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4. LA POLITICA SANITARIA Il sistema sanitario è l’insieme delle istituzioni, degli attori e delle risorse, umane e materiali, che concorrono alla promozione, al recupero e al mantenimento della salute. Si compone di diversi sottosistemi che interagiscono tra loro, con attori diversi anche per logiche e interessi. I suoi sottosistemi sono 3: 1. la domanda cioè la popolazione, che esprime un bisogno di salute e richiede prestazioni per ripristinare il proprio stato di benessere; 2. l’offerta per produrre e distribuire servizi e prestazioni sanitarie; 3. il finanziamento per raccogliere e distribuire le risorse monetarie per far funzionare il sistema nel suo complesso.

Il sistema sanitario ha diverse finalità: prevenzione della morte, guarigione dalle malattie, sollievo dalla sofferenza, impedimento di cronicità e promozione della salute. Le attività svolte, dunque, sono: - prevenzione primaria, per eliminare le cause di insorgenza delle malattie e i possibili fattori di rischio per la salute; - prevenzione secondaria, per individuare le malattie in fase precoce e arrestarne l’evoluzione; - diagnosi e cura, per identificare la cause delle malattie, rimuoverne lo stato patologico o ritardarne il decorso e – riabilitazione, per recuperare le capacità funzionali dopo la malattia e impedirne la cronicità. Lo stato di salute, dunque, non dipende solo dal sistema sanitario, ma da un insieme di concause legate tra loro, che possono essere riassunte in 4: 1 – patrimonio genetico, 2 – fattori ambientali; 3 – fattori socio-culturali economici e stili di vita e 4 – servizi sanitari

Quattro sono anche i parametri per valutare un sistema sanitario: 1 – efficienza, rapporto prestazioni/risorse o output/input, cioè l’impiego economico delle risorse nel processo produttivo, misurata dal numero di prestazioni realizzate da un’unità di fattore produttivo impiegato; 2 – efficacia, rapporto salute/prestazioni o outcome/income misura il contributo dei servizi sanitari al miglioramento dello stato di salute; cioè il miglioramento dello stato di salute a seguito di una prestazione sanitaria (x es. la riduzione delle morti per tumore grazie ad esami di screening); 3 – costi, spesa sanitaria totale pro-capite; 4 – equità, uguaglianza di accesso alle cure sanitarie, indipendentemente dal reddito. Il giusto equilibrio tra questi elementi definisce un sistema ideale.

Se anche un sistema sanitario non producesse salute, esso produrrebbe redditi. Infatti, come in altri settori produttivi le risorse generano redditi come stipendi per medici e infermieri, profitti per l’industria farmaceutica e le case di cura, redditi professionali per dentisti e farmacisti, ecc. In ogni caso i sistemi sanitari dei diversi paesi sviluppati si delineano in tre tipologie: 1 – sistema mutualistico (o delle assicurazioni sociali di malattia) rivolto ai lavoratori da parte delle mutue assicurative private o parastatali (contributivo), 2 – servizio sanitario nazionale, rivolto all’intera popolazione residente da parte dello stato (fiscale) e 3 – assicurazioni private di malattia.

Va ricordato inoltre, come il sistema sanitario tragga origine dai processi di industrializzazione con sovraffollamento delle città e peggioramento delle condizioni di vita. A partire dagli anni Cinquanta il settore sanitario ha conosciuto in tutti i principali paesi industrializzati una forte espansione qualitativa e quantitativa. Un primo indicatore per cogliere questo processo – sotto il profilo quantitativo – è la percentuale di spesa sanitaria totale rispetto al PIL, che è raddoppiata negli ultimi 50 anni. L’Italia ha una spesa sanitaria totale pro capite di 3.137 dollari, valore inferiore alla media europea di 3.739 dollari.

Un secondo indicatore è dato dal numero degli occupati nel settore sanitario, anch’esso aumentato in maniera consistente attestandosi sopra il 10% dell’intera popolazione occupata Un terzo indicatore è la copertura assicurativa che è cresciuta per tutti i paesi, in alcuni casi fino al 100% quando è assicurata dallo stato, andamento che sta però gradualmente scemando. I principali paesi OCSE possono essere collocati su due dimensioni: 1 – erogazione della assistenza sanitaria, nelle tre forme: pubblica, privata e mista; 2 – finanziamento di tipo fiscale (Paesi Scandinavi, Gran Bretagna, Italia e Spagna) o contributivo. Mentre i paesi che prevedono l’erogazione da parte del settore privato e il finanziamento individuale e volontario sono solo gli USA e i Paesi Bassi.

Inoltre, maggior benessere e progresso medico hanno consentito un notevole miglioramento delle condizioni di vita e di salute della popolazione, riducendo la morbilità/mortalità tradizionali. D’altro canto sono comparsi nuovi pericoli sanitari collegati a comportamenti tipici della società del benessere: alcolismo, droghe, fumo, incidenti, stress… Maggior benessere economico ha significato anche modernizzazione culturale e maggiore attenzione e preoccupazione per la salute. Fino ad arrivare ad un intenso processo di medicalizzazione della salute con una crescita progressiva delle aspettative sanitarie e una progressiva estensione della medicina professionale.

A partire dagli anni ‘80 la politica sanitaria diventa restrittiva su 4 linee direttrici: 1 – fissazione dei tetti di spesa e di bilancio definiti. I governi preoccupati per l’alta spesa sanitaria, hanno iniziato a stabilire in anticipo la quantità di risorse finanziarie disponibili annualmente per l’intero settore; 2 – riorganizzazione delle strutture e del personale, anche con blocchi delle assunzioni, istituti di cura chiusi e riconvertiti ad altri usi, preferenza per i day hospital; 3 - controlli sulle tecnologie e sui prezzi, cioè disincentivo a comprare sofisticate attrezzature medico diagnostiche, razionalizzazione di quelle esistenti e contenimento dei prezzi dei farmaci; 4 – controlli sul comportamento prescrittivo dei medici, con medicine più economiche, meno ricoveri e richieste di visite specialistiche.

Tra le varie difficoltà nell’arrivare ad una soluzione unitaria possiamo segnalare: 1 – difficoltà di concertare ed attuare provvedimenti di ampio respiro e scarsa competenza del personale; 2 – dispute tra i diversi livelli di governo; 3 – inadempienza a livello subnazionale; 4 – variabilità interregionale; 5 – elevato grado di politicizzazione delle USL che per anni sono state veri e propri centri di potere, per l’acquisizione del consenso; 6 – emergenza finanziaria. Con la globalizzazione comincia una regionalizzazione, per cui competenze prima centrali, diventano del livello locale, soprattutto con la crisi, al fine di scaricare responsabilità finanziarie ai livelli inferiori di governo. Ciò ha dato la possibilità alle regioni di evolvere verso una gestione manageriale della sanità, in alcuni casi con ottimi risultati.

Cap. 9