Critica della ragion pratica (1788) Prof. Nicola Spagnolli - VLB

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Transcript della presentazione:

Critica della ragion pratica (1788) Prof. Nicola Spagnolli - VLB Nella Critica della ragion pura Kant risponde alla domanda: Che cosa posso sapere? Nella Critica della ragion pratica: Che cosa devo fare?

Critica ragion pratica Kant davanti alle domande: a chi devo chiedere come mi devo comportare? come faccio a sapere come comportarmi?...

Critica ragion pratica Risponde che le devo rivolgere alla ragione, anche se nella Critica della ragion pura questa ragione ha mostrato i suo limiti teoretici. Quindi NON lo devo chiedere ai sensi, né solo al sentimento morale, perché non sono capaci di universalità.

Conclusione della Critica della ragion pratica Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.

Conclusione della Critica della ragion pratica La scienza del cielo e l’esistenza della morale sono i dati di fatto dei quali occorre capire il fondamento. Per la prima scienza Kant se n’è occupato nella Critica della Ragion pura

Nella Critica della ragion pura Kant conclude che la ragione dal punto di vista della conoscenza ha solamente una funzione regolativa e non costitutiva della conoscenza. Essa non dice come sia fatto un oggetto in sé bensì come deve comportarsi l’intelletto per conoscerlo.

Ma Kant afferma che la ragione non ha solo una funzione regolativa ma anche una funzione pratica che consiste nella determinazione della volontà.

In questo la ragione può, diversamente da quanto accade nella Critica della ragion pura, e deve operare da sola affinchè questa determinazione della volontà avvenga secondo la legge morale e non secondo le inclinazioni della sensibilità.

Critica della ragion pratica Per il fondamento della morale Kant parte dal presupposto che esista una morale universale e si chiede come questa morale sia possibile, su quali fondamenta si basa.

Nella nostra coscienza si esprime una legge morale che è: Universale, cioè valida per tutti gli uomini Autonoma, in quanto non condizionata da circostanze esterne o da fattori soggettivi Formale, in quanto non può riferirsi ad un contenuto particolare influenzato dal piano empirico.

Questa legge morale è un fatto della ragione pratica, un dato immediato, intuitivo. Non ne abbiamo esperienza attraverso i sensi.

Critica ragion pratica La legge morale si suddivide in: Massime Imperativi

Critica ragion pratica Massime: le seguiamo senza pretendere che valgano per tutti (es. riteniamo doverosa, perché particolarmente gelosi, la separazione in caso di infedeltà).

Critica ragion pratica Gli imperativi invece sono considerati UNIVERSALI ma non SEMPRE sono incondizionati, ciò dipendono dai singoli casi.

Critica ragion pratica Ci sono imperativi Ipotetici Categorici

Critica ragion pratica Imperativi ipotetici (dell’abilità e della prudenza) Sono SUBORDINATI ad una condizione: “Se vuoi guarire dalla malattia, devi curarti”.

Critica ragion pratica Tale imperativo ha valore universale (tutti quelli malati si devono curare) ma non è incondizionato. Se non sei malato, cade la condizione e quindi anche il dovere.

Critica ragion pratica Ci sono imperativi che non sono subordinati ad alcuna condizione ma OBBLIGANO NECESSARIAMENTE ad un DETERMINATO COMPORTAMENTO: “Non uccidere”. Questi sono categorici. Non dipendono da alcuna condizione.

Critica ragion pratica Come devono presentarsi questi imperativi per essere categorici?

Critica ragion pratica Nella Critica della ragion pura il limite era costituito dall’esperienza: senza esperienza non è data conoscenza.

Critica ragion pratica Nell’ambito del comportamento morale, dice Kant, noi non possiamo partire dall’esperienza (da situazioni particolari) altrimenti tale legge morale non potrebbe essere universale.

Critica ragion pratica Pertanto dobbiamo partire dalla RAGIONE, dall’a priori, Per stabilire norme valide indipendentemente dalle circostanze.

Critica ragion pratica Dovendo prescindere dall’esperienza, l’imperativo categorico non può indicare dei contenuti (Es: dirci, nel caso A, fai così, in caso B fai cosà…).

Critica ragion pratica L’imperativo categorico deve solo indicarmi la struttura formale nella quale deve calarsi la nostra azione.

….ma la cornice nella quale ci muoviamo nel nostro agire. L’imperativo categorico non ci fornisce il quadro di tutte le situazioni… (Tempesta, Giorgione, 1505-08) ….ma la cornice nella quale ci muoviamo nel nostro agire.

Critica ragion pratica La legge della fondamentale della Ragion pratica (regola dell’universalizzazione) recita: “ Opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale”

Critica ragion pratica Tale formulazione (1) è priva di contenuto specifico ma ci fornisce un criterio per stabilire da noi stessi se ci comportiamo moralmente.

Critica ragion pratica Come? Kant: immaginiamo che la massima che guida la nostra azione divenga una legge valida per tutti e valutare le conseguenze, cioè valutare se queste sono razionali.

Critica ragion pratica Se tali conseguenze sono razionali, allora tale massima deriva dall’imperativo categorico. ES. del prestito (lettura T5: L’imperativo categorico)

Critica ragion pratica Quindi a fondamento della legge morale sta il fatto che tale legge è con-forme alla ragione. Non è bene ciò che è voluto da Dio o dalla MAGGIOR parte degli uomini, ma ciò che è in sé razionale.

Critica ragion pratica Tale morale formale (cioè non dipendente dall’esperienza) si contrappone alla morale dei contenuti: precetti, prescrizioni che ricondurrebbero il nostro agire all’ambito empirico. Ma se è universale questa morale deve essere INDIPENDENTE da specifici contenuti specifici.

Critica ragion pratica Quindi è la RAGIONE il fondamento della morale ma l’uomo non è solo ragione è anche sensibilità, che è individuale in quanto io sento quello che sento, io provo il dolore,… Diversamente la ragione universalizza in quanto funziona, per Kant, in maniera uguale in tutti gli uomini.

Critica ragion pratica Kant: noi non scegliamo sempre in base alla morale, quindi in base alla ragione, perché siamo “uomini, non santi”. La ragione è il modello ideale, la guida del nostro comportamento anche se la nostra sensibilità ci porta a comportarci diversamente.

Critica ragion pratica Questa duplice nostra natura (esseri razionali e sensibili) ci pone in conflitto ma Kant ci dice che dobbiamo scegliere sempre la ragione anche quando ciò entra in contrasto con il nostro utile o piacere.

Critica ragion pratica La norma indicata dalla ragione è il dovere. (die Pflicht) Per questo la morale kantiana è indicata come morale del dovere (sollen = dovere morale, non müssen)

Critica ragion pratica Alla legge fondamentale della morale (“ Opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale”) Kant aggiunge altre due formulazioni dell’imperativo categorico esposte e commentate nell’opera “Fondazione della metafisica dei costumi” (1785) (Grundlegung zur metaphysik der Sitten)

Critica ragion pratica 2) Formulazione: “agisci in modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre come fine e mai semplicemente come mezzo”. Ovvero: rispetta sempre la dignità del prossimo e rispetta la tua dignità (viene quindi biasimato il suicidio e il disprezzo verso se stessi).

Critica ragion pratica Attenzione!!! Può accadere e accade che l’uomo sia usato come mezzo: Es. Il cliente è un mezzo per il commerciante e viceversa o l’operaio è il mezzo dell’imprenditore. Per cui la formula kantiana non si oppone a questo tipo di relazioni ma prescrive di trattare sempre il prossimo anche come fine, cioè di rispettarne la dignità, di rispettandoli in quanto persone.

Critica ragion pratica Anche qui è presente una rivoluzione copernicana in quanto l’uomo è il soggetto e la fonte della morale: non è dalla religione o dalla legge che deriva la morale ma dalla ragione stessa.

Critica ragion pratica Quindi, alla domanda: a chi devo chiedere come mi devo comportare? Kant risponde: Chiedilo alla ragione, legislatrice di sé medesima.

Critica ragion pratica 3) Formulazione: Agisci in modo che la tua volontà possa valere come legislatrice universale, cioè tale che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice. La legislazione universale non dipende da ogni singolo individuo ma dalla ragione in generale. Non è la sommatoria delle legislazioni che ogni singolo si dà, ma deriva dal fatto che siamo tutti esseri ragionevoli.

Critica ragion pratica In tale terza formulazione è contenuto il concetto di autonomia della morale. La volontà può considerarsi universalmente legislatrice SE non è condizionata da nessuna autorità superiore – esterna ma essa stessa è giustificazione della propria massima.

Critica ragion pratica Volontà quindi non vuol dire libero arbitrio dove ognuno decide in base a quello che più gli piace ma è una volontà che deve farsi legislatrice universale. In questo senso, allora, la volontà è quella facoltà che si è appropriata dei contenuti della ragione diventando valida per tutti in maniera universale. Pertanto la nostra volontà è orientata moralmente quando si base sulla ragione.

Critica ragion pratica Se per Kant la morale è auto-noma (che si governa da sè), cioè una morale non soggetta a fini non propri della ragione, egli critica quelle morali eteronome (governate da altri). Per cui: No alla morale del piacere No alla morale utilitaristica: “faccio questo in vista di un fine”. Se scelgo un comportamento per seguire un piacere, la morale non è autonoma perché è FINALIZZATA al raggiungimento del piacere.

Critica ragion pratica Kant sa benissimo che siamo UOMINI e non ANGELI, per cui non condanna tali morali perché siamo anche condizionati dall’educazione che abbiamo ricevuto, dai interessi personali (denaro, notorietà)…. Ma questo non riguarda la morale in quanto tale.

Critica ragion pratica Ora, anche in ambito pratico si osserva una tendenza ad individuare la totalità incondizionata del condizionato. Per la ragione teoretica, questa tendenza di riassumere tutta la totalità dell’esperienza dava luogo all’idea di Dio, di mondo e di io. Per la ragion pratica l’idea di totalità si identifica con quella di sommo bene, intesa come coincidenza di virtù e felicità.

Critica ragion pratica Se vogliamo sperare che il sommo bene sia raggiungibile - conseguibile dobbiamo porre dei postulati.

Critica ragion pratica I postulati della morale sono la risposta all’esigenza che avvertiamo come esseri morali. Tali postulati ci servono per giustificare la speranza nella realizzazione del sommo bene. (postulati sono punti di partenza indimostrabili e indispensabili per le dimostrazioni in geometria). Essi sono Libertà Dio Immortalità dell’anima

Critica ragion pratica Se non si ipotizza che l’uomo è libero, non può darsi morale (non siamo orsi!). Se non potesse decidere, l’uomo non sarebbe libero. La possibilità di agire liberamente ci deve essere. La libertà riguarda la concreta facoltà di volere qualcosa senza costrizioni e la morale riguarda la conformità della volontà alla legge, indipendentemente da ogni causa estranea determinante. Es: se io desidero (voglio) restituire un debito mi comporto moralmente anche se in quel momento non ho i soldi per restituirlo.

Critica ragion pratica La morale di Kant è una morale basata sul DOVERE determinato non dall’autorità esterna all’uomo ma dalla ragione stessa. La morale mi impone comunque di sforzarmi di adeguare il più possibile il mondo dell’esperienza a quanto mi prescrive il dovere. È un mondo del “dover essere”.

Critica ragion pratica Ora: Il bene in Kant è il bene morale (Gute). È bene ciò che è conforme alla legge morale. Il bene è tale in sé ed è universale in quanto è basato sulla ragione. Kant pertanto dice che volere il bene per il bene, e non per un fine, è morale.

Critica ragion pratica La morale è determinazione della volontà a prescindere dal fatto che l’azione che deriva dalla volontà produca conseguenze dannose* o utili** per l’individuo o la società. Esempi: -*Se dico la verità mi comporto moralmente, anche se da ciò scaturissero conseguenze negative per me o per gli altri. Oppure - **Se dico il falso sono immorale, anche se la mia intenzione è quella di salvare degli innocenti.

Critica ragion pratica La morale di Kant è una morale dell’intenzione in quanto tale morale considera il bene e il male non in riferimento all’azione e alle sue conseguenze ma in rapporto alla volontà dell’individuo. La volontà buona vale per sé e non per il successo o insuccesso esterno.

Critica ragion pratica Ora: anche se l’uomo agisce moralmente, egli non ha fatto il mondo e talvolta questo mondo è refrattario alla sua morale e pertanto non gli dà felicità. L’uomo può essere virtuoso ma anche infelice, arrivando addirittura a vivere una vita priva di soddisfazioni.

Critica ragion pratica Tuttavia, dice Kant, nel compito pratico della ragione, l’accordo tra la moralità e la felicità è necessario. Dobbiamo postulare questo accordo. Noi quindi dobbiamo perseguire questa coincidenza di moralità e felicità che si chiama sommo bene.

Critica ragion pratica Se vogliamo però sperare che tale sommo bene esista, dobbiamo presupporre l’esistenza di Dio. L’esistenza di Dio (vedi Critica della Ragion Pura) non possiamo dimostrarla, ma solo ammetterla, come POSTULATO della ragion pratica, cioè come condizione perché il sommo bene sia possibile.

Critica ragion pratica Occorre infine ammettere: 3) l’immortalità dell’anima. L’uomo è fatto di ragione e sensibilità e la morale consiste nell’adeguare la volontà alla ragione. Una volontà conforme alla ragione è morale.

Critica ragion pratica Ma per quanto l’uomo possa sforzarsi, non potrà mai andare avanti all’infinito con questo sforzo eliminando del tutto l’elemento sensibile e le passioni. Questa perfetta unione di volontà e ragione, definita come santità, è avvertita come irraggiungibile in questa vita.

Critica ragion pratica Deve essere comunque data all’uomo la possibilità di continuare questo percorso di santità. Dobbiamo quindi presupporre l’immortalità dell’anima.

Critica ragion pratica Kant nella Critica della ragion pura afferma che l’esistenza di Dio non può essere dimostrata e che pertanto dal punto di vista conoscitivo l’esistenza di Dio non può essere assunta come causalità della natura. Per cui il piano conoscitivo e quello morale devono essere tenuti separati e solo in quello morale ha senso postulare l’esistenza di Dio.

Critica ragion pratica Dio è una risposta ai nostri problemi esistenziali, ad una nostra esigenza morale ma il concetto di Dio non può essere usato per spiegare fisicamente la realtà.

Il primato della ragion pratica Giunti alla fine di quest’opera e se guardiamo alla Critica della Ragion pura, osserviamo in quest'ultima come il mondo della scienza tratta la natura in modo matematico e meccanicistico, secondo cui la natura procede per una concatenazione di cause ed effetti che non è indirizzata a nessuno scopo, escludendo quindi la libertà.

Il primato della ragion pratica L’ambito morale, e siamo nella Critica della Ragion pratica, richiede la libertà, l’esistenza di Dio e l’immortalità dell’anima.

Il primato della ragion pratica Con le due Critiche, i due mondi presentati - quello fenomenico e quello noumenico – sono per Kant difficili da conciliare. Nel fare scienza noi non dobbiamo tener conto della morale né pretendere che i principi della scienza valgano per l’ambito morale.

Il primato della ragion pratica Ma noi siamo entità uniche al cui interno si trova sensibilità e ragione. Noi nel conoscere scientificamente il mondo non ci facciamo condizionare dalla moralità né interpretiamo la natura in maniera finalistica. Dall’altro non possiamo esaurire la descrizione dell’uomo basandoci sul modello materialistico in quanto l’uomo morale non è un automa ma un soggetto che compie delle scelte.

Il primato della ragion pratica In tali scelte, dice Kant, uno di questi ambiti (conoscitivo e morale) deve prevalere e quest’ambito è quello della morale in quanto noi viviamo come esseri morali e non semplicemente come esseri organici. Per questo Kant parla di “primato della ragion pratica”.