Elementi di linguistica sarda Giovanni Lupinu Facoltà di Lettere e Filosofia Università degli Studi di Sassari Lezione n. 3
Il sostrato linguistico prelatino Gli studi sulle lingue di sostrato, parlate prima dell’arrivo dei Romani, hanno trovato in Sardegna terreno assai fertile. I linguisti, infatti, hanno rinvenuto nel sardo una serie di elementi che non si possono attribuire all’eredità del latino né all’apporto delle lingue che via via sono state portate nell’isola: questi elementi vanno attribuiti, con gradi differenti di probabilità, alle lingue del sostrato prelatino. All’interno di queste ultime, occorrerà distinguere in prima battuta fra le lingue che in qualche misura conosciamo e quelle di cui non sappiamo pressoché niente.
Il sostrato punico A partire dall’VIII sec. a.C. la Sardegna intrattenne relazioni importanti con i Fenici, con la connessa creazione di colonie concentrate nelle coste della regione centro-occidentale e meridionale (ad es. Sulci, Karales, Nora, Bithia, Tharros, Othoca, Neapolis). Sul finire del VI sec. a.C. l’isola vide l’arrivo dei Cartaginesi, la cui dominazione si protrasse sino all’occupazione romana e fu rilevante soprattutto nelle regioni costiere.
Come hanno appurato le indagini di M. L. Wagner, V Come hanno appurato le indagini di M. L. Wagner, V. Bertoldi e, più di recente, G. Paulis, dal punto di vista linguistico l’apporto punico appare oggi nel sardo piuttosto limitato. È stato identificato, infatti, un gruppetto di vocaboli di probabile etimo punico, cui si somma un numero altrettanto ristretto di nomi di luogo (o toponimi). Fra i primi, ricordiamo una serie di voci campidanesi (diffuse cioè nella Sardegna centro-meridionale):
míttsa “sorgente”; tsikkiría “sorta di aneto simile al finocchio”; tsíppiri “rosmarino”; tséurra, tseúrra “germe, germoglio, pollone”. Attestato nella Baronia e nel Nuorese, poi, rammentiamo il seguente nome di pianta (o fitonimo): kúrma, kúruma “ruta”. Relativamente ai toponimi, in generale è bene tenere presenti due fatti: il primo è che i nomi di luogo di una regione tendono a conservarsi a lungo, spesso anche quando nella regione si affacciano popoli che parlano lingue diverse;
il secondo fatto da considerare è che i toponimi, nel momento in cui vengono assegnati, hanno un significato (tipo Villanova, Civitavecchia, Castagneto, Montenero etc.). Col tempo, tuttavia, con l’avvicendarsi delle lingue o il mutare di una stessa lingua, può accadere che quel significato non sia più evidente per i parlanti. Ciò premesso, lo studio della toponimia sarda rivela di tanto in tanto tracce della presenza punica: ricordiamo a questo riguardo il caso di Macumadas (in provincia di Nuoro), Magomadas (vicino a Bosa), Magumadas (a Gesico e a Nureci), dal punico maqom hadash “città nuova”.
Il sostrato paleosardo Quando si parla di sostrato paleosardo si prende in esame la situazione linguistica che esisteva in Sardegna prima (e, almeno per un certo periodo, anche in concomitanza) dell’arrivo dei Fenici, dei Punici e dei Romani. Si tratta di uno dei settori più delicati e complessi della ricerca: infatti, ignoriamo pressoché tutto delle lingue che più anticamente si parlavano nell’isola; in particolare, non disponiamo di documenti scritti. Come si può operare, allora, in riferimento a strati linguistici così antichi?
I glottologi hanno cercato di isolare nel sardo quegli elementi del lessico, della fonetica e della toponimia che non si possono spiegare alla luce delle lingue (note) che furono portate nell’isola nel corso del tempo. Questi elementi, con un procedimento di tipo puramente negativo (e con molta prudenza), sono ascritti al fondo linguistico più antico. Incominciando dal lessico, resti del sostrato sono stati identificati soprattutto in tre settori: fra i vocaboli che indicano formazioni geomorfologiche, piante e animali.
Riguardo ai termini che indicano formazioni geomorfologiche, ricordiamo: camp. ğára, che indica altipiani basaltici e granitici (ad es. la Giara di Gesturi); barbaricino e camp. bák(k)u, ák(k)u “valle, forra, sella fra due montagne, gola montana” (cfr. Bacu Abis, vicino a Carbonia); centr. tevèle, tèle, che indica un terreno dirupato e boscoso preparato per la coltivazione attraverso la debbiatura.
Fra i nomi di piante o fitonimi si possono ricordare: centr. ϑinníǥa, log. tinnía, camp. tsinníǥa “sparto”; éni, denominazione del tasso in Ogliastra e in alcuni paesi della Sardegna centrale; centr. aϑánda, ϑánda e simm. “papavero selvatico”. Fra i nomi di animali rammentiamo: assíle, kassíle, grassíƀile, grassíle, kassíli e simm. “martora” (impiegato in log., nelle varietà centr. e in camp. sett.); ϑurunkròne, ϑilingròne, tilingròne, (at)tilinğòne, tsiringòne, sittsiringòni e simm. “lombrico” (impiegato in log., nelle varietà centr. e in camp.); centr. e log. gròḍḍe, lòḍḍe “volpe”.
Composizione del sostrato paleosardo Non sono mancati tentativi di analizzare meglio il sostrato linguistico paleosardo. In questo modo, ad es., si è individuata una componente “iberica”: si sono cioè accostati alcuni vocaboli di probabile origine paleosarda con relitti “iberici” presenti nel basco (lingua non indoeuropea parlata nel nord-est della Spagna e nel sud-ovest della Francia). Fra questi vocaboli ricordiamo la voce camp. bèǥa “valle acquitrinosa”.
Al sostrato paleosardo sembrerebbe potersi attribuire anche una componente “libica”, attraverso confronti coi dialetti berberi parlati nel nord Africa (che sono i continuatori dell’antica lingua libica). Ad es., si è notato che numerosi termini sardi per piccoli animali iniziano con la sillaba ϑa-, ta-, tsa, ϑi-, ti-, tsi-, ϑu-, tu-, tsu- (ϑilikèrta, tiliǥèrta, tsiliǥèrta e simm. “lucertola”; ϑilikúkku, tiliǥúǥu, tsiliǥúǥu e simm. “geco” o anche “lumacone nudo”; ϑilipírke, tilipírke, tsilibrílke e simm. “cavalletta”). In questi casi, si potrebbe avere a che fare con un antico prefisso (articolo?), che trova confronto in berbero.
Relitti paleosardi nella fonetica Quando le popolazioni sarde indigene impararono il latino, attraverso una fase di bilinguismo, è possibile che abbiano trasferito nella nuova lingua antiche abitudini di pronuncia. Secondo M. L. Wagner, giusto per fare un esempio, si spiegherebbe così l’avversione a f- in alcuni dialetti della Sardegna centrale: a Bitti, per es., la parola per “fuoco” è óku (< lat. FOCU; cfr. nuor. fóku, log. e camp. fóǥu). Questa e altre ipotesi simili, tuttavia, vanno accolte con prudenza.
Relitti paleosardi nella toponimia Un terreno particolarmente fertile per la ricerca di relitti del sostrato linguistico paleosardo si è rivelata la toponimia, soprattutto quella delle regioni centrali: in uno studio sui nomi di luogo dei comuni di Fonni, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo e Ovodda, H. J. Wolf ha preso in considerazione i cosiddetti microtoponimi (quei nomi, cioè, che in una località sono assegnati alle proprietà e alle formazioni geomorfologiche e sono conosciuti soltanto dagli abitanti di quella data località). Questo studio ha mostrato che, mentre nelle altre regioni della Romània la percentuale di microtoponimi prelatini non raggiunge di solito l’1% (e quasi mai supera il 2%), nel centro montagnoso della Sardegna si arriva in alcuni casi, come quello di Olzai, a oltre il 50%.
Di questi antichi toponimi, di solito, non possiamo dire niente in relazione al significato che in origine portavano. Esistono, tuttavia, delle eccezioni significative. Per es., a Orgosolo sopravvive la voce prelatina orgòṡa “luogo umido, acquitrinoso”, da cui deriva il nome del paese; nei dialetti meridionali si trova il fitonimo di origine prelatina úrtsula, urtsúla “smilace”, da cui deriva il toponimo Urzulei. In entrambi i casi, dunque, riusciamo a sapere qualcosa di più preciso in relazione al significato di questi antichi nomi di luogo.
Breve bibliografia G. Paulis, Sopravvivenze della lingua punica in Sardegna, in L’Africa romana. Atti del VII Convegno di Studio (Sassari 1989), Sassari 1990, pp. 599-639. G. Paulis, I nomi popolari delle piante in Sardegna, Sassari 1992. M. Pittau, I nomi di paesi, città, regioni, monti, fiumi della Sardegna, Cagliari 1997. M. L. Wagner, Dizionario etimologico sardo, Heidelberg 1960-64. M. L. Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Nuoro 1997. H. J. Wolf, Toponomastica barbaricina. I nomi di luogo dei comuni di Fonni, Gavoi, Lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgòsolo, Ovodda, Nuoro 1998.