Gli stili di strada e la moda Patrizia Calefato
I “bikini” della Villa del Casale di Piazza Armerina (IV sec. a.C.)
Strascichi Piero della Francesca, la regina di Saba in adorazione del legno della Croce, sec. XV
Giacche militari
Crinolina (XIX secolo)
Effetto “trickle-down” Nel saggio di Georg Simmel sulla moda del 1895, questa viene definita come un sistema di coesione sociale che permette di conciliare dialetticamente la chiusura dell’individuo entro un gruppo e la sua indipendenza relativa nel territorio dello spirito. La moda, secondo Simmel, è ritmata dai motivi della imitazione e della distinzione, che una cerchia sociale trasmette in maniera verticale alla comunità. L’analisi simmeliana fonda implicitamente la definizione della moda come un sistema di cui è possibile parlare solo nella modernità, e in particolare nella modernità matura della società di massa, in cui la produzione delle merci è simultaneamente produzione di segni e di significati sociali riproducibili serialmente. Il meccanismo di diffusione è in questa fase classica della moda quello detto trickle-down, della goccia che cade dall’alto verso il basso (dalle classi sociali agiate alle masse) e che si estende poi orizzontalmente nel meccanismo della imitazione, per venire però subito rimpiazzato, in un nuovo ciclo, da quello della distinzione.
“Le strade sono le abitazioni del collettivo” (Walter Benjamin) La “strada” “Le strade sono le abitazioni del collettivo” (Walter Benjamin)
Zooties (anni 30, USA) e Zazous (anni 40, Francia)
Teddy boys (UK anni 50)
Edoardo VII (1901-1910)
Mods e Rockers (UK anni 50-primi 60)
La battaglia di Brighton (1964) e il film Quadrophenia (1979, The Who)
Modelli nel cinema: Il selvaggio (1953)
Il parka e la Lambretta dei Mods
“Le strade sono le abitazioni del collettivo “Le strade sono le abitazioni del collettivo. Il collettivo è un essere sempre inquieto, sempre in movimento, che tra le mura dei palazzi vive, sperimenta, conosce e inventa tanto quanto gli individui al riparo delle quattro pareti di casa loro”. “... architetture, moda, anzi persino il tempo atmosferico, sono, all’interno del collettivo, ciò che i processi organici, i sintomi della malattia o della salute, sono all’interno dell’individuo”.
Girls from the Sixties Marianne Faithful Jane Birkin Nico Françoise Hardy
Hippies (USA anni 60)
Moda hippy: una guida
Moda e politica: Eskimo (Italia anni 70)
Moda e politica: Gonne a fiori (Italia anni 70)
“Sottoculture” Dick Hebdige (1979) muove dalle posizioni più classiche degli studi culturali inglesi per elaborare una definizione dello stile come forma di adesione estetica ed etica di gruppo nella società di massa a culture in processo, in divenire, gergali composte di tasselli che comprendono il modo di vestire, la musica, la letteratura, il cinema, le abitudini quotidiane. Un universo pop che si esprime negli street styles dai rocker ai punk, che Hebdige contrappone alla moda intesa come una delle “forme preminenti di discorso”. Il punk, in modo speciale, ha rappresentato secondo lui una strategia di denaturalizzazione dello stile, una pratica simile al surrealismo che otteneva l’effetto di mostrare letture paradossali degli oggetti, per esempio la spilla di sicurezza conficcata nella pelle, o il colore innaturale dei capelli, evidenziando simultaneamente e criminosamente il carattere innaturale di qualunque discorso.
Punk (UK, USA e resto del mondo, fine anni ‘70)
Bubble-up: Versace punk, 1994
Il trickle-down si rovescia in bubble-up
Hip-hop
Dal marciapiede (o dalla strada) alla passerella I luoghi della cultura quotidiana sono oggi quelli che determinano le mode prima ancora che la ricerca stilistica elabori in segno-merce di lusso il proprio artefatto. È una lezione che le multinazionali del casual hanno appreso, quando per esempio, dalla fine degli anni Ottanta, hanno costruito valori e mitologie attingendo agli stili e ai gusti dei giovani afro delle metropoli occidentali.
Adidas e Nike
Vetrina di Prada, Manhattan (arch. Rem Koolhaas)
Berlino, Vetrina a Prenzlauerberg
Miss Tic, Parigi
Mass moda La moda come mass moda è il luogo dove si manifesta una complessità di tensioni, di significati e di valori – non solo relativi alla dimensione vestimentaria. Questa complessità ha al suo centro il corpo e le modalità del suo essere al mondo, del suo rappresentarsi, del suo mascherarsi, travestirsi, misurarsi e confliggere con stereotipi e mitologie. Il corpo rivestito è il territorio fisico-culturale in cui si realizza la performance visibile e sensibile della nostra identità esteriore. In esso, testo-tessuto culturale composito, trovano modo di esprimersi tratti individuali e sociali che attingono a elementi quali il genere, il gusto, l’etnicità, la sessualità, il senso di appartenenza a un gruppo sociale o, viceversa, la trasgressione.
Princess hijab
The street-art group 'Freedom Painters' in Nasr City, Cairo, 2011 from Jano Charbel’s blog <http://she2i2.blogspot.com>
T-shirt
Lisbeth Salander
Nerd Byblos 2007-2008 Fall/Winter men's fashion collection
Jesse Eisenberg interpreta Mark Zuckerberg in The social network
Fashion blog: The Sartorialist http://thesartorialist.blogspot.com “I started The Sartorialist simply to share photos of people that I saw on the streets of New York that I thought looked great. When I worked in the fashion industry (15 years), I always felt that there was a disconnect between what I was selling in the showroom and what I was seeing real people (really cool people) wearing in real life”. Scott Schuman
stilinberlin.blogspot.com
Södermalm, Stoccolma: negozi vintage
Mostra al Metropolitan Museum, NY
Fine