L’evoluzione del mercato del lavoro italiano attraverso la crisi economica Cod – Economia del Lavoro e delle Risorse Umane - A.A Lavoro a cura di: Carrettoni Veronica Ciarambino Lucia Cozzio Claudia Mantegazza Verri Matteo Villa Matteo
Il mercato del lavoro attraverso le crisi Secondo una prospettiva storica, il mercato del lavoro è stato segnato da vari avvenimenti. Tale analisi si concentra sulla portata di tre eventi principali: CRISI ECONOMICO-FINANZIARIA (settembre 2008) Cominciata con incauti prestiti concessi negli USA, si è poi trasformata in una grande depressione di portata globale. L’ampiezza della base industriale ha penalizzato l’Italia; ciò ha amplificato il contagio derivante dalla caduta del commercio industriale. CRISI MONETARIA (1992) Segna la fine dello SME CRISI ENERGETICA (1974) Innalzamento vertiginoso dei prezzi del petrolio Questa analisi storica ha l’obiettivo di dimostrare come l’impatto occupazionale delle recessioni è molto diverso a seconda dei casi specifici; ogni crisi infatti ha la sua specificità.
Crisi del settembre 2008: ragioni e avvenimenti Crisi economica di natura finanziaria, paragonabile alla crisi economica del ‘29/’33 per natura e per portata Il preludio della crisi lo si ha avuto con il rialzo del prezzo del petrolio che ha toccato i 147$ al barile nel luglio 2008 Bolla dei prezzi sulle case e facile accesso al credito bancario, anche per chi non forniva le adeguate garanzie di rimborso, portando così ad un aumento delle insolvenze Le perdite sui mutui si sono trasferite sui CDO, cioè i titoli basati sui mutui Serie di perdite sui CDS a catena Gli istituti che trattano CDO e CDS hanno subito grosse perdite, creando una forte contrazione della disponibilità del credito Andamento prezzo del petrolio Fonte:
Popolazione residente Occupati ,6% Persone in cerca di occupazione ,6% Inattivi in età lavorativa (15 – 64 anni) ,6% Inattivi in età non lavorativa ,3% Popolazione residente Occupati ,5% Persone in cerca di occupazione ,0% Inattivi in età lavorativa (15 – 64 anni) ,0% Inattivi in età non lavorativa ,5% Partecipazione della popolazione al mercato del lavoro : effetti di un anno di crisi III trim III trim ,1% Fonte: RCFL -Cartogramma III trimestre 2008 e Cartogramma III trimestre Dati in migliaia di unità e percentuali sulla popolazione residente ,4% ,4% ,2%
Interrompendo una tendenza declinante decennale, la disoccupazione è tornata a crescere nel 2008 con un tasso medio annuo del 6,8%. Questo incremento è stato trasversale ai territori, ai generi e alle classi di età. L’inversione di tendenza del tasso di disoccupazione Fonte:
Fonte: indagine RCFL - Istat Variazioni del peso percentuale di disoccupati per classe di durata della disoccupazione (II Trimestre 2008 – II Trimestre 2009) Tende a crescere la quota di disoccupati tra 7 e 12 mesi.
Occupazione e inattività: due trend a confronto Il livello occupazionale presenta un drastico decremento: Variazione ottobre 2008-settembre 2009: -284 mila unità Il numero degli inattivi registra un trend positivo: Variazione ottobre settembre 2009: +210 mila unità Variazione settembre ottobre 2009: +14 mila unità Fonte:
La disoccupazione: l’impatto territoriale (tra parentesi il tasso di disoccupazione) Fonte: indagine RCFL (dati trimestrali) –Istat- dati in migliaia- Gli effetti della crisi sull’occupazione sono stati differenti a livello nazionale: Centro-Nord: il crollo della produttività, coinvolgendo maggiormente il settore industriale, porta in tale area geografica ingenti perdite occupazionali. Sud: l’aumento del tasso di disoccupazione è stato smorzato dal passaggio all’inattività da parte di potenziali disoccupati (lavoratori scoraggiati). Il numero degli inattivi infatti è aumentato in maniera significativa nel Mezzogiorno.
Gli inattivi in età da lavoro (15-64) (tra parentesi il tasso di inattività) Negli ultimi 12 mesi il numero di inattivi in età da lavoro è aumentato significativamente nel Mezzo- giorno : Mezzogiorno Variazione secondo trimestre 2008-secondo trimestre 2009: +318 mila persone Centro-Nord Variazione secondo trimestre 2008-secondo trimestre 2009: +117 mila persone Fonte: indagine RCFL – Istat – dati in migliaia
Le dinamiche occupazionali: confronto sul genere (tra parentesi la variazione dei tassi in punti percentuali -II trimestre 2008 vs II trimestre 2009-) La diminuzione degli occupati ha interessato soprattutto la componente maschile dell’offerta: Variazione dell’occupazione femminile -68 mila unità Variazione dell’occupazione maschile -310 mila unità La crisi attuale si caratterizza per l’aumento sostenuto del numero di inattivi in età da lavoro: Gli uomini si sentono scoraggiati Le donne prediligono la rinuncia ad un’occupazione per il riproporsi del “tradizionale ruolo in famiglia” o per altri motivi famigliari, in particolar modo al Sud, andando così ad incrementare il tasso di inattività femminile. Fonte: indagine RCFL - Istat – dati in migliaia
I “perché” dell’inattività (II trimestre 2009) Le donne costituiscono la maggior parte di coloro che non ricercano un’occupazione; questa dinamica può essere imputata nella sua totalità alla presenza di responsabilità familiari e per i due terzi al sentimento di sfiducia nella ricerca di lavoro. Il Sud si distingue dal Nord per la rilevante presenza di scoraggiati. Fonte: indagine RCFL – Istat - dati in migliaia
La caduta dell’occupazione è, nell’insieme, tutta imputabile al lavoro temporaneo e a quello autonomo. Tra i giovani, tuttavia, diminuiscono notevolmente anche i contratti a tempo indeterminato. Occupazione e classi d’età: i giovani penalizzati (II trimestre II trimestre 2009) Fonte: indagine RCFL (dati trimestrali) – Istat - dati in migliaia
Caduta dell’occupazione nell’insieme imputabile al lavoro autonomo e a quello temporaneo. Le categorie più colpite infatti risultano essere i lavoratori autonomi e i dipendenti temporanei. Segmento occupazionale in difficoltà è quello del lavoro a termine poiché alla scadenza dei contratti, questi non sono stati rinnovati. Nella fascia d’età compresa tra i anni si registra una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato. I giovani pagano più degli altri il prezzo della crisi. La riduzione dei fabbisogni di manodopera e la forte incertezza hanno spinto le imprese a ridurre drasticamente gli orari di lavoro, facendo ampio ricorso a contratti di tipo part- time. EFFETTO : RIDUZIONI ORARIE PER OCCUPATO ( Fonte: CNEL - Rapporto sul mercato del lavoro ). Questo processo sembra aver raggiunto un punto di massimo che potrebbe portare, in prospettiva futura, a una flessione del numero di occupati più consistente rispetto a quella attuale. Effetti della crisi
Le tre crisi a confronto La crisi 1992 è stata caratterizzata da ingenti perdite occupazionali: infatti tra 2008 e 2009 il numero di occupati diminuisce circa dell’1%, contro la riduzione di oltre il 5% avvenuta tra La crescita degli anni ’60 - ’70 subisce una brusca frenata a causa della crisi petrolifera ed energetica (1974) che impone la necessità di una ristrutturazione con conseguente diminuzione degli occupati. Fonte: Le principali recessioni italiane: un confronto retrospettivo, di Bassanetti, Cecioni, Nobili, Zevi.
Il preludio alla crisi del 1974: l’impennata del prezzo del petrolio Ottobre 1973 scoppia la “Guerra del Kippur”: Israele viene attaccato da Egitto e Siria. I Paesi Arabi appartenenti all’OPEC, per punire l’Occidente e la sua politica filo-israeliana, bloccano le proprie esportazioni di petrolio. Il prezzo del petrolio nel corso degli ultimi mesi del 1973 quadruplica causando così la crisi. Fonte:
La crisi del 1974: le dinamiche occupazionali
La crisi del 1974: le dinamiche occupazionali (segue) Le donne non rivestono ancora un ruolo paragonabile a quello degli uomini.
Anni ‘80: un periodo di transizione tra due crisi Negli anni ’80 ci troviamo di fronte ad un processo di ristrutturazione aziendale, dovuto soprattutto al mutamento delle materie prime impiegate (a causa della crisi energetica e al conseguente aumento del prezzo del petrolio): Cambiamento della domanda di lavoro: ridimensionamento dell’occupazione nell’industria e crescita dell’occupazione nei servizi. Il mercato del lavoro si presenta sempre più segmentato tra regioni che presentano eccesso di offerta di lavoro e regioni in cui si assiste al fenomeno opposto. Inoltre in questo periodo il sistema delle relazioni industriali italiano si trova a dover fronteggiare numerosi problemi legati sia all'elevata dinamica del costo del lavoro e dei salari, sia alla forte crescita dei tassi di disoccupazione. Obiettivo fondamentale diventa quello di ridare elasticità al mercato al fine di operare un contenimento della disoccupazione in un quadro tendente a garantire salario reale e ripresa economica. Oltre a ciò, una caduta dell’attività d'investimento che può essere attribuita sia alla crisi economica determinata dagli shock petroliferi, sia della stretta monetaria attuata contro l'inerzia inflazionistica, caratterizza i primi anni del decennio. Successivamente si registra un nuovo ciclo di investimenti che favorisce la progressiva ripresa occupazionale.
La crisi monetaria del 1992: drastica caduta dell’occupazione Le valute europee sono ancorate al marco tedesco. Conflitto di obiettivi tra politica economica tedesca e resto d’Europa. L’Italia necessitava di una politica espansiva (riduzione dei tassi d’interesse per aumentare le esportazioni). L’Italia nel 1992 esce dallo SME. Fonte:
Due crisi a confronto: 1992 vs 1974 Pil e occupazione (tassi annui di variazione) Fonte: Documento CNEL -Occupazione, disoccupazione e aree di crisi- Roma 1994
Due crisi a confronto: 1992 vs 1974 (segue) Il dato che differenzia maggiormente le due crisi è quello relativo all’occupazione. Le ragioni di tale diversità sono riconducibili al fatto che nel 1974 lo Stato interviene attivamente attraverso un uso generoso di ammortizzatori sociali e Cassa integrazione, mantenendo così “artificialmente” i lavoratori occupati. A ciò bisogna aggiungere il contributo dello sviluppo del secondo lavoro. Nel 1992 il calo dell’occupazione non trova validi elementi di compensazione nell’azione pubblica: il ricorso alla Cassa integrazione e agli altri strumenti di ammortizzazione sociale è più limitato che nel passato. Inoltre il maggior grado di apertura alla concorrenza interna e internazionale fanno sì che anche i servizi comincino a manifestare i primi segnali di difficoltà occupazionale.
Crisi 1992 vs 2008: Variazioni tendenziali del PIL e Unità di Lavoro Fonte: elaborazioni IRES su dati ISTAT. Nella crisi del ‘92-’93, a fronte di una forte caduta di UdL (-4%), i livelli del PIL registrano un decremento più contenuto (-1,5%). Il decremento dell’impiego di lavoro nell’economia ha sopravanzato nettamente la flessione dell’attività produttiva. Al contrario, durante la crisi attuale, ad una seppur significativa contrazione di UdL (-3%), consegue una drastica diminuzione del PIL (-6%). Vi è più occupazione con meno crescita.
Commenti finali e prospettiva futura Questa analisi mette in evidenza come il mercato del lavoro abbia reagito in modo differente a seconda delle crisi che lo hanno coinvolto. I periodi temporali colpiti dalle crisi sono stati caratterizzati da differenti dinamiche in merito alle diverse politiche attuate dal governo. Per effetto della crisi, il 2009 presenta due caratteri di grande rilievo economico e sociale: la crescita della disoccupazione e la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, con conseguente caduta del reddito complessivo dei lavoratori. Nel 2010 si stima che la perdita di posti di lavoro prosegua, poiché gli effetti della crisi economica si manifestano gradualmente e costantemente sull’occupazione. L’Italia quasi certamente uscirà dalla crisi con una base produttiva più ristretta e con un basso livello occupazionale, dovuto in particolare a un progressivo esaurimento degli ammortizzatori sociali.