Il dibattito politico all’inizio del XX secolo

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Transcript della presentazione:

Il dibattito politico all’inizio del XX secolo Dall’Egitto della prima metà del XIX secolo (ma anche dalla Siria e dal Libano) partirà la corrente di modernizzazione dell’Islam, all’interno della quale cominciano a delinearsi i concetti di nazione, nazionalità, patria, ma anche di panislamismo e di panarabismo (in senso ovviamente anti-ottomano). Fondamentali per il rinnovamento del pensiero musulmano furono le missioni di studenti mandati in Europa dopo la spedizione napoleonica nell’epoca di Muhammad ‘Ali. È in questo contesto che nasce la Nahda (Rinascimento), termine con il quale non si indica una vera e propria corrente di pensiero, quanto l’insieme di quei pensatori che per primi si pongono il problema della modernità.

La “triade” della Nahda Jamal ad-din al-Afghani Muhammad ‘Abduh Rashid Rida L’idea centrale di questo movimento è islamizzare la modernità/modernizzare l’Islam, ovverosia far rientrare la contemporaneità nel quadro della religione, dimostrando la perfetta compatibilità dell’Islam con le istituzioni e le ideologie moderne.

Con la Nahda prende avvio l’epoca di riforma del pensiero islamico (islāh). I protagonisti della Nahda viaggiano in Europa e nel mondo musulmano, studiano le lingue, dibattono con i pensatori europei, si confrontano con la modernità. Una visione nazionale panislamica, fatta propria anche dagli Ottomani, comincia a delinearsi a partire proprio dall’Egitto e dal Vicino Oriente: si preconizza l’unione di tutti i musulmani come strumento di riscatto contro le ingerenze e le contaminazioni della politica e della cultura imperialista coloniale.

Jamal ad-din al-Afghani (1839-1897): il padre del panislamismo

Persiano, dissimulò la sua origine prendendo l’appellativo di “afghano” per evitare diffidenze e discriminazioni che avrebbe certamente subìto in quanto sciita. Intellettuale militante e rivoluzionario, viaggiò instancabilmente nel mondo musulmano (e non), per diffondere la sua ideologia politica basata sulla necessità di risvegliare i valori nazionali dell’Islam e del panislamismo. Fu in Egitto ad al-Azhar a tenere conferenze sul suo progetto di elevazione delle nazioni musulmane; fu a Parigi negli anni ‘80 del XIX secolo e qui si contrappose in un acceso dibattito al noto filosofo e storico Ernest Renan, uno dei più prestigiosi studiosi di orientalismo, che accusava l’Islam di essere incompatibile con la modernità. Lottò contro il dispotismo nei paesi islamici e contro il colonialismo, quello britannico in modo particolare.

La polemica con Ernest Renan (1883) Qualunque persona un po’ istruita nelle cose del nostro tempo vede chiaramente l’inferiorità attuale dei paesi musulmani, la decadenza degli stati governati dall’islam,la nullità intellettuale delle razze che ottengono unicamente da questa religione la loro cultura e la loro educazione.” Ernest Renan Se è vero che la religione musulmana è un ostacolo allo sviluppo delle scienze, perché non possiamo affermare che questo ostacolo un giorno scomparirà? In che cosa la religione musulmana si differenzia su questo punto dalle altre religioni? Tutte le religioni sono intolleranti, ciascuna a modo suo. (...) La società musulmana non si è ancora liberata dalla tutela della religione.” Jamal ad-Din al-Afghani

Sosteneva l’uso della libera interpretazione delle Scritture, affermando che la porta dell’ijtihād (interpretazione personale) in realtà non si era mai chiusa definitivamente e ridimensionando il ruolo del taqlīd, l’imitazione pedissequa degli antichi, fino ad allora prevalente. La religione/cultura islamica avrebbe dovuto affrontare un coraggioso processo di “riforma” interna, sul modello di quella protestante avvenuta nel Cristianesimo. Continuò a viaggiare in Inghilterra, in Persia, in Turchia, in Afghanistan, tra conferenze e salotti, bella vita e circoli politici. Il suo ideale panislamico lo portò ad avvicinarsi molto al califfato ottomano e al califfo ‘Abdul Hamid II (1876-1909). Morì proprio ad Istanbul nel 1897 a 59 anni (secondo alcuni avvelenato per volere del sultano che non si fidava più di lui).

L’ideologo dell’islāh. Muhammad ‘Abduh (1849-1905)

Fu costretto a fuggire dall’Egitto e rimase in esilio per alcuni anni perché coinvolto nella rivoluzione fallita di Urabi Pasha (1882), che cercò di contrastare l’inizio della dominazione britannica sull’Egitto. Visse a Parigi dove conobbe Afghani e con lui collaborò, e poi in Libano, prima di rientrare in Egitto. Teologo, professore (fu chiamato dai suoi allievi con l’appellativo di “maestro guida”), giornalista, magistrato, amministratore e infine muftì di al-Azhar in Egitto (dal 1899). In questa veste emanò molte sentenze “rivoluzionarie” e fu promotore di una vasta riforma dei costumi e dell’istruzione, prima di dimettersi dalla sua carica per la durissima opposizione delle autorità religiose. Basò la sua lettura delle fonti sacre sul concetto di maslaha (“bene comune, convenienza”) per il quale la legge, la giustizia, la moralità sono concetti che si devono adattare alle condizioni di vita del contesto in cui operano.

Fu la figura più influente del movimento riformista della Nahda e la sua opera incarnò al meglio l’espressione “islamizzare la modernità”. Propugnava l’assoluta sintonia non solo tra l’Islam e la ragione e la scienza (“L’islam è la religione della ragione e della scienza”), ma anche fra l’Islam e la forma democratico-liberale di governo (ripresa dei concetti classici di ijmā’, shura etc.). Il suo è già un pensiero nazionalista, incentrato sull’idea dell’amore per la patria (bilādī). Si adoperò soprattutto contro il conformismo (taqlīd), il letteralismo, la superstizione e la violenza. Fu fautore della tolleranza verso le altre religioni e dell’affermazione dei diritti della donna.

L’inventore della Salafiyya Rashid Rida (1865-1935)

Allievo di ‘Abduh, propugnatore dell’idea del rinnovamento dell’Islam attraverso il ritorno al Corano, alla Sunna e all’età dell’oro dell’Islam. Ritorno ai pii antenati (as-salāf as-salih), espressione dalla quale deriva il termine salafiyya. Rispetto ai suoi predecessori, il suo pensiero diventa più conservatore e critico verso gli eccessi del modernismo. Egli si scaglia da un lato contro le contaminazioni della religiosità popolare (confraternite sufi) dall’altro contro l’occidentalizzazione della società musulmana. Sostenitore del panislamismo e del califfato (che proprio in quegli anni, nel 1924, fu abolito da Kemal Ataturk). Fonda la famosa rivista al-Manar (1898), nel quale Muhammad ‘Abduh pubblica il suo rivoluzionario commentario al Corano. Il suo discepolo più famoso è Hasan al-Banna (1906-1949), fondatore dei Fratelli Musulmani.

I “modernisti” Alla corrente di pensiero conservatrice o più specificamente fondamentalista (Rida e poi al-Banna) che si svilupperà nei decenni successivi si contrappone, nell’Egitto di quegli anni, un movimento di pensiero aperto, occidentalizzante, secolare. Sul piano sociale: Qasim Amin (1865-1908), autore di due libri rivoluzionari: La nuova donna e L’emancipazione della donna. Sul piano religioso: Ali ‘Abd al-Raziq (1888-1966), autore de L’Islam e i fondamenti del potere, nel quale sostiene la necessità della separazione tra religione e Stato. Sul piano culturale: Taha Husayn (1889-1973), docente universitario, rettore di Università del Cairo, scrittore, ministro dell’Educazione, accende un dibattito forte in cui auspica un rinnovamento politico basato sul rispetto delle libertà democratiche, sulla separazione fra spirituale e temporale, sull’uguaglianza uomo-donna.

Qasim Amin, Ali ‘abd al-Raziq, Taha Husayin

In conclusione il mondo musulmano reagisce all’incontro con la modernità occidentale: - subendone il fascino e tentando una sintesi fra patrimonio culturale islamico e innovazioni occidentali, ma anche… rifugiandosi nel mito del proprio passato (l’età dell’oro) e della propria tradizione. Si assiste nel corso degli ultimi decenni del secolo XIX al progressivo rifiuto delle forme di occidentalizzazione (l’Occidente colonizzatore) e alla nascita di un pensiero riformista islamico tendente a recuperare la cultura e l’identità islamica (panislamismo) da contrapporre alle idee europee di superiorità culturale e di assimilazione.

Il “disincanto” del mondo musulmano Il mondo musulmano vive, fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, una serie di eventi amari, che sanciscono il fallimento del tentativo dei pensatori riformisti di trovare una sintesi fra i due sistemi culturali, quello subalterno e quello dominante. Tradimento della Gran Bretagna nei confronti dello sharif Husayn della Mecca a seguito della rivolta araba contro gli Ottomani (promessa inglese di creazione di un “califfato” cui seguono invece gli accordi Sykes-Picot (1916) che preludono al sistema dei mandati, con il quale Francia e Gran Bretagna si spartiscono (pace di Parigi, 1919) tutto il Vicino Oriente (come ricompensa vengono posti sul trono dei nuovi Stati di Iraq e di Transgiordania i due figli di Husayn, Faysal e Abdallah). Dichiarazione Balfour del 1917 e avvio della migrazione ebraica in terra di Palestina: rivolte del 1936, creazione Stato di Israele (1948) e di nuovi Stati arabi prima inesistenti: Siria, Libano, Giordania, Iraq.

L’irrompere del pensiero radicale islamico La nascita dell’islam militante (il cosiddetto fondamentalismo islamico) risale ai primi decenni del XX secolo. Accanto al recupero del proprio patrimonio culturale (turah) si sviluppa l’idea della necessità della rivoluzione (thawra) sia in senso nazionalistico che in senso culturale, contro l’ingerenza occidentale e la perdita della propria identità culturale e religiosa.

Fondamentalismo e neofondamentalismo L’origine del cosiddetto fondamentalismo islamico (o meglio, radicalismo islamico) si fa risalire alla nascita dei Fratelli Musulmani in Egitto nel 1928. Con il termine neo-fondamentalismo ci si riferisce più nello specifico al variegato movimento radicale e militante sorto alla fine degli anni Settanta del XX secolo.

Cenni sull’ideologia dei Fratelli Musulmani Ideologia di riferimento di gran parte dei gruppi e movimenti della galassia islamica radicale contemporanea. Il movimento è fondato da Hasan al Banna’ (1906-1949) e si diffonde nell’Egitto sotto dominazione britannica, all’indomani dell’abolizione del califfato da parte di Mustafa Kemal, detto Ataturk (1924). L’ideologia del gruppo si condensa in 5 punti: Dio è il nostro scopo Il Messaggero il nostro modello Il Corano la nostra Legge Il jihad il nostro cammino Il martirio il nostro desiderio.

Si possono definire un vero e proprio movimento religioso- politico e le modalità della loro azione, a cominciare dai metodi della capillare propaganda (da’wa), sono estremamente moderni. Furono molto vicini agli Ufficiali Liberi e alla loro rivoluzione del 1952, poiché la loro ideologia sembrava avere molti punti in comune con il socialismo nasseriano. Ma la “luna di miele” con Nasser si interruppe ben presto e due grandi ondate di repressione si scagliarono contro l’associazione, la prima nel 1954 e la seconda nel 1966 (centinaia di arresti, condanne a morte, torture, sparizioni, campi di concentramento). La vittima più illustre fu lo scrittore Sayyid Qutb, diventato il “martire” (shahid) dei Fratelli Musulmani 20 20

Sayyid Qutb (1906-1966) Scrittore molto noto in Egitto, si iscrive alla Fratellanza nel 1951 dopo un viaggio negli Stati Uniti. Scrive Ma‘ālim fi’l-tariq (Segnali lungo la via) negli anni ‘60, in carcere. Proclama gli Stati della sua epoca, a cominciare da quello nasseriano, jāhilī e kafīr (ignoranti e miscredenti). La scomunica (takfīr) si sostanzia nella necessità di rovesciamento dei regimi al potere: “il loro sangue è lecito”. Islamizzazione violenta, dall’alto, attraverso l’azione santa di un’avanguardia della fede. Sarà giustiziato da Nasser nel 1966. Per circa due decenni il pensiero fondamentalista sembrò entrare in una fase di declino mentre ideologie forti come il nazionalismo, il panarabismo, il socialismo si diffondevano in seno al mondo musulmano. 21 21 21

La nascita del neo-fondamentalismo Firma degli accordi di Camp David e successivo trattato di pace fra Egitto e Israele (17.09.1978/26 marzo 1979) La rivoluzione iraniana (1° febbraio 1979) L’invasione sovietica dell’Afghanistan (4 novembre 1979)

Gli accordi di Camp David fra il presidente egiziano Sadat e il primo ministro israeliano Begin sanciscono il riconoscimento da parte dell’Egitto dello Stato di Israele. Il mondo arabo considera gli accordi un tradimento della causa araba per eccellenza, quella palestinese: il “tradimento” di Sadat sarà pagato con la morte (ottobre 1981). Ricordiamo le tappe fondamentali del lungo conflitto arabo-israeliano: Le guerre arabo-israeliane iniziano con il 1948 (fondazione Stato di Israele, battezzata dagli arabi la Nakba, catastrofe) e poi proseguono con il 1956 (seconda guerra arabo- israeliana), ma soprattutto con la guerra del 1967, detta “dei sei giorni”, che sancisce la cocente sconfitta dei paesi arabi (Egitto e Siria, cui si alleano Giordania e Iraq). Con questa guerra lampo Israele conquista il Sinai, le alture del Golan, la Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme est (i “Territori occupati”), quadruplicando il suo territorio. La risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che chiedeva il ritiro di Israele dai territori occupati in cambio del riconoscimento da parte degli Stati arabi e della cessazione dello stato di guerra, rimarrà lettera morta.

La rivoluzione iraniana All’inizio del 1979 le rivolte popolari che da mesi sconvolgevano l’Iran dello shah Reza Pahlavi (sul trono dal 1941) si concludono con la fuga del sovrano e con il rientro, il 1 febbraio, dell’ayatollāh (segno di Dio) Ruhollah Khomeini, che aveva assunto dall’esilio parigino la guida spirituale della rivolta stessa. L’Occidente assiste sconcertato alla fine di uno dei regimi ritenuti più stabili, in un’area di grandissima importanza strategica ed economica per l’Occidente, e alla presa di potere di un regime teocratico di mullāh e ayatollāh, per il quale Stati Uniti e tutto l’Occidente erano considerati il “Grande Satana”. Venne nominato un governo provvisorio affidato al liberale Mehdi Bazargan, ma il potere reale fu posto nelle mani del Consiglio della rivoluzione islamica, formato da ‘ulama’ fedeli a Khomeini. Fu fondato il Partito della Rivoluzione Islamica (PRI). Khomeini riuscì a sbarazzarsi gradualmente di tutti gli alleati scomodi, dall’estrema sinistra al clero a lui non favorevole.

RUHOLLAH KHOMEINI Pubblica nel 1970 Velayat-e faqīh: hukumat-e islāmi (La guida del giurisperito: Il governo islamico), in cui espone i principi cardine della futura repubblica islamica iraniana. Riesce a far propri sia i fondamenti tradizionali dello sciismo meno quietista che i codici utilizzati dai giovani socialisti e marxisti. Il mito fondante di Kerbela, ma anche la dicotomia “oppressi e oppressori”, “diseredati e arroganti” (mostada’fīn e mostakbirīn) del filosofo ‘Ali Shariati. Diviene il portavoce dei diseredati e come tale rientra trionfalmente in Iran il 1° febbraio 1979 alla fine della rivoluzione che scaccerà lo shah Reza Pahlavi. 25 25 25

L’invasione sovietica dell’Afghanistan - Il 4 novembre 1979 l’Armata rossa sovietica entra in Afghanistan, in aiuto del regime filosovietico in difficoltà (i comunisti afghani erano al potere dall’aprile 1979). - Gli Stati Uniti, che contemporaneamente vivono l’umiliazione degli ostaggi a Teheran (4 novembre 1979-1 gennaio 1981, giorno del giuramento del nuovo presidente Ronald Reagan), adottano immediatamente una strategia (containment), di aiuto sostanzioso ai mujāhidīn della resistenza afghana (senza fare troppi distinguo su chi stanno finanziando e senza entrare nello specifico delle questioni religiose). - L’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo contribuiscono generosamente in armi, danaro e poi uomini, a fianco del loro grande alleato americano. - La causa del jihād afghano diviene la causa militante per eccellenza nel mondo musulmano e permette di convogliare verso quella regione la militanza e il fervore religioso di centinaia, e poi migliaia, di aspiranti combattenti.

A Peshawar, vicino al confine nord occidentale del Pakistan, si creò un centro di resistenza dove emersero ben sette partiti, tre più moderati e quattro militanti, ai quali il governo pakistano di Zia ul-Haq diede grande sostegno. Sempre a Peshawar, nei campi profughi dove si accalcavano tre milioni di profughi, emerse la prima generazione di afghani scolarizzati presso le madrasa di ispirazione deobandi (corrente di pensiero religioso conservatore sviluppatasi nel subcontinente indiano e in Afghanistan alla metà del XIX secolo) controllate proprio dall’hezb-e islāmī di Hekmatyar. Penetrano così le idee islamiste radicali e si crea una nuova figura di militante dalla “personalità islamica universale” infarcita di wahhabismo, ideologia deobandi e militarismo, che si sente soggetto solo alle fatwa di quegli ‘ulamā’ che incitavano alla lotta armata e all’odio per l’Occidente, pronto a combattere ovunque fosse necessario nel mondo musulmano.

Da queste scuole e da questi campi profughi - vero e proprio “brodo di coltura” islamica - nascono i talebani in Afghanistan, ma anche altri gruppi che si diffonderanno per esempio in Pakistan, portando il jihād in Kashmir. La resistenza fu sostenuta da supporti esterni, americani in primo luogo, ma anche arabi: entrarono in gioco pesantemente i servizi segreti sauditi, il comitato creato ad hoc dal principe saudita Salman, governatore di Riyadh, e la Lega islamica mondiale. Perché tutto il sistema reggesse erano ovviamente necessari degli uomini fidati in loco: giungono così i primi volontari arabi che svolgono inizialmente attività umanitarie come delegati della Mezzaluna Rossa o di altre associazioni islamiche, ma di lì a breve iniziano ad esercitarsi in campi paramilitari. I “jihād tours”, come li ha definiti Gilles Kepel, comprensivi di indottrinamento religioso e preparazione militare, permettavano ai giovani rampolli sauditi di passare “qualche settimana di jihād” in Afghanistan.

Alla fine l’Armata Rossa, sconfitta, si ritira nel febbraio 1989 Alla fine l’Armata Rossa, sconfitta, si ritira nel febbraio 1989. Di lì a breve l’URSS non esisterà più. Gli Stati Uniti riducono il sostegno alla causa afghana e l’Arabia Saudita, meno preoccupata della concorrenza dell’Iran khomeinista, allenta il suo impegno. Il territorio afghano emerge dal conflitto ancor più frazionato in zone rette da “signori della guerra” che governano antichissime e litigiose comunità etnico-tribali. L’Afghanistan viene quasi dimenticato perché il mondo è catturato da un altro drammatico avvenimento: l’Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait (2.8.1990). Inizia l’epoca del regime talebano (1996, conquista di Kabul), che governerà un Afghanistan distrutto dalla guerra e in preda al caos e al terrore, ufficialmente fino alla fine del 2001 quando intervenne una coalizione NATO alla caccia di Osama bin Laden.

una rivoluzione culturale… Alla fine degli anni Settanta del XX secolo, alla tradizionale figura del dotto in scienze religiose (‘alim, pl. ‘ulama’), si affianca una nuova figura di intellettuale, istruito secondo un sistema moderno, vicino all’identità musulmana ma polemico con la tradizione, contestatario e militante. Il discorso religioso e la contestazione politica si concentrano nel luogo deputato all’aggregazione, sia in ambito cittadino che rurale: la moschea. Il discorso radicale non è in realtà un discorso di fede, bensì politico, poiché costruisce una nuova ideologia incentrata su un concetto nuovo: lo Stato islamico.