S. BonAVENTURA
Reazione all’averroismo Collationes de decem praeceptis (1267) e de donis Spiritus Sancti (1268): un nuovo paganesimo: la “necessità fatale degli Arabi”. Collationes in Hexaëmeron (1273): condanna l’aristotelismo: filosofia separata dalla fede. Gli studenti «corrotti» dalla Facoltà delle Arti. Elaborare una teologia capace di sufficienza e autonomia anche filosofica
Filosofia e teologia Esperienza spirituale francescana. Alla base dell’intero edificio della sapienza sta l’orazione. La conoscenza ottenuta senza l’orazione è sterile, erronea, incompleta e fallisce lo scopo. La «falsa filosofia»: naturalistica, determinista, elimina la libertà e la provvidenza storica; La «vera filosofia» è in armonia con la Rivelazione divina e con la storia della salvezza. La reductio: rapporto che riconduce ad una sostanza completa sia i suoi accidenti sia le sostanze incomplete che da essa dipendono. Ricondurre a Dio. Necessità dell’illuminazione divina
Lex naturae In Hex. Coll. IV, 1 (p. 26) La lex naturae come fase storica: illuminazione dei patriarchi e dei filosofi. La mente umana strutturalmente in relazione con Dio: ‘naturale’ influenza della sua luce divina trascendente”. Filosofi illuminati - sapienti (Platone) o chiusi - idolatri (Aristotele). Esemplarismo.
Anti-aristotelismo bonaventuriano Gilson: una cifra costante del suo pensiero, Van Steenberghen: aristotelismo eclettico nella gioventù, critico radicale nell’ultima stagione. Ratzinger: opposizione non già ad Aristotele, bensì all’aristotelismo del suo tempo. Bougerol: Bonaventura ha studiato a lungo Aristotele: lo tiene come maestro di logica e naturalista, ma gli rifiuta autorità per rendere conto del fatto cristiano. L’affermazione dell’eternità del mondo, il concetto di tempo che le soggiace e l’ontologia che la sostiene, appaiono a Bonaventura come il pericolo di costruire un mondo indipendente da Dio, chiuso alla trascendenza e alla provvidenza.
Non-autosufficienza della filosofia A partire dal1267 si sviluppa l’anti-aristotelismo bonaventuriano, come rifiuto del tentativo dei contemporanei di costituire una filosofia autosufficiente. Senza il libro della Scrittura, non si comprende il libro della natura. Se non si giunge al libro definitivo, escatologico (cf. Ap 5, 1), la conoscenza è fallita. Vero metafisico è solo il cristiano: colui che parte dalla fede, attraversa i territori illuminati dalla luce della ragione, ma transeundo et furando, quasi ibi non sit permanendum, per giungere alla dolcezza ineffabile della contemplazione. La filosofia è un territorio di passaggio, una tappa ordinata al traguardo successivo, uno stadio intermedio incapace di compiersi senza l’ausilio di una luce superiore, utile se orientato fin dal suo inizio al compimento ulteriore, condannato ai più gravi errori se rimane chiuso in se stesso e si prende per un assoluto. Orrore sacro nei confronti di un sistema filosofico nel quale Dio è soltanto causa finale, non conosce i particolari, non ha la prescienza, non esercita la provvidenza. Tutte le considerazioni della fisica e della metafisica vanno sottomesse ad una considerazione di etica generale che consegue dalla dottrina sulla giustizia creatrice: la giustizia è obbedienza.
Natura instituta, lapsa, restaurata Lo ius naturae è l’ordine stabilito da Dio: qualcosa permane, il resto si dipana nella storia secondo tappe ben distinte: In II Sent. d. 44, a. 2, q. 2, ad 4 (pp. 29/30). La legge di natura, ribellione del peccato, nell’economia instaurata da Cristo. Come il vero metafisico è solo colui che conosce la Trinità, così soltanto chi conosce Cristo ha la vera “etica generale”. Cristo fonte principale non solo del diritto divino e canonico, ma anche di quello naturale e civile. Lumen naturale innatum , lumen scientiae acquisitae e cooperazione con il lumen increatum. Ogni conoscenza naturale fallisce il suo scopo se non trascende se stessa e non può trascendere se stessa senza l’aiuto dall’alto. Un filosofo che volesse fare a meno della grazia, si illude di trovarsi nello stato di Adamo prima della caduta.
Illuminazione Epistemologia: la rettitudine, l’immutabilità e l’universalità delle idee e dei giudizi implicano l’illuminazione intellettuale. Morale: il giudizio si fa sulla base di leggi immutabili e incorruttibili che sussistono in Dio come legge eterna e vengono comunicate all’uomo per illuminazione. Legge naturale come habitus = la coscienza, in parte innato (primo dettame della natura), in parte acquisito (applicazioni). Bonaventura chiama conscientia ciò che Tommaso chiama synderesis; Bonaventura intende la synderesis come un habitus naturale della volontà, che inclina al bonum honestum. Legge naturale come atto: impronta della legge eterna nell’anima umana: come oggetto della coscienza che “detta” quale sia il bene, come oggetto della sinderesi che inclina verso il bene e rifugge dal male. Le inclinazioni naturali per una forma sostanziale unica (Tommaso) o triplice (Bonaventura).
Volontarismo In II Sent. d.39, q. 2, ad 4 (pp. 32-33). Ruolo essenziale della volontà, paragonabile alle inclinazioni naturali per Tommaso. Ma le inclinazioni naturali sono strutture ontologiche formali e razionali, mentre le inclinazioni della sinderesi bonaventuriana sono habitus intenzionali. Il peccato originale ha ferito più gravemente proprio la volontà, per cui tutta la strutura appetitiva, teleologica della legge naturale,risulta gravemente compromessa.
La condanna parigina del 1277 Giovanni Peckham: contro coloro che «riempiono di idoli la casa di Dio»: gli averroisti, tutti gli aristotelici, anche Tommaso. 10/12/1270: Tempier condanna di 13 errori su eternità del mondo, negazione della Provvidenza, unicità dell’anima intellettiva, determinismo. 7/3/1277: condanna di 179 errori filosofici e 40 teologici: il tomismo è colpito assieme ai peggiori errori. La ragione non è più competente nel proprio ambito; la teologia si chiude a riccio. La condanna viene estesa in Inghilterra da Roberto Kilwardby.