Metodi e tecniche della ricerca psicosociale

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Metodi e tecniche della ricerca psicosociale

Fatti paradossali e fortuna Fatti paradossali e fortuna. Un evento paradossale può dare vita ad un nuovo problema di ricerca. Ad esempio, Darley e Latané trassero spunto dal caso di Kitty Genovese per teorizzare il concetto di “responsabilità diffusa”.

Per quanto riguarda il caso o la fortuna, si parla di serendipità, che indica la capacità di fare scoperte utili alle quali non si mirava. Ad esempio, Alteman e Szechtman hanno scoperto che pizzicando lievemente la coda di un topo, nel 90% dei casi i topi mangiavano. Ora si usa questa tecnica per indurre l’obesità nei ratti.

« Serendipity is looking in a haystack for a needle and discovering a farmer's daughter. » (Julius Comroe Jr., 1976)

Le variabili Una variabile è qualsiasi caratteristica (fisica o psichica) che può assumere valori diversi in un dato intervallo. Una variabile, quindi, è qualsiasi caratteristica che, almeno teoricamente, può essere misurata. Le variabili possono essere distinte in base a: il livello di misurabilità; l’oggetto a cui sono associate; il ruolo che assumono nella ricerca.

Per quanto riguarda il livello di misurabilità, le variabili si distinguono in continue e discrete. Si dice continua una variabile che, in teoria, può assumere qualsiasi valore della serie numerica compresa tra due punteggi. L’altezza di una persona, ad esempio, può essere di 160 cm, 161 cm, ma anche di 161,23 cm. Una variabile è discreta, invece, quando non può assumere qualunque valore tra due punteggi. Ad esempio, il numero di figli di una famiglia può essere 3 o 4, ma non 3,25.

In base all’oggetto a cui sono associate, le variabili possono essere comportamentali, organismiche (o soggettive). Per variabile comportamentale si intende ogni risposta osservabile di un organismo. Esse riguardano comportamenti sia semplici sia complessi. Un esempio di variabile comportamentale può essere la pressione di un pulsante quando compare una luce. Le variabili organismiche o soggettive riguardano le caratteristiche della persona. Ad esempio, l’età, il genere, il nevroticismo, il razzismo. Alcune sono direttamente osservabili (variabili organismiche osservabili), ad esempio, il peso o l’altezza; altre, invece, non si possono osservare direttamente, ma vengono inferite dal comportamento dei soggetti (costrutti), ad esempio, l’intelligenza o il razzismo.

Per quanto riguarda il ruolo che assumono nella ricerca, le variabili si distinguono in variabili dipendenti, indipendenti e intervenienti (o di disturbo). Le variabili indipendenti sono gli stimoli (eventi) che si ipotizza causino dei cambiamenti su un comportamento. Le variabili dipendenti sono le variazioni del comportamento che si suppone dipendano dalle modifiche delle variabili indipendenti.

Le variabili indipendenti e dipendenti vengono anche definite ripettivamente variabile stimolo e variabile risposta. Le variabili stimolo sono gli eventi che causano un effetto su un organismo (ad es., cibo). Le variabili risposta sono le reazioni che un organismo ha in seguito alla stimolazione (ad es., salivazione).

Esistono due tipi di variabili indipendenti: manipolate e non manipolate. Le variabili manipolate sono quelle che lo sperimentatore controlla e modifica attivamente. Le variabili non manipolate sono quelle che non possono essere controllate a piacere dal ricercatore. Queste sono prevalentemente variabili organismiche, come l’intelligenza, il genere, etc. In questo caso, il ricercatore può solo dividere i soggetti in base a queste variabili. Ad esempio, se si vuole studiare l’atteggiamento nei confronti degli extracomunitari in base all’appartenenza politica, il ricercatore può dividere i soggetti secondo le idee politiche e verificare se vi sono differenze nell’atteggiamento verso gli extracomunitari.

Il ricercatore, di solito, ipotizza una relazione causale tra le variabili indipendenti e dipendenti, ipozizza, cioè, che i cambiamenti apportati alla variabile indipendente causino cambiamenti nella variabile dipendente. Non è possibile sostenere l’esistenza di una relazione causale tra due variabili senza manipolare direttamente una di esse.

Le condizioni sperimentali Quando si conduce un esperimento, una delle prime scelte che bisogna effettuare riguarda il numero delle condizioni sperimentali, ovvero, quanti e quali sono i livelli della variabile indipendente. Ogni variazione della variabile indipendente crea una condizione sperimentale: Una variazione = due condizioni (assenza vs. presenza di trattamento) Due variazioni = tre condizioni (assenza di trattamento vs. trattamento A vs. trattamento B) Quindi, per creare le condizioni sperimentali è necessario manipolare la variabile indipendente, ovvero, è necessario che la variabile indipendente assuma diversi livelli.

Livello di aggressività Quando si conduce un esperimento bisogna avere ameno due condizioni sperimentali, ovvero, almeno una variazione della variabile indipendente. Esempio. Disegno con un’unica condizione sperimentale. Trattamento Post-test Condizione 1 Film violento Livello di aggressività Con questo tipo di disegno è impossibile trarre alcun tipo di conclusione relativa alla relazione tra la variabile indipendente (esposizione a modelli violenti) e la variabile dipendente (aggressività).

Trattamento Post-test Esempio. Disegno con due condizioni sperimentali. Trattamento Post-test Condizione 1 Film violento Livello di aggressività Condizione 2 Film neutro Livelo di aggressività Con questo tipo di disegno, se troviamo una differenza nel livello di aggressività, ovvero, se troviamo che nella Condizione 1 il livello di aggressività è più elevato rispetto alla Condizione 2, possiamo concludere che l’esposizione a modelli violenti provoca un aumento dell’aggressività.

Quando bisogna decidere circa il numero delle condizioni sperimentali, bisogna tenere presente il principio della parsimonia: bisogna ridurre il numero delle condizioni al minimo indispensabile per poter verificare le ipotesi. Poche condizioni sperimentali possono non essere in grado di cogliere tutti gli aspetti dell’ipotesi. Molte condizioni sperimentali possono complicare l’interpretazione dei dati.

L’osservazione naturalistica L’osservazione naturalistica, o etologica, rientra nel campo dell’osservazione diretta del comportamento che è sempre stata una delle principali tecniche utilizzate dalla psicologia. L’osservazione è una tecnica di rilevazione del comportamento umano che consiste nel “guardare” cosa succede ad un determinato soggetto, in una determinata situazione. Nell’osservazione naturalistica, il ricercatore raccoglie dati sul comportamento dei soggetti senza interferire con il loro comportamento. Tale tecnica è quella che rispetta maggiormente il naturale fluire del comportamento ed è, quindi, consigliabile quando si desidera raccogliere descrizioni delle sequenze comportamentali. 17

Le caratteristiche dell’osservazione naturalistica La non intrusività. Questo comporta che l’osservatore non manipoli le variabili che interessano e che rimanga in disparte. Poiché il comportamento delle persone risulta modificato quando sanno di essere osservate, la presenza dell’osservatore, in questo tipo di tecnica, deve essere vissuta come parte dell’ambiente naturale. I metodi per preservare la non intrusività sono: lo specchio unidirezionale, gli ambienti ben mimetizzati, gli strumenti di registrazione audio e video. 18

La mancanza di artificiosità La mancanza di artificiosità. Nell’osservazione i soggetti sono osservati nel loro ambiente naturale. La sistematicità. Il ricercatore, quando conduce un’osservazione, deve selezionare i comportamenti da osservare, scegliendo quelli che suppone siano più legati all’ipotesi che vuole verificare. 19