LE LOGICHE DELLA PROGRAMMAZIONE NELLA 328/2000

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Transcript della presentazione:

LE LOGICHE DELLA PROGRAMMAZIONE NELLA 328/2000 ART. 1 PRINCIPI GENERALI E FINALITA’ 3. La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali. 4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

LO STRUMENTO DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE IL PIANO DI ZONA LO STRUMENTO DELLA PROGRAMMAZIONE TERRITORIALE Legge 328/2000 art. 19 IN QUALE CONTESTO SI DEFINISCE I comuni associati, negli ambiti territoriali di cui all’articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell’ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell’articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all’articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona i comuni associati ….. talvolta coincidenza con i distretti sanitari vario dimensionamento della popolazione negli ambiti territoriali varia numerosità dei comuni ricompresi nell’ambito il caso delle grandi città (e il caso di Roma)

soggetti istituzionali cui compete la costruzione del piano di zona ufficio di piano (funzionari e responsabili dei servizi comunali e dell’ASL, professionisti del sociale che lavorano nei servizi, esperti di programmazione soggetti istituzionali cui compete la costruzione del piano di zona organismi territoriali di natura politica (sindaci, assessori dei comuni del territorio) con il supporto delle relative strutture tecnico-amministrative da chi viene materialmente redatto il piano di zona quale ruolo può rivestire l’ufficio di piano mero supporto tecnico agli organismi politici, segreteria, coordinamento formale per la redazione del pdz camera di compensazione tra le esigenze locali e gli obblighi zonali snodo progettale e organizzativo, centro di imputazione per l’intero processo di costruzione del pdz, coordinamento organizzativo del processo, sede di monitoraggio e valutazione

questione di estrema rilevanza IL RAPPORTO TRA LA DIMENSIONE POLITICA E LA DIMENSIONE TECNICA Nella costruzione del PdZ quale ruolo viene assunto dalla parte politica? Decide a priori il contenuto sostanziale del Piano Collabora con i tecnici per la definizione del contenuto del Piano Concerta con il terzo settore il contenuto del Piano Concerta con le parti sociali/sindacati il contenuto del Piano Si disinteressa Nella costruzione del Piano di Zona i rapporti tra la parte politica e la parte tecnica possono configurarsi in uno dei seguenti modi: i tecnici sono sostanzialmente esecutori delle scelte politiche le scelte politiche si avvalgono di una mediazione tecnica vi è una partnership dialogante i politici si affidano alle indicazioni del tecnico il governo delle decisioni è essenzialmente tecnico

i contenuti delle slides che seguono fanno in parte riferimento ai testi di esame e in particolare a: - Bertin Fazzi pp.83-110 - Burgalassi pp.50-57

LE FINALITA’ DEL PIANO DI ZONA favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g) welfare community

I CONTENUTI DEL PIANO DI ZONA gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità le forme di rilevazione dei dati nell’ambito del sistema informativo le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all’amministrazione penitenziaria e della giustizia le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell’ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale e con i soggetti del terzo settore

IL PIANO DI ZONA SECONDO LE INDICAZIONI DEL PNSS Per la costruzione del PdZ il processo non deve essere visto in termini meramente amministrativi (e di adempimento formale) ma deve prevedere l'attivazione di azioni responsabilizzanti, concertative, comunicative che coinvolgano tutti i soggetti in grado di dare apporti nelle diverse fasi progettuali; l'attenzione va concentrata, in primo luogo, sui bisogni e sulle opportunità da garantire e, solo in secondo luogo, sul sistema di interventi e servizi da porre in essere; devono essere valorizzate le risorse e i fattori propri e specifici di ogni comunità locale e di ogni ambito territoriale: ciò al fine non solo di aumentare l'efficacia degli interventi, ma anche di favorire la crescita delle risorse presenti nelle singole realtà locali; particolare attenzione deve essere riservata, sin dalle prime fasi della programmazione, alle condizioni tecniche e metodologiche che consentono di effettuare (successivamente) valutazioni di processo e di esito; - vanno puntualmente definite le responsabilità, individuando, negli "accordi di programma", gli organi e le modalità di gestione ed esplicitando le azioni da porre in essere nei confronti dei soggetti eventualmente inadempienti.

Nella pratica del processo programmatorio trovano compimento cinque tipi di attività 1. una attività politica 2. una attività osservativo-interpretativa 3. una attività comunicativo-dialogica 4. una attività decisionale 5. una attività organizzativa

Nell’esperienza concreta dei piani di zona il percorso della programmazione sociale che si realizza nella dimensione locale assume un profilo tipico articolato in sei passaggi. La fase di avvio del processo prende corpo con iniziative di informazione e coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati, formali e informali, a vario titolo interessati alla programmazione sociale, nonché con l’individuazione degli spazi nei quali si svolgono il dialogo e il confronto con le altre componenti della società civile. La seconda fase corrisponde al momento dell’individuazione dei punti di riferimento che guidano e orientano il processo programmatorio. Prima di essere un elenco di obiettivi e programmi o un assetto organizzativo, il piano di zona è un progetto politico che porta con sé un confronto sui valori e sulle vocazioni che animano la comunità locale e su come questo patrimonio si concilia con le istanze del cambiamento.

La terza fase prende forma attraverso la definizione di una base conoscitiva che renda disponibile ai protagonisti diretti e indiretti del processo programmatorio sia il quadro dettagliato della domanda sociale e delle attese presenti nella comunità locale, sia la trama dell’offerta di servizi pubblici e privati già attiva sul territorio La quarta fase si sostanzia nell’identificazione degli obiettivi strategici e operativi del piano, attività di natura prettamente decisionale che richiede all’attore istituzionale di fare da interconnessione tra le diverse istanze presenti sullo scenario. La quinta fase è quella in cui le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella definizione dei loro contenuti operativi. È il passaggio nel quale il piano delinea la struttura dell’offerta dei servizi sociali, prospettando modelli organizzativi e assetti di produzione delle prestazioni che incarnano le vesti della politica sociale quali sono poi osservate e sperimentate dai cittadini. La sesta fase si propone come un percorso di accompagnamento all’azione dei programmi e si realizza attraverso il loro monitoraggio e la verifica dei risultati.

La costruzione del PdZ: 5 tipi di attività …. TIPO DI ATTIVITA’ 1 politica 2 osservativo-interpretativa 3 comunicativo-dialogica 4 decisionale 5 organizzativa

… e 6 passaggi FASE CONTENUTI prima iniziative di informazione e coinvolgimento, l’individuazione degli spazi nei quali si svolgono il dialogo e il confronto seconda individuazione dei punti di riferimento che guidano e orientano il processo programmatorio terza definizione di una base conoscitiva quarta identificazione degli obiettivi strategici e operativi del piano quinta le decisioni e le scelte trovano concretizzazione nella definizione dei loro contenuti operativi sesta accompagnamento all’azione dei programmi

la pratica del processo programmatorio: il caso di Roma elaborazione del Piano Regolatore Sociale di Roma Capitale con le indicazioni di come devono essere redatti i Piani Sociali dei Municipi i PSM devono descrivere: il processo di preparazione, consultazione e concertazione del Piano il contesto territoriale e il profilo socio-demografico del territorio e della comunità locale il capitale sociale e le risorse del municipio le domande e i bisogni sociali della popolazione i principi, le finalità e le strategie la programmazione dei servizi e degli interventi sociali l‘ufficio di piano e le azioni di sistema l‘integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di sviluppo locale la programmazione delle risorse il processo di attuazione e revisione del Piano