Fotogrammetria analitica e fotogrammetria digitale: differenze e analogie La principale differenza tra la fotogrammetria analitica e la fotogrammetria.

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Fotogrammetria analitica e fotogrammetria digitale: differenze e analogie La principale differenza tra la fotogrammetria analitica e la fotogrammetria digitale risiede nella diversa natura del dato primario (le immagini) In fotogrammetria analitica si utilizzano immagini fotografiche (dato primario analogico) che vengono digitalizzate dall’operatore mediante lo stereocomparatore Questa operazione trasforma l’immagine fotografica in una serie di numeri comprensibili al calcolatore per l’esecuzione dei calcoli necessari

Fotogrammetria analitica e Fotogrammetria digitale: differenze e analogie 2 In fotogrammetria analitica l’operatore è tenuto a scegliere i punti necessari alle varie operazioni di orientamento e di restituzione, a individuare i punti omologhi e quindi a misurarne le coordinate fiduciali

Fotogrammetria analitica e Fotogrammetria digitale: differenze e analogie 3 In fotogrammetria digitale i punti possono essere ancora scelti da un operatore ma l’individuazione dei punti omologhi può essere automatica e, come vedremo, le misure sono già state eseguite durante la fase di acquisizione delle immagini digitali.

Fotogrammetria analitica e Fotogrammetria digitale: differenze e analogie 4 Questa differenza di dato primario, comporta anche una semplificazione degli strumenti. L’uso di fotogrammi tradizionali (diapositive) richiede la presenza di uno strumento sofisticato di misura delle coordinate immagine dei punti omologhi (LO STEREOCOMPARATORE) e di uno strumento che consenta la visione stereoscopica artificiale (LO STEREOSCOPIO). Questi due strumenti e il software necessario per le operazioni di orientamento e restituzione sono integrati nel restitutore analitico. L’uso di immagini digitali può prescindere da entrambi gli strumenti e quindi il restitutore digitale è solo più costituito dal software.

punti pre-segnalizzati Fotogrammetria analitica e Fotogrammetria digitale: differenze e analogie 5 Per quanto riguarda gli algoritmi di calcolo non esistono differenze tra fotogrammetria analitica e digitale. L’unica sostanziale novità in termini di software per la fotogrammetria digitale riguarda la possibilità di individuare automaticamente punti caratteristici: marche fiduciali punti pre-segnalizzati punti omologhi - di un punto scelto dall’operatore - individuato automaticamente in base a criteri di opportunità (buona predisposizione ad una ricerca automatica del punto omologo)

Questa semplificazione comporta vantaggi e svantaggi: Fotogrammetria analitica e Fotogrammetria digitale: differenze e analogie 6 Questa semplificazione comporta vantaggi e svantaggi: VANTAGGI - l’utente non deve più essere un operatore esperto - si amplia notevolmente la base di utenza - si diffonde l’uso della tecnica fotogrammetrica - si può produrre a costi minori SVANTAGGI - la progettazione del software è più impegnativa - bisogna utilizzare tecniche statistiche sofisticate - l’utente non esperto può usare male la tecnica ATTENZIONE! Presa, appoggio e orientamento sono comunque sempre fasi da riservare a operatori esperti. Gli automatismi possibili non difendono da una cattiva progettazione ed esecuzione di queste tre fondamentali tappe del processo fotogrammetrico

L’immagine digitale Nelle immagini digitali, il contenuto fotografico (radiometria) viene registrato sotto forma di numeri. Si giunge a tale rappresentazione (RASTER) suddividendo l’immagine fotografica in elementi di dimensioni finite (pixel) ed associando a ognuno di essi il numero che rappresenta la radiometria della porzione di immagine contenuta.

L’immagine digitale 2 Ogni pixel può essere visto come elemento di una matrice e quindi essere individuato univocamente da due numeri interi che rappresentano la posizione in riga e colonna dell’elemento (pixel) all’interno della matrice. Il pixel è la parte elementare dell’immagine e quindi è inscindibile. (questa affermazione la contesteremo in parte in seguito) Il pixel ha una posizione fissata a priori che non può variare nel tempo. (da questa affermazione partiremo per parlare del contenuto metrico dell’immagine digitale)

RAPPRESENTAZIONI CONVENZIONALI DELLA RADIOMETRIA L’immagine digitale 3 RAPPRESENTAZIONI CONVENZIONALI DELLA RADIOMETRIA Se l’immagine digitale deve rappresentare un oggetto formato da due soli colori (ad esempio un disegno al tratto in bianco e nero) la radiometria può essere espressa da due soli numeri interi: 0 = bianco 1= nero Quindi la registrazione della radiometria richiede un solo bit per ogni pixel. Se l’immagine digitale deve rappresentare un oggetto in toni di grigio (ad esempio una fotografia in bianco e nero) la radiometria può essere espressa con un numero intero variabile tra 0 (nero) e 255 (bianco). Valori intermedi a questi due estremi rappresentano le varie gradazioni di grigio. La scelta di suddividere l’intervallo tra nero e bianco in 256 parti è giustificato da due considerazioni pratiche: - l’occhio umano può distinguere circa 80 grigi diversi - un intero compreso tra 0 e 255 può essere memorizzato in 1 byte

L’immagine digitale 4 Se l’immagine digitale deve rappresentare un oggetto a colori ci sono due possibilità di rappresentazione della radiometria: Immagine true color (RGB) Ogni colore viene visto come la somma di tre bande (rosso, verde e blu). Ogni banda viene rappresentata da 256 valori che variano da 0 (= assenza di colore) a 255 (= saturazione del colore). La radiometria di un pixel viene rappresentata da tre numeri interi che esprimono le saturazioni delle tre bande principali; tale rappresentazione richiede 3 byte per ogni pixel

Immagine a palette di colori L’immagine digitale 5 Immagine a palette di colori Dall’immagine dell’oggetto vengono selezionati i 256 colori che ne consentono la descrizione più accurata. Ad ogni colore viene associato un nome rappresentato da un intero compreso tra 0 e 255. Ogni colore è descritto da una tavolozza (palette) con le tre componenti RGB. La radiometria di un pixel viene rappresentata da un numero intero (nome del colore) e quindi richiede un solo byte. Questo numero è il puntatore alla tavolozza ( 1 Kb) che contiene la descrizione del colore.

FORMATI DI MEMORIZZAZIONE L’immagine digitale 6 FORMATI DI MEMORIZZAZIONE I dati numerici che rappresentano l’immagine digitale devono essere memorizzati con ordine e secondo una organizzazione che consenta di ricostruire fedelmente l’immagine. L’insieme delle regole che governano la memorizzazione viene denominato FORMATO Il formato per registrare un’immagine digitale deve: garantire la minima occupazione di memoria prevedere la possibilità di una compressione essere di pubblico dominio consentire la memorizzazione di tutte le convenzioni radiometriche I formati più diffusi in ambito fotogrammetrico sono il TIFF e il JPEG

1. effetti di sfocamento dei bordi radiometrici L’immagine digitale 7 Il formato TIFF (Aldus e Microsoft) consente di memorizzare in un unico file più di una immagine (immagini piramidali). Consente una compressione non distruttiva (LZW) che su immagini RGB consente di dimezzare l’occupazione di memoria. Il formato JPEG (ISO/IEC DIS 10918-01) può memorizzare le immagini digitali secondo due classi operative: - una tecnica LOSSY ovvero con perdita di informazione basata sulla trasformazione DCT (Discrete Cosine Transformation) senza una visibile perdita della qualità dell’immagine ricostruita - una tecnica LOSSLESS ovvero senza alcuna perdita di informazione come la tecnica LZW utilizzata nel formato TIFF Il degrado geometrico conseguente a una compressione LOSSY si manifesta nei seguenti modi: 1. effetti di sfocamento dei bordi radiometrici 2. spostamenti di oggetti all’interno dell’immagine Tali effetti possono essere locali o globali e la loro entità è fortemente commisurata alle variazioni di intensità luminosa dell’immagine e, ovviamente, al rapporto di compressione selezionato.

L’immagine digitale 8 Acquisiamo un reticolo e memorizziamolo in formato JPEG con rapporti di compressione variabili da 1(senza compressione) a 1/18. Confrontiamo i toni radiometrici delle immagini e analizziamo le differenze riscontrate. Le differenze radiometriche si concentrano nelle zone di forte variazione dell’intensità (bordi delle croci). Valori mostrati rappresentano le variazioni di toni di grigio nel 99% dei pixel dell’imagine

L’immagine digitale 9

L’immagine digitale 10 Nella tabella sottostante sono rappresentate le differenze di posizione rilevate con procedure automatiche di autocorrelazione sulle immagini a vari livelli di compressione

L’immagine digitale 11 Il degrado geometrico (rappresentato dallo s.q.m.) ha un andamento quasi lineare con rapporti di compressione superiori a 1/7 mentre subisce un brusco, e fotogrammetricamente inaccettabile, peggioramento con valori ci compressione compresi tra 1/7 e 1/10.

Il contenuto metrico di un’immagine digitale L’immagine digitale 12 Il contenuto metrico di un’immagine digitale Occorre fissare un sistema di riferimento che consenta di associare a ogni pixel coordinate reali. In tale sistema il pixel assume dimensione finita. Si può determinare una corrispondenza biunivoca tra la posizione del pixel all’interno dell’immagine e il sistema prima definito.

In un’immagine digitale non si eseguono misure di coordinate. L’immagine digitale 13 La tradizionale misura di coordinate è sostituita dalla individuazione del pixel all’interno della matrice immagine. Tale posizione si traduce in coordinate reali con le relazioni viste in precedenza. La posizione del pixel è fissa per definizione all’interno dell’immagine ed è il sistema di acquisizione che associa a un determinato pixel il valore radiometrico corrispondente. QUINDI In un’immagine digitale non si eseguono misure di coordinate. Esse sono già state fatte dal sistema di acquisizione

La densità di campionamento L’immagine digitale 14 La densità di campionamento Le dimensioni del pixel di un’immagine digitale sono generalmente indicate in termini di densità di campionamento (RISOLUZIONE). La risoluzione di un’immagine digitale indica il numero di pixel contenuti in una opportuna unità di lunghezza. La risoluzione viene solitamente indicata in Dots Per Inch (DPI) ossia numero di pixel in un pollice (=25.4 mm). I pixel utilizzati sono generalmente quadrati e quindi un’immagine digitale ha la medesima risoluzione in entrambe le direzioni del sistema di riferimento interno.

Occorre considerare tre fattori: L’immagine digitale 15 Qual è la risoluzione ottimale nei riguardi di una corretta visualizzazione? Occorre considerare tre fattori: 1. il potere sparatore dell’occhio umano (6-8 lp/mm = 300-400 dpi) 2. il contenuto informativo delle tradizionali fotografie (80 lp/mm = 4000 dpi) 3. le possibilità di visualizzazione dei monitor (circa 1000 dpi) Immagine 9” x 9”

L’immagine digitale 16 Qual è la risoluzione ottimale nei riguardi di un corretto uso geometrico? 1a ipotesi: l’immagine digitale deve riprodurre fedelmente la fotografia tradizionale Un fotogramma ripreso con pellicola AGFAPAN 25 PROFESSIONAL e camera aerea WIDL RC20 ha risoluzione massima di 95 lp/mm e media di 67 lp/mm. Considerando il valor medio di risoluzione e supponendo che una coppia di linee sia rappresentata da due file di pixel, la risoluzione geometrica ottimale si ha con pixel di lato pari a circa 7 m cui corrisponde un risoluzione maggiore o uguale a 3500 dpi. Questo approccio è quello seguito dalle prime realizzazioni di sistemi fotogrammetrici digitali ad elevate prestazioni che non prevedono l’uso delle tecniche di autocorrelazione sub-pixel. Immagini acquisite a questo livello di risoluzione possono essere gestite solo da potenti workstations munite di sofisticate periferiche di immagazzinamento dei dati.

L’immagine digitale 17 2a ipotesi: l’immagine digitale deve consentire di raggiungere le precisioni di misura tipiche delle fotogrammetria analitica. Collimando con visione stereoscopica tradizionale su una coppia di immagini digitali la precisione di individuazione dei pixel omologhi è pari a 0.5d (d = dimensione del pixel). Considerando il caso di prese aeree normali lo s.q.m. in quota è espresso dalla seguente relazione: Nell’ipotesi di avere p = 150 mm, H/b = 2 e px = ± 0.5d (presa aerea standard) si ottiene: La risoluzione minima accettabile è di 2400 dpi.

L’immagine digitale 18 Sono ormai ampiamente testate le procedure che consentono la correlazione con precisioni pari a 0.2d. In questa ipotesi, con i valori adottati nel caso precedente assumendo in questo caso px = ± 0.2d, le precisioni raggiungibili sono riportate nella tabella sottostante al variare della risoluzione. Anche nell’ipotesi di utilizzare risoluzioni di 600 dpi la precisione è accettabile per qualsiasi restitutore in linea con quanto ammesso dai capitolati speciali d’appalto oggi diffusi.

L’immagine digitale 19 Nei casi più sfavorevoli, ossia quando le immagini sono orientate in fasi separate (relativo + assoluto) la precisione planimetrica dipende dalla precisione con cui si collima il singolo pixel (0.5d) per cui le precisioni planimetriche risultano: Applicando tali risultati alle scale medie dei fotogrammi utilizzati per la produzione di carte a grande e grandissima scala si ottengono i seguenti valori: Anche in questo caso, pur considerando la risoluzione più bassa, le precisioni sono pari a circa 1/3 delle tolleranze ammesse dai capitolati.

L’immagine digitale 20 La scelta della risoluzione geometrica ottimale va quindi fatta in ragione dell’uso: 1. Se le immagini vengono elaborate automaticamente (DTM, TA) senza richiedere interventi da parte di un operatore esterno si possono utilizzare risoluzioni di 600-800 dpi 2. Se viene richiesto l’intervento di un operatore o se comunque le immagini devono essere visualizzate occorre elevare al risoluzione a 1000-1200 dpi. I risultati sperimentali condotti in vari istituti universitari confermano questa tendenza, rendendo possibile così l’uso di piattaforme più semplici (PC)