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Scienze Politiche, Economiche e Sociali

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Presentazione sul tema: "Scienze Politiche, Economiche e Sociali"— Transcript della presentazione:

1 Scienze Politiche, Economiche e Sociali
Sede: via Conservatorio, MILANO, tel , fax , Esame: Teoria Politica - Analisi della Politica Estera Prof. Gaetano A. Grasso 26/04/2017

2 Alterità e identità nel mondo della società globalizzata
Terza lezione - Seminario <<Dalla relazione Noi Loro alla relazione Amico Nemico>> Alterità e identità nel mondo della società globalizzata 26/04/2017

3 La nozione di Alterità Verso un’epistemologia costruzionista nel mondo liquido della postmodernità
Il dibattito Noi - Loro ci spinge ad abbandonare un piano ontologico e filosofico che cerca definizioni, essenze e processi logici compiuti, a favore di un piano argomentativo che si pone come dialettica mai conclusa Il problema della diversità nasce impetuoso in questa società globalizzata, liquida, che ci lascia sempre inesperti e impreparati. Oggi più che mai l’essenzialismo è entrato in crisi; ora più che mai è inadeguato un percorso argomentativo che cerchi identità complete, processi dialettici compiuti e conclusioni universali Occorre “calmierare” le proprie pretese esplicative e vedere la cultura come autonoma dalla struttura sociale o dalla psicologia individuale. (Geertz 1987) In ogni società una cultura sviluppa una coerenza interna, che propone nello stesso tempo una visione del mondo e delle conseguenti regole di comportamento. Ogni cultura è un sistema simbolico condiviso Emerge da questo lavoro una preferenza per una prospettiva costruzionista che orienta l’attenzione verso le pratiche della vita quotidiana e verso la possibilità di restituire, a partire da relazioni e processi contestualizzati, una <<thick description>> (Geertz 1987) della società contemporanea. Si dice, in altri termini, che le culture appaiono come dei testi da interpretare e capire tramite una descrizione densa che muove a zig zag tra i concetti vicini all’esperienza della popolazione studiata e i concetti lontani da questa stessa esperienza. Le culture sono testi scritti dai nativi che l’antropologo si sforza di interpretare pur non potendo prescindere dall'interpretazione dei nativi. Il sapere dell’antropologo consisterebbe quindi in interpretazioni di interpretazioni 26/04/2017

4 Fenomeni sociali e politici Nella realtà postmoderna
La realtà politica e sociale ci rimanda alla esigenza di cogliere gli elementi che ci rendono simili, ci impone di vedere l’importanza della esperienza transculturale. “Quella in cui ci imbattiamo in qualcosa che fa saltare le nostre aspettative stereotipate di trovare differenze radicate per scoprire che alcuni dei “nostri” tipi di cultura sono indistinguibili dai “loro” (un’esperienza, quindi, che mette in crisi la distinzione tra “Noi” e “Loro”?) (Baslev, Rorty 1991/ 2001, p.73) Per far funzionare le relazioni e creare un vissuto praticabile, ci vuole immaginazione, ci vogliono testi che non veicolino elementi di tradizioni rigidi e preconfezionati, ma bricolage intelligenti che sappiano parlarci del nuovo (Baslev, Rorty 1991/ 2001) Si evince da più parti che si procederebbe pian piano verso una cittadinanza postnazionale; siamo individui proteiformi, con più appartenenze, con più vissuti; sempre più frequenti sono i fenomeni per cui spalmiamo spicchi della nostra esistenza su più Stati, per esempio viviamo in uno Stato e lavoriamo in un altro! Si rafforza l’idea di una membership transnazionale che implica il superamento dell’ancoraggio a un territorio specifico; si potrebbe parlare allora di un modello di membership postnazionale, sulla scorta di alcuni contributi che affermano la necessità di superare un assetto in cui è la cittadinanza statuale a costituire il principale criterio per l’allocazione dei diritti, delle prerogative, ecc. (Zanfrini 2007, 2004) Imponente è l’esigenza di costruire un’etica delle differenze; per un incontro con l’altro occorre essere pronti a cambiare, non possiamo comunicare o metterci in relazione con la differenza semplicemente restando noi stessi. (Melucci 2000) Fondamentale è la volontà di incontrare l’altro. Occorre il coraggio di misurarsi con le proprie paure e resistenze; occorre anche la volontà, dice Melucci, di trascendere le nostre identità già date 26/04/2017

5 In tutte le identità che si costruiscono e ricostruiscono vi è una quota di mancanza e di sofferenza che può costituire una leva forte per la convivenza possibile: “riconoscere che gli altri ci mancano significa imparare a limitare le pretese della nostra differenza “(Melucci, 2000b, p. 61) Lo straniero viene da lontano, fa l’effetto di un terremoto (Bauman 2002, p. 10); diviene colui che mette in questione gli aspetti che si danno per acquisiti e scontati Ormai siamo Sé disancorati, Sé alla deriva (Bauman 2002); siamo legati a coordinate esistenziali mobili e fluide, assorbiamo scenari polimorfici, ci posizioniamo di volta in volta a seconda dei vissuti e delle strategie di multiculturalismo quotidiano (Colombo, Semi 2007) Creiamo e disfiamo identità con velocità sorprendente, costruiamo Io sperimentali con “tecnologie raffinate”; siamo sempre lì che ci adoperiamo a inizi assoluti! (Bauman 2002). Dobbiamo dimenticare rapidamente, svuotare la memoria, essere efficienti allo scopo di riempire di nuovo la memoria per gettarci in altre coordinate di vita! Comunità, tribù che <<esistono>> solo in virtù delle decisioni individuali, sempre soggette alla revisione e al cambiamento. Formazioni che certamente accendono l'immaginazione e la più ardente fedeltà quando ancora risiedono nel regno della speranza. “Sono formazioni troppo slegate per sopravvivere al passaggio dalla speranza alla pratica” (Bauman 1991/2010, p. 276) 26/04/2017

6 La costruzione del nemico nell’epoca della globalizzazione
Oggi potenza tecnologica, ricchezza, benessere, ecc., non sono in grado di contrastare la paura che è diventata liquida (Bauman 2007), che si è infiltrata in tutte le ferite che la globalizzazione ha riaperto a partire dagli anni 70; ci sentiamo inesperti, fragili, ondivaghi nei nostri moti di identità Un’altra considerazione pertinente alla tematica del passaggio dalla relazione Noi – Loro alla relazione Amico - Nemico ci spinge a pensare che è la percezione del rischio stesso, e l’estrema labilità delle costruzioni dell’uomo, a impregnare di ombre e fantasmi la relazione che abbiano con l’altro Ci sentiamo impreparati, fragili e carichi di dubbi, ma non dobbiamo scoraggiarci. Un invito ad un cauto ottimismo viene dallo stesso Beck! Gli individui singolarmente presi hanno più saggezza delle istituzioni, possono impostare discorsi più equilibrati, meno ricchi di stereotipi e pregiudizi. Le istituzioni spesso irrigidiscono la realtà, la comprimono in schemi cocciuti e ripetitivi, creano comportamenti assurdi; non sempre le istituzioni sono sagge, possono anche monopolizzare il pensiero delle persone, creando uniformità al livello dei comportamenti e accettazione acritica di norme e regole. Ci sono le funzioni latenti delle istituzioni che dobbiamo percepire e capire. Ciò ci fa fare un passo avanti nella conoscenza della società e non ci fa fermare in superficie. Istituzioni apparentemente buone possono celare intenti di potere manipolatori e gretti ( per esempio, l’organizzazione dei servizi sociali è una necessità per i cittadini, ma può celare le intenzioni di rafforzare controllo e potere sulla cittadinanza ), nello stesso tempo istituzioni deprecate e criticate possono comunque assolvere delle funzioni positive ( per esempio, il voto di scambio è una pratica deprecata e illegale, ma può permettere di avvicinare certi cittadini alla politica). Queste considerazioni spingono ad essere cauti. Gli studiosi possono riflettere con dovizia di particolari e possono considerare le cose con più distacco, tenendosi lontano da giudizi morali fuorvianti (Merton, 1949/1959) Oggi non esiste più l’ancoraggio a un territorio. La Globalizzazione ha prodotto una frattura tra il luogo di produzione di una cultura e i luoghi della sua formazione. Ora l’immaginazione grazie alla rapidità sempre maggiore e onnipresenza dei mass media è diventata un fatto collettivo, si è trasformata in un campo organizzato di pratiche sociali. (Aime 2004) Ne consegue, allora, una frammentazione di universi culturali che mette in crisi ogni paradigma tradizionale delle scienze sociali; i panorami sociali, etnici, culturali, politici si fanno sempre più confusi e sovrapposti; le linee di confine spezzettate e irregolari. Questi panorami, attraversati da continui flussi globali, si riflettono l’uno nell’altro dando vita a un caleidoscopio mutevole e sempre nuovo (Appadurai 2001) La costruzione del nemico nell’epoca della globalizzazione 26/04/2017

7 Già Melucci (1982) adombrava questo filone di pensiero
Già Melucci (1982) adombrava questo filone di pensiero. Il presente è inventato, c’è una mobilitazione collettiva che evolve secondo una struttura segmentata, reticolare e policefala. La rappresentazione dei bisogni è culturale, gli individui applicano a se stessi simboli derivati dai processi sociali; un meccanismo di self - labeling ai fini della affermazione della propria specificità e della creazione di una realtà (l’Altro) verso cui ci si distingue e si afferma la propria differenza. Si crea così un <<Noi>> contrapposto a un <<Loro>> I confini a volte servono a costruire una dialettica. È la distinzione - separazione fra almeno due parti, in qualsiasi contesto, che fornisce significati a ciascuna di esse. Si attivano dei meccanismi di esclusione. Si chiude all’esterno, si traccia un perimetro; così i partecipanti alla relazione riconoscono reciprocamente il significato dei loro corsi di azione. (Cella 1999) L’esperienza del tracciare i confini permette di percepire le differenze in atto e di decifrare la natura degli interessi in gioco; si traccia una linea per capire, non certo per chiudere il conflitto! Si imposta così una sana dialettica ed è possibile, almeno più possibile, stemperare i toni e procedere ad una allocazione più remunerativa delle risorse 26/04/2017

8 La difficile convivenza tra pensiero identitario e pensiero meticcio nell’epoca della globalizzazione Per Hannerz (2001) l’organizzazione delle differenze culturali diventa un mosaico globale di unità circoscritte. Con l’aumento costante delle comunicazioni (i media sono il veicolo principale di produzione e distribuzione culturale) i vari significati circolano e non possono essere incapsulati in un territorio. Le differenze in seno alla collettività emergono in maniera problematica. Ci si chiede che alleanze stipulare e da chi bisogna difendersi contrapponendo loro i propri interessi. I singoli soggetti culturali, a loro volta portatori di cultura, sono influenzati e costituiti da questa totalità, da questa “ecumene“ che può fornire una riserva costante di idee e soluzioni ai problemi. Gli uomini acquisiscono una cultura che è interazione con la diversità Noi e Loro come “rappresentazioni”, per Bauman (1999), assumono quelle tinte adatte a rappresentare la situazione esistenziale e socio economica tipica della globalizzazione. Ci sono gli <<In>> e gli <<Out>>. Ci sono quelli che stanno al passo e sono aperti alle possibilità della globalizzazione; ci sono coloro che sono esclusi, che vivono in modo piatto e deterministico le sequenze di eventi della realtà; loro li subiscono gli eventi più che crearli e sono sloggiati dagli eventi e dalle coordinate spazio temporali. Quelli <<in alto>> sono convinti di viaggiare attraverso la vita di loro volontà e di scegliere le varie destinazioni in base alle soddisfazioni che offrono. Quelli <<in basso>> spesso vengono buttati fuori da dove vorrebbero stare Per Castells (1989 ) c'è divaricazione, polarizzazione e frattura tra due mondi, tra due categorie. C’è il mondo della <<Platea>> di chi vive in reti locali segmentate su base etnica. Questi sono esseri umani che contano sulla loro identità come risorsa più preziosa e sono tagliati fuori dalla rete mondiale di comunicazione, svolgendo la loro battaglia dentro la città. C’è il mondo della <<Galleria>> di chi fruisce delle possibilità che scaturiscono dalle reti di scambi del mondo globalizzato, chi è “altrove”, chi gode di enormi possibilità di movimento ed espansione delle conoscenze 26/04/2017

9 La relazione Amico - Nemico: una nozione base per la politica
Kilani (2008) dice che l'analisi di Schmitt non è detto che debba essere vista come affermazione della insanabile contrapposizione che sussiste tra amico e nemico; non è detto che il nemico sia qualcosa da distruggere; un qualcosa che viene demonizzato, che rappresenta il male assoluto da estirpare. Questa è la logica estremizzata e paranoica di chi vede i fenomeni del mondo e della politica in modo dicotomico, di chi non accetta le mediazioni e le salutari ibridazioni concettuali Per Schmitt ciò che conta è dare un significato alla dialettica amico - nemico in piena libertà da ogni dipendenza concettuale o semantica; occorre lasciare spazio ad una libertà di prefigurare le molteplicità di relazioni e di prese di posizione che nella fenomenologia politica possono presentarsi. Il nemico è semplicemente l’Altro, lo straniero, o meglio, ciò che nell’accezione latina è <<hostis>> Freund sulla scia delle intuizioni scientifiche di Schmitt, che pone un nesso indissolubile tra politica e conflittualità e di Simmel (1908 / 1989), che configura il conflitto sociale come forma specifica di relazione sociale ed il 'terzo' come figura chiave della sociologia, sviluppa le coordinate di una vera e propria 'scienza dei conflitti' Schmitt, noto teorico della politica, assume la categorizzazione della dialettica amico – nemico come qualcosa di caratterizzante in modo assoluto il concetto di Politico. Lui intende dimostrare che ovunque vi sia politica, lì si incontra l’antitesi, la contrapposizione; la distinzione, appunto, Amico - Nemico. Si può individuare nella distinzione di amico (freund) e nemico ( feind) il criterio costitutivo della politicità, di un’unione o di una separazione, di un’associazione o di una dissociazione (Schmitt 1927/1972, p. 109) 26/04/2017

10 (Kilani 2008) Si instaura una reciprocità che ha lo scopo di negare la guerra di tutti contro tutti; la sua finalità è impedire una guerra illimitata. La guerra ha spesso una funzione preventiva; non permette al conflitto di tracimare e di inondare i campi della civiltà in modo rovinoso. La guerra, allora, si configura come pratica che deve essere aborrita, ma della quale, purtroppo, a volte non se ne può fare a meno, pur avendo la consapevolezza che il destino dell’uomo è abbracciare la pace e incorporarla al suo essere L’opposizione Amico - Nemico investe a) il livello della ostilità e della opposizione simmetrica, b) il livello che definisce una relazione asimmetrica tra un gruppo di nazioni e coloro che non lo sono. Il primo livello è quello delle contese che nascono in base ad interessi economici divergenti; questo livello rimanda a un calcolo utilitaristico, svolto dalle nazioni, che tende a ottimizzare i guadagni e a limitare il più possibile le perdite in termini di potere economico e di supremazia territoriale. Il secondo livello è quello guerra totale, in cui c’è escalation e ostilità assoluta nei confronti del nemico. Qui si configurano eventi inseriti in una logica imperiale che riproduce l’opposizione amico - nemico nel senso di una contrapposizione tra le nazioni dominanti (capitanate dagli USA) e i popoli e gruppi dominati e conquistati Schmitt (1927/1972) insiste invece sulla presenza di una volontà politica dietro il criterio amico - nemico, ma è bene sottolineare, come dice Kilani (2008) che l’ontologizzazione delle due entità contrapposte sembra essere estranea al pensiero di Schmitt; l’opposizione amico nemico è stata fraintesa; il pensatore tedesco la intendeva come un’opposizione che aveva solo un “senso pratico e didascalico”. (Kervégan 2004, p. 149) Questa opposizione vale come criterio d’identificazione della politica, non come una sua “definizione esaustiva Negli atti cruenti che hanno dimensione collettiva, poi, c’è sempre separazione tra un <<Loro>> brutalmente degradato e un <<Noi>> che “considera il proprio atto come un gesto di devozione verso Dio”! (Kilani 2008) Nella deumanizzazione e depersonalizzazione della vittima si verifica, per Kilani, una animalizzazione del nemico. Nel contempo si verifica una costruzione ideologica, si costruisce un apparato concettuale funzionale al mantenimento di odi reciproci 26/04/2017

11 Ci può essere poi in una successiva fase di collettivizzazione della colpa e di una sua sdrammatizzazione attraverso i rituali del sacrificio. La politica nell’ambito delle esperienze totalitarie risponderebbe all’imperativo della esternalizzazione della colpa; con il superamento delle esperienze totalitarie sembrano affermarsi processi di internalizzazione che producono nuovi rituali di colpa. Vedi, per esempio, le varie politiche di riparazione ai torti e alle prevaricazioni del passato con cui molti Stati dell’occidente aspirano a riconciliare se stessi e i loro “querelanti” (Portinaro 2002) Si apre un gioco infinito di recriminazioni, di rabbie e cieche invettive. Le riparazioni simboliche accentuano il senso dell’ingiustizia patita, alimentando spesso la domanda di nuovi risarcimenti; avviene una assunzione collettiva di colpa di generazione in generazione che è chiaramente una strategia di consolidamento di buone relazioni internazionali La storia della cristianità è caratterizzata da pratiche di persecuzione e tendenze genocidarie; assistiamo tutt’oggi con raccapriccio alla costruzione di un nemico che implica una immagine storpia e deformata. Si arriva a un processo di stigmatizzazione dell’Altro, che conduce all’individuazione di capri espiatori in gruppi sociali in posizione di marginalità. Una cultura ossessionata dal diavolo trova nella esternalizzazione del male, nella sua proiezione sull’Altro, la valvola di sfogo delle sue paure (Portinaro 2002) Vi è anche implicito un concetto di razzismo; ma un razzismo di sterminio che a differenza del razzismo di dominio, imperniato su una eterorazzizazione in cui si afferma una disuguaglianza dell’altro che esprime una sua inferiorità, si basa su una autorazzizazione in cui si afferma prima di tutto la propria superiorità che legittima l’esclusione dell’altro fino all’estremo dello sterminio (Taguieff 1994) 26/04/2017

12 La relazione Amico –Nemico, dice, è una dimensione essenziale della politica e del vivere associato. Ovunque c’è politica c’è anche conflittualità ( Vitale) Il carattere esclusivo del gruppo politico si alimenta da sé, in uno schema circolare nel quale l'<<altro>> è il primo elemento del processo psicologico che porta a riconoscere, per differenza, la somiglianza e la coesione di coloro che si contrappongono all'alterità riconosciuta come estranea (Vitale 1998, pp ) La conflittualità è comunque una dimensione non eliminabile dalla politica e da ogni aggregazione politica, che per sua natura è esclusiva. La forma massima ed estrema della conflittualità politica è la guerra, che ha radici psicologiche profonde, legate alla natura stessa e alle dinamiche sia individuali che tipiche del funzionamento dei gruppi e delle interazioni fra loro (Vitale 1998, pp ) La dimensione amico - nemico è vitale al discorso politico, come è vitale al discorso sulla cittadinanza, sulle relazioni intergruppo e interetniche. Argomento di cerniera dice Freund (1995), conglomerato di concetti che si situano negli interstizi tra discipline diverse. Argomento che esige maturazione concettuale Sociale e politico si invadono reciprocamente; i risultati della psicologia sperimentale possono conferire alla psicologia politica e alla sociologia un solido substrato empirico. Questa collaborazione non implica che i risultati della psicologia vengono solo importati, ma che si verifichi una vera e propria <<estensione>> (Rouquette 1988) Il gruppo di appartenenza diventa allora una conseguenza del riconoscimento dell’alterità. Esso si presenta come nucleo distinguibile (grazie alle distinzioni operate, appunto) dall’ambito indifferenziato degli <<altri>>, di volta in volta distinguibili in base a classificazioni. Si sviluppano presto le categorie di <<proprio>> e <<altrui>> e soprattutto di <<Noi>> e <<Loro>> (Vitale 1998)

13 Nel mondo attuale della globalizzazione le relazioni Amico - Nemico si sono fatte più complesse; le esigenze identitarie si sono moltiplicate; i vissuti si sono allargati. Oggi c’è una realtà sociale e politica e accesa e vibrante in cui la fanno da padrone i mass media che hanno un grande impatto nel creare immagini condivise ed efflorescenze emotive Nelle comunità che si mobilitano solo in occasioni speciali, nelle campagne elettorali, nei referendum, ecc., in cui si vestono dei panni e ci si appassiona, ci si schiera e si creano dei nemici; poi, dopo la tempesta emozionale dell’evento politico, si passa dal “guardaroba” a dismettere quei vestiti e a riprendere quelli abituali, ritornando alla realtà ordinaria, sfilacciata e multipla, che non ha più alcun riferimento a ciò che si è provato e sperimentato. (Bauman 2002). Ora l’arte che ci serve è quella del dimenticare, dello svuotarsi, del far presto a prepararsi a una nuova rappresentazione e messa in scena nel palcoscenico della vita 26/04/2017


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