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Scio plurimos Mineralium generationem fortuitis externarum causarum efficientiis ascribere, non internis & seminalibus Principiis. Vitam quoque.

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7 Scio plurimos Mineralium generationem fortuitis externarum causarum efficientiis ascribere, non internis & seminalibus Principiis. Vitam quoque ab universo hoc genere, eodem errore abstulerunt. Si maturitatis tempora considerassent, si Paroxysmorum ratas periodos, si Venarum ordinatas progressiones, corporum consentaneas compositiones, saporum, colorum tam efficaces virtutes, vitam alique viventium synptomata, aetatum discrimina, cruditatis & maturitatis tempora, morbum & mortis necessitatem & his utique concessissent So che molti assegnano la generazione dei minerali a cause efficienti fortuite e non ad un principio seminale interno. Tolsero dunque commettendo il medesimo errore la vita a tutto il regno. Se però tenessero conto dei tempi della maturità, delle certe periodicità dei parossismi, l’ordinata progressione delle vene, le appropriate composizioni dei corpi, le virtù così efficaci dei colori, la vita e i sintomi dei viventi, le differenze di età, di gioventù di maturazione, la malattia e la necessità della morte, sono certo che anche a loro la concederebbero

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9 Lapidum partes certo certius est, non vere nutriri quod ex augmento eorum clare perspicitur. Quoniam partibus accrescunt partes et superadduntur: non autem quae prius erant, in omnes partes extenduntur propter nutrimentum subingressum et assimilatum. E’ più che certo che le parti delle pietre non sono davvero nutrite, cosa che si vede chiaramente da come aumentano, poiché le parti crescono sulle altre e si aggiungono; non avviene dunque che le parti, che erano prima, si estendono in ogni direzione a causa del nutrimento introdottovi e assimilato

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25 Prima fuit illorum qui existimarunt huiusmodi conchas et plura huius generis illuc reducta fuisse quo tempore a diluviis aquarum superati fuerunt. Haec opinio non prorsus admittenda esse videtur, quoniam olim terra et montes non a mari, sed ab immodicis imbribus, nimirum caeli inundationibus fuerunt obruti. Praeterquamquod non in omnibus montibus, sed in quibusdam horum similia testacea lapidea observantur. La prima tesi è di coloro i quali ritengono che le conchiglie di questo tipo e di altri furono portate lì nel tempo in cui furono ricoperti dalle acque del diluvio. Ma questa opinione non va ammessa, poiché la terra e i monti non dal mare, ma dalle pioggie e dalle inondazioni del cielo furono colpiti. Peraltro questi gusci lapidei non si trovano in tutti i monti ma solo in alcuni.

26 Secunda sententia fuit illorum qui arbitarti sunt conchylia et alia huius generis testacea in montes a mari fuisse iactata quoniam hos montes a mari factos esse asseverarunt; dum olim arena in cumulos una cum conchyliis coacervata fuit quandoquidem ubi nunc montes conspiciuntur, antiquitus mare fluctuasse pronunciarunt, quo postea paulatim recedente, huiusmodi arenarum cumuli cum testaceis nimirum montes cum insulis detecti fuerunt. La seconda tesi è quella di coloro che ritengono chele conchiglie furono gettati nei monti dal mare, poiché i monti stessi furono formati dal mare; le conchiglie furono depositate mentre si accumulava la sabbia, così che ora dove si vedono i monti, lì una volta fluttuava il mare, il quale poi ritirandosi lentamente, i monti formatisi con la sabbia frammista a sabbia emersero.

27 Idcirco, mare recedente et solo lapidescente, conchylia ibi relicta in lapides concrevisse tradiderunt siquidem, ubi nunc est arida, ibi olim fuisse mare Aristoteles testificatur. Unde Ovidius accedens ad hanc opinionem cecinit hunc in modum: vidi factos ex aequore terras / et procul a mari conchae iacuere marinae Perciò si è raccontato che con la regressione del mare e l’indurimento del suolo, le conchiglie ivi frammiste si impietrirono, e come Aristotele afferma, ove ora è arido una volta


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