LE POLITICHE DI ASSISTENZA SOCIALE

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Transcript della presentazione:

LE POLITICHE DI ASSISTENZA SOCIALE

Politica pensionistica = offre protezione verso rischi collegati alla posizione lavorativa Politica sanitaria = risponde ad esigenze di tutela della salute Politiche socio-assistenziali = fanno riferimento ad un ventaglio più ampio di bisogni (povertà economica, indebolimento delle relazioni, povertà educativa, perdita totale o parziale dell’autosufficienza personale, difficoltà di accesso all’abitazione, presenza di «carichi familiari», ovvero di soggetti fragili all’interno del nucleo familiare, …)

Concetti chiave: «assistenza» vs. «assistenza sociale» assistenza: interventi generici, volontari e discrezionali, rivolti ad individui in stato di bisogno temporaneo o permanente, incapaci di risolvere autonomamente la propria situazione assistenza sociale (o pubblica): deriva dalla strutturazione normativa degli interventi che genera diritti (dalla beneficenza alla giustizia, ovvero ai diritti sociali)

Assistenza sociale (o pubblica): una definizione È il complesso delle misure volte a garantire, o quanto meno a promuovere, l’inclusione sociale, ossia l’ancoramento di individui e famiglie al tessuto sociale che li circonda, assicurando loro risorse e opportunità

Caratteristiche dell’assistenza sociale interventi volti a superare e/o contrastare situazioni di bisogno tramite trasferimenti monetari e servizi sociali condizionali: all’accertamento di un bisogno individuale manifesto (selettività) all’impossibilità del bisognoso di farvi fronte con mezzi propri (residualità) erogazione delle prestazioni: prescinde da requisiti di tipo contributivo finanziamento: via fiscalità generale nonostante i caratteri di selettività e residualità, le prestazioni assistenziali si configurano come veri e propri diritti sociali in quanto erogate automaticamente a chiunque si trovi nelle condizioni previste

Assistenza sociale: due funzioni fondamentali garanzia di un minimo di risorse economiche per soddisfare i bisogni vitali dell’individuo (es. schemi di minimo vitale, integrazioni al reddito, facilitazioni economiche etc.) offerta di servizi sociali non monetari aperti alla fruizione di tutti i cittadini (asili nido, consultori, centri diurni per anziani e portatori di handicap, servizi domiciliari etc.)

Selettività: la prova dei mezzi (1) consiste nella verifica dell’impossibilità di far fronte al bisogno con mezzi propri Operativamente, si accerta che la condizione economica dell’individuo (ovvero dell’intero nucleo familiare), prendendo a riferimento tipicamente il reddito (ma talora anche il patrimonio), sia inferiore a una soglia definita per legge

Selettività: la prova dei mezzi (2) la prova dei mezzi va intesa come una clausola generale degli interventi assistenziali, soggetta tuttavia a una forte variabilità nelle forme e nelle caratteristiche che essa può assumere sia da paese a paese, sia per istituti assistenziali differenti CATEGORIALITA’: il limite dell’accesso viene definito in base a specifiche categorie di cittadini. Il metodo categoriale rappresenta un modo di realizzare la selettività

I limiti della selettività e della residualità (1) Consentono l’accesso alle prestazioni in base al principio del bisogno, per cui permettono un risparmio di spesa rispetto ai programmi universalistici. Rischi: Trappola della povertà: Scatta quando i sussidi non favoriscono l’attivazione del beneficiario, determinando l’innesco di circuiti di dipendenza assistenziale

I limiti della selettività e della residualità (2) Stigma: si tratta del rischio connesso alla prova dei mezzi. Che può essere percepita come stigmatizzante e umiliante (in quanto essa certifica e rende pubblica una disabilità sociale) Asimmetrie informative: tra cittadini e pubblica amministrazione Alti costi amministrativi: legati alla gestione della prova dei mezzi

Il ruolo dell’assistenza sociale nel welfare state (1) Funzione redistributiva di tipo verticale: Le misure assistenziali sono quelle in cui meglio si evidenzia la finalità redistributiva del welfare Dimensione solidaristica intrinseca: da evitare, tuttavia, il rischio di passare dall’assistenza all’assistenzialismo; necessità di favorire l’attivazione dei destinatari

Il ruolo dell’assistenza sociale nel welfare state (2) Rappresenta il gradino più basso del sistema di protezione sociale (nazionale e locale): individua, in altri termini, la soglia al di sotto della quale a nessuno è consentito di scivolare. Si fa strada un orientamento che considera il finanziamento dei servizi socio assistenziali non una spesa ma un investimento sociale (orientato alla promozione sociale delle persone, a partire da quelle più in difficoltà)

Gli attori dimensione verticale: livelli di governo coinvolti nella governance degli interventi  generalmente gli interventi assistenziali sono attribuiti al livello sub-nazionale e/o locale, con il livello centrale competente nel fissare le linee guida e gli obiettivi di massima dimensione orizzontale: soggetti coinvolti sul lato dell’offerta Vi sono quattro canali che, in modi differenti, rispondono ai bisogni: Stato, mercato, famiglia e associazioni intermedie Ruolo della famiglia (sistemi familisti vs. sistemi de-familisti) Ruolo del terzo settore

Ruolo della famiglia Sistemi familisti: la famiglia costituisce un ammortizzatore sociale; lo Stato ha un ruolo sussidiario; le rete dei servizi sociali si sviluppa poco o in modo frammentario Sistemi de-familisti: maggiore responsabilità dello Stato; si sviluppa un ampio sistema di servizi sociali territoriali e di prestazioni monetarie

Ruolo del terzo settore (1) Nei diversi sistemi di welfare il loro ruolo cambia, come anche i modi di interazione con il pubblico. Si individuano 4 diversi modelli di integrazione: Modello della sussidiarietà attiva (Germania): ruolo centrale del ts nella programmazione e nella gestione + finanziamento pubblico Modello della prevalenza del terzo settore (Italia): ruolo centrale del ts + scarso impegno di spesa del pubblico

Ruolo del terzo settore (2) Modello della prevalenza dello stato (Francia): centralità dell’offerta pubblica di servizi, residualità del ts Modello della prevalenza del mercato (Inghilterra): centralità del mercato + ruolo del ts con finanziamenti prevalentemente privati

Ruolo del terzo settore (3) Il modo in cui il terzo settore interagisce con il pubblico va ad individuare differenti modelli di regolazione del sistema assistenziale. I due modelli estremi sono i seguenti: MODELLO DELL’ACCREDITAMENTO. Tra pubblico e terzo settore c’è un rapporto indiretto e a dominanza pubblica. Il pubblico imponendo degli standard seleziona i potenziali fornitori di servizi. Il terzo settore opera poi in modo autonomo – PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’ MODELLO DELLA NEGOZIAZIONE. Il terzo settore è coinvolto nei processi decisionali. E’ una risorsa importante poiché ha competenze sia in termini di offerta sia per quanto concerne la conoscenza della domanda – PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE

La fasi storiche dell’assistenza sociale (1) La dimensione promozionale dell’assistenza sociale emerge molto lentamente XVII - XIX secolo: carità e leggi sui poveri la povertà come colpa; interventi paternalistici, con finalità rieducativa e di tutela dell’ordine pubblico solo in seguito matura la consapevolezza delle cause socio-economiche della povertà

La fasi storiche dell’assistenza sociale (2) 1880-1945: La nascita del welfare e la diffusione delle assicurazioni sociali Si affida agli strumenti previdenziali la risposta prioritaria ai problemi sociali innescati dalla modernizzazione L’assistenza diventa residuale

La fasi storiche dell’assistenza sociale (3) 1945 – oggi: Si delineano le due funzioni fondamentali dell’assistenza sociale: a) assicurare tutela a chi rimaneva fuori dal mercato del lavoro attraverso lo strumento del reddito minimo garantito; b) allestire prestazioni e servizi di seconda generazione, orientati a produrre empowerment personale e familiare

L’istituzione di schemi di reddito minimo garantito nei paesi dell’Ue-15 Denominazione Anno di prima introduzione Austria Sozialhilfe Varia a seconda della regione Belgio Minimex 1973 Danimarca Social Bistand (1891) 1974 Finlandia Toimeentulotuki 1971 Francia Revenu Minimum d’Isertion 1988 Germania 1961 Irlanda Supplementary Welfare \Allowance 1975 Grecia n.a. Italia Lussemburgo Revenu Minimum Garanti 1986 Olanda Social Bijstand (Algemeene Bijstand) 1963 Portogallo Rendimento Minimo Garantido 1996 Spagna Ingreso minimo de insercio (Renta minima)i Varia a seconda della Comunità autonoma Svezia Socialhjälp (Socialbidrag) (1918) 1956 Regno Unito Income Support 1948 i Ampia variabilità nelle caratteristiche dello schema tra le Comunità autonome. Fonte: rielaborazione da Ferrera [2005]; Busilacchi [2008] e Moreira [2008].

L’evoluzione storica delle politiche di assistenza sociale: le specificità dei paesi dell’Europa meridionale Familismo (famiglia come ammortizzatore economico - modello delle solidarietà familiari e parentali) Economia informale (debolezza tutele previdenziali) Deboli capacità istituzionali elevato particolarismo, sia sul versante delle erogazioni, sia sul versante del finanziamento basso grado di statualità (stateness) mancanza di una rete di protezione di ultima istanza ritardo strutturale nello sviluppo di servizi sociali (che negli altri paesi europei si verifica nella fase espansiva del welfare)

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (1) Dalle origini al secondo dopoguerra 1862 Istituzione delle congregazioni di carità (nel 1937 si istituiscono al loro posto gli enti comunali di assistenza) Prima forma di assistenza pubblica ai bisognosi (non c’è alcun diritto soggettivo a prestazioni: si tratta di interventi totalmente discrezionali) 1890 Legge Crispi: Trasforma le Opere Pie (istituzioni di beneficenza di matrice prevalentemente cattolica, preesistenti all’unità d’Italia) in istituti di pubblica assistenza e beneficenza (IPAB), dotati di personalità giuridica pubblica Gestiscono servizi soprattutto a carattere residenziale (ospedali, ricoveri, istituti, …)

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (2) Processo di categorizzazione sociale: si moltiplicano gli enti per assistere singole categorie sociali (invalidi di guerra, invalidi civili, orfani, …). Le implicazioni di questo modo di concepire l’intervento assistenziale (il bisogno viene considerato prima della persona, a prescindere da essa).

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (3) La situazione italiana nell’immediato dopoguerra, così come descritta nell’Inchiesta parlamentare sulla miseria nel 1952 (vedi Ferrera, p. 254): le istituzioni assistenziali sono tante, non coordinate, costose, frammentate, non sottoposte a procedimenti di verifica e controllo da parte della burocrazia pubblica.

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (4) Dal secondo dopoguerra ai primi anni Novanta La svolta impressa dalla Costituzione: I principi generali: artt. 1-4 Art. 38: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (4) Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera». Art. 117: attribuisce alle Regioni competenze in materia di assistenza e beneficenza pubblica. Sentenza n. 139/1972 Corte Cost.: chiarisce la distinzione tra Assistenza sociale (=interventi pubblici collegati a diritti sociali, di cui è responsabile lo stato) Beneficenza (=interventi discrezionali, non legati a diritti, affidati alla responsabilità delle regioni e degli enti locali, effettuabili entro i limiti delle risorse disponibili)

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (5) Interventi più significativi di integrazione al reddito: 1952: integrazione al minimo delle pensioni 1969: introduzione della pensione sociale (reddito minimo per anziani poveri) 1971: introduzione della pensione di invalidità civile 1980: introduzione dell’indennità di accompagnamento (per coprire, almeno in parte, i costi dell’assistenza personale) 1988: disciplina degli assegni al nucleo familiare

1952 Introduzione del Trattamento di integrazione al minimo delle pensioni (L. 218/1952) 1955 Testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari (d.p.r. 797/1955) 1968 «Legge Mariotti» sull’assistenza ospedaliera (L. 132/1968) 1969 Introduzione della pensione sociale (L. 153/1969) 1971 Introduzione della pensione di invalidità civile (L. 118/1971) Piano quinquennale per l'istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato (L. 1044/1971) 1977 Decentramento delle competenze amministrative a regioni ed enti locali (d.p.r. 616/1977) 1980 Introduzione dell’indennità di accompagnamento (L. 18/1980) 1983 Revisione del trattamento di integrazione al minimo delle pensioni (L. 638/1983) 1988 Revisione dei trattamenti di famiglia e introduzione dell’assegno al nucleo familiare (L. 153/1988) 1989 Introduzione presso l’INPS della Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alla gestioni previdenziali (GIAS) (L. 88/1989) L’evoluzione delle politiche di assistenza sociale in Italia. I principali interventi nel periodo 1945-1990

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (6) Sul versante dei servizi alla persona: Mancata definizione dei diritti sociali minimi a livello nazionale 1970: istituzione delle regioni a statuto ordinario e decentramento di funzioni in materia di beneficenza pubblica DPR 616/1977: prescrive la soppressione degli enti di assistenza nazionale e delle IPAB, e il trasferimento delle loro funzioni ai comuni In mancanza di una legge quadro (capace di dare applicazione alla sentenza del 1972 della corte costituzionale) si produce un’ampia differenziazione territoriale in materia di servizi socio-assistenziali

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (7) I tentativi di riforma della seconda metà degli anni Novanta La legge 285/1997: istituisce il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, per il finanziamento di progetti finalizzati a promuovere il benessere dei minori e delle famiglie collegata alla legge 184 del 1983 anticipa il modello c.d. Lego anticipa alcuni importanti temi ripresi successivamente nella legge 328 del 2000 (sussidiarietà orizzontale; programmazione per ambiti territoriali)

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (8) L’esperienza del Reddito minimo di inserimento (RMI) introdotto con l.n. 237/1998: prima sperimentazione (1998-2000) ha riguardato 39 comuni; la legge finanziaria del 2001 ha prolungato la sperimentazione per altri due anni, estendendola a 306 comuni Caratteristiche dell’istituto: primo schema non categoriale di contrasto alla povertà

Le fasi evolutive dell’assistenza sociale in Italia (9) due componenti: una monetaria (assistenza economica) e una di attivazione (partecipazione a programmi di inserimento sociale e lavorativo) la valutazione che chiude la sperimentazione mette in evidenza aspetti positivi e negativi (riguardanti la gestione della selettività e l’attivazione dei beneficiari in alcuni contesti meridionali). I secondi prevalgono sui primi e la sperimentazione viene interrotta, adducendo come motivazione principale i costi la sperimentazione era costata 2,2 miliardi di euro all’anno; la estensione a livello nazionale avrebbe richiesto una somma di 3 miliardi di euro (dallo 0,18 allo 0,24% del Pil) a fronte di una spesa annua per invalidità civile + accompagnamento pari a 10 miliardi di euro.

Introduzione dell’indicatore della situazione economica (ISE) Introdotto con d.lgs. n.109/1998 Indicatore che prende in considerazione sia il reddito che il patrimonio di chi vuole accedere a prestazioni soggette alla prova dei mezzi. Funziona così: si mette a confronto l’indicatore con la soglia di accesso ad una data prestazione, stabilendo così se l’interessato ne ha il diritto oppure no. Per il computo dell’ISE si applicano scale di equivalenza, che tengono conto della composizione del nucleo familiare: ciò permette di passare dall’ise all’isee, e di confrontare nuclei familiari eterogenei. Riforma recente dell’isee: premessa per l’introduzione dei LEP; riduce la possibilità delle autocertificazioni (che nel 2012 sono state prodotte da 5,8 milioni di nuclei familiari); tiene conto per il calcolo di redditi finora non considerati (come le pensioni di invalidità)

Le principali cause dell’arretratezza italiana Fattori comuni con gli altri paesi sud-europei: Ruolo della famiglia (familismo, causa o conseguenza?) Peso dell’economia informale Deboli capacità istituzionali Ma anche: Polarizzazione ideologica Ostacoli istituzionali

Le lacune originarie del sistema socio-assistenziale italiano Normativa di settore lacunosa a livello nazionale e disomogenea e frammentata a livello regionale e locale Mancanza di una rete di protezione sociale di base (es. RMG) I diritti soggettivi esistenti sono: categoriali sbilanciati verso i trasferimenti monetari, a discapito dei servizi scarsamente efficaci ed efficienti nel ridurre la povertà Misure di sostegno solo su base locale, caratterizzate da: forte discrezionalità nella definizione dei criteri di accesso alta frammentazione settoriale disomogeneità qualitativa, quantitativa e geografica dell’offerta

Nuovi rischi e nuovi bisogni: la nuova salienza degli interventi socio-assistenziali Trasformazioni socio-demografiche: invecchiamento della popolazione crescita della partecipazione femminile al mercato del lavoro trasformazioni della famiglia Trasformazioni dell’economia e del mercato del lavoro: disoccupazione carriere discontinue  Si assiste ad aumento del rischio di povertà e a una sua trasformazione

La stagione riformista degli anni Novanta e Duemila Periodo Provvedimenti 1997-1998 Assegno di maternità per le madri sprovviste di copertura assicurativa Assegno per le famiglie con almeno tre figli minori Lancio della sperimentazione del Reddito minimo di Inserimento per il biennio 1999-2000 Fondo Nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione Introduzione dell’Indicatore della Situazione Economica Introduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali Legge 287 su infanzia e adolescenza 2000 Legge quadro di riforma dell’assistenza sociale Estensione della sperimentazione del Reddito minimo di inserimento per il biennio 2001-2002 2001 Riforma del Titolo V della Costituzione 2002 Incremento delle pensioni minime Incremento delle detrazioni per i familiari a carico Bonus nuovi nati 2007 Bonus incapienti Istituzione del Fondo nazionale per la non autosufficienza Avvio del “Piano Straordinario Nidi 2007-2009” Detrazione per le famiglie con almeno quattro figli 2008 Bonus fiscale Carta acquisti

La L. 328/00: i principi universalità dell’accesso alle prestazioni (rivolte a tutti, con priorità per i soggetti in condizione di bisogno economico, di inabilità psichica o fisica) sistema integrato di servizi e interventi sociali (integrazione fra politiche, fra livelli di governo, fra enti pubblici e terzo settore) enfasi sulla sussidiarietà (leggi Bassanini sul decentramento amministrativo e principio di sussidiarietà) enfasi sulla programmazione per la governance del settore a tutti i livelli di governo (Piano Sociale Nazionale, Piani Regionali e Piani di Zona) incremento dei servizi a complemento dei trasferimenti monetari Estensione dell’RMI su tutto il territorio nazionale introduzione dei “Livelli essenziali delle prestazioni” (che fungono da livelli di base omogenei per tutto il territorio nazionale al fine di garantire un’uniformità di base dell’intervento)

I livelli essenziali delle prestazioni (LEP) L’art. 22 della 328 fa riferimento agli interventi che avrebbero dovuto dare vita ai livelli. Si fa riferimento ad aree di intervento da considerare e a servizi da realizzare in modo omogeneo sul piano nazionale.

Gli interventi: art. 22 c.2 (nelle seguenti aree: povertà, disabilità, responsabilità familiari, anziani): 2. (…) gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale:

a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora; b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana; c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell'articolo 16, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare; e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative; f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell'articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio; h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale; i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.

I servizi 4. (…): a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; c) assistenza domiciliare; d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali; e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.   Le previsioni della legge restano però su un piano generico.

La riforma del Titolo V della Costituzione (L. Cost. 3/2001) l’assistenza sociale diviene competenza esclusiva delle regioni lo Stato tuttavia è chiamato: a determinare i Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale a garantirne il rispetto (detiene “potere sostitutivo”)

Scenari e prospettive per le politiche di assistenza sociale in Italia 1. Definire i livelli essenziali delle prestazioni  difficoltà operative e mancanza di risorse  rischio di perpetuazione delle differenze territoriali anche a seconda di come verrà attuato il federalismo fiscale 2. Accrescere la spesa 3. Rafforzare le capacità istituzionali

Politiche socio-assistenziali e politiche del lavoro L. n. 328/2000, Art. 3. (Princìpi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali). 1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere. 2. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, provvedono, nell'ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi: a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;

Politiche del lavoro. Definizioni Generale, classificazione ampia: Interventi di regolazione pubblica del lavoro volti a tutelare l’interesse collettivo all’occupazione Operativa classificazione più ristretta: Interventi di regolazione pubblica del mercato del lavoro che comportano una spesa per il bilancio pubblico

Classificazione ampia Politiche del lavoro in senso lato di definizione delle regole di governo del mercato del lavoro Regolazione dei rapporti di lavoro, delle tipologie contrattuali delle procedure di assunzione e licenziamento (norme inderogabili del diritto del lavoro per la definizione dei diritti e doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro, per la regolamentazione delle condizioni della prestazione a tutela della salute e dei diritti civili del lavoratore, ecc.; disciplina del collocamento e dei licenziamenti) Regolazione del sistema delle relazioni industriali, dei conflitti di lavoro, delle forme della rappresentanza degli interessi, del sistema della contrattazione Politica dei redditi attraverso forme di controllo statale della dinamica retributiva (autoritative o concertate con le Parti Sociali)

Definizione ristretta Interventi pubblici per la regolazione del mercato del lavoro e la tutela del lavoratore dai rischi occupazionali generalmente con oneri di spesa Politiche attive del lavoro di contrasto ai rischi e agli squilibri occupazionali volte a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro e la condizione occupazionale dei lavoratori Politiche passive di garanzia del reddito per le persone temporaneamente o stabilmente escluse dall’impiego

POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO Aree di intervento Regolazione dell’incontro fra domanda e offerta di lavoro (matching) Modalità e servizi di intermediazione fra domanda e offerta (attività dei servizi per l’impiego di counseling e informazione a imprese e lavoratori, monitoraggio del mercato del lavoro - Regolazione/ promozione dell’occupabilità dell'offerta di lavoro complessiva (caratteristiche quantitative/qualitative) o per specifiche categorie svantaggiate Regolazione quantitativa (definizione giuridica della popolazione in età attiva) Orientamento professionale Formazione - Regolazione/promozione della domanda di lavoro (aumento delle opportunità di impiego complessive e/o per categorie deboli) Incentivi fiscali, contributivi, normativi alle imprese per le assunzioni Job creation, espansione del pubblico impiego, lavori socialmente utili; Redistribuzione delle occasioni di impiego (riduzione dell’orario di lavoro) Incentivi all’autoimpiego (lavoro autonomo, nuove imprese)

POLITICHE PASSIVE DEL LAVORO Articolazione del sistema degli ammortizzatori sociali Articolazione del sistema di protezione del reddito del lavoratore in caso di sospensione definitiva (licen-ziamento) o temporanea della prestazione su tre livelli: Pilastro assicurativo, indennità di ammontare e durata definite, finanziate con versamenti di contributi; Pilastro assistenziale dedicato, in mancanza/ esaurimento dei requisiti di accesso al 1°pilastro, requisiti di reddito, sussidi finanziati in parte o in tutto dalla fiscalità generale; Pilastro assistenziale generale, “reddito minimo garantito” per i cittadini indigenti (non solo lavoratori)

I nuovi ammortizzatori sociali; Jobs Act Il Jobs Act rappresenta un progetto di riforma del mercato del lavoro e del sistema di protezione sociale, promosso e attuato dal governo Renzi, attraverso diversi provvedimenti legislativi. I nuovi ammortizzatori sociali; I contratti di lavoro; Il licenziamento; Riforma politiche attive e introduzione ANPAL; Conciliazione Lavoro-Famiglia.

Legge 183/2015 delega in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione; delega circa le politiche attive e i servizi per il lavoro; delega riguardante la necessità di tutela e sostegno delle cure parentali; delega in materia di semplificazione degli adempimenti e delle procedure; delega circa la riorganizzazione delle tipologie contrattuali; delega concernente ad una riforma dell’ attività ispettiva; delega circa una riforma delle integrazioni salariali; delega sulla riforma a contratto a tempo indeterminato Tutti i decreti legge sono entrati in vigore nel 2015; il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

I nuovi ammortizzatori sociali LA NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego). Essa sostituisce l’ASpI e la mini ASpI dal 1 maggio 2015. Destinatari: tutti i lavoratori dipendenti (esclusi pubblici a tempo indeterminato e agricoli). Durata massima allungata: fino a 2 anni senza distinzione di età (L’ASpI era: 1 anno per under-55; 18 mesi solo per over-55). Requisiti d’accesso: 3 mesi di contributi negli ultimi 4 anni, più 30 giorni lavorati nell’ultimo anno. L’importo: 75% della retribuzione fino a 1195 euro per un massimo di 1300 euro al mese nel 2015. All’importo si aggiunge l’Assegno al nucleo familiare (media: circa 160 euro/mese per nucleo di 4 membri). Caratteristica: viene abolito il requisito assicurativo previsto per l’ASpI

L’ASDI (Assegno di Disoccupazione). La sua funzione è fornire un sostegno a quanti abbiano esaurito la Naspi per tutta la sua durata e si ritrovino ancora senza lavoro e in gravi difficoltà economiche. L’Asdi sarà erogato per una durata massima di sei mesi e sarà pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della Naspi.

LA DIS-COLL (Indennità di disoccupazione per i cococo e i cocopro).   Destinatari: collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita Iva. Requisiti: tre mesi di contribuzione dal primo gennaio dell’anno solare precedente. Importo: 75 per cento del reddito percepito nei casi in cui sia pari o inferiore nel 2015 all’importo di 1195 euro mensili. Durata: numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione presenti nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione del lavoro al predetto evento.

Riforma politiche attive e introduzione ANPAL Viene istituita una Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), e formata dalle strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall’ISFOL, nonché dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle Università e dagli altri Istituti di scuola secondaria di secondo grado.

Il Ministero del lavoro fisserà le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali in materia di politiche attive e definirà i livelli minimi essenziali che le prestazioni devono avere su tutto il territorio nazionale. Stipulerà, con ogni Regione e con le Province autonome, una convenzione per regolare i rapporti e gli obblighi concernenti la gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro. Sarà istituito, dall’ANPAL, un Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro, un Sistema informativo delle politiche del lavoro e il fascicolo elettronico del lavoratore. L’obiettivo è quello di valorizzare le sinergie tra soggetti pubblici e privati e di rafforzare le capacità di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Viene definito lo stato di lavoratore disoccupato e di lavoratore dipendente a rischio di disoccupazione. Gli appartenenti a queste categorie verranno assegnati ad una classe di profilazione, allo scopo di valutarne il livello di occupabilità e saranno convocati dai Centri per l’impiego per la stipula di un Patto di servizio personalizzato. Esso dovrà riportare la disponibilità del richiedente a partecipare a iniziative di politica attiva e ad accettare congrue offerte di lavoro. La sottoscrizione del P.S.P. sarà necessaria anche ai fini della concessione dell’ASDI. I lavoratori titolari di strumenti di sostegno del reddito potranno essere chiamati a svolgere attività di servizio nei confronti della collettività nel territorio del Comune di residenza.

Conciliazione Lavoro-Famiglia La legge mira a facilitare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, ampliando il campo di applicazione delle norme esistenti ai soggetti sinora esclusi (lavoratori autonomi e parasubordinati), attuando così un'universalizzazione delle tutele previste per la genitorialità, Le principali novità introdotte riguardano il congedo parentale che potrà essere richiesto fino al compimento del dodicesimo anno di vita del bambino, lì dove la precedente norma prevedeva la soglia dell'ottavo anno. Non solo. La scelta tra fruizione giornaliera o oraria del congedo parentale è ora consentita al lavoratore, anche in mancanza di una specifica disciplina dettata dalla contrattazione collettiva di qualsiasi livello.

Indicatori di fragilità Povertà soggettiva Povertà relativa e assoluta Indice di deprivazione materiale

Povertà soggettiva La condizione di povertà soggettiva viene accertata intervistando l’individuo/famiglia riguardo all’adeguatezza/inadeguatezza del proprio reddito Si tratta di un indicatore che esprime in termini percentuali la condizione di disagio e di insoddisfazione di quanti ritengono che il reddito percepito sia inadeguato

La soglia di povertà soggettiva è fissata al livello medio di reddito indicato dagli intervistati come “necessario per vivere senza lussi ma senza privarsi del necessario (escludendo le tasse)”. Per il 2006, tale soglia era fissata a 1800 euro per una famiglia-tipo di due persone (a 1300 euro nel 2001).

Povertà assoluta Indica la soglia di sussistenza. Si riferisce, infatti, alla incapacità di acquisire un paniere di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. Un pasto adeguato, un tetto, vestiario, riscaldamento, un minimo di mobilità e accesso ai trasporti, ecc.

Povertà relativa È un indicatore di distanza sociale. Individua quanti sono in condizioni di svantaggio non in senso assoluto ma rispetto ad altri. La soglia di povertà relativa può essere stabilita in base a due variabili: il reddito e la spesa per consumi. In base al reddito: è pari al 60% del reddito mediano del paese In base alla spesa per consumi: sono povere le famiglie di due persone con una spesa media inferiore alla spesa media nazionale pro capite Il confronto tra famiglie con numerosità e composizione diversa si effettua applicando scale di equivalenza.

Indice di deprivazione materiale Esso si riferisce alla mancanza di beni materiali per il soddisfacimento di bisogni essenziali, alla presenza dichiarata di difficoltà finanziarie e in generale all’incapacità individuale di vivere una vita decente. L’indice è calcolato con una serie di interviste a un campione di popolazione su una batteria di item ritenuti significativi del “disagio economico” i quali “vanno dalla capacità di soddisfare bisogni essenziali al possesso di generi di consumo durevole considerabili in taluni casi e situazioni voluttuari, alla regolarità nel far fronte a impegni economico finanziari quali il pagamento di tasse e bollette” (Cies 2009).

Alcuni dati sulla povertà Nel 2015 si stima che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi)

Alcuni dati sulla povertà (rapporto Caritas Vasi comunicanti) al Sud, dove vive il 34,4% dei residenti d’Italia, si concentra il 45,3% dei poveri di tutta la nazione

Gli elementi parzialmente inediti del fenomeno Famiglie in cui la persona di riferimento è in cerca di un’occupazione I cosiddetti working poor Una povertà “inversamente proporzionale” all’età

Crescono lo svantaggio e la povertà degli stranieri Due considerazioni 1 Sono poveri i bambini e per loro la povertà si traduce in privazioni di ordine materiale e educativo 2 Crescono lo svantaggio e la povertà degli stranieri Serve una misura di contrasto alla povertà capace di incidere dove la povertà è più acuta

IN ITALIA …UNA STAGIONE NUOVA? Legge di stabilità del 2016 (l.n. 208/2015) SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva) …già attivo da settembre 2016 Fondo per il contrasto della povertà minorile per sperimentare azioni rivolte a giovani in contesti di grave disagio …già pubblicati i primi bandi Definizione di una misura strutturale di sostegno al reddito …per il futuro disegno di legge delega al Governo per il contrasto della povertà, il riordino delle prestazioni e il sistema degli interventi e dei servizi sociali => REI (Reddito di Inclusione)

VEDIAMO COS’È IL SIA