Il ruolo della donna nella comunità

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Transcript della presentazione:

Il ruolo della donna nella comunità Roma 30 Novembre 2015 Il ruolo della donna nella comunità Islamica e Italiana : La violenza di genere Dott.ssa Daniela Veneruso Psicologo Clinico-Psicoteraputa-Criminologo Consulente Tecnico per la Procura di Roma Tutor Scuola Accademia di Psicoterapia Psicoanalitica SAPP Codice Rosa-Policlinico Umberto I –Roma E-mail: danielaveneruso@libero.it

Il concetto di violenza di genere ha subito numerose modifiche negli anni a causa del contesto culturale, sociale ed istituzionale. Donna è colei che Dio creò dall’uomo per essere accanto a lui ed aiutarlo. Non è proprio così nel mondo. Cenni storici Nel mondo occidentale: i maschi hanno gestito il potere politico e religioso, liberi di scegliere il proprio destino Nel mondo arabo la situazione attuale non è molto migliorata per la donna. © D.Veneruso 2015

Cenni storici LA COLPA E’ DEL CORANO? Le problematiche legate alla posizione, della donna nella SOCIETA ARABO ISLAMICA non sono del tutto dovute all’Islam che, nel suo reale significato, vuol dire sottomissione all’unico Dio creatore, nel segno dell’amore, della pace e della fratellanza. GRAZIE PROPRIO ALL’ISLAM la donna è stata elevata al rango di figlia di Dio, in un rapporto perfettamente equo rispetto all’uomo e, soprattutto, riscattato rispetto a quelle che erano le consuetudini pre- islamiche, in cui erano praticamente assenti diritti e tutele per le donne. Cenni storici © D.Veneruso 2015

Dati emersi dalla ricerca: Dalle interviste raccolte nel paese è emersa anche l’estrema diffusione di matrimoni forzati, soprattutto nei villaggi dove la donna diventa merce di scambio e viene letteralmente venduta e data in sposa al migliore offerente. Altra questione che fa precipitare l’Egitto in coda alla classifica è la pratica delle mutilazioni genitali che continuano ad essere la prassi per il 91% delle bambine, secondo i dati raccolti dall’Unicef. ULTIMO in tutte le categorie: molestie sessuali subite dal 99% delle donne e delle bambine. Basti ricordare come durante le proteste di piazza Tahrir quasi un centinaio di donne furono violentate o molestate, proprio per limitarne la partecipazione e alimentare un clima di paura durante le manifestazioni. 22° posto EGITTO 21° posto: Iraq In Iraq la condizione delle donne risulta peggiorata dal 2003, anno di inizio dell’intervento americano. Sempre più sono le donne che vivono in condizioni di vulnerabilità, e che rischiano di subire abusi sessuali o di diventare oggetto di tratta.

Dati emersi dalla ricerca: 20° posto: Arabia Saudita Le donne non possono disporre liberamente neppure del possesso dei propri documenti di identità. Serve il permesso del “garante” per viaggiare, sposarsi, frequentare le scuole e ricevere assistenza sanitaria. Nel 2015 le donne dovrebbero andare a votare per la prima volta. Nei casi di stupro la vittima rischia di essere accusata di adulterio e deve comunque produrre quattro testimoni uomini per poter denunciare la violenza. Nella foto: Gedda è tra le 200 città più dinamiche del mondo, il più grande porto del Mar Rosso, un punto di passaggio fondamentale per i pellegrini diretti alla Mecca e la più grande area metropolitana dell'Arabia Saudita dopo la capitale Riyad, con oltre 4 milioni di abitanti nell'area metropolitana. Negli ultimi 15 anni, il reddito per abitante è aumentato di oltre il 50%. (KARIM SAHIB/AFP/Getty Images) 19° posto: Siria Con la guerra civile si sono registrati casi in cui le violenze sono state impiegate deliberatamente per scoraggiare le proteste e fiaccare la resistenza. Almeno 4mila sono i casi di stupro e mutilazioni sessuali riportati dal Syrian Network for Human Rights. Se l’età minima per il matrimonio è 17 anni, nei campi profughi sono stati riscontrati casi di nozze anche con bambine di 12 anni.

Dati emersi dalla ricerca: 18° posto: Yemen Uno dei traffici più redditizi nel paese è quello dei matrimoni con minorenni, spesso con turisti stranieri. Non esiste un’età minima per le nozze e si stima che almeno un quarto delle adolescenti si sposi prima dei quindici anni. Sul fronte dell’istruzione, solo il 53% delle ragazze completa le scuole primarie, contro il 73% dei ragazzi. 17° posto: Sudan L’età minima per il matrimonio è di soli dieci anni, nel codice penale esiste ancora un articolo, il 152, che ammette l’arresto e la flagellazione per il modo di vestire. Notevoli progressi con le elezioni politiche del 2008, quando il 25% dei seggi dell’Assemblea Nazionale sono stati riservati alle donne. 16° posto: Libano Il codice penale, nell’articolo 522, consente agli stupratori di evitare il processo se si impegnano a sposare la vittima. E le donne non possono trasferire la cittadinanza ai propri figli se avuti da partner straniero. L’aborto resta ancora oggi un reato punibile con 7 anni di carcere.

Dati emersi dalla ricerca: 15° posto: Territori Palestinesi Soltanto il 17% delle donne lavora, ma il 92,6% ha comunque conseguito un titolo di studio. Per la prima volta nel 1996 le donne sono andate al voto per il Consiglio Palestinese. L’età minima stabilita per il matrimonio è di 15 anni in West Bank e 17 a Gaza. 14° posto: Somalia In Somalia il ruolo politico delle donne è riconosciuto in Parlamento, dove la presenza femminile è del 14%.La violenza contro le donne è ancora molto diffusa, e il numero più alto di casi s è verificato nei campi per rifugiati: solo nel 2012 ci sono stati mille e 700 casi accertati. 13° posto: Djibouti Il 2003 è stato il primo anno in cui una donna ha conquistato un seggio. Il 38% delle donne, circa 100mila, ha un impiego. La nota dolente di questo paese a metà classifica è l’altissima diffusione ancora oggi delle pratiche di mutilazione genitale.

Dati emersi dalla ricerca: 12° posto: Barhain Le donne hanno votato e acquisito il diritto di eleggibilità soltanto nel 2002, e sul fronte giudiziario la testimonianza di una donna ha lo stesso valore di quella di un uomo davanti alla Corte Islamica. L’età minima per il matrimonio è ancora di 15 anni, e il 30% delle donne sposate ha subito abusi dal coniuge. 11° posto: Mauritania Presenti le quote rosa nelle liste elettorali con percentuale minima di candidate del 20%. La maternità è riconosciuta con 98 giorni di permesso retribuiti, il 9% delle donne risulta assumere un contraccettivo. Ma il 69% delle donne mauritane continua a subire in tenera età mutilazioni genitali. 10° posto: Emirati Arabi Nel 2008 alle donne è stato concesso di intraprendere gli studi in legge, e da allora solo in due sono diventate giudice. La testimonianza della donna continua a valere la metà di quella di un uomo. Le vittime rischiano ancora di essere accusate di adulterio. E’ vietato sposare uomini non musulmani.

Dati emersi dalla ricerca: 9° posto: Libia Nelle elezioni del 2012, 33 donne sono state elette in Consiglio Nazionale. Il paese ha un età minima di matrimonio piuttosto alta, 20 anni, la stessa per donne e uomini. Il 28% della forza lavoro totale del paese è composta da donne. 8° posto: Marocco il 67% delle donne utilizza metodi anticoncezionali. Le violenze domestiche hanno ancora numero elevato: si parla di 17mila casi accertati ed esiste un articolo del codice penale, il 496, che sancisce il reato di accoglienza di una donna che abbandona il tetto coniugale. 7° posto: Algeria In Algeria le donne hanno il 31,6% dei seggi in Parlamento, e un’età media di matrimonio paragonabile a quella europea, di 29,5 anni. Il 14 ottobre 2012 il paese ha firmato la prima convenzione contro le molestie sessuali.

Dati emersi dalla ricerca: 6° posto: Tunisia Nel 2002 ha concesso alle donne che sposano cittadini stranieri di trasferire la cittadinanza a marito e figli. Dal 2009 le donne non musulmane godono degli stessi diritti del coniuge. In maternità, si ha diritto a 30 giorni di assenza dal lavoro. L’aborto è concesso entro i primi tre mesi di gravidanza dall’articolo 214. 5° posto: Qatar Il Qatar in politica solo un posto su 29 nel Consiglio Centrale è occupato da una donna. L’età media di nozze è di 25,4 anni. Per guidare le donne hanno ancora bisogno del permesso del marito, ma il 51% della forza lavoro totale è al femminile. 4° posto: Giordania Dal 2003 le donne possono richiedere il passaporto senza il permesso del marito o del parente (uomo) più prossimo, anche se la società giordana resta estremamente patriarcale: Ad esempio non è ancora possibile il trasferimento della cittadinanza ad un marito straniero e ai figli.

Dati emersi dalla ricerca: 3° posto: Kuwait Nel 2005 le donne hanno ottenuto il diritto di voto e oggi occupano almeno la metà dei 240mila posti ministeriali. Sulla violenza e le molestie sessuali però non esiste ancora una legge specifica, e lo stupro fra le mura domestiche non è riconosciuto né punibile. 2° posto: Oman Il 29% delle donne ha un lavoro, ma soltanto l’1,2% sta in Parlamento. Il divorzio è ammesso ma se la richiesta arriva dall’uomo non servono motivazioni che la giustifichino, mentre per la donna è necessario passare attraverso un procedimento legale di otto fasi prima che la sua richiesta venga accolta. 1° posto: Repubblica Federale Islamica delle Comore Nell’arcipelago il divorzio è ammesso e tutela le donne che mantengono la casa e proprietà. I reati sessuali sono riconosciuti e puniti con il carcere. In politica due donne al vertice dei ministeri delle telecomunicazioni e del lavoro. Il 35% del totale degli occupati è donna.

QUESTA E’ LA SITUAZIONE ATTUALE DEGLI STATI CHE PREDICANO L’ISLAM Mentre per alcuni, i passi del corano vogliono portare ad un progressivo miglioramento della vita della donna rispetto a quella precedente l’islam, per altri il corano dichiara una netta supremazia dell’uomo sulla donna. Di fronte a Dio, per il Corano, uomini e donne sono uguali. NON E’ COLPA DEL CORANO. © D.Veneruso 2015

La donna nel Corano  “Sposate allora due o tre o quattro tra le donne che vi piacciono; ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola.. ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti. E date alle vostre spose la loro dote”. (versetto: 3, 4) Il musulmano può sposare quattro mogli solo se può permetterselo, solo se può mantenerle tutte e quattro dando a ciascuna una casa. Può sposarne anche una sola, e se si trova bene con una, non sposa altre donne. Per quanto riguarda la donna, anche lei può sposare un altro uomo, però, a differenza dell’uomo che può averne quattro contemporaneamente, la donna non può avere più mariti nello stesso momento, ma chiudere definitivamente con quello precedente, e non ha il dovere di mantenerlo, come avviene per l’uomo nei riguardi della donna. “Anche alle donne spetta una parte di quello che hanno lasciato genitori e parenti stretti: piccola o grande che sia”. “Se volete cambiare una sposa con un’altra, non riprendetevi nulla, anche se avete dato ad una un qintàr d’oro: il riprendere sarebbe un oltraggio e un peccato evidente. E come lo riprendereste, dopo che vi siete accostati l’uno all’altra”.  “O Profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate”. © D.Veneruso 2015

Nell’edizione 2013, il sondaggio che la Fondazione realizza annualmente ha mostrato che dopo le rivolte del 2011 le donne non hanno di fatto beneficiato della “fine” dei regimi, e si ritrovano ancora a fare i conti con discriminazioni, molestie sessuali e aumento di instabilità sociale. La giornalista egiziana Mona Eltahawy dice: “Abbiamo rimosso Mubarak (capo di Stato egiziano in carica per più anni) dal palazzo ma dobbiamo ancora rimuoverlo dalle nostre menti e dalle nostre camere da letto. Noi donne abbiamo bisogno di una doppia rivoluzione quella contro i dittatori che hanno rovinato i nostri paesi e quella contro la miscela tossica di cultura e religione che rovina le nostre vite” Cenni storici © D.Veneruso 2015

1975: Abolizione “dell’autorità maritale” e dei mezzi di correzione e disciplina nei confronti della propria moglie; 1981: Scompare dal codice penale il “Delitto d’onore” che permetteva sensibili sconti di pena nel caso di uxoricidio per infedeltà; Vale la pena di riportare il dettato originario della norma: Codice Penale, art. 587 “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.” Cenni storici © D.Veneruso 2015

L'art. 587 del codice penale consentiva quindi che fosse ridotta la pena per chi uccidesse la moglie (o il marito, nel caso ad esser tradita fosse stata la donna), la figlia o la sorella al fine di difendere "l'onor suo o della famiglia". 1988 il codice ha riconosciuto alla persona offesa il diritto di interloquire direttamente con il giudice ma la persona offesa ha continuato a svolgere ruolo marginale; Nel 1996, legge n.66: il concetto di violenza sessuale il cosiddetto stupro passa da “reato contro la morale ed il buon costume” a “ reato contro la persona e contro la libertà individuale” con la reclusione da 5 a 10 anni; Cenni storici © D.Veneruso 2015

Nel 1997 la cosiddetta Direttiva Prodi-Finocchiaro basata sulla Piattaforma di Pechino, approvata dalla IV° Conferenza mondiale sulle donne del 1995, impegnava il Governo e le istituzioni italiane a prevenire e contrastare tutte le forme di violenza fisica, sessuale e psicologica contro le donne, dai maltrattamenti familiari al traffico di donne e minori a scopo di sfruttamento sessuale”. Nel 2001 la decisione quadro del consiglio dei ministri dell’unione europea sulla scia del consiglio di tampere del 1999, mira a realizzare a 360 gradi un sistema di misure pro-vittima assistendo le vittime del reato prima, durante e dopo il procedimento penale individuando uno standard di diritti minimo che ogni stato deve garantire alle vittime di reati. Cenni storici © D.Veneruso 2015

La violenza di genere Cosa vuol dire violenza di genere e perché è importante distinguerla da altre forme di violenza? Le Nazioni Unite la definiscono come: “ ogni atto legato alla differenza di sesso che provochi o possa provocare un danno fisico, sessuale, psicologico o una sofferenza della donna, compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o l’arbitraria privazione della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata” (Art. 1, Dichiarazione delle Nazioni Unite (ONU) sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, Vienna, 1993). Per violenza di genere si intende, la violenza diretta ad una persona sulla base della sua appartenenza di genere, ovvero la violenza agita dagli uomini contro le donne proprio perché donne - che siano esse compagne, figlie, sorelle, madri, conoscenti etc. © D.Veneruso 2015

La violenza di genere In questo senso la violenza di genere si distingue da altre forme di violenza ed è importante mantenerla concettualmente distinta per comprenderne le origini, le cause e le ripercussioni. “La violenza contro le donne è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, ed ha impedito un vero progresso nella condizione delle donne...” Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla Eliminazione della Violenza Contro le Donne, Risoluzione dell’Assemblea Generale, dicembre 1993. Si tratta di una serie di condotte che comportano nel breve e nel lungo tempo un danno sia di natura fisica sia di tipo psicologico e esistenziale (A.C.2006). © D.Veneruso 2015

Cenni storici La radice della violenza va ricercata nella relazione. La violenza è una patologia della relazione di coppia perchè è all’interno della coppia che vi sono condotte che chiamano in causa anomalie della relazione che possono fondatamente essere ricondotte ai c. d. reati a due. L’attenta analisi della natura e del tipo di relazione tra i protagonisti potrà fornire gli elementi più utili e più attendibili ai fini della comprensione del senso della condotta per la formulazione di varie ipotesi interpretative sul piano criminologico, giuridico e psicopatologico (Le vittime del crimine,A. Giannini, B. Nardi) Cenni storici © D.Veneruso 2015

Violenza domestica e violenza sex La violenza familiare o IPV (Intimate Partner Violence) si origina e si alimenta all’interno delle mura domestiche in una situazione in cui vittima e autore sono in stretto contatto tra loro. La violenza sessuale è, secondo la definizione del codice penale italiano, la costrizione mediante violenza o minaccia a compiere o subire atti sessuali. Violenza domestica e violenza sex © D.Veneruso 2015

Violenza Domestica Valutazioni statistiche Istat(2007) indagine più importante in Italia “Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia” in cui è stato dimostrato che la violenza nei confronti della donna è un fenomeno estremamente diffuso e può assumere forme e aspetti più vari: CAMPIONE COMPRENDEVA 25MILA DONNE TRA I 16 E 70 ANNI INTERVISTATE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE. © D.Veneruso 2015

Violenza Domestica Valutazioni statistiche 6,7 milioni di donne in Italia tra i 16 e i 70 anni (31,9%) hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della vita 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali (23,7%) 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%) Circa 1 milione di donne ha subito tentati stupri (4,8%) 7,1 milioni di donne hanno subito o subiscono violenza psicologica 2,7 milioni di donne hanno subito comportamenti persecutori (stalking). © D.Veneruso 2015

Violenza Domestica Valutazioni statistiche Ma… solo il 18,2% delle donne considera la violenza subita in famiglia un reato il 45,2% di chi subisce violenza dal partner attuale non ne parla con nessuno il 93% delle violenze causate da un partner non viene denunciato Violenza Domestica Valutazioni statistiche Indagine ISTAT 2007 “La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia in Italia”, realizzata su un campione di 25 mila donne tra i 16 e i 70 anni,intervistate su tutto il territorio nazionale da gennaio a ottobre 2006. © D.Veneruso 2015

Le osservazioni all’Italia di Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, sono pesanti.  “Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita”. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza”, riconosce, “questi risultati non hanno però portato a una diminuzione di femicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine”.

La violenza domestica è un crimine Art. 572 c.p. Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli minori 14 anni Art. 609 bis c.p. Violenza sessuale Art. 612 c.p. Minaccia Art. 594 c.p. Ingiuria Art. 612 bis c.p. Atti persecutori (Stalking) Legge n. 154 (2001) Misure contro la violenza nelle relazioni familiari e ordini di protezione Legge 27 giugno 2013 n.77 Convenzione di Istanbul garantire la maggiore prevenzione del fenomeno, l’adeguata protezione delle vittime nonché la punizione dei colpevoli. La violenza domestica è un crimine © D.Veneruso 2015

Nascita della vittimologia La criminologia nata nel XIX secolo si è per decenni occupata dei reati e dei loro autori ignorando del tutto la figura della vittima. I primi studi criminologi si incentravano sui crimini e sui criminali piuttosto che sulle vittime. Solo in seguito si è compresa e riconosciuta l’importanza della vittima nel ruolo penale. © D.Veneruso 2015

Che fare nelle istituzioni? Favorire il lavoro di prevenzione che deve coinvolgere la società nel suo complesso Attivare interventi tempestivi e precoci grazie ad una formazione adeguata Costruire una rete di protezione con azioni combinate tra le varie agenzie e istituzioni coinvolte Educazione sessuale per prevenire la violenza nelle scuole Per migliorare la prima accoglienza, forme di collaborazione con gli enti locali e le associazioni per potenziare l'accoglienza e il sostegno alle vittime, task force e gruppi di lavoro per pianificare le iniziative e divulgare le best practice. Che fare nelle istituzioni? © D. Veneruso 2015

Modalità di approccio alla violenza Cosa fare Cosa evitare Assumere una posizione di ascolto e di accoglienza Ricevere la donna preferibilmente da sola (Cod.Min.) Garantire riservatezza Aiutarla a riconoscere di aver subito una violenza Aver paura di offendere la paziente Sentirsi incapaci di ravvisare potenziali reazioni violente Sentimenti di frustrazione di fronte ad eventuali resistenze Minimizzare l’accaduto Modalità di approccio alla violenza © D. Veneruso 2015

Nuove prospettive sulla violenza © D.Veneruso 2015

Grazie per l’attenzione