Recupero Catetere Port migrato dentro il ventricolo Note di tecnica M.Giunta*, G. Calvagna**, F.V. Vitale***, P. Romeo* * UOC Radiodiagnostica, ** UOC Cardiologia, *** UOC Oncologia OSPEDALE S. Vincenzo - TAORMINA Complicanze impianto Port Venosi con accesso in vena succlavia Infezione (2.21%) Ostruzione del vaso (1,87) Complicanze meccaniche (9,56%) Dislocazione dell’apice del catetere Rottura con migrazione del catetere Fibrosi dell’apice distale del catetere Esteriorizzazione Cochrane Database Syst Rev.Cochrane Database Syst Rev Mar 14;3:CD doi: / CD pub3. Central venous access sites for the prevention of venous thrombosis, stenosis and infection. Ge XGe X, Cavallazzi R, Li C, Pan SM, Wang YW, Wang FL.Cavallazzi RLi CPan SMWang YWWang FL Dislocazion e in VGI Trombosi Incarceramento Apice Conclusioni: La procedura è andata a buon fine, senza complicanze peri e post-procedurali. Si ritiene che questo metodo, semplice, possa essere di utilità in situazioni selezionate per ovviare alle carenze di materiale specialistico. XXXVII CONVEGNO NAZIONALE Sezione di Radiologia Vascolare ed Interventistica delle SIRM Ottobre 2013 Obiettivo: scopo del presente lavoro è la descrizione di una tecnica di recupero di corpi estranei intravascolari con materiale normalmente disponibile nei laboratori di radiologia interventistica, di basso costo, al fine di risolvere situazioni complicate che necessiterebbero di materiale altamente specialistico, costoso e non sempre facilmente reperibile. Materiali e metodi: Nel maggio del 2010 si è presentato alla nostra osservazione un paziente a cui in precedenza era stato posizionato un port-a-cath in sede succlavia destra che si dimostrava non funzionante. Al controllo radiografico il catetere del port appariva distaccato dalla camera e allocato a cavallo tra atrio e ventricolo destro con entrambi gli apici posizionati all’interno della cavità ventricolare. Tale complicanza rientra all’interno del 9,56% di complicanze meccaniche rilevate dalla letteratura Si decide di procedere a rimozione dello stesso a causa delle aritmie che determinava e del potenziale rischio infettivo La difficoltà tecnica del caso era legata al fatto che i sistemi ad ansa tipo goose-neck sono difficilmente utilizzabili quando uno dei capi del catetere non sia in posizione facilmente accessibile e catturabile con l’ansa. La collocazione intraventricolare di entrambi i capi di fatto vanificava le potenzialità di retrive del sistema in quanto all’ingresso in ventricolo si determinavano aritmie non tollerate dal paziente. In tali situazioni e nella indisponibilità di sistemi di retrive sofisticati, tipo Allison Fragment Grasper e Vascular retrival forceps, normalmente si cerca di mobilizzare l’ansa del catetere del port con dei cateteri a pig-tail nel tentativo di riportare in vena cava uno degli apici. Nel caso in questione tale tentativo è risultato infruttuoso a causa della particolare resistenza offerta dal catetere alla trazione. Per evitare di ripetere la procedura in condizioni di maggiore e più adeguata disponibilità di materiale si è tentato un approccio combinato con doppio accesso venoso. Dal primo è stato inserito il catetere a pig-tail, a cui era stata parzialmente rimossa la punta per renderla simile ad un manico d’ombrello, e dal secondo lo snare. Posizionato il pig modificato a cavallo dell’ansa del catetere si procedeva a catturane la punta con lo snare e quindi ad effettuare una trazione sui due cateteri contemporaneamente. La procedura ha consentito finalmente di liberare un estremo del catetere, che tenuto in vena cava dal pig è stato recuperato con lo snare.Successivamente il catetere è stato ritirato attraverso uno dei due introduttori venosi utilizzati.