IL DECADENTISMO
L’origine del termine “decadentismo”. Il 26 maggio 1883 sul periodico parigino “Le Chat Noir” (Il gatto nero) Paul Verlaine pubblicava un sonetto dal titolo Langueur (Languore), in cui affermava di identificarsi con l’atmosfera di stanchezza e di debolezza spirituale dell’Impero romano alla fine della decadenza, ormai incapace di forti passioni e di azioni energiche, immerso nel vuoto e nella noia, inteso solo a raffinatissime quanto oziose esercitazioni letterarie. Il sonetto interpretava uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo, il senso di disfacimento e di fine di tutta una civiltà, l’idea, assaporata con un voluttuoso compiacimento autodistruttivo, di un prossimo crollo, di un imminente cataclisma epocale, per cui effettivamente si avvertiva un’affinità con il periodo del tardo Impero romano e si esaltava la suprema raffinatezza ed eleganza di simili momenti in cui una civiltà allo stremo può esprimersi in forme squisite.
«Sono l’Impero alla fine della decadenza, che guarda passare i grandi Barbari bianchi componendo acrostici indolenti il languore del sole in uno stile d’oro.»
Queste idee erano proprie di circoli d’avanguardia, che si contrapponevano alla mentalità borghese e benpensante e ostentavano atteggiamenti bohémien e idee deliberatamente provocatorie, ispirandosi al modello “maledetto” di Baudelaire. La critica ufficiale, a designare atteggiamenti del genere, usò il termine “decadentismo”, in accezione negativa e spregiativa, ma quei gruppi intellettuali lo vollero assumere polemicamente, rovesciandone il senso a indicare un privilegio spirituale, e ne fecero una sorta di bandiera orgogliosamente esibita.
Originariamente il termine “decadentismo” indicava un preciso movimento letterario sorto negli ambienti parigini negli anni 80, ma poiché in quel movimento si delinearono tendenze sviluppate in altri contesti più vasti, con questo termine si designò un’intera corrente culturale o addirittura un intero periodo diffusosi in altri paesi con diverse denominazioni, come ad esempio “Simbolismo”, la quale anche se si sviluppa con manifestazioni differenti, si individuano tra di essi denominatori comuni.
La visione del mondo decadente In questo periodo viene radicalmente rifiutata la visione positivistica dai gruppi di scrittori, e con essa la convinzione del dominio dell’uomo sul mondo. Il decadente, al contrario, ritiene che la ragione e la scienza non possano dare la vera conoscenza del reale perché l’essenza di esso è al di la delle cose, per cui solo rinunciando all’ambito razionale di può tentare di attingere all’ignoto. L’anima decadente è perciò sempre protesa verso il mistero che è dietro la realtà visibile, verso l’inconoscibile. Se per la visione comune le cose possiedono una loro individualità che le isola le una dalle altre, per questa visione, tutto è legato da analogie che sfuggono alla ragione e possono essere colte solo con l’abbandono all’irrazionale. Per questo ogni forma visibile è un simbolo di qualcosa di più profondo al di la di essa.
Questa rete di corrispondenze coinvolge anche l’uomo infatti la visione decadente propone un’identità tra io e mondo: l’unione avviene sul piano dell’inconscio. La scoperta dell’inconscio è il dato fondamentale e il nucleo della cultura decadente. L’anima decadente osa avventurarsi nella zona tenebrosa, i decadenti si lasciano travolgere dal vortice tenebroso distruggendo ogni legame razionale convinti che solo l’abbandono totale possa garantire la scoperta di una realtà più vera. Senza la scoperta di queste dimensioni non si capirebbe nulla delle concezioni del Decadentismo e dei suoi prodotti letterari.
La poetica del Decadentismo Uno dei momenti più privilegiati per i decadenti è l’arte. Gli artisti (il poeta, il pittore, il musicista,..) non sono solo abili artefici ma dei veggenti, capaci di spingere lo sguardo la dove l’uomo comune non vede nulla, di rivelare l’assoluto. Per questo l’arte appare il valore più alto, che deve assorbirli tutti quanti in se. Questo culto religioso dell’arte ha dato origine al fenomeno dell’estetismo l’esteta è colui che assume come principio regolatore della sua vita non i valori morali, ma solo il bello, ed esclusivamente il base ad esso agisce. Arte e vita per lui si confondono, nel senso che la vita è assorbita interamente dall’arte. Tutta la realtà è filtrata attraverso l’arte. Va costantemente alla ricerca di sensazioni rare, si circonda degli oggetti più preziosi, prova orrore per la banalità e la volgarità delle genti comuni che resta passiva al bello. Naturalmente non solo attraverso le opere scritte, ma anche attraverso la vita stessa, che, secondo i principi professati deve essere un’opera d’arte. Ne consegue anche che il poeta rifiuta di farsi banditore di idealità morali e civili: l’arte rifugge dalla rappresentazione della realtà storia e sociale e si chiude in una celebrazione di se stessa, depurandosi di tutti gli intenti pratici e utilitaristici; diviene cioè arte pura, poesia pura.
L’oscurità del linguaggio La parola poetica non può più essere strumento di una comunicazione logica, ma si propone di agire su una zona più profonda e oscura, assumendo un valore puramente suggestivo ed evocativo. Si determina, di conseguenza, una vera e propria rivoluzione del linguaggio poetico. Alle immagini nitide e definite si sostituisce l’impreciso, il vago, l’indefinito, che solo è capace di evocare sensi misteriosi. La parola smarrisce la sua funzione di strumento comunicativo e recupera quella di formula magica capace di rivelare l’ignoto, divenendo inevitabilmente oscura al limite dell’incomprensibilità. Anche se il poeta vuole comunicare, lo fa in forma cifrata, allusiva, enigmatica, rivolta a pochi iniziati perché solo loro sono in grado di accedere al mistero e di comprendere il suo linguaggio. Si rivela così il carattere aristocratico dell’arte decadente, che rifiuta di rivolgersi al pubblico borghese ritenuto mediocre e volgare. La scelta è inoltre motivata dall’imporsi della nascente cultura di massa che offre al grande pubblico romani prodotti fatti in serie. Anche nelle arti, l’avvento della fotografia distrugge l’unicità dell’opera d’arte. Per questo l’artista sente il bisogno di differenziarsi e si rifugia nel linguaccia cifrato per salvare l’arte vera che la produzione meccanica sta compromettendo. Si delinea, quindi, una frattura tra artisti e pubblico che esaspera il conflitto già profilatosi in età Romantica
Le tecniche espressive Vari sono i mezzi tecnici attraverso cui lo scrittore decadente ottiene questi effetti di suggestione. Innanzitutto la musicità che carica di valori evocativi e suscita echi profondi. Nella visione decadente la musica è la suprema fra le arti, proprio perché dotata di misteriose facoltà suggestiva. Nell’anima decadente la musica provoca vera e propria estasi. La trasformazione della parola poetica in musica è teorizzata da Verlaine ne “l’arte poetica” che si può considerare il “Manifesto tecnico” della nuova letteratura decadente. La sintassi si fa vaga e imprecisa.
Il linguaggio analogico e la sinestesia Lo strumento linguistico più usato è tuttavia quello metaforico. La metafora decadente, non è regolata da un semplice rapporto di somiglianza tra due oggetti come avviene nella tradizione, ma istituisce legami impensati tra realtà tra loro remote. Il rapporto simbolico è diverso da quello allegorico poiché l’allegoria postula il rapporto tra significato e significante, il simbolo è oscuro e misterioso, allusivo. Affine alla funzione della metafora è quello della sinestesia (fusione di sensazioni) la quale rimanda, come la metafora, ad una rete simbolica, una zona oscura dove le varie sensazioni e la realtà che le provocano si fondono in un complesso indistinto.
Temi e miti Si è visto come l’atmosfera dominante nell’età del decadentismo sia uno stato d’animo di stanchezza e di estenuazione derivante dal senso di disfacimento di una civiltà, che si avverte prossima al crollo. Di qui, nella letteratura decadente, deriva l’ammirazione per le epoche di decadenza in cui l’esaurirsi delle forze si traduce in estrema raffinatezza. I prodotti culturali di queste epoche sono sentiti come più affascinanti delle opere di età di pienezza e classicità.
La malattia e la morte La malattia è un altro gran tema decadente. Da un lato essa si pone come metafora di una condizione storia, di un momento di crisi profonda, di smarrimento delle certezze, di angoscia per il crollo, di tutto un mondo: la letteratura decadente è “malata” quasi ad esprimere la “malattia” che corrode dalle fondamenta la civiltà e sembra spingerla verso una prossima fine. Dall’altro lato la malattia diviene condizione privilegiata, segno di nobiltà e di distinzione, appare come uno stato di grazia, come lo strumento conoscitivo per eccellenza. Alla malattia umana si associa la malattia delle cose: il gusto decadente ama tutto ciò che è corrotto, impuro. La malattia e la corruzione affascinano i decadenti anche perché sono immagini della morte. La morte è in questo periodo un tema dominante.
Gli eroi decadenti Nascono alcune figure ricorrenti nella letteratura decadente. Innanzitutto l’artista “maledetto” che sceglie il male e si compiace di una vita misera e sregolata, condotta attraverso il vizio, l’uso dell’alcool e delle droghe. L’altra figura è quella dell’esteta che è l’uomo che vuole trasformare la sua vita in opera d’arte, sostituendo alle leggi morali le leggi del bello e andando costantemente alla ricerca di sensazioni squisite e piaceri raffinati. L’esteta ha orrore della vita comune, della volgarità borghese di una società dominata dall’interesse materiale e del profitto, e si isola in solitudine, circondato solo dalla bellezza dell’arte. Una terza figura fondamentale è quella dell’inetto a vivere il quale è escluso dalla vita a cui egli non sa partecipare per mancanza di energia vitale per una sottile malattia che corrode la sua volontà, può solo rifugiarsi nella sua fantasia. Vorrebbe provare forti passioni ma si sente impotente. Di contro a questi uomini deboli, incapaci di vivere, si profila un’immagine autentica di donna: la donna fatale, dominatrice del maschio fragile sottomesso, lussuriosa e perversa, che succhia le energie vitali dell’uomo.