Il giorno della civetta – A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia

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Transcript della presentazione:

Il giorno della civetta – A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia Università della Terza Età e del Tempo Disponibile- San Martino Buon Albergo Docente: prof. Cecilia Chiumenti a.a. 2016-2017 Il giorno della civetta – A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia

Leonardo Sciascia Leonardo Sciascia nacque a Racalmuto (Agrigento) nel 1921 e morì nel 1989. La famiglia era di condizioni molto modeste e Leonardo studiò per diventare maestro elementare e rendersi indipendente. Sciascia entrò presto in contatto con l'ambiente culturale siciliano. Esordì con raccolte poetiche (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952), ma ben presto si rivolse alla prosa. Le parrocchie di Regalpetra (1956) e i racconti Gli zii di Sicilia (1958), hanno al centro la Sicilia, con il suo passato di delusioni e promesse tradite e il suo problematico presente. Il giorno della civetta (1961), diede allo scrittore successo e un ruolo di grande rilievo nella battaglia contro la mafia per un cambiamento radicale delle regole della società siciliana. Seguirono Il Consiglio d'Egitto (1963), ambientato nella Palermo del Settecento e A ciascuno il suo (1966).

All'inizio degli anni '70 l'impegno civile di Sciascia si volse contro la cosiddetta "strategia della tensione" e il terrorismo. Nacquero così due delle sue opere più interessanti e controverse, Il contesto (1971) e Todo modo (1974), indagini poliziesche su oscuri episodi coinvolgenti figure del potere politico. Un momento di illusione positiva è Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977), in cui esprime un'aspirazione alla razionalità ripresa dalla cultura illuministica. La battaglia civile contro la logica dell'intrigo e della sopraffazione ebbe espressione organica nel filone dell'inchiesta storica (La morte dell'inquisitore, 1967) e nei racconti-inchiesta Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971) su uno scrittore francese suicida; La scomparsa di Majorana (1975) sulla misteriosa sparizione del famoso fisico nucleare; L'affaire Moro (1978), sul sequestro e l'omicidio del presidente democristiano.

Il giorno della civetta è la prima opera letteraria in cui viene esplicitamente affrontato il tema della mafia. 1961 È un romanzo breve – o un racconto lungo: Sciascia non definiva “romanzi” le sue opere narrative – composto di diciassette parti non numerate. In La Sicilia come metafora, Sciascia afferma: “Il giorno della civetta mi è stato ispirato dall’assassinio a opera della mafia, a Sciacca, del sindacalista comunista Miraglia”. Appendice del 1972, lettura Nel 1968 Damiamo Damiani ne trasse il film omonimo, con Franco Nero, Claudia Cardinale, Lee J. Cobb, Serge Reggiani

Il titolo Il titolo è tratto dall’Enrico VI di Shakespeare, un cui passo fa da epigrafe al romanzo: “… come la civetta quando di giorno compare”. Nella parte dedicata al romanzo delle sue Note ai testi –– Paolo Squillacioti riporta due brevissimi testi, il primo del 1960 e il secondo del 1979, in cui lo scrittore spiega il significato del titolo. La sostanza di entrambi i brani è che la mafia, che in passato operava in segreto, come la civetta che è un animale notturno, ora agisce in piena luce, anche grazie a complicità politiche. Il titolo è tratto dall’Enrico VI di Shakespeare, un cui passo fa da epigrafe al romanzo: “… come la civetta quando di giorno compare”. Nella parte dedicata al romanzo delle sue Note ai testi – nel primo volume delle Opere di Sciascia (Narrativa Teatro Poesia) da lui curato per Adelphi e al quale si rinvia – Paolo Squillacioti riporta due brevissimi testi, il primo del 1960 e il secondo del 1979, in cui lo scrittore spiega il significato del titolo. La sostanza di entrambi i brani è che la mafia, che in passato operava in segreto, come la civetta che è un animale notturno, ora agisce in piena luce, anche grazie a complicità politiche.

La vicenda Salvatore Colasberna, presidente di una piccola cooperativa edilizia di S., una mattina viene ucciso mentre sta per salire sull’autobus diretto a Palermo. All’omicidio assistono molte persone, ma nessuno è disposto a testimoniare. Le indagini sono dirette dal capitano Bellodi, comandante la compagnia Carabinieri di C. “Emiliano di Parma”, ex partigiano. Grazie a una lettera anonima, scritta da un fratello di Colasberna, Bellodi decide di indagare nel settore degli appalti e dell’associazione criminale che li controlla, ossia la mafia. La sua decisione è rafforzata anche da un’indicazione strappata al confidente Calogero Dibella, detto Parrinieddu. Alle indagini sull’omicidio Colasberna si affiancano quelle sulla scomparsa del potatore Paolo Nicolosi. Questi, uscendo di casa per recarsi al lavoro, ha visto l’uccisore di Colasberna fuggire dal luogo del delitto. Segue l’uccisione di Parrinieddu e l’arresto di Marchica, Pizzucco e Mariano Arena, capomafia del paese. La cosa suscita grande clamore e giunge fino in Parlamento, dove Arena ha come collegamento l’onorevole Livigni. Ma improvvisamente la ricostruzione del capitano Bellodi viene accantonata: la pista corretta è quella «passionale», Marchica troverà un alibi di ferro e don Mariano Arena uscirà di prigione, con un diadema di innocenza.

letture Incipit Pag. 40-43 il capitano Bellodi P. 43-44 «voi credete alla mafia?» P. 114 dialogo fra il capitano e il capomafia «questo è il punto… fino a Dibella era un uomo? Conclusione p. 129

Lo stile L’autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti.[…] L’autobus si mosse con rumore di sfasciume. L’ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l’uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all’autista «un momento» e aprì lo sportello mentre l’autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarciati: l’uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile, gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò.

A ciascuno il suo, 1966 Siamo in un piccolo borgo dell’entroterra siciliano, una calda estate del 1964. Una lettera anonima minaccia di morte il farmacista , tale Manno, uno che «viveva tranquillo, non aveva mai avuto questioni, non faceva politica». L'uomo pensa ad uno scherzo, ma la minaccia si avvera, al termine di una giornata di caccia. Gli inquirenti ipotizzano che il movente dell'assassino sia una presunta relazione di Manno con una frequentatrice della farmacia, ma questa pista si rivela sbagliata. Solo il professore Laurana individua la pista giusta, ponendo la sua attenzione sulla parola nel retro del foglio: Unicuique (A ciascuno), composta utilizzando i caratteri di un giornale, «L'Osservatore Romano», che ricevono solo due persone in paese. Laurana intuisce che il vero bersaglio non era il dott. Manno, bensì Roscio. Trova infine la soluzione del delitto: il dottor Roscio aveva scoperto la relazione che sua moglie, Luisa, aveva con suo cugino, l'avvocato Rosello. A causa dell'ultimatum che il dottor Roscio aveva lanciato a Rosello, l'avvocato reagisce facendolo uccidere da un sicario. L'ultimatum infatti prevedeva che, se non fosse terminata la tresca con sua moglie, Roscio avrebbe fatto scoppiare uno scandalo sulla base di documenti compromettenti personalmente procuratisi. Laurana si propone di tenere per sé i risultati della sua indagine, continuando per la sua strada. Ma non ci riesce. … Il «detective» improvvisato è uno sconfitto. Tema: l’omertà, i silenzi di una società in cui la mafia opera….