Giovanni Verga (1840-1922).

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Transcript della presentazione:

Giovanni Verga (1840-1922)

Vita e opere Giovanni Verga e Luigi Capuana

Verga “scrittore di transizione” (Luperini) LUOGHI TEMPI CORRENTI DI RIFERIMENTO OPERE PRINCIPALI Catania 1840-1869 (con interruzioni) Letteratura patriottica-risorgimentale Amore e patria (1857) I carbonari della montagna (1861-62) Sulle lagune (1863) Firenze 1865, poi 1869-1872 Romanzo borghese Una peccatrice (1866) Storia di una capinera Milano I fase 1872-1877 Contatti con la Scapigliatura Letteratura campagnola Eva (1873) Nedda (1874) Tigre Reale (1875) Eros (1875) II fase 1877-1893 Naturalismo francese  Verismo Vita dei campi (1880) I Malavoglia (1881) Novelle Rusticane (1883) Per le vie (1883) Mastro Don Gesualdo (1889)

Giudizio sintetico di G. Contini su Verga scrittore Catanese (1840-1922), non ebbe una vita distinta da grandi avvenimenti esterni: i più rilevanti sono i lunghi soggiorni a Firenze (dal 1865) e poi a Milano (dal 1872), che attestano una scelta sagace e non consueta a quegli anni, la prima della capitale del nuovo Stato, la seconda della città più moderna e borghese d’Italia. La carriera del Verga scrittore grande ha qualcosa di misterioso: si concentra in un decennio, e quanto precede o segue è letteratura mediocre quando non bassa, senza rapporti seri con quella in cui l’autore è supremo; anzi la vena scadente affiora, fiancheggiatrice estranea, perfino durante quel decennio. Lo scrittore grande è il celebratore della plebe del suo paese, e cioè l’autore dei racconti di Vita dei campi, del 1880, e di Novelle rusticane, del 1883, e del romanzo I Malavoglia, del 1881, presentato come primo della serie «I vinti», e la cui trama è già compiutamente disegnata, nella cornice della lettera a un’amica, in uno di quei racconti, Fantasticheria.

I Malavoglia

Tecnico/stilistico narrativo Tematico Verga, I Malavoglia Il romanzo I Malavoglia è il capolavoro indiscusso del secondo Ottocento italiano. È però un romanzo complesso, difficile da analizzare, che rivela il suo messaggio profondo e la sua bellezza solo dopo averlo analizzato per intero. Nessun romanzo quanto i Malavoglia necessita di un introduzione che chiarisca gli scopi che si è prefisso l’autore e le tecniche narrative da lui utilizzate. 2 punti di vista: Tecnico/stilistico narrativo Tematico Padron

Tecnica narrativa  impersonalità Verga, I Malavoglia Secondo la sua visione, la rappresentazione artistica deve possedere l’efficacia dell’essere stato, deve conferire al racconto l’impronta di cosa realmente avvenuta (porre il lettore «faccia a faccia col fatto nudo e schietto»). Lo scrittore deve eclissarsi, cioè non deve comparire nel narrato con le sue reazioni soggettive, le sue riflessioni, le sue spiegazioni, come nella narrativa tradizionale (il narratore «rimarrà assolutamente invisibile»). Il lettore avrà l’impressione di sentire non un racconto di fatti, ma di assistere a fatti che si svolgono sotto i suoi occhi. Il lettore deve essere introdotto nel mezzo degli avvenimenti senza che nessuno spieghi gli antefatti, «come ei li avesse tutti conosciuti diggi, e più vissuto con loro e in quell’ambiente sempre». Padron

Verga, I Malavoglia  i personaggi Padron ‘Ntoni (vedovo) Bastianazzo  Longa Figli: ‘Ntoni Luca Filomena (Mena) Alessio Lia Padron

Tecnica narrativa Verga, Prefazione a L’amante di Gramigna, 1880. [1] Caro Farina, eccoti per l’articoletto che mi hai fatto l’onore di chiedermi, non un racconto, ma l'abbozzo di un racconto. (…). Io te lo ripeterò così come l’ho raccolto per i viottoli dei campi, press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu certamente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nudo e schietto senza stare a cercarlo fra le righe del libro, attraverso la lente dello scrittore. Il semplice fatto umano farà pensare sempre; avrà sempre l’efficacia dell’esser stato, delle lagrime vere, delle febbri e delle sensazioni che son passate per la carne. Padron

Tecnica narrativa Verga, Prefazione a L’amante di Gramigna, 1880. [2] Noi rifacciamo il processo artistico a cui dobbiamo tanti monumenti gloriosi, con metodo diverso, più minuzioso e più intimo. Sacrifichiamo volentieri l’effetto drammatico del risultato […] allo sviluppo logico, necessario di esso, ridotto meno improvviso, meno efficace, ma non meno fatale; siamo più modesti, se non più umili; ma le conquiste che facciamo delle verità psicologiche non saranno un fatto meno utile all'arte dell'avvenire. Si arriverà mai a tal perfezionamento nello studio delle passioni, la scienza del cuore umano, che sarà il frutto della nuova arte, svilupperà talmente e così generalmente le risorse dell’immaginazione che i soli romanzi che si scriveranno saranno i fatti diversi? Padron

Tecnica narrativa Verga, Prefazione a L’amante di Gramigna, 1880. [3] Intanto io credo che il trionfo del romanzo, la più completa e la più umana delle opere d’arte, si raggiungerà allorché l'affinità e la coesione di ogni sua parte sarà così completa che il processo della creazione rimarrà un mistero, come lo svolgersi delle passioni umane, che l'armonia delle sue forme sarà così perfetta, la sincerità della sua realtà così evidente, il suo modo e la sua ragione di essere così necessarie, che la mano dell'artista rimarrà assolutamente invisibile, e il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, e l'opera d'arte sembrerà siasi fatta da sé, sia sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di contatto col suo autore, […] ch’essa stia per ragion propria, palpitante di vita ed immutabile, al pari di una statua di bronzo di cui l’autore abbia avuto il coraggio divino d’eclissarsi e sparire nella sua ombra immortale. Padron

Verismo e Naturalismo Verismo (Italia)  ambientazione primitiva, agricola e pastorale Romanzi naturalisti (Francia)  le periferie delle moderne città industriali Verismo: spiccato regionalismo, testimonianza della profonda disomogeneità dell’Italia postunitaria sotto la superficiale unità della cultura ‘alta’.  Ricerca di strumenti linguistici adeguati, in controtendenza rispetto al rinnovamento linguistico manzoniano.

Verga, Prefazione a I Malavoglia Nella Prefazione ai Malavoglia notare alcuni capisaldi del programma verista: il concetto di narrazione come frutto di uno studio sincero e spassionato, qui applicato alle irrequietudini pel benessere, analizzate nel loro sorgere nella fascia sociale più bassa. l’idea che l’oggetto da osservare sia il meccanismo delle passioni [e notare la volontà di far risaltare la natura meccanica del sentimento] la concezione del progresso, fenomeno grandioso se visto da lontano e complessivamente agghiacciante se analizzato da vicino l’idea che il compito dello scrittore sia non giudicare ma studiare e rappresentare

Verga, Prefazione a I Malavoglia Il «ciclo dei vinti» la gradualità del progetto e il progressivo complicarsi dello studio (e del linguaggio) applicato a: lotta per soddisfare i bisogni materiali –> “I Malavoglia” avidità di ricchezze  “Mastro don Gesualdo” vanità aristocratica  ”La duchessa di Leyra” ambizione [politica]  “L’onorevole Scipioni” mescolanza di tutte insieme  ”L’uomo di lusso”

Tecniche narrative Per rappresentare la realtà vera, Verga utilizza delle nuove tecniche di scrittura che lo aiutano a rappresentare meglio il mondo che vuole raccontare. Le principali sono: Eclissi dell’autore L’autore non esprime alcun giudizio, parla e pensa attraverso i personaggi che seguono la loro mentalità Regressione Il narratore regredisce allo stesso livello dei suoi personaggi Straniamento Indica la differenza tra il punto di vista del narratore ( personaggio) e quello dell’autore e lettore La lingua Per essere reale deve poter ricostruire l’ambiente, pur non potendo essere di tipo regionalistico. Verga tenta di utilizzare una sintassi modellata sul dialetto Il discorso indiretto libero Utilizza la terza persona riproducendo le sgrammaticature del dialetto e seguendo i pensieri del personaggio

Verga, I Malavoglia Eventi storici Eventi privati 1848: terremoto. Fase cruciale delle lotte risorgimentali nasce Mena 1860 (giugno): un decreto regio stabilisce che ogni anno il contingente di leva sia formato per sorteggio 1863 (dicembre): ‘Ntoni parte per la leva di mare. Luca partirà dopo il Natale 1865. Tra le due partenze cade la morte di Bastianazzo 1866 (20 luglio): battaglia di Lissa muore Alessi; le prime notizie sulla battaglia arrivano al paese in coincidenza con la festa per il fidanzamento di Mena e Brasi Cipolla 1867: epidemia di colera muore la Longa ; seconda partenza di ‘Ntoni la definitiva partenza di ‘Ntoni cade nel 1874.

Verga, I Malavoglia, cap. II Luogo Personaggi sugli scalini della Chiesa Il sensale Piedipapera, padron Fortunato Cipolla, il fratello di Menico della Locca, lo zio Crocifisso, padron ‘Ntoni nella spezieria Don Giammaria il parroco, don Silvestro il segretario comunale e don Franco il farmacista per strada e nelle case La Longa, le vicine, la cugina Anna, Grazia Piedipapera, Venera la Zuppidda, Alessi e Nunziata, Mena e Alfio all’osteria Rocco Spatu

Eclissi del narratore

Proverbi a confronto nel II capitolo dei Malavoglia Quando il sole si corica insaccato si aspetta il vento di ponente (PN) Mare crespo, vento fresco (PFC) 'Ntroi 'ntroi, ciascuno coi pari suoi (PN) Ognuno all'arte sua, e il lupo alle pecore (PN) La ragazza com'è educata, e la stoppa com'è filata (PN) A donna alla finestra non far festa (la Longa) Carro, cataletto (le mamme sulla strada) Chi è galantuomo bada ai fatti suoi (ZC) Mare amaro (PN) Chi ha il cuor contento sempre canta» conchiuse padron ‘Ntoni (PN) [PN = Padron ‘Ntoni; PFC = padron Fortunato Cipolla; ZC = zio Crocifisso]

La sapienza ‘economica’ dell’usuraio zio Crocifisso Buone parole e mele fradicie. Chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno. Coll'interesse non c'è amicizia. Quel ch'è di patto non è d'inganno. Al giorno che promise si conosce il buon pagatore. Alla credenza ci si pensa Le cose lunghe diventano serpi L'uomo per la parola e il bue per le corna.

Padron ‘Ntoni e i suoi estremi proverbi (cap. XV, incipit) Padron 'Ntoni adesso era diventato del tutto un uccellaccio di camposanto, e non faceva altro che andare intorno, rotto in due, con quella faccia di pipa, a dir proverbi senza capo e senza coda: Ad un albero caduto accetta! accetta! - Chi cade nell'acqua è forza che si bagni - A cavallo magro, mosche. - E a chi gli domandava perché andasse sempre in giro, diceva che la fame fa uscire il lupo dal bosco, e cane affamato non teme bastone; ma di lui non volevano saperne, ora che era ridotto in quello stato. Ognuno gli diceva la sua, e gli domandava cosa aspettasse colle spalle al muro, lì sotto il campanile, che pareva lo zio Crocifisso quando aspettava d'imprestare dei denari alla gente, seduto a ridosso delle barche tirate in secco, come se ci avesse in mare la paranza di padron Cipolla; e padron 'Ntoni rispondeva che aspettava la morte, la quale non voleva venire a prenderselo, perché lo sfortunato ha i giorni lunghi.

F. RODEGEM, La parole proverbiale (1984) L’emittente di un proverbio è di solito un adulto, che ricorre a una formula desunta dalla tradizione per dare valore al suo discorso, rivendicando la propria autorità. Il proverbio è un atto linguistico che si presenta come il frutto di un’esperienza; non innova, ma riporta il destinatario a qualcosa che sa già (è un deja-vu). L’efficacia del proverbio è assicurata dal suo carattere di sanzione, che reprime le infrazioni nocive all’armonia sociale, attraverso il richiamo ad una norma, l’enunciazione di un divieto o la denuncia satirica dell’“errore”. Il proverbio è un atto linguistico che non prevede risposta: il destinatario lo ‘subisce’.

‘Ntoni contro la sapienza proverbiale del nonno Bella consolazione! Io non voglio vivere come un cane alla catena, come l’asino di compare Alfio, o come un mulo da bindolo, sempre a girar la ruota; io non voglio morire di fame in un cantuccio, o finire in bocca ai pescicani. “Più ricco è in terra chi meno desidera” “Meglio contentarsi che lamentarsi” “Ad ogni uccello, suo nido è bello”

Il finale: alcune interpretazioni LUIGI RUSSO: vittoria dei valori ideali sul pessimismo. Celebrazione della sacralità della famiglia e della casa. Tempio della casa viene riconsacrato  religione della famiglia BARBERI SQUAROTTI: la conclusione non è il ritorno al punto di partenza iniziale. La famiglia è dispersa, un mondo è crollato definitivamente. La casa di Alessi è una casa dei «tempi nuovi» LUPERINI: il romanzo si conclude con la partenza di ‘Ntoni. La conclusione ha il senso di distacco definitivo, di un addio amaro a quel mondo arcaico e mitico, a quello spazio chiuso e mitico, quel tempo circolare e immobile.

Il finale: alcune interpretazioni Il distacco definitivo dal passato Il passato racchiude un mondo arcaico e ormai lontano Distacco da quell’atteggiamento romantico che lo aveva indotto a cercare nella realtà rurale un fresco e sereno raccoglimento e un’alternativa al progresso Cfr. Gesualdo  logica del denaro. Nessun ideale vince questa logica necessità Prosecuzione del personaggio di ‘Ntoni, nel suo viaggio verso la realtà moderna, in cui la logica della «roba» domina senza contrasti e i valori sono impossibili