Storia romana La storia di Roma viene suddivisa dagli storici in tre periodi: Monarchia, dalla fondazione (753 a.C.) alla cacciata del re di origine etrusca.

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Storia romana La storia di Roma viene suddivisa dagli storici in tre periodi: Monarchia, dalla fondazione (753 a.C.) alla cacciata del re di origine etrusca Tarquinio il superbo (509 a.C.); Repubblica, sino alla fondazione dell'impero per opera di Augusto (30 a.C.); Impero, sino alla caduta dell‘Impero d'occidente (476 d.C.). Tra leggenda e storia Monarchia: dal greco monos = unico,solo + archìa cioè governo, quindi governo di una sola persona. Democrazia: dal greco demos = Popolo + cratos = potere quindi il potere del popolo. Repubblica: dal latino res = cosa,affare + publica = dello Stato,pubblica Imperatore: dal latino Imperator = generale vittorioso Secondo la tradizione, ruolo Roma fu costruita sopra sette colli. I sette colli di Roma, tutti ad est del Tevere, sono dunque il cuore di Roma. Sempre secondo la tradizione la città fu fondata da Romolo sul Palatino, in effetti l'archeologia ha restituito importanti reperti molto antichi sia sul colle che sulle sue pendici verso il Tevere relativi ai primi insediamenti di tipo urbano.

Le fonti storiche non accertano una fondazione precisa della città di Roma . La data del 753 a.C., che non si basa su alcun documento, fu fissata nel I sec a.C. La città ebbe probabilmente origine da poche capanne abitate da pastori, che col tempo si raggrupparono in un villaggio sul colle Palatino, non lontano dal Tevere. Quando Roma diventò la città più forte e ricca del suo tempo, si pretese che le sue origini fossero nobiliari: di qui il ricorso ai miti/leggende (Romolo figlio di Marte, dio della guerra, la madre, Silvia, sacerdotessa della dea Vesta, discendente dell'eroe troiano, Enea, scampato alla distruzione della sua città, poi approdato sulle rive del Lazio). Durante la fase monarchica, i re di Roma - secondo la tradizione semileggendaria- sarebbero stati sette: Romolo, Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marzio, Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo. Ad essi la tradizione attribuisce l'organizzazione dello Stato e dell'esercito, del culto religioso, la fondazione del porto di Ostia, la costruzione di ponti, acquedotti ecc. Il nome Tarquinio sta ad indicare che per un certo periodo Roma fu dominata da genti di origine etrusca. Forse Tarquinio il superbo fu cacciato dalla città perché voleva imporre una monarchia assoluta ed ereditaria. Dopo di lui i romani proclamarono la repubblica. Al tempo della monarchia, il re veniva eletto dal Senato (autorevole consiglio di anziani). Il re governava ed esercitava il potere politico, giudiziario, militare e religioso.

Al tempo della Repubblica vengono divisi Potere politico dal greco polis= città,quindi amministrazione della città (intesa come città- stato) Potere giudiziario = Il potere di giudicare i cittadini secondo le leggi Potere legislativo = il potere di fare le leggi Potere militare = il potere di comandare un esercito Potere religioso = il potere di onorare gli dei e definire quali culti predisporre. Al tempo della Monarchia tutti questi poteri vengono accentrati nella mani del Re o monarca. Al tempo della Repubblica vengono divisi La religione era politeistica e naturalistica (divinità dei campi, dei boschi, delle greggi). Gli abitanti di Roma erano distinti in tre classi patrizi (ricchi e potenti, si consideravano discendenti dei fondatori della città), plebei (umili lavoratori, senza diritti politici: non potevano neppure contrarre matrimoni coi patrizi, né trattare affari); schiavi (all'origine prigionieri di guerra, di proprietà dei padroni cui venivano assegnati; si chiamavano liberti se affrancati,cioè se ottenevano la libertà).

La nascita della repubblica e i contrasti tra plebei e patrizi Nel 509 a.C. i Romani abbattono la monarchia e introducono una nuova forma di governo organizzata in modo da impedire che il potere si concentri nelle mani di una sola persona. il senato (composto di rappresentanti in carica per tutta la vita) eleggeva ogni anno due consoli Il governo, era in mano ai patrizi, i soli che ricoprivano cariche pubbliche e che erano membri di diritto del senato. Solo loro potevano fare le leggi. I plebei erano costretti a partecipare alle guerre, con grave danno per i loro campi e per l'attività artigiana, non avevano il diritto di partecipare alla spartizione dei territori conquistati e correvano anche il rischio di indebitarsi tanto da divenire schiavi.. Alla fine i patrizi furono costretti a riconoscere due magistrati (tribuni della plebe) come rappresentanti dei plebei in senato. Costituzione repubblicana a Roma

Tavole della legge Tribuni della plebe e tavole della legge Essi potevano opporre il loro veto alle leggi ritenute anti-plebee. Ma la più grande conquista dei plebei furono le Leggi delle XII tavole (incise nel 450 a.C. su tavole di bronzo ed esposte nel Foro, la piazza più importante della città). Esse segnano il passaggio dal diritto orale a quello scritto: affermano il principio dell'uguaglianza davanti alla legge e la sovranità del popolo. Tuttavia, solo dopo circa un secolo e mezzo fu riconosciuto ai plebei il diritto di accedere a tutte le cariche pubbliche. Le Dodici Tavole (non sappiamo se di legno di quercia, d'avorio o di bronzo) vennero affisse nel foro, dove rimasero fino al sacco ed all'incendio di Roma del 390 a.C. Cicerone narra che ancora ai suoi tempi (I secolo a.C.) il testo delle Tavole veniva imparato a memoria dai bambini come una sorta di poema d'obbligo e Livio le definisce come “fonte di tutto il diritto pubblico e privato. Alcuni studiosi suppongono che le norme siano state scritte in metrica, per facilitare la memorizzazione.

NUMERAZIONE ROMANA I romani rappresentavano i numeri con alcune lettere maiuscole del loro alfabeto. Il disegno di queste lettere: I (uno), V (cinque), X (dieci), C (cento), D (cinquecento), M (mille), era molto semplice e si poteva fare ovunque: per terra, sulla sabbia, sulla polvere, con un bastoncino. In fondo la terra non è forse stato il primo quaderno da scrivere? Le prime lettere dell'alfabeto furono disegnate su tavolette ricoperte di sabbia; solo successivamente la sabbia venne sostituita dalla cera e le lettere venivano incise con un ferro appuntito chiamato "stilo". La numerazione romana era fondata su questi principi: le lettere I - X - C si potevano ripetere fino a tre volte (II=2; III=3; XX=20; XXX=30); una cifra piccola, posta alla destra di una più grande, si sommava (VI=6; VIII=8; XII=12; LV=55); le cifre I - X - C, poste alla sinistra di una cifra più grande, si sottraevano (IV=4; IX=9; XC=90; CD=400); un trattino orizzontale, segnato sopra una o più lettere, rendeva il loro valore mille volte più grande ( = 3.000; = 10.000; = 10.008); due trattini orizzontali rendevano il valore delle lettere un milione di volte più grande ( = 5 milioni). Per poter fare i calcoli non usavano ovviamente la numerazione scritta, ma alcuni sassolini, che in latino si chiamavano appunto "calcoli". I sassolini, a loro volta, venivano infilati nelle scanalature di un abaco. Ovviamente i romani non avevano parole per i numeri più grandi di 100.000 (per i greci, d'altra parte, 10.000 era già una "miriade"). I  V  X  L  C  D  M  1  5  10  50  100  500  1000  IV  IX  XL  XC  CD  CM  4  9  40  90  400  900 

La concessione dei diritti ai plebei portò le classi e i ceti più agiati a scatenare diverse guerre di conquista contro i popoli vicini, per “recuperare”, per così dire, i privilegi perduti. Roma così poté affermare il suo predominio su Etruschi, Volsci, Equi, Sanniti Tra il V e il III sec a.C. praticamente i romani occuparono tutta la penisola. I popoli conquistati non vennero schiavizzati, ma furono costretti ad accettare le leggi romane, il latino come lingua, alcune divinità religiose ecc. Fra il III e il II sec. a.C. i romani contadini e guerrieri, com'erano sempre stati, cominciarono ad interessarsi anche di commercio e di navigazione, soprattutto perché, conquistando le città etrusche e greche, erano venuti a contatto con civiltà che per molti aspetti erano superiori alla loro. L'interesse per gli scambi commerciali portò Roma al conflitto con Cartagine (città fondata dai Fenici), che allora dominava tutto il Mediterraneo. Le “guerre puniche” (i romani chiamavano i cartaginesi, poeni, cioè puni) durarono un secolo e mezzo. Roma rischiò di essere distrutta dalla memorabile impresa del generale Annibale, che dalla Spagna era giunto in Italia passando le Alpi. Tuttavia, Roma non solo occupò la Spagna e altre colonie cartaginesi, ma, non volendo alcun rivale nel Mediterraneo, rase al suolo la città di Cartagine, trasformandola in provincia romana. Nello stesso anno (146 a.C.), anche la Grecia divenne provincia romana.

Le idee direttive dell'organizzazione politico-amministrativa delle province nessuna uguaglianza di diritti tra romani e popoli assoggettati; formale rispetto delle tradizioni locali; diversità di trattamento (divide et impera). L'egemonia sul Mediterraneo concentrò nelle mani di poche classi agiate enormi ricchezze: in particolare i latifondisti acquistavano grandi proprietà che poi trasformavano in pascoli o che facevano lavorare gratuitamente dagli schiavi comperati a poco prezzo. I proprietari dei piccoli poderi, che coltivavano la terra direttamente, non potevano sostenere sul mercato la concorrenza dei latifondisti. Di qui la necessità di vendere i poderi, di lavorare come braccianti nei poderi altrui, d'indebitarsi, di emigrare... Fu così che nacquero nuove lotte sociali tra patrizi e plebei. Fra i molti tribuni della plebe che cercarono di difendere gli interessi delle classi meno abbienti, spiccano i nomi di Tiberio e Caio Gracco, la cui riforma agraria prevedeva il frazionamento del latifondo e la distribuzione dei lotti a coloro che s'impegnavano a coltivarli direttamente. Tuttavia i latifondisti seppero opporre un'efficace resistenza

La lotta sociale tra patrizi e plebei assunse, sul piano politico, la fisionomia di una lotta tra due partiti avversi: democratico (Caio Mario) e aristocratico (Cornelio Silla). Mario si era procurato il favore del popolo per aver immesso nell'esercito anche i cittadini sprovvisti di censo, trasformando l'esercito da cittadino in mercenario. Silla era invece appoggiato dal senato e, dopo aver sconfitto Mario (che non si arrischiò di fare delle riforme “troppo democratiche”), si proclamò dittatore a vita. Il gesto era senza precedenti, poiché la legge romana concedeva il titolo solo in caso di guerra e per non più di sei mesi. Silla tuttavia, due anni dopo, lascerà volontariamente il potere ritirandosi a vita privata, salvaguardando così l'autorità del senato. Non molti anni dopo, a causa del riaccendersi delle ostilità fra i due partiti e per evitare lo scontro armato, si propose di affidare il potere a un triumvirato: Pompeo (per il prestigio militare), Crasso (per la ricchezza), Cesare (perché capo del partito democratico). La pace ebbe breve durata a causa delle rivalità tra Cesare e Pompeo. La lotta politica si trasformò in guerra civile e Pompeo ebbe la peggio. La morte di Crasso nella guerra contro i Parti permise a Cesare di farsi conferire dal senato: potestà tribunizia (sua persona sacra e inviolabile, con potere di veto verso le delibere senatoriali), pontificato massimo (suprema carica religiosa), dittatura a vita (tutti i poteri civili e militari).

Dalla repubblica all'impero Cesare segnò il tramonto della potenza del senato e l'inizio del trapasso dalla repubblica all'impero (monarchia militare assoluta e divina). Cesare riunisce sotto di sé tutte le cariche Egli aveva in mente un vasto piano di riforme (ad es. concedere alle province la cittadinanza per romanizzare l'impero), ma non poté realizzarle perché morì in una congiura organizzata dai pompeiani (44 a.C) L’eredità politica di Cesare viene contesa tra il figlio adottivo Ottaviano e il suo luogotenente Marco Antonio . Ad Azio una grande battaglia navale sancisce la vittoria di Ottaviano. Ottaviano, conoscendo l’odio dei romani nei confronti della monarchia lascia intatte le istituzioni della repubblica ma si fa concedere tutti gli incarichi di governo Gli vengono conferiti numerosi titoli onorifici (Imperator e Augusto) Augusto dal verbo latino “augere”= accrescere, colui che è in grado di portare prosperità allo Stato