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LE POLITICHE SOCIALI E LA SFIDA DEL BENE COMUNE Luca Martignani Dipartimento di Sociologia Università di Bologna.

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Presentazione sul tema: "LE POLITICHE SOCIALI E LA SFIDA DEL BENE COMUNE Luca Martignani Dipartimento di Sociologia Università di Bologna."— Transcript della presentazione:

1 LE POLITICHE SOCIALI E LA SFIDA DEL BENE COMUNE Luca Martignani Dipartimento di Sociologia Università di Bologna

2 POLITICHE SOCIALI E BENE COMUNE Le politiche (e in particolare i servizi) non sono più rappresentate dalla distinzione mercificata in cash/in kind ma sono relazioni che attivano altre relazioni. Da dotazioni agli individui (provisions o entitlements) a dispositivi capaci di rigenerare i luoghi della socializzazione (patti territoriali). Le politiche rappresentano il modo della società di riflettere su se stessa.

3 LA CRISI E LA FIDUCIA: RIPENSARE IL WELFARE IN BASE AL BENE COMUNE La fiducia inter-personale e quella sociale (cioè quella tra le persone e istituzioni) sono oggetto di una de-costruzione simbolica. Rischio: inibire una univoca rappresentazione del concetto di credito. Ripercussioni sulle categorie a rischio di esclusione (anziani, flessibili, fragili). Lorientamento al bene comune come imperativo alla base della riconfigurazione del welfare.

4 UNA IPOTESI DI LAVORO La risposta alla crisi: Non solo riparazione di logiche interne al sistema economico. Relazione tra sviluppo, territorio e regole che sostanziano il contratto sociale. Concetti/criteri: coesione (tra persone e attori collettivi); riconoscimento (tra culture e appartenenze in un contesto); sussidiarietà (responsabilità e capacitazione); riflessività. Quali condizioni per la riconfigurazione?

5 Distinzioni e corollari alla base dellipotesi di ri-configurazione del welfare Distinzioni non dicotomicheCorollari inclusione/esclusione Occorre evitare lidea che per contrastare lesclusione si debba potenziare lassistenza generalizzata. territorializzazione/de- territorializzazione Alla globalizzazione non corrisponde a una generalizzazione radicale dei legami sociali. A tale sfida corrispondono nuove risposte rappresentate dalle buone pratiche in politica sociale su base locale (patti territoriali). pubblico/privatoIl privato non persegue necessariamente interessi particolaristici ma può concorrere a creare il bene pubblico.

6 Distinzioni e corollari alla base dellipotesi di ri-configurazione del welfare Distinzioni non dicotomicheCorollari welfare state/welfare society Il benessere non è un mero obiettivo materiale perseguito dallo Stato e dalle sue articolazioni ma è anche lo scopo di una rete di attori provenienti dal privato for profit e dalle articolazioni del terzo settore. moneta/servizi (cash/kind) Tale distinzione è inadeguata e impropria, perché non tiene in considerazione le trasformazioni e le modalità di implementazione del welfare integrato. funzionamenti/capacitàAlla considerazione del funzionamento dei singoli meccanismi di policy dovrebbe sostituirsi un approccio orientato a riconoscere le capacità degli stakeholder.

7 Logiche e presupposti per la riconfigurazione del welfare Logiche di riconfigurazione Presupposti su cui si fondano le logiche Eccedenza relazionaleSuperamento del funzionalismo moderno Capacitazione personaleSuperamento dellindividualismo istituzionalizzato Territorializzazione Superamento dellidea di globalizzazione de- localizzata Emergenza Superamento dellidea di benessere come gioco a somma negativa SussidiarietàSuperamento delle trappole prodotte dalla carriera assistenziale

8 QUALI NUOVE POLITICHE? 1.La ri-configurazione dei servizi caratterizza il welfare come patto tra attori finalizzato alla ri- generazione del bene comune mediante politiche riflessive. 2.La riflessività è intesa come reciproco riconoscimento tra gli attori e come capacità specifica di ogni stakeholder di riflettere sui propri confini e responsabilità in unottica di welfare plurale. 3.Loperare di ognuno viene ridefinito sulla base dellappartenenza a una rete di attori orientati al bene comune in senso sovra-funzionale.


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