A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda

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Ugo Foscolo nacque nel 1778 a Zante. Il padre Andrea era un medico mentre la madre era greca. Foscolo essendo di origine greca si legò molto alla civiltà.
Pietà.
Transcript della presentazione:

A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda UGO FOSCOLO A cura della Prof.ssa Maria Isaura Piredda

LA VITA

Niccolò Ugo Foscolo nasce nel 1778 nell’isola greca di Zante (l’antica Zacinto), allora governata dalla Repubblica di Venezia Era figlio di Andrea, medico veneziano, e Diamantina Spathis (greca) Trascorre l’infanzia in Dalmazia A Spalato va a scuola nel seminario arcivescovile

Nel 1788 muore il padre Nel 1792 raggiunge la madre a Venezia dove continua gli studi Legge i classici e gli autori moderni Frequenta gli ambienti intellettuali veneziani, tra l’altro il salotto letterario di Isabella Teotochi Albrizzi (il suo primo amore)

A Padova ascolta le lezioni di letteratura greca di Melchiorre Cesarotti Abbracciando con slancio gli ideali di libertà e uguaglianza promossi dalla Rivoluzione francese, compone nel 1796 la tragedia Tieste (carica di spiriti antitirannici) Nel 1797 compone in versi l’ode A Bonaparte liberatore

Quando a Venezia viene abbattuto il governo aristocratico e instaurata la repubblica (giacobina), Foscolo assume l’incarico di Segretario provvisorio della municipalità Con il Trattato di Campoformio (ottobre 1797), Napoleone cede Venezia all’Austria Foscolo, furente e sdegnato, si trasferisce in “esilio” volontario a Milano (nella Repubblica Cisalpina)

A Milano lavora come giornalista politico al “Monitore italiano” Conosce Parini e Monti Nell’estate 1798 si trasferisce a Bologna come impiegato della cancelleria del Tribunale Intanto scrive il romanzo Ultime lettere di Jacopo Ortis (la cui prima parziale edizione viene pubblicata senza il suo consenso)

Quando gli austriaci invadono l’Italia, nel febbraio 1799 Foscolo si arruola ufficiale nella Guardia nazionale napoleonica Partecipa ad alcuni scontri militari in difesa di Genova Proprio a Genova compone l’ode classicheggiante A Luisa Pallavicini caduta da cavallo (sul tema dell’eterna bellezza femminile)

Compie poi varie missioni con il grado di capitano In Toscana s’innamora di Isabella Roncioni Ritorna a Milano nel 1801, dove vive nuovi amori (Antonietta Fagnani Arese, a cui dedica l’ode All’amica risanata Scrive quattro Discorsi introduttivi (dove espone la sua poetica) al carme La chioma di Berenice

Nel 1803 esce un volumetto di Poesie che raccoglie il meglio della sua produzione lirica Nel 1804 si arruola come capitano di fanteria nella divisione italiana dell’esercito napoleonico Durante la permanenza in Francia (1804-1806) s’innamora di Fanny Hamilton, dalla quale ha la figlia Floriana

Fallito il progetto napoleonico di invasione dell’Inghilterra, Foscolo fa visita a Parigi al giovane Manzoni (da cui è accolto freddamente) Nella primavera del 1806 ritorna in Italia Un colloquio a Verona con l’amico Ippolito Pindemonte gli suggerisce l’idea di scrivere il carme Dei sepolcri

A trent’anni Foscolo è al culmine della propria carriera letteraria Nel 1808 ottiene la cattedra di eloquenza (cioè letteratura) presso l’Università di Pavia (incarico breve perché la cattedra verrà presto soppressa) Nel 1811 la sua seconda tragedia Ajace (che esprimeva atteggiamenti antinapoleonici), rappresentata alla Scala, viene fischiata dal pubblico

Nel 1812 Foscolo lascia Milano per Firenze A Firenze frequenta il salotto letterario della contessa d’Albany (compagna di Alfieri) E compone il poemetto classicistico Le Grazie che resterà incompiuto Nel 1813 a Bologna va in scena la sua terza tragedia Ricciarda e pubblica (con lo pseudonimo di Didimo Chierico) la traduzione del Viaggio sentimentale di Sterne

Tornato a Milano, assiste alla caduta di Napoleone (1814) e del Regno italico Dopo rifiuta l’invito del nuovo governo austriaco di dirigere una nuova rivista letteraria Il 30 marzo 1815 abbandona l’Italia A Zurigo dà alle stampe una nuova edizione dell’Ortis e la satira dell’Ipercalisse (pubblicata con lo pseudonimo di Didimo Chierico)

Ricercato dagli austriaci, nel settembre 1816 Foscolo si trasferisce a Londra, dove viene accolto dai circoli londinesi E’ amareggiato dalle disillusioni patite e si isola tra crescenti difficoltà economiche Nel 1824 viene arrestato per debiti Dal 1821 ha al suo fianco la figlia Floriana Scrive articoli e saggi

Muore il 10 settembre 1827 a Turnham Green, un sobborgo di Londra Viene sepolto nel cimitero di Chiswick Nel 1871 le sue spoglie sono trasferite a Firenze, nella basilica di Santa Croce

LA PERSONALITA’

Foscolo incarna una figura di letterato di tipo nuovo Non è più un cortigiano al servizio del potere, ma un libero intellettuale Egli coltivò ideali repubblicani e giacobini e per essi sopportò la persecuzione e l’esilio

Cercò di rendersi economicamente indipendente: fu funzionario della Repubblica veneziana (prima che venisse ceduta all’Austria) fu ufficiale dell’esercito napoleonico fu professore di letteratura all’Università di Pavia Foscolo, dunque, sperimentò la condizione del “liber’uomo” auspicata da Alfieri

Foscolo assegnava alla letteratura una funzione civile (vedi discorso Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, tenuto nel 1809 a Pavia) In Foscolo, inoltre, spicca l’amore per la patria (vedi il romanzo del 1802 Ultime lettere di Jacopo Ortis e il carme Dei sepolcri del 1807)

Egli cantò la patria come “madre” comune e la tradizione nazionale Si rifiutò sempre di scendere a patti con gli odiati austriaci Con l’instabilità della sua vita e del suo carattere, egli incarna i tratti caratteristici di un’età di transizione

Foscolo ci appare come un individuo “irregolare”, uno sradicato, incapace di trovare certezze (da qui molti viaggi, molti lavori, molte relazioni sentimentali) In lui, infatti, sono costanti i viaggi (collegati al motivo sempre presente nelle sue opere dell’ “esilio”) e le numerose relazioni amorose

La fatica di Foscolo a comporre in una sintesi unitaria le diverse tensioni che lo animavano è testimoniata anche dalla compresenza, nelle sue opere, di due “maschere”, in cui di volta in volta si identificava: Nel romanzo dell’Ortis si immedesima nel protagonista Jacopo: un patriota appassionato e innamorato infelice, suicida per disperazione e per amore di libertà (un personaggio romantico)

Altrove (nei cosiddetti “scritti didimei”) egli assume invece il volto di didimo chierico, presentato come un eccentrico letterato, arguto e disincantato osservatore del mondo, portatore di una saggezza ironica Queste figure sono apparentemente opposte, in realtà sono legate tra loro perché riflettono una medesima esperienza di sconfitta e di delusione

LA POETICA TRA CLASSICISMO E ROMANTICISMO

Foscolo incarnò un’età di transizione, tra rivoluzione e restaurazione, razionalismo illuminista e culto romantico dei sentimenti, Classicismo e Romanticismo Nelle sue opere questi elementi si intrecciano e sono: la rivendicazione del valore del sentimento l’amore per la libertà e l’ideale di patria-nazione pessimismo e materialismo settecentesco idealizzazione classicista dell’“armonia” il mito romantico dell’esilio, dell’individuo eroico in urto con il mondo, del poeta-vate il mito neoclassico della bellezza rasserenatrice, della poesia istitutrice di civiltà, etc

Foscolo si era formato alle idee illuministiche, ma questa formazione viene da lui rivissuta con la passionalità tipica del primo Romanticismo La fiducia nel progresso (tipica degli illuministi) in lui è incrinata Alla “ragione” illuministica in Foscolo si accompagna il “sentimento” romantico quale criterio di conoscenza della realtà

Foscolo è il poeta della continua oscillazione tra “ragione” (che gli offre le “verità” filosofiche dell’illuminismo) e “cuore” (che alimenta le “illusioni” di virtù, amore, patria, bellezza, poesia)

I CARATTERI ROMANTICI DELL’OPERA DI FOSCOLO

I caratteri tipici della letteratura preromantica che ritroviamo in Foscolo sono: sentimentalismo nazionalismo materialismo spiritualismo

A questi elementi in Foscolo si aggiungono: la sensibilità per i paesaggi orridi e le rovine e per la potenza distruttrice della natura il gusto per il “sublime”, espressione di un animo grande, mosso da forti passioni il senso di insoddisfazione e di inquietudine

UN POETA DEL CLASSICISMO EUROPEO

Ma Foscolo appare anche come autore genuinamente classicista Egli guarda all’ “antico” come a un mondo ideale di ormai trascorsa perfezione, come esempio di superiore equilibrio tra passioni e dominio razionale di esse Foscolo aspira a un equilibrio di forme che possa placare l’inquietudine e la disarmonia interiore

Foscolo sente il fascino dell’antico in quanto irraggiungibile All’antico guarda con infinita nostalgia Il suo classicismo però è venato di romanticismo, è un classicismo romantico

I GENERI E LE OPERE DI FOSCOLO

POESIA Odi politiche A Bonaparte liberatore 1797 Odi classicistiche A Luigia Pallavicini caduta da cavallo All’amica risanata 1799-1803 sonetti Otto sonetti pubblicati nel 1802; I quattro “maggiori” Alla sera, In morte del fratello Giovanni, A Zacinto, Alla Musa 1802-03 Traduzione da Catullo Carme La chioma di Berenice (con la premessa di quattro Discorsi) 1803 Carmi (poemetti) Dei sepolcri Le Grazie 1807 Varie date

PROSA romanzi traduzioni teatro scritti “didimei” Ultime lettere di Jacopo Ortis Frammenti di Sesto tomo dell’io discorsi per la cattedra di Pavia Dell’origine e dell’ufficio della letteratura traduzioni Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia (con l’introduzione Notizia intorno a Didimo Chierico) saggi critici del periodo londinese Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia Saggio sul Petrarca Saggi sulle epoche della lingua italiana Discorso sul testo della Divina Commedia Discorso storico sul testo del Decamerone teatro Tieste Ajace Ricciarda Edippo scritti “didimei” Con lo pseudonimo di Didimo Chierico: La traduzione di Sterne e della Notizia Ipercalisse, satira in prosa latina Lettere scritte dall’Inghilterra

ULTIME LETTERE DI JACOPO ORTIS

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis è un romanzo epistolare (sul modello di Pamela di Richardson e di La nuova Eloisa di Rousseau, ma soprattutto dei I dolori del giovane Werther di Goethe) La narrazione prende spunto da un fatto di cronaca realmente avvenuto a Padova nel marzo del 1796 ovvero il suicidio dello studente friulano Girolamo Ortis

Foscolo lo trasformò in un giovane patriota veneziano che, fra l’11 ottobre 1797 e il 25 maggio 1799, fugge in volontario esilio da Venezia dopo il trattato di Campoformio Nella solitudine della campagna dei Colli Euganei conosce Teresa e se ne innamora pur sapendo che ella è già promessa sposa a un altro uomo, Odoardo Jacopo viaggia per l’Italia e ovunque si trova a contemplare il panorama sconfortante di una nazione divisa e sottomessa allo straniero Infine, tornato nella sua terra dove Teresa si è sposata con Odoardo, si uccide

La vicende emerge da una serie di 67 lettere (divenute 68 nell’edizione definitiva stampata a Zurigo nel 1816) Le lettere sono indirizzate da Jacopo all’amico Lorenzo Alderani (un personaggio immaginario), del quale però non sono fornite le risposte Il racconto perciò non è oggettivo, ma visto da una prospettiva soggettiva del protagonista-narratore

L’amico Lorenzo si incarica di pubblicare le lettere dopo la morte di Jacopo ed aggiunge di suo pugno, qua e là, qualche integrazione di collegamento e delucidazione narrativa Alla base della vicenda sta la delusione che accomuna molti intellettuali tra Sette e Ottocento per le promesse e i tradimenti della Rivoluzione francese e dall’avventura napoleonica

Foscolo ha ritratto questa delusione storico-politica nel suicidio di Jacopo La sua scelta di uccidersi rappresenta l’impossibilità di vivere in una patria “asservita” e “tradita” Napoleone, nel romanzo, appare da un lato l’eroe capace di rovesciare la storia, dall’altra il traditore della causa italiana

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis sono un’opera davvero nuova per l’epoca proprio per le forti implicazioni storico-politiche Ed è questo che ha decretato anche il grande successo del libro La delusione di Jacopo non proviene però solo da ragioni storiche o politiche Egli vive, più in generale, un sentimento di impotenza e di sconfitta

Nell’Ortis vi è un’ideologia amara e pessimistica: la storia della civiltà è una vicenda in decadimento la politica appare un incessante divorarsi delle nazioni fra loro in società trionfa la lotta sfrenata fra gli individui per il proprio utile la natura è guidata da leggi meccaniche ogni cosa è sottomessa a un ordine che l’uomo non comprende e a cui deve obbedire

Il pessimismo di Foscolo prende spunto dalle lettura giovanili di Tacito, Machiavelli, il filosofo inglese Hobbes, il filosofo italiano Giambattista Vico

Nel romanzo spiccano i motivi tipicamente foscoliani che poi verranno sviluppati nelle opere successive: la “forza operosa” della natura e l’incessante scorrere del tempo il canto dell’amore che consola e della bellezza femminile quale espressione della “divina armonia” del tutto il ruolo del poeta eternatore (= che sa rendere immortali la bellezza e la virtù) e il ruolo civile della letteratura l’esperienza dell’esilio e il tema della morte come meta in cui placare i contrasti interiori il motivo della sepoltura, talora “illacrimata” (= che non viene bagnata dal pianto degli amici e dei parenti, giacchè Ortis rifiuta la tomba perché il ricordo gli appare inutile), ma talora confortata dal pianto degli amici

Nell’opera vi è poi un altro motivo tematico molto importante: il conflitto fra ragione e sentimento Da una parte c’è il cuore che ha bisogno di alimentare le illusioni, dall’altra vi sono gli amari disinganni della ragione (“dono funesto” elargitoci dalla natura che porta a disperare sulla possibilità che tali illusioni si incarnino) Prevalgono quindi le disillusioni che porteranno Jacopo a sentire come intollerabile l’esistenza e a scegliersi di togliersi la vita

Sul piano dell’intreccio nel romanzo sono presenti due componenti narrative: la vicenda amorosa (soprattutto nella prima parte) la vicenda politica (nella seconda parte) Tuttavia l’Ortis è un libro unitario perché ci sono due oggetti del desiderio su cui si catalizza la passione di Jacopo (Teresa e la patria), entrambi sottratti a Jacopo (la patria è perduta per il tornaconto politico di Napoleone che però non viene mai nominato in tutto il libro; Teresa destinata dal padre ad un altro uomo)

La duplice perdita produce una situazione di conflitto, dove tutti i progetti e i desideri di Jacopo sono destinati al fallimento Le sue azioni risultano regolarmente inefficaci, le sue parole inascoltate Jacopo Ortis così finisce con l’incarnare la crisi dell’intellettuale nel mondo “borghese” di primo Ottocento A livello stilistico tutto ciò si traduce in un linguaggio enfatico, in metafore bellicose, in immagini di sangue, etc.

Gli studiosi hanno interpretato in vari modi l’epilogo del romanzo, cioè il suicidio: secondo alcuni, il suicidio è l’estremo gesto (alfieriano) di protesta contro il destino secondo altri, è un segno di immaturità psicologica da parte del protagonista che si rifiuta di prendere atto della realtà delle cose esso rivelerebbe anche la “fuga” del letterato dalla situazione storico-sociale

In tutti i casi, la soluzione tragica risulta lo sbocco inevitabile di una situazione di conflitto in cui le illusioni del cuore si scontrano con l’amaro presente Non ci sono vie d’uscita per Jacopo

POESIE

La raccolta delle liriche foscoliane uscì per la prima volta sulla rivista “Nuovo giornale dei letterati” nel 1802 Comprendeva otto sonetti e un’ode Nel 1803 a Milano viene pubblicata una nuova edizione dal titolo Poesie con dodici sonetti e due odi Foscolo escluse dal libro i versi scritti anteriormente al 1798

I componimenti foscoliani nascono da una situazione sentimentale “vissuta” Nei sonetti giovanili la materia autobiografica tratta argomenti autobiografici con pochi temi dominanti: il sentimento patriottico la passione amorosa il disordine morale e il contrasto interiore con l’invocazione della morte l’ansia del poeta che affida alla letteratura il suo desiderio di libertà

I quattro sonetti “maggiori” (che risalgono al 1802-03), a differenza dei precedenti che non hanno titolo, sono conosciti con i titoli: Alla sera A Zacinto Alla Musa In morte del fratello Giovanni

In questi sonetti la tematica autobiografica è più pacata Il discorso poetico si fa più intenso e più armonioso, più vibrante e raccolto

Le due odi (A Luigia Pallavicini caduta da cavallo e All’amica risanata) emerge una maggiore maturità poetica di Foscolo Il tema dominante è la bellezza femminile che appare come manifestazione di un’armonia segreta dell’universo La bellezza conforta e rasserena l’animo umano

Alla sera Forse perchè della fatal quïete Tu sei l’immago a me sì cara, vieni, o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, e quando dal nevoso aere inquiete tenebre, e lunghe, all’universo meni, sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure, onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. Forse perché assomigli alla morte a me sei così cara, o Sera! Scendi sempre desiderata e occupi dolcemente i miei pensieri più intimi, sia quando ti accompagnano le festose nuvole estive e i piacevoli venticelli primaverili, sia quando riversi sul mondo dal cielo nevoso le lunghe e agitate tenebre invernali. Mi fai vagare coi miei pensieri (fantasticare) sulle tracce che conducono alla morte, e intanto trascorre questo tempo ingrato, e fuggono insieme ad esso gli innumerevoli affanni con cui [il tempo] si consuma insieme a me. E mentre io contemplo la tua pace, quello spirito battagliero che freme dentro di me si acquieta (la sera con la sua dolcezza rasserena il poeta e insieme agli affanni fa tacere anche i suoi conflitti interiori).

Pur essendo uno degli ultimi componimenti ad essere stati scritti (nel 1803), Foscolo volle collocare il sonetto “Alla sera” in apertura del suo canzoniere, perché esso fornisce una sintesi del mondo poetico del giovane poeta

Il sonetto, di endecasillabi rimati, presenta uno schema classico di quattro strofe, di cui due quartine e due terzine. La presenza di latinismi rivela la formazione classica del poeta e il suo legame con la tradizione (aere, secrete, reo, torme, cure). Sono frequenti gli enjamblements

Nel testo si individuano un proemio (o prologo introduttivo) e due sequenze concettuali: i vv. 1-3 (fino a “o Sera”) costituiscono il proemio nel quale vengono presentate la sera e la morte come i due termini fondamentali dell’esistenza umana nei vv 3-8 troviamo la prima sequenza di carattere descrittivo dove viene contemplato il primo termine, la sera (la sera estiva e quella invernale) nei vv. 9-14 troviamo la seconda sequenza, dove viene sviluppata la meditazione sulla morte (il nulla eterno). La pace della morte viene invocata dal poeta perché è l’unica soluzione allo struggersi del cuore (il ruggito dell’anima del poeta)

Il poeta si dibatte fra l’istinto del cuore e la volontà della ragione Questo dilemma agita l’io L’unica soluzione possibile appare la pace della sera (della morte)

In morte del fratello Giovanni Un giorno, se io non andrò sempre spostandomi in esilio, mi vedrai seduto sulla tua tomba, o mio fratello, a piangere la tua giovane vita, stroncata nel suo fiorire. Ora solo nostra madre, trascinando la propria vecchiaia, parla di me alle tue spoglie mute. Ma io non posso che tendere a voi inutilmente le mani e salutare solo da lontano la mia casa, avverto gli dei ostili e gli affanni interiori che sconvolsero la tua vita, come una tempesta, e invoco anche io la pace della morte. Fra tante speranze questa sola mi resta! Gente straniera, restituite le mie spoglie alle braccia dell’ addolorata madre quando morirò. Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentili anni caduto. La madre or sol, suo dì tardo traendo, parla di me col tuo cenere muto: ma io deluse a voi le palme tendo; e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quiete. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, l’ossa mia rendete allora al petto della madre mesta.

Sonetto formato da due quartine e due terzine. I versi sono tutti endecasillabi (formati da 11 sillabe), rimati ABAB ABAB CDC DCD. Vi sono numerose figure retoriche ed enjambement Stilisticamente vi sono molte reminiscenze di autori classici, in particolare la prima strofa si richiama al tema analogo di un carme del poeta latino Catullo.

Questo sonetto fu scritto tra il 1802 e il 1803, per ricordare il fratello Giovanni Dionigi, morto suicida a Venezia l’8 dicembre 1801. Volontario nell’esercito della Repubblica Cisalpina, vicino alle idee libertarie del fratello maggiore, Giovanni si avvelenò, sembra, dopo aver pagato dei debiti di gioco con denaro sottratto alla cassa dell’esercito. In una lettera ad Antonietta Fagnani, il poeta ricorda la lenta agonia del giovane e la sua morte tra le braccia della madre.

Nel sonetto appaiono diversi temi tipicamente foscoliani: il tema dell’esilio, il tema della morte come luogo di quiete e di pace, Il tema della tomba illacrimata (con la speranza che le proprie ossa vengano poi confortate da un pianto familiare). Foscolo esprime l’amore verso la famiglia, il dolore che prova per la morte giovane del fratello, la delusione nei confronti del destino e spera solo nella quiete della morte, che per lui rappresenta la pace eterna. Nelle opere foscoliane ricorre spesso il ricordo della famiglia, il sentirsi solo e l’aver bisogno, come in questo caso, dell’affetto materno almeno dopo la morte.

La prima strofa è dominata dall’immagine della pietra sotto cui riposa il fratello (il poeta desidera giungere un giorno su quella pietra per un momento di mesto cordoglio) Nella seconda strofa il poeta ricorda la famiglia dispersa e la madre lontana Nella terza strofa contempla il perenne esilio che è la sua vita Nella quarta strofa ritonra l’immagine della madre lontana, afflitta per la morte di un figlio e presto di due. Il poeta chiede alle “straniere genti”, presso cui dimora, che le proprie spoglie siano riportate a casa dopo la morte

DEI SEPOLCRI

Il carme Dei sepolcri è considerato il capolavoro di Foscolo È un poemetto in endecasillabi sciolti L’opera è dedicata a Ippolito Pindemonte (l’amico poeta veronese) Pindemonte risponderà al carme foscoliano con il poemetto I cimiteri (1806) rimasto incompiuto

Nel carme Dei sepolcri si combinano più generi: l’epistola in versi il poemetto didascalico l’elegia cimiteriale (sull’esempio dei poeti inglesi del Settecento)

Foscolo parla della sua opera chiamandola “carme” (dal latino “carmen” = poesia solenne e religiosa) e volendo intendere una forma rinnovata di poesia tra lirica ed epica Foscolo sottolinea l’importanza della lezione della poesia greca in funzione della sua capacità di parlare “alla fantasia ed al cuore” dei lettori

Foscolo ritiene i classici: sorgenti e modello di un’arte pura e “primitiva” esempio di un poetare dettato dall’immaginazione, efficace sulla fantasia e sul cuore dei lettori espressione di quelle “illusioni” che l’uomo moderno, invece, pretende di demolire

I Sepolcri furono composti a Milano nel 1806 e pubblicati nel 1807 L’opera prende spunto dalla conversazione intercorsa tra Foscolo e Pindemonte in occasione dell’editto napoleonico di Saint-Cloud (del 1804, esteso all’Italia nel 1806) che (per motivi igienici e politici) proibiva di seppellire i cadaveri d’illustri trapassati nelle chiese e di corredare le tombe degli aristocratici con segni di distinzione

L’editto suscitò vivaci discussioni Pindemonte, cattolico, era in disaccordo con tali disposizioni Foscolo dapprima si era dichiarato d’accordo con la legge (perché – pensava - la morte cancella tutto dunque nessuna cura bisogna prestare alla tomba) In seguito cambiò opinione (perché i monumenti funebri dedicati ai grandi uomini sono simbolo di civiltà)

Il carme Dei sepolcri rappresenta la sdegnata reazione morale del poeta contro l’editto di Saint-Cloud Ma anche il frutto delle lunghe meditazioni filosofiche sul senso della vita e della morte

Il carme foscoliano si colloca nel filone della poesia cimiteriale Però sviluppa il tema della tomba in modo diverso rispetto agli scrittori inglesi Per Foscolo il sepolcro è importante per l’aldiquà, diviene un incitamento alle “egregie cose” (caricandosi di significati politici) Nella parte finale del carme (dal v. 226 in poi) Foscolo canta il resistente mito dell’antica città di Troia, distrutta dai guerrieri greci, ma perennemente viva nella memoria grazia al canto dei poeti

Dunque ciò che resta oltre il tempo, oltre la tomba stessa, è la poesia, il bello dell’arte che rende eterno ciò che l’uomo ha di più caro In questo modo un desolato canto di morte (come sembra dichiarare il funereo titolo Dei sepolcri) finisce per trasformarsi in un’ostinata ricerca di vita, in un’estrema dichiarazione della volontà di sopravvivere, benchè soltanto nel ricordo e nella poesia

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro? Ove piú il Sole per me alla terra non fecondi questa bella d'erbe famiglia e d'animali, e quando vaghe di lusinghe innanzi a me non danzeran l'ore future, né da te, dolce amico, udrò piú il verso e la mesta armonia che lo governa, né piú nel cor mi parlerà lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a' dí perduti un sasso che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte? Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve tutte cose l'obblío nella sua notte; e una forza operosa le affatica di moto in moto; e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo. Ma perché pria del tempo a sé il mortale invidierà l'illusïon che spento pur lo sofferma al limitar di Dite? Il carme inizia con una domanda retorica: la tomba può offrire conforto al sepolto? La morte è forse meno doloroso all’ombra dei cipressi e dentro le tombe consolate dal pianto [dei vivi]? Quando (ove) il sole avrà smesso per me di fecondare il creato (questa bella d'erbe famiglia e d'animali - iperbato), quando l’avvenire attraente per le vagheggiate promesse avrà perso ogni seduzione, né udirò più te, Pindemonte (dolce amico), [recitare] i tuoi versi e l’armonia malinconica che li ispira, né più nel cuore sentirò l’ispirazione (spirto) delle Muse e dell’amore, unica consolazione della mia vita errabonda (perché esule),  quale consolazione sarà per la vita finita una lapide che distingua i miei resti dagli infiniti altri che la morte sparge (semina) in terra e in mare? È proprio vero Pindemonte! anche la speranza, ultima dea (così era definita dai latini, l’ultima ad abbandonare l’uomo), fugge le tombe (si dilegua cioè l’ultima illusione di immortalità affidata appunto al sepolcro): la dimenticanza circonda (involve) tutte le cose nella sua tenebra; e una forza attiva le trasforma (le affatica) incessantemente di movimento in movimento; e il tempo tramuta (traveste) sia l’uomo sia le sue tombe sia le ultime tracce (sembianze) sia ciò che resta (reliquie) della terra e del cielo. Ma perché l’uomo dovrebbe privarsi (invidierà – da invidere latinismo) prima del tempo dell’illusione che [una volta] morto (spento) lo trattiene [gli fa credere di fermarsi] ancora sulle soglie dell’oltretomba (limitar di Dite) ?

Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l'armonia del giorno, se può destarla con soavi cure nella mente de' suoi? Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall'insultar de' nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, e di fiori odorata arbore amica le ceneri di molli ombre consoli. Sol chi non lascia eredità d'affetti poca gioia ha dell'urna; e se pur mira dopo l'esequie, errar vede il suo spirto fra 'l compianto de' templi acherontei, o ricovrarsi sotto le grandi ale del perdono d'lddio: ma la sua polve lascia alle ortiche di deserta gleba ove né donna innamorata preghi, né passeggier solingo oda il sospiro che dal tumulo a noi manda Natura. Egli [l’uomo da morto] non vive forse anche sotto terra, quando gli sarà [divenuta] impercettibile (muta) l’attrattiva della vita (l’armonia del giorno, cioè la vita perduta), se può risvegliarla (destarla) nella mente dei suoi [cari] attraverso il culto della memoria (soavi cure: la cura delle tombe) ? Questa corrispondenza di sentimenti (sensi – lat.) amorosi è divina (celeste), è una dote divina negli uomini; e grazie a lei (per lei) si vive con l’amico morto e il morto [vive] con noi, se la sacra terra (se pia la terra) che lo ha accolto neonato e lo ha nutrito, porgendo l’ultimo asilo nel suo grembo materno, renda inviolabili (sacre) le sue spoglie dalle intemperie (dagli insulti delle nuvole - insultar de’ nembi) e dal piede profanatore degli uomini, e un sasso [la pietra sepolcrale] conservi il nome, e un albero amico profumato di fiori consoli le ceneri con la sua dolce ombra. Solamente chi non lascia eredità di affetti [chi muore senza legami affettivi] ha poca gioia nella tomba; e se solo guarda (mira) oltre la [propria] sepoltura (in un mondo ultraterreno), vede la propria anima (spirto) vagabondare (errar) in mezzo al dolore (compianto) dei luoghi infernali (templi acherontei), o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio: ma lascia le sue ceneri (sua polve) alle ortiche di una terra (gleba) deserta dove non prega [nessuna] donna innamorata, né [alcun] passante solitario ode il sospiro che la natura manda a noi dalla tomba.

Carme in forma di Epistola in endecasillabi sciolti. Destinatario: Pindemonte (poeta neo-classico, autore di poesie di gusto cimiteriale). Occasione: EDITTO DI SAINT-CLOUD (1806 In Italia): Napoleone stabilì: cimiteri fuori dalle città e nessun titolo nobiliare sulle lapidi (spirito egualitario della Rivoluzione francese). Il linguaggio poetico è difficile ed a volte oscuro sia a livello lessicale e sintattico sia per i numerosi riferimenti a fatti, persone e testi della letteratura antica. Numerosi gli enjambements.

LE GRAZIE

Le Grazie sono un carme incompiuto, nel quale il poeta canta una realtà immateriale, fatta di sogno e di mito, in cui celebrare il riscatto dalle violenze della storia e dalle ferite delle passioni individuali Lo schema metrico (in endecasillabi sciolti) è lo stesso dei “Sepolcri”, ma presenta un lessico più leggero e uno stile più pacato

I contenuti dell’opera sono mitologici (secondo i dettami del Neoclassicismo) Narra in modo allegorico la storia ideale della civilizzazione del genere umano attraverso le arti, di cui le Grazie sono il simbolo Nella mitologia greca le Grazie erano ancelle della dea dell’amore Afrodite-Venere Foscolo invece le definisce “poste in mezzo fra gli uomini e gli Dei”

I tre inni el carme foscoliano sono dedicati a tre divinità femminili: Venere (simbolo della natura univesale) Vesta (dea del focolare domestico e degli affetti) Pallade Atena (dea delle arti) I tre inni sono ambientati in luoghi diversi (Grecia primitiva, Italia contemporanea, Atlantide = ambientazione cosmica)