Attività d’impresa e scopo di lucro Lucro metodo economico soggettivo oggettivo.

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Attività d’impresa e scopo di lucro Lucro metodo economico soggettivo oggettivo

L’acquisto della qualità di imprenditore i problemi: a)inizio e fine dell’impresa b)l’imputazione dell’attività d’impresa c) capacità ed impresa

Inizio dell’impresa Per le persone fisiche, si ritiene concordemente che la qualità di imprenditore si acquisti con l’effettivo inizio dell’attività di impresa (principio di effettività) Occorre distinguere: a) atti di organizzazione b) atti di esercizio (o atti dell’organizzazione) Una serie univoca di atti di organizzazione, che generi nell’uomo medio la convinzione della preordinazione allo svolgimento degli atti tipici d’impresa, è sufficiente a far acquistare la qualità di imprenditore a colui che li pone in essere.

Inizio dell’impresa nelle società Opinione giurisprudenziale prevalente: le società sono imprenditori fin dal momento della loro formale costituzione, a prescindere dall’effettivo esercizio dell’attività, perché la loro nascita è preordinata all’attività stessa e si giustifica solo in funzione di essa. Per le società c.d. di fatto, che nascono senza formalizzazione del contratto, ma attraverso comportamenti concludenti, si torna al principio di effettività

Fine dell’impresa La fine dell’impresa si ha con la disgregazione del complesso aziendale (in coerenza con il principio di effettività), ossia con il compimento del processo di liquidazione Il fallimento dell’imprenditore cessato può intervenire decorso 1 anno dalla cancellazione (art. 10 comma 1 l. fall., criterio formalistico per dare certezza, temperato dalla possibilità riconosciuta dal comma 2 di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività)

Fine dell’impresa per le società La giurisprudenza aveva affermato in passato che l’imprenditore è esposto al fallimento fino al pagamento di tutti i debitori (= abrogazione di fatto dell’art. 10 per le società, in quanto il termine poteva cominciare a decorrere solo dopo che tutti i debiti erano stati pagati!) Poichè il nuovo art. 10 l. fall. fa decorrere l’anno dalla cancellazione, sempre che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo, nella pratica l’estinzione dell’impresa viene fatta coincidere con la cancellazione della società (soluzione criticabile sul piano concettuale) In caso di società di fatto, la Cassazione fa decorrere il termine annuale per il fallimento dalla cessazione dell’attività d’impresa, purchè portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei

Fine dell’impresa societaria e fallimento dei soci Il nuovo art. 147, comma 2 prevede che l’ex socio illimitatamente responsabile possa essere dichiarato fallito solo: B1) entro un anno dalla iscrizione dell’avvenuto scioglimento del rapporto sociale (recesso, esclusione) o della cessazione della responsabilità illimitata (trasformazione, fusione, scissione) + B2) se l’insolvenza attiene a debiti già esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata

L’imputazione dell’attività d’impresa Imprenditore è il soggetto il cui nome è validamente speso nel traffico giuridico ad esempio, nel caso di esercizio dell’impresa tramite rappresentante, imprenditore diventa il rappresentato, e non il rappresentante

L’imprenditore occulto Il fenomeno: un soggetto esercita un’impresa senza apparire nei confronti dei terzi, ma restando “dietro le quinte”. Nei rapporti con i terzi appare invece un terzo, frequentemente nullatenente (prestanome), che attua le scelte imposte dal reale dominus dell’impresa. il problema: in caso di fallimento, fallisce solo il prestanome o anche l’imprenditore occulto?

La teoria dell’imprenditore occulto (Bigiavi, anni ‘60) Ai sensi dell’art fall. fallisce il socio occulto di società palese. 1° passaggio: Analogicamente fallisce anche il socio occulto di società occulta (sviluppo oggi espressamente accolto anche dal legislatore nel nuovo testo dell’art. 147: conversione da procedura di fallimento individuale a fallimento di società e successiva estensione della procedura ai soci illimitatamente responsabili) 2° passaggio: Analogicamente fallisce anche l’imprenditore occulto, pur in assenza di vincolo societario con il soggetto che appare all’esterno manifestandone la volontà ai terzi (sviluppo mai accolto dal legislatore, occasionalmente ammesso da giurisprudenza minoritaria) 3° passaggio:Fallisce anche il c.d. “socio tiranno” nelle società di capitali, che abusa dello schermo della personalità giuridica utilizzando la società come cosa propria e confondendo il proprio patrimonio personale con quello societario

Critica alla teoria dell’imprenditore occulto Nel nostro ordinamento vale il solo criterio formale per l’imputazione dell’attività d’impresa. Non vi è esigenza di tutelare i terzi con il fallimento del dominus occulto, perché – per definizione - non possono aver fatto affidamento sul suo patrimonio, ma solo su quello dell’imprenditore apparente La teoria si fonda sull’equiparazione di una fattispecie in cui effettivamente sussiste una affectio societatis ad una situazione nella quale invece non c’è alcun vincolo societario, che giustificherebbe l’applicazione analogica della norma sul fallimento in estensione

Società e imprenditore occulti Il nuovo art. 147 l. fall. A) nel 4° comma ribadisce che il fallimento della società si estende anche ai soci illimitatamente responsabili la cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della società e dei soci palesi (Soci occulti di società palese) B) nel 5° comma estende la regola all’ipotesi in cui “dopo la dichiarazione di fallimento di un’impresa individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile” (Società occulta)

L’impresa “fiancheggiatrice” Se non attraverso la teoria dell’imprenditore occulto, come può essere represso l’abuso degli schemi societari formali? Giurisprudenza: i comportamenti del socio “tiranno” (ad es. sistematico finanziamento dell’impresa) possono integrare gli estremi di un’autonoma attività d’impresa (c.d. impresa fiancheggiatrice), che fallisce in quanto tale. N.B.: Al fallimento dell’impresa fiancheggiatrice hanno titolo per partecipare solo quei soggetti che vantino crediti (es. fideiussioni) nei confronti del dominus, non verso il semplice prestanome.

Società di comodo Se la veste di prestanome viene assunta da una società (di norma, di capitali) la questione cambia. Le società unipersonali sono legittime nel nostro ordinamento e di regola il socio unico non assume responsabilità illimitata: può lecitamente usare lo schermo societario per limitare la propria responsabilità patrimoniale, fatta salva la repressione degli abusi: * Occultamento di attività personali (per es. per aggirare un patto di non concorrenza) * utilizzo della società come cosa propria, senza neppure rivestire formalmente la carica di amministratore) Rimedi agli abusi: PIERCING THE VEIL, responsabilità dell’amministratore di fatto, 2476 c.c., 2497 c.c.

Capacità e impresa L’esercizio dell’attività di impresa richiede la piena capacità di agire; incompatibilità: avvocati, notai, impiegati civili Stato minori (autorizzazione alla continuazione – art. 320, comma, 5 c.c.) interdetti ed inabilitati (autorizzazione alla continuazione art. 371 c.c. e art. 425 c.c)