Le decisioni e la pianificazione

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Transcript della presentazione:

Le decisioni e la pianificazione Silvia Gherardi, Luca Zan Prof. Sergio Sciarelli, Governo ed etica d’impresa

La pianificazione e il processo decisorio. Le ipotesi del lavoro Focus sull’evoluzione dei modi di studiare le decisioni e sui framework teorici Rapporto tra processo decisorio e sistema di pianificazione formale L’ efficacia della pianificazione formale

Il percorso evolutivo degli studi sul processo decisorio. Cyert, March, 1955 Simon, 1960 James G. March, 1962 Capaldo, 1965 Mintzberg, 1978* Gluck, Kaufman e Walleck, 1980* Quinn, 1981 King, 1983; Ghosh e Nee, 1983; Bresser e Bushop, 1983 Whitley, 1984 Hayes, 1985 Gagliardi, 1986 March, Olsen, 1989 L. Zan, 1992

I concetti chiave Razionalità assoluta Razionalità limitata Decisioni organizzative Decisione come “processo” Indipendenza fra processo decisorio e risultato > garbage can Simbolismo della decisione Pianificazione come metodo per incrementare decisioni e ottenere consenso Long Range Planning; Strategic Planning; Strategic Management Mintzberg (1976): “Planning on the left side and managing on the right” Normann (1977): goal view e process view. Linearità-sequenzialità del processo di decisione Pianificazione a “macchia di leopardo” Pianificazione>integrazione>consapevolezza Pianificazione e riorientamento strategico Ciclicità o continuità della pianificazione (Camillus e i 2 cicli)

Razionalità assoluta e razionalità limitata delle decisioni. Presupposto di una buona decisione è la conoscenza di tutte le alternative tra le scelte possibili prima della decisione. Le alternative sono frutto di un processo di ricerca attiva. La conoscenza (e l’analisi) delle possibili conseguenze di una scelta come processo “a priori” viene sostituita dalla coscienza che le informazioni sulle conseguenze emergono da ricerca attiva nella consapevolezza della continua variabilità delle condizioni ambientali in cui opera l’impresa.

La razionalità limitata delle decisioni. Coscienza dei limiti della razionalità delle decisioni. Vi possono essere influenze sulle decisioni che provengono dalla modalità di comunicazione organizzativa e dalla numerosità e autorevolezza dei livelli decisionali.

Le decisioni organizzative (March, 1962). Caratteristiche delle decisioni organizzative Obiettivi in forma di vincoli più o meno indipendenti gli uni dagli altri. Ampia tolleranza per l’incoerenza interna di obiettivi e decisioni dovuti al fattore tempo e all’ eterogeneità degli attori dell’organizzazione coinvolti nella decisione. Obiettivi e decisioni che tendono a essere accoppiati e decentralizzati con debole connessione reciproca. Grado di variabilità dipendente dall’ambiente e dai conflitti interni. Obiettivi e impegni che mutano nel tempo in risposta ai mutamenti delle coalizioni dominanti nell’impresa.

Decisione come processo. Questo approccio rappresenta una visione classica del problema delle scelte e delle decisioni: si da rilevanza ai dati del problema per superare i vincoli organizzativi. L’attenzione si sposta dal “cosa” decidere al “come” decidere; assumono rilevanza i concetti di procedura, routine, consuetudine; si presta attenzione all’apprendimento dall’esperienza. -> primato del processo decisionale

Indipendenza tra processo decisorio e risultato (modello Garbage Can). L’ipotesi di fondo è che il contesto delle ambiguità delle preferenze circa gli obiettivi personali e quelli collettivi comporta delle difficoltà nell’assunzione delle decisioni. Il modello “garbage can” (cestino dei rifiuti) consente di rendere intellegibili le decisioni in condizioni di ambiguità. L’organizzazione passa da strumento razionale per il raggiungimento di un fine a strumento di semplificazione della confusione potenziale delle azioni collettive. Il “garbage can” è utile quando si è alla ricerca di principi ordinatori in situazioni ambigue e in organizzazioni a legame debole.

Il simbolismo della decisione. La decisione è spesso assunta a metafora del lavoro organizzativo, eppure i manager non passano tutto il loro tempo a prendere decisioni né le organizzazioni a risolvere i problemi. Si abbandona la visione strumentale della decisione per adottare uno schema simbolico. L’attività decisionale oltre al risultato intrinseco da essa prodotto, comporta effetti sul piano sociale.

Gli effetti sul piano sociale del processo decisorio: Produzione di valori sociali; Creazione di adesione e volontà comune; Legittimazione di scelte ed errori; Produzione e delimitazione di conflitti; Creazione di alleanze; Sensibilizzazione dei giovani e degli esterni alla cultura organizzativa; Ostentazione dei simboli della competenza e della reputazione; Produzione di occasioni di apprendimento e di innovazione.

Tre prospettive della pianificazione Pianificazione come metodo per implementare decisioni (Procedural Planning Theory) Panificazione come metodo per ottenere consenso Pianificazione come occasione di apprendimento (knowledge management)

Il dibattito sulla pianificazione in azienda Separazione tra “logica” del processo decisionale e “logica” del processo di pianificazione. Molteplicità delle finalità del processo di pianificazione formale. Molteplicità delle modalità con cui condurre il processo.

Perché si pianifica Contesto aziendale Complessità analitica Complessità relazionale Profilo organizzativo dell’impresa (compiti e competenze) Articolazione sistemica Fitta rete di relazioni Cause della complessità Strumento per sfruttare l’interazione sociale tra gli attori del processo decisionale “diffuso” nell’organizzazione Strumento che consente una migliore comprensione della situazione d’impresa Funzione della pianificazione

Le modalità della pianificazione Long Range Planning Strategic Planning Strategic Management Riferimenti: Gluck, Kaufman, Walleck, 1980

Long Range Planning Modalità Pianificazione estrapolativa Condizioni Ambienti continui, in sviluppo Finalità Programming Coordinamento di obiettivi in sottobiettivi e azioni: presuppone la stabilità degli obiettivi (dati) per coordinare lo sviluppo Commitment Definizione impegni in due aspetti: risorse e obiettivi Controllo Verifica compatibilità ex ante e prestazioni ex post

Strategic Planning Modalità Previsione ragionata sulle logiche evolutive interne/esterne (minacce/opportunità, forze/debolezze) e sulle determinanti di comportamento e posizionamento competitivo e ambientale Condizioni Ambienti discontinui, meno permissivi e limitatamente prevedibili Finalità Future thinking Anticipazione di trend e discontinuità, ipotizzate prevedibili Strategic thinking Generazione/valutazione di alternative strategiche: gli obiettivi non sono più esogeni ma vengono definiti nel processo Programming Coordinamento di obiettivi in sottobiettivi e azioni Commitment Definizione impegni in termini di risorse e obiettivi Controllo Verifica compatibilità ex ante e prestazioni ex post + monitoraggio dell’ambiente

Strategic Management Modalità Condizioni Finalità Scarsamente focalizzate (consistente confusione tra gestione e pianificazione strategica Condizioni Ambienti fortemente discontinui, non noti e difficilmente prevedibili Finalità Scarsamente focalizzata

Goal view e process view (Normann) (OMEOSTASI) Process View (MORFOGENESI) Modalità Formulazione degli obiettivi e delle alternative strategiche, articolazione di piani di azione Generazione e sviluppo della visione in logica incrementale Finalità Massimizzare consonanza ed efficienza in ambiente noto Massimizzare flessibilità, innovazione e capacità ad apprendere in ambiente noto Condizioni Situazioni di B.I. consolidata con marginali variazioni di prodotto (omeostasi) Situazioni di B.I. in profonda modificazione e di riorientamento strategico (morfogenesi)

Relazione tra pianificazione e processi decisionali Ipotesi tradizionale (harvardiana): la pianificazione è al tempo stesso strumento e sede di formulazione delle strategie e del processo decisionale strategico. Ipotesi innovativa: pianificazione a macchia di leopardo, con presenza di diversi gradi di formalizzazione nella stessa organizzazione: esplicitazione di attori, ruoli e regole del processo di interazione in un quadro di assenza/presenza del sistema di pianificazione formale.

Pianificazione a “macchia di leopardo”

Pianificazione a supporto del miglioramento del processo decisionale. Scissione tra comportamento strategico e progettualità Rinuncia alla linearità/sequenzialità del processo decisionale Pianificazione formale come strumento organizzativo per filtrare il processo decisionale Pianificazione come sistema multipurpose per il raggiungimento di maggiore consapevolezza del proprio comportamento strategico (riduzione del rischio) e per il conseguimento dell’integrazione organizzativa.

La pianificazione formale è ancora utile e indispensabile? Posizione di “entusiasmo controllato” nei confronti delle tecniche di pianificazione e della loro utilità. Casi di utilità: per la costruzione di integrazione quale condizione essenziale al perseguimento di livelli di efficienza/efficacia; per il raggiungimento di maggiori livelli di consapevolezza nell’organizzazione. Casi di non utilità o addirittura di danno: l’eccessiva istituzionalizzazione delle strategie riduce la flessibilità nel comportamento d’impresa; in situazione di crisi la formalizzazione di cambiamenti può provocare forti ripercussioni sul sistema di valori aziendali provenienti dal gruppo dominante e sfociare in situazioni di conflitto.

Quali sono i possibili effetti della pianificazione? Produzione di integrazione nell’organizzazione soprattutto delle grandi imprese in casi di obiettivi dati e di relativa omeostasi strategica. Rallentamento del processo decisionale nel caso di riorientamento strategico dell’impresa. E’ difficile attendersi che nuove idee di business possano nascere in presenza di uno stringente sistema di pianificazione formale.

Il valore della pianificazione sul piano dell’efficacia L’efficacia della pianificazione può essere misurata indirettamente mediante l’associazione con il successo/insuccesso competitivo. In situazioni di cambiamento profondo il risolversi della pianificazione formale potrebbe essere un segno del suo successo (Pettigrew, 1985).

Continuità della pianificazione Esigenze di continuità della pianificazione quando si è alla ricerca di benefici sul piano dell’integrazione; il planning non va oltre il significato del programming. Non vi sono esigenze di continuità sul piano della costruzione della consapevolezza nei casi di riorientamento strategico. Camillus: due cicli di pianificazione: uno nella logica “processo view” destinato alla costruzione di consapevolezza (apprendimento), l’altro nella logica “goal view” quando, esaurita la fase della ricerca di apprendimento, è necessario procedere con approccio di routine.