arde, et di suo stato è incERTO.

5 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 2
I pi. A Per alti monti et per selve aspre trOVO B qualche riposo: ogni habitato lOCO 15 C è nemico mortal degli occhi miEI. II pi. A A ciascun passo nasce un penser nOVO B de la mia donna, che sovente in giOCO C gira ’l tormento ch’i’ porto per lEI; sirma c et a pena vorrEI 20 D cangiar questo mio viver dolce amARO, E ch’i’ dico: Forse anchor ti serva AmORE e ad un tempo migliORE; D forse, a te stesso vile, altrui se’ cARO. F Et in questa trapasso sospirANDO: 25 F Or porrebbe esser vero? or come? or quANDO?

6 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 3
congedo a Canzone, oltra quell’alpe, B là dove il ciel è più sereno et liETO, C mi rivedrai sovr’un ruscel corrENTE, c ove l’aura si sENTE B d’un fresco et odorifero laurETO. 70 D Ivi è ’l mio cor, et quella che ’l m’invOLA; D qui veder pôi l’imagine mia sola.

7 I piede A Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
ATTENZIONE: tra i due piedi può anche non esserci un’identità dello schema rimico, purché [1] non ci siano, nel complesso, rime irrelate; [2] lo schema metrico sia fisso. I piede A Italia mia, benché ’l parlar sia indarno b a le piaghe mortali C che nel bel corpo tuo sì spesse veggio, II piede B piacemi almen che’ miei sospir sian quali a spera ’l Tevero et l’Arno, C e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio. I piede A Di pensier in pensier, di monte in mONTE B mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE C provo contrario a la tranquilla vITA. II piede A Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE, B se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE C ivi s’acqueta l’alma sbigottITA.

8 Forme speciali della canzone
Sestina lirica: canzone di sei stanze indivisibili, dove nessun verso trova rima all’interno della stanza, ma tutti trovano corrispondenza rimica nelle altre stanze. Le rime sono parole-rima, che tornano da una stanza all’altra cambiando posizione in base ad uno schema detto retrogradatio cruciata. Il congedo è di 3 versi e ha in rima 3 delle 6 parole rima, mentre le altre 3 ricorrono all’interno del verso. Ode-canzonetta: forma contraddistinta da strofe brevi di versi brevi, concepita spessoper essere musicata, di argomento per lo più lieve, amoroso o giocoso. Ballata: canzone contraddistinta dalla presenza di una ripresa (ritornello), che precede il testo e viene ripetuto dopo ogni strofa e, in genere, alla fine. Quasi sempre l’ultima rima della stanza riprende la rima finale del ritornello.

9 ottava (Angelo Poliziano, dalle Stanze per la giostra)
A Zefiro già, di be’ fioretti adORNO, B avea de’ monti tolta ogni pruINA; A avea fatto al suo nido già ritORNO B la stanca rondinella peregrINA; A risonava la selva intorno intORNO B soavemente all’ôra mattutINA; C e la ingegnosa pecchia al primo albORE C giva predando ora uno or altro fiORE.

10 ottava (Ludovico Ariosto, Orlando Furioso I 1)
Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, A le cortesie, l'audaci imprese io canto, B che furo al tempo che passaro i Mori A d'Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, B seguendo l'ire e i giovenil furori A d'Agramante lor re, che si diè vanto B di vendicar la morte di Troiano C sopra re Carlo imperator romano. C

11 L’ottava è il metro in cui sono stati composti (anche)
Il Morgante di Luigi Pulci L’Orlando Innamorato di Matteo M. Boiardo L’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto La Gerusalemme Liberata di Tasso La Secchia rapita di Tassoni L’Adone di Giovan Battista Marino I Paralipomeni della Batracomiomachia di Leopardi


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