La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere.

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La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Manfredi Alberti | Università di Roma Tre SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA 25-26 NOVEMBRE 2016 CONVEGNO SCIENTIFICO LA SOCIETÀ ITALIANA E LE GRANDI CRISI ECONOMICHE 1929-2016

La critica delle fonti come metodo 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere La critica delle fonti come metodo La storia della statistica come strumento di critica delle fonti. Importanza della storia della statistica per un approccio di genere. La statistica e la «costruzione» dell’oggetto.

Il «modello italiano di disoccupazione» 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Il «modello italiano di disoccupazione» Modello a cui ha fatto riferimento la sociologia nei ultimi decenni (es. Enrico Pugliese). Nel «modello italiano» la disoccupazione ha penalizzato maggiormente tre gruppi di cittadini: le donne, i giovani e gli abitanti del Sud. Prevalenza di una disoccupazione di lunga durata. Parte di un «modello mediterraneo». Possiamo proiettare questo modello sulla prima metà del Novecento? Oggi è ancora valido?

Lo scenario di inizio Novecento 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Lo scenario di inizio Novecento La «scoperta» della disoccupazione: sviluppo del capitalismo e disgregazione dell’economia familiare domestica. Crescente peso, a partire dalla fine dell’Ottocento, del movimento operaio organizzato, nonché sviluppo di strumenti – come il collocamento e i sussidi – volti a contrastare il disagio dei senza lavoro. Una disoccupazione «invisibile», specialmente per le donne. Pluriattività, vasta sottoccupazione rurale ed emigrazione.

25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere I limiti della misurazione della disoccupazione sotto un profilo di genere Disoccupati temporanei secondo il censimento del 1901

Perché le donne senza lavoro sono sottostimate? 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Perché le donne senza lavoro sono sottostimate? Maggiore intermittenza del lavoro femminile. Ampia presenza della pluriattività. Minore presenza delle donne nei sistemi di mediazione del lavoro (gli uffici di collocamento). Specifiche modalità di rappresentazione del ruolo e del contributo della donna nell’economia del primo Novecento. La svalorizzazione del lavoro femminile si manifestò anche in una minore considerazione della rilevanza quantitativa della disoccupazione delle donne. Suggerimenti di ricerca dalle inchieste della Società Umanitaria. Per leggere i processi reali “dietro” le lenti deformanti della statistica l’unica via è la comparazione delle fonti, e lo studio puntuale delle modalità di costruzione delle fonti.

Il fascismo e il lavoro delle donne 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Il fascismo e il lavoro delle donne Radicalizzazione delle dinamiche sin qui emerse. Deliberata politica di esclusione delle donne da molti settori della vita lavorativa. Riservare alle donne una funzione eminentemente riproduttiva, a garanzia della salute e dell’incremento della popolazione. Una «protezione discriminatoria» nei confronti delle donne. Una risposta sessista al problema della disoccupazione di massa? L’esclusione delle donne da molti ambiti della vita lavorativa «ufficiale» favorì la creazione di un settore di economia sommersa il quale impiegava soprattutto lavoratrici a domicilio sottoccupate, sottopagate e al di fuori di qualunque tutela.

Gli strumenti di misurazione della disoccupazione 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Gli strumenti di misurazione della disoccupazione 1926: la nascita dell’Istat. L’Istituto non riesce a esercitare un controllo sulla raccolta dei dati sul mercato del lavoro. Dati della Cassa nazionale per le assicurazioni sociali: numero dei disoccupati registrati agli uffici di collocamento, dei disoccupati sussidiati, dei disoccupati parziali (cioè dei lavoratori a orario ridotto) e di quelli intermittenti (ossia soggetti a turni di lavoro). Variabilità delle definizioni e delle procedure di misurazione adottate, nonché diffusione degli uffici di collocamento non omogenea, sia dal punto di vista geografico sia sotto il profilo del settore produttivo. I censimenti del 1931 e 1936.

La rappresentazione statistica e le distorsioni di genere 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere La rappresentazione statistica e le distorsioni di genere Secondo i dati ufficiali del Ministero delle Corporazioni, nel febbraio del 1933 (picco massimo della disoccupazione), risultavano in totale 1.229.387 disoccupati in tutto il Regno, concentrati prevalentemente nel settore industriale e nelle regioni settentrionali. Di questi disoccupati meno di un quarto erano donne. Anche nei censimenti del 1931 e del 1936 possiamo notare la stessa sottostima della disoccupazione femminile registrata nel 1901. L’immagine della disoccupazione risultante dal censimento del 1931 era senz’altro parziale, per diverse ragioni: le imprecisioni legate alla raccolta dei dati; la definizione restrittiva del fenomeno (che escludeva alcune categorie professionali nonché il lavoro fluttuante e precario); la tendenza a «nascondere» il lavoro (e l’eventuale disoccupazione) della donna dietro la dimensione dell’attività casalinga.

25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Lavoro e non lavoro nelle statistiche dei primi decenni dell’Italia repubblicana Quantità di dati statistici indubbiamente più ampia che in passato, specialmente per quel che riguarda il tema della disoccupazione. Nascita delle indagini campionarie Istat sulle forze di lavoro. Alla luce delle indagini campionarie dell’Istat sulle forze di lavoro (RTFL) è apparso che le donne non solo fanno più fatica degli uomini a trovare un lavoro, ma sono anche meno occupate. La tesi della «casalinghizzazione» delle donne, basata sui dati ufficiali.

Il dibattito sul mercato del lavoro e il ruolo delle donne 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Il dibattito sul mercato del lavoro e il ruolo delle donne Le previsioni di crescita dell’occupazione femminile, formulate da molti (come Nora Federici) all’inizio degli anni Sessanta, furono smentite dai dati statistici. Giuseppe De Meo riteneva che il calo del tasso di attività femminile derivasse da una libera scelta delle donne: un segnale positivo del progresso economico compiuto dall’Italia. Massimo Paci evidenziò che la scarsa visibilità del lavoro (e analogamente della disoccupazione) delle donne andava letta chiamando in causa la segmentazione del mercato del lavoro e il dualismo fra settori dinamici e quelli stagnanti.

Le indagini Istat riescono a cogliere il lavoro femminile? 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Le indagini Istat riescono a cogliere il lavoro femminile? (Anna Badino) I questionari elaborati dall’Istat per i censimenti della popolazione e per la RTFL tendono a favorire l’«etichettamento» dell’attività femminile come lavoro casalingo. Mettere in dubbio il processo di «casalinghizzazione»: frutto di processi reali (la perdita di centralità del mondo agricolo, l’urbanizzazione, il consolidamento del fordismo, l’affermazione di un modello di welfare non universalistico), oppure frutto di un’«ideologia di genere» volta a sottovalutare il contributo lavorativo delle donne privilegiando il modello del maschio breadwinner? La domanda attende ancora una risposta, ed è necessario incrociare fonti di diverso tipo (anagrafiche, amministrative, orali ecc.).

Pop. attiva (censimenti) 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Confronto fra la popolazione attiva e le forze di lavoro (in migliaia)   Pop. attiva (censimenti) Forze di lavoro (RTFL) M F 1961 15.022 5.075 14.825 6.710 1971 14.375 5.431 14.507 5.897 1981 14.793 7.757 15.016 7.648 1991 15.126 8.809 15.244 9.000 Fonte: Istat

Le insidie della RTFL secondo l’Istat 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Le insidie della RTFL secondo l’Istat «Al fine di mettere in evidenza il non trascurabile contributo di lavoro recato, sia pure con discontinuità, da persone - in massima parte donne – che pur attendendo in prevalenza ad occupazioni di carattere domestico, tuttavia esplicano, in via sussidiaria, attività che si inseriscono nel quadro di una economia extra-familiare, tra la popolazione non appartenente alle forze di lavoro viene messa in evidenza la categoria costituita dalle persone che, nella settimana di riferimento, hanno svolto tale ridotta attività lavorativa. Queste persone, altre volte denominate “forze di lavoro occasionali”, costituiscono in certo senso una zona intermedia, non facilmente né esattamente delimitabile, tra gli appartenenti ed i non appartenenti alle forze di lavoro in quanto non sempre di facile acclaramento è la loro esatta posizione oscillante tra la condizione dell'occupato vero e proprio e quella delle persone in effettiva condizione non professionale». Istat, Rilevazioni campionarie delle forze di lavoro, collana “Metodi e norme”, ser. A, 1958, p. 38. 1959 1.314.000 lavoratori occasionali, più di un milione donne (su un totale di 5.315.000 occupate).

I cambiamenti a partire dagli anni Settanta 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere I cambiamenti a partire dagli anni Settanta A partire dalla metà degli anni Settanta la crescita della disoccupazione femminile derivò soprattutto da un sensibile aumento delle donne in cerca di lavoro. Nuovo scenario segnato dal processo di emancipazione femminile e dall’aumento della partecipazione delle donne alla vita lavorativa. Da allora a oggi l’aumento del volume complessivo dell’occupazione è dipeso dal nuovo inserimento delle donne nel mondo del lavoro, le cui origini vanno ricercate in un insieme di elementi economici, produttivi, sociali e istituzionali. Nonostante i passi fatti verso una maggiore parità lavorativa, tuttavia, ancora oggi in Italia il tasso di attività femminile è più basso rispetto alla media europea.

Le innovazioni delle indagini Istat 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Le innovazioni delle indagini Istat Revisione della Rilevazione trimestrale sulle forze di lavoro (Rtfl), la principale fonte statistica sul mercato del lavoro sin dalla fine degli anni Cinquanta. 1971: indagine speciale, ripetuta nel 1973 e nel 1975, con l’obiettivo di valutare con maggiore precisione il fenomeno della mancata ricerca di lavoro da parte di molti disoccupati. La revisione del 1977 portò a una ridefinizione del questionario, da un lato con il fine di far rientrare nel campo di osservazione il lavoro a domicilio, il lavoro occasionale e marginale, il doppio lavoro e le più piccole ed episodiche partecipazioni alla vita lavorativa, dall’altro con l’obiettivo di includere fra i disoccupati coloro che non avessero compiuto a ridosso dell’indagine una ricerca attiva del lavoro. Estensione della definizione di occupato (chiunque avesse effettuato almeno un’ora di lavoro retribuito nella settimana di riferimento) e di quella di disoccupato (comprensiva degli «scoraggiati»). Revisione al rialzo delle stime degli occupati e dei disoccupati. 1976, TASSO DI DISOCC. M F PRIMA 3,1% 4,2% DOPO 5,2% 12,2%

Esaurimento del modello italiano di disoccupazione? 25-26 NOVEMBRE 2016 | SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA La disoccupazione nell’Italia del Novecento l’evoluzione delle categorie analitiche e degli strumenti di misurazione statistica in una prospettiva di genere Esaurimento del modello italiano di disoccupazione?