Comunità di Pratica (CoP) Marta Traetta
Una definizione di comunità di pratica Le comunità di pratiche non sono semplici aggregazioni di persone, ma emergono man mano che gli individui svolgono le loro attività e negoziano le condizioni per la loro esistenza in uno spazio discorsivo di intersoggettività. Sono gruppi di persone che costruiscono obiettivi ed interessi e che, nel perseguirli, producono pratiche comuni, condividono una cultura, lavorano con gli stessi strumenti e si esprimono con un linguaggio condiviso. Il loro forte senso di appartenenza e di coesione si sedimenta e rafforza grazie ad una stessa modalità di interpretazione degli eventi che si presentano. Una comunità di pratiche può essere definita come un gruppo di persone che mette in condivisione un patrimonio di conoscenze attraverso un processo sociale di apprendimento reciproco
Le comunità di pratiche come sistemi sociali di apprendimento Il concetto di comunità di pratiche è sorto all’interno di un filone di studi noto come “Situated Learning Theory” (Lave, 1988; Brown, Collins e Duguid, 1989) che considera la cognizione come un processo situato e l’apprendimento come un’attività che ha luogo nel flusso delle esperienze e non all’interno della mente individuale. L’apprendimento non è un’attività separata dalle altre, bensì un processo sociale, situato, che avviene nelle relazioni sociali degli individui, quando questi partecipano a determinate comunità di pratiche; quindi è un processo che agisce in un modo socialmente e culturalmente definito
Ripensare l’apprendimento Apprendimento: attività che avviene informalmente ogni volta che interagiamo con altre persone che abbiano gli stessi nostri obiettivi. Ciò che impariamo, nella partecipazione a CoPs, è la loro specifica cultura, ovvero l’insieme delle regole, dei linguaggi e degli strumenti che i membri di un gruppo condividono al fine di raggiungere un obiettivo comune.
Pratiche La pratica è il nucleo centrale delle comunità di pratica Con il termine “pratica” si indica l’effettivo realizzarsi dell’attività La pratica è il punto critico per comprendere l’acquisizione di identità e di conoscenze. L’identità e le conoscenze che le persone acquisiscono aderendo ad un’organizzazione, anche se possono sembrare quelle dell’intera organizzazione, sono collegate alla pratica particolare che lega l’individuo a quell’impresa. Secondo Wenger (1998) una CoP è tale se nel suo sistema di pratiche siano osservabili tre specifiche caratteristiche:
Mutuo impegno Appartenere ad una comunità significa condividere con altri lo stesso impegno e organizzare le proprie interazioni pratiche attorno a questo impegno comune. Per questo è necessario che tutti abbiano la convinzione di occuparsi della stessa cosa e la consapevolezza di partecipare a uno stesso evento interattivo per raggiungere un obiettivo o realizzare un prodotto. La creazione di un impegno reciproco avviene attraverso vari elementi, come lavorare nello stesso luogo, scambiarsi informazioni, ma anche attraverso la partecipazione a processi informali che si verificano all’interno della comunità, come può essere il racconto di storie personali
Lo sviluppo di un impegno reciproco non va comunque confuso con il fenomeno della omogeneizzazione; al contrario l’impegno reciproco prevede che le differenze individuali, quali ruoli e funzioni diverse, siano evidenziate e potenziate piuttosto che omologate. In questo modo è possibile avere una complementarietà di modalità di lavoro e di opinioni che arricchiscano il processo di raggiungimento dell’obiettivo comune. Lo sviluppo di un impegno reciproco richiede soprattutto la capacità di negoziare e connettere prospettive, interessi e aspirazioni differenti La reciprocità consiste nella realizzazione di un contesto relazionale in cui sentimenti sia negativi (tensioni, conflitti, ecc) che positivi (armonia, gioia, ecc.) siano legittimati come forme di partecipazione alla pratica. Spesso la ribellione, come forma di partecipazione, rivela un impegno più grande rispetto ad un conformismo passivo
Impresa comune A partire dall’impegno reciproco, si realizza la seconda dimensione tipica di una comunità di pratiche, ovvero l’impresa comune La dimensione dell’impresa comune enfatizza la centralità della negoziazione all’interno di una comunità. E’ proprio il processo di negoziazione collettiva che rende possibile la realizzazione di un’impresa comune, che non è quindi basata su un accordo preventivo tra tutti i membri, né sull’uguaglianza di idee, ma si realizza attraverso la coordinazione di prospettive differenti.
Gli obiettivi da raggiungere durante la pratica non sono necessariamente gli stessi per ogni partecipante. Nello svolgimento di un lavoro di gruppo, per esempio, ci sono delle implicazioni personali, individuali, che sono dovute alle differenze individuali. La partecipazione ad una pratica collettiva implica quindi la negoziazione, tra i partecipanti, del significato degli obiettivi da raggiungere. Negoziazione, tuttavia, non vuol dire appiattimento dei propri obiettivi personali nell’obiettivo comune né l’assoggettamento agli obiettivi altrui. I partecipanti devono quindi trovare il modo di coordinare i significati personali in modo da integrarli e da produrre un unico risultato appagante per tutti. Ciò significa anche che ognuno è chiamato ad accogliere e rispettare i significati e il modo di operare degli altri (ritmi, competenze, ruoli, ecc), purché questi siano funzionali alla realizzazione dell’impresa. In ultimo, la CoP deve confrontarsi e rispettare quotidianamente la cultura della comunità più ampia in cui è situata. L’impresa comune deve quindi essere negoziata in modo da accogliere ed integrare le regole, i linguaggi e gli strumenti dettati dall’esterno, senza per questo esserne pervasa.
Repertorio condiviso Infine Wenger(1998) indica come terza dimensione il repertorio condiviso che sottolinea la centralità della costruzione collettiva di risorse per la negoziazione dei significati. L’autore include nel repertorio condiviso routine, parole, strumenti, modi di fare, storie, gesti o concetti che la comunità ha prodotto o adottato nel corso della sua esistenza e che sono diventati parte delle sue pratiche (Wenger, 1998, p.83). Il repertorio condiviso crea le basi per la negoziazione discorsiva, senza però imporre significati immutabili. Attraverso i riferimenti ad un canone condiviso, i membri di una comunità hanno la possibilità di comunicare, identificando quelle strutture condivise utili per la comprensione. Questo consente a due interagenti di collaborare alla costruzione di una frase e di anticipare in alcuni casi una frase o un gesto dell’altro, grazie a quella che Jacques (1992) definisce “reciprocità relazionale”.
Impegno reciproco, impresa comune e repertorio condiviso, non sono costruiti attraverso un insegnamento/apprendimento formale delle regole, linguaggi e strumenti di lavoro, bensì in modo informale, attraverso le interazioni sociali.
Le tre dimensioni individuate da Wenger (1998) risultano fondamentali nella costruzione delle identità dei partecipanti di una comunità di pratiche. Per esempio i membri definiscono chi sono attraverso l’impegno reciproco, cioè rivestendo un determinato ruolo all’interno delle relazioni di impegno che costituiscono la propria comunità; inoltre sviluppano modi specifici e personali di vedere il mondo, in quanto ricoprono specifiche responsabilità richieste dall’impresa comune ed infine attingendo al repertorio condiviso, maturano la propria identità attraverso i ricordi e le esperienze vissute all’interno della comunità (Wenger, 1998). Questo dimostra che è soprattutto la partecipazione a specifiche comunità che definisce l’identità.
Il senso di appartenenza La partecipazione a comunità di pratiche produce un senso di appartenenza che non agisce sulla base di un’appartenenza territoriale, ma si sviluppa a livello simbolico-culturale in quanto implica la condivisione di valori, di abitudini, stili di vita e modelli simbolico-culturali (Pollini, 2000). Ciò che determina un forte senso di appartenenza e di comunità è infatti la percezione di familiarità (Wenger, 1998) e di forte interdipendenza con gli altri ed “il sentimento che i membri hanno di legame tra di loro e col gruppo, di fiducia condivisa che i bisogni propri e degli altri vengano soddisfatti attraverso l’impegno comune” (McMillan e Chavis 1986). Il senso di appartenenza non necessita quindi della co- presenza dei membri di tale comunità in uno specifico luogo fisico in quanto viene alimentato dall’impegno reciproco in un’attività comune.
Comunità di pratiche virtuali Lo sviluppo di una comunità di pratiche è possibile anche in ambienti virtuali laddove riconoscersi come partecipanti della stessa comunità porta a condividere le esperienze di significato degli altri membri e a sentirsi parte della comunità. Una comunità di pratica virtuale è una rete di singoli utenti che condividono un settore di interesse su cui comunicano online. I professionisti mettono in comune le loro risorse, ad esempio esperienze, problemi e soluzioni, strumenti, metodologie. Una tale comunicazione migliora le cognizioni di ogni partecipante della comunità e contribuisce allo sviluppo delle conoscenze relative al settore in oggetto. Le comunità virtuali hanno regole e dinamiche proprie che le contraddistinguono da quelle reali, ma anche in esse è possibile rintracciare le dimensioni tipiche di una comunità di pratiche.
Le caratteristiche di una comunità virtuale Non è detto che laddove in rete si incontrino delle persone si crei automaticamente una comunità. A determinare una comunità virtuale contribuiscono diversi fattori (Ligorio, 2002): un livello minimo di interattività: un certo grado di interrelazione tra i vari scambi comunicativi e il grado con cui ciascun messaggio fa riferimento a quelli precedenti; l’individuazione e la condivisone di uno spazio comune: la costruzione di uno spazio prodotto socialmente dagli abitanti stessi dello spazio virtuale, sulla base di relazioni interpersonali create grazie al contatto ripetuto; un livello minimo di partecipazione individuale: l’espressione della propria identità dipende dalle caratteristiche tecniche dello spazio virtuale entro cui si interagisce e dalle risorse culturali e cognitive dei partecipanti. Le comunità virtuali prevedono di solito strumenti e spazi opportuni per l’identificazione dei partecipanti (es. nickname, spazi dove potersi rappresentare con foto od oggetti simbolici)
Ogni comunità virtuale è caratterizzata da un assetto tecnico e culturale determinato dal software scelto e da altri fattori come gli argomenti trattati, le attività svolte, il tipo di relazioni tra i membri della comunità. Un tratto distintivo delle comunità virtuali è sicuramente quello di lasciare che sia la comunità stessa a provvedere alla crescita del suo spazio di incontro. La possibilità di costruire, modificare o ampliare lo spazio d’incontro permette di aumentare il senso di appartenenza alla comunità virtuale. Spesso accade che inizialmente lo spazio occupato dalla comunità venga percepito come disorientante e impersonale e poter contribuire alla sua costruzione fa aumentare il senso di appropriazione dello spazio e quindi di appartenenza alla comunità che lo occupa (Ligorio, 2002).
Comunità di apprendimento virtuali Le comunità di apprendimento virtuali sono sempre più diffuse all'interno delle istituzioni di istruzione secondaria grazie allo sviluppo delle tecnologie che favoriscono una comunicazione più diffusa, l'interattività fra partecipanti e l'introduzione di modelli pedagogici collaborativi, specificatamente attraverso tecnologie della comunicazione e dell'informazione (ICT). Forniscono le potenzialità per la combinazione di comunicazioni sincrone e asincrone, l'accesso a comunità geograficamente isolate e lo scambio di informazioni a livello internazionale. (Gannon-Leary e Fontainha, 2007)
I vantaggi delle comunità di apprendimento virtuale La condivisione e l'apprendimento all'interno e all'esterno di comunità virtuali producono chiari vantaggi: l'interazione costante genera un senso di appartenenza, di passione condivisa e di conoscenza più profonda lo sviluppo delle conoscenze può essere continuo, ciclico e fluido.
Fattori critici di successo delle comunità di apprendimento virtuale l'usabilità della tecnologia la fiducia nelle tecnologie ICT e la loro adozione nella comunicazione un senso di appartenenza tra i membri una visione condivisa un senso comune dell'obiettivo una prospettiva a lunga durata l'uso di una "netiquette" (galateo della rete) e di una lingua accessibile a tutti.
Per un approfondimento delle tematiche trattate si consiglia la lettura dei seguenti testi: Gannon-Leary P. M. e Fontainha E., (2007). Comunità di pratica e comunità di apprendimento virtuale: vantaggi, ostacoli e fattori di successo. Rintracciabile su Ligorio, M.B. (2002) Come si insegna, come si apprende. Carocci ed. Johnson, C. M. (2001). A survey of current research on online communities of practice. In Internet and Higher Education 4 (2001) pp. 45–60 (in allegato) Wenger E. (1998), Communities of Practice. Learning, meaning, and identity. Cambridge: Cambridge University Press. Wenger, E. (2000). Communities of Practice and Social Learning systems. Organization, 7, (2),