Il decentramento ed il federalismo fiscale
Il settore pubblico è suddiviso in una pluralità di enti secondo due criteri: il criterio funzionale ed il criterio territoriale. Secondo il criterio funzionale , il settore pubblico viene strutturato in enti che hanno competenza sull’intero territorio nazionale e sono dotati di una sola responsabilità o funzione (ad esempio la sanità o la scuola) . Essi dispongono di un proprio bilancio alimentato da entrate proprie o da trasferimenti statali. L’ articolazione funzionale è giustificata dall’esigenza di favorire una maggiore trasparenza del bilancio pubblico articolando il sistema tributario in imposte di scopo (contributi sanitari, tasse scolastiche) con data destinazione Secondo il criterio territoriale, il settore pubblico è organizzato attribuendo una o più funzioni ad enti che hanno capacità di governo sull’intero territorio nazionale (governo centrale) o su parti di esso (governi locali). In questa lezione faremo riferimento all’articolazione secondo il criterio territoriale
Modelli di articolazione territoriale Sulla base dell’esperienza storica possibile distinguere tre modelli di articolazione del rapporto centro-periferia: Modello centralista: agli enti decentrati sono trasferite poche funzioni stabilite dall’organo legislativo centrale ed esercitate sotto il controllo del governo centrale per quanto riguarda quantità, qualità dei servizi e forme di finanziamento Modello regionale:maggiore trasferimento di funzioni e parziale autonomia fiscale, senza tuttavia attribuire ai livelli regionali la potestà di istituire nuovi tributi. Il modello federale: è assente il carattere unitario dello stato; ci sono stati autonomi, con piena potestà tributaria, che si uniscono per realizzare obbiettivi comuni attribuendoli ad un potere federale centrale. La modificazione dei rapporti interstatuali può realizzarsi solo con il consenso di tutti gli stati.
Giustificazioni non economiche del decentramento Ragioni ideologiche: principio di sussidiarietà che afferma la priorità del ruolo delle comunità fondamentali che formano una società (famiglia, comunità, regione) rispetto alle autorità centrali Questo principio è esplicitamente richiamato nella Costituzione Italiana all’art 118 riformato nel 2001 che al comma 4 recita «Stato, Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini , singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» Ragioni politiche: accentua la partecipazione dei cittadini alle decisioni politiche, favorisce maggiore controllo degli amministratori locali e maggiore trasparenza, consente maggiore rispondenza alle preferenze dei cittadini.Tuttavia, può favorire prevalere di interessi di gruppi meglio organizzati e più forti
Giustificazioni non economiche del decentramento Ragioni organizzative: riduzione della disorganizzazione delle strutture accentrate di dimensioni ampie e possibilità di maggiore sperimentazione ed innovazione nell’offerta dei servizi collettivi. Tuttavia, l’accentuarsi della divisione del lavoro e i progressi tecnici nelle comunicazioni e nell’informatica dovrebbero, in linea generale, favorire le organizzazioni ampie.
Teoria economica del decentramento e del federalismo fiscale Le questioni più rilevanti sono Come ripartire le tradizionali funzioni dello Stato (allocativa, redistributiva e di stabilizzazione) ai diversi livelli di governo? Qual è la giustificazione normativa della decentralizzazione delle decisioni governative relative all’offerta di beni pubblici locali (funzione allocativa)? 3 . Quali sono le forme di finanziamento degli Enti Locali? Quali sono le imposte locali più appropriate dal punto di vista dell’efficienza e dell’equità? 4. Qual è la giustificazione e quali sono le forme dei trasferimenti dal Governo centrale agli Enti locali?
Teoria economica del decentramento e del federalismo fiscale Alcune precisazioni: per enti locali o comunità locali, si intende un’area geografica delimitata da confini amministrativi con un organo di governo eletto democraticamente dagli abitanti dell’area, che esercita funzioni stabilite da un ente superiore o da un patto costituzionale. Gli abitanti dell’area concorrono alla determinazione dei livelli d’attività esercitati dal governo locale, sulla base dei costi che sostengono e dei benefici che ricevono.
Quali funzioni a quale livello di governo? Principio di equivalenza Per risolvere il problema dell’attribuzione delle funzioni ai diversi livelli di governo la teoria tradizionale del federalismo ha utilizzato il principio di equivalenza: una funzione può essere svolta in modo efficiente ad un livello più basso di governo se l’area geografica nella quale ricadono i benefici ed i costi della funzione coincidono con i confini amministrativi dell’Ente locale. In questo caso i cittadini dell’ente locale determinano attraverso il voto il livello efficiente della funzione perché tengono conto di tutti i costi e benefici ad essa associati. Se invece l’area dei benefici è inferiore o superiore ai confini amministrativi, la funzione non può essere svolta a livello efficiente: Se i benefici ricadono solo su una parte del territorio dell’Ente, è possibile che i cittadini che abitano in questa parte non riescono a raggiungere la maggioranza minima necessaria per far approvare il progetto.
Principio di equivalenza Se invece i benefici (o i costi) avvantaggiano (danneggiano) anche coloro che non risiedono nell’Ente e quindi non contribuiscono al finanziamento (non sono compensati), allora il livello d’attività è inferiore (superiore) a quello efficiente perché non tiene conto di tutti i benefici (costi). In questo caso se questi effetti esterni sono molto elevati conviene attribuire la funzione a livelli più elevati di governi; se invece sono limitati, allora il governo centrale può indurre l’ente locale a tener conto di questi effetti esterni utilizzando trasferimenti. Il criterio di equivalenza consente di spiegare perché la funzione di stabilizzazione e quella redistributiva possono essere svolte a livello di governo centrale mentre solo la funzione allocativa (offerta di beni pubblici locali) può essere svolta a livello locale.
Funzione di stabilizzazione Concordando con l’iniziale contributo di Musgrave (1959), la maggior parte degli economisti condivide l’idea che le decisioni di spesa e d’imposizione fiscale volte a incidere sui livelli di disoccupazione e inflazione andrebbero prese dal Governo centrale (funzione macroeconomica di stabilizzazione del reddito e dei prezzi). Nessuna Amministrazione regionale o locale è abbastanza grande da influenzare il livello complessivo di attività economica e le esternalità connesse agli interventi di questo tipo li renderebbero inefficaci. Una politica espansiva adottata da una amministrazione locale determina un aumento della spesa che si rivolge anche verso beni prodotti da altri Enti locali con effetti espansivi sul reddito dei loro abitanti. Poiché gli abitanti dell’Ente locale che adotta la politica non sono compensati per i benefici che generano agli altri Enti , terranno conto solo dei loro benefici nel votare il livello d’attività che quindi sarà inferiore a quello efficiente.
Funzione redistributiva Anche la funzione ridistributiva può essere svolta solo dal Governo Centrale. Si supponga che un Ente Locale adotti una politica redistributiva a favore dei suoi membri a basso reddito; se non vi sono barriere al movimento tra le collettività locali, dobbiamo aspettarci una in-migrazione dei meno abbienti dal resto del Paese. L’aumento della popolazione meno abbiente determina un analogo incremento nel costo della politica fiscale ridistribuiva; allo stesso tempo, i più abbienti possono decidere di andarsene. Di conseguenza aumentano le esigenze di risorse per la collettività locale mentre diminuisce il livello di base imponibile e quindi il livello di prestazione dei servizi. Ne consegue che il programma ridistribuivo potrebbe essere abbandonato
Funzione redistributiva L’inefficacia di politiche redistributive adottate a livello locale si verifica anche nel caso in cui tutti gli Enti locali adottassero la stessa politica redistributiva, per esempio una politica che distribuisce in parti uguali i benefici dei servizi e li finanzia con un’aliquota proporzionale al reddito (benefici netti si riducono all’aumentare del reddito). Infatti, se il livello di reddito negli enti locali è diverso, a parità d’aliquota, gli Enti con reddito maggiore otterranno un gettito maggiore che consente l’offerta di un livello di prestazione dei servizi superiore. Se non c’è mobilità, viene violato il principio d’equità orizzontale perchè individui uguali riceveranno prestazioni diverse a seconda della loro residenza. Se c’è mobilità, si verificherà una migrazione dei meno abbienti negli Enti locali più ricchi ed uno spostamento dei più ricchi, con una conseguente riduzione della base imponibile in alcuni enti ed un aumento negli altri. Questo fenomeno di migrazioni rende insostenibile l’adozione di tale politiche.
Funzione allocativa: beni pubblici locali L’unica funzione che può essere svolta a livello efficiente se attribuita ad un governo locale è quella allocativa, in particolare la fornitura di beni pubblici locali. Il bene pubblico locale è un bene pubblico che può essere consumato solo da coloro che risiedono in una data area geografica, ossia i benefici interessano solo gli utenti appartenenti ad un’area geografica. Le caratteristiche di non rivalità e non escludibilità valgono all’interno di questa area, ma i beni sono rivali per coloro che sono esterni. Si tratta di un bene pubblico misto:l’entrata di un nuovo individuo comporta costo di congestione La fornitura di questi beni deve essere attribuita a quegli Enti locali i cui confini amministrativi coincidono con i confini dell’area in cui ricadono i benefici della fornitura.
Motivazioni dell’offerta decentralizzata dei beni pubblici locali Le ragioni dell’offerta decentralizzata dei beni pubblici locali sono: Le preferenze rispetto ai beni sono differenziate territorialmente; ciò vuol dire che per i beni le cui preferenze non dipendono dalla localizzazione geografica , ma da altri elementi come il reddito, non c’è giustificazione per un’offerta decentralizzata. I governi locali sono in grado di riflettere meglio le preferenze dei cittadini e di offrire il livello di bene che soddisfa le loro preferenze. C’è maggiore incentivo da parte dei cittadini ad informarsi sui benefici e costi di ciascun progetto alternativo (scuola, piscina, ospedale), a votare e a controllare l’operato del governo locale. Ciò fornisce maggiori incentivi al governo locale ad operare in maniera efficiente.
Il teorema del decentramento di Oates Le assunzioni principali del teorema di Oates sono: Le preferenze rispetto al bene pubblico sono differenziate territorialmente, ma sono omogenee all’interno di una stessa comunità o ente locale Il governo centrale è in grado di offrire un solo livello di bene pubblico determinato dalla media dei livelli preferiti delle comunità Non ci sono economie di scala, ossia il costo marginale di produzione del bene è costante C’è perfetta corrispondenza tra i confini amministrativi del’Ente ed i confini dell’area entro la quale ricadono i benefici della politiche: non ci sono esternalità Il risultato è che l’offerta centralizzata comporta una perdita secca di surplus per gli abitanti di ciascun ente dovuta alla differenza tra il livello offerto e quello desiderato a livello locale.
Il teorema del decentramento di Oates Le preferenze di ciascun Ente sono rappresentate da una funzione di domanda del bene che è diversa per ciascun Ente: Da e De nel grafico seguente Il bene pubblico deve essere fornito allo stesso prezzo a tutti gli individui e tale prezzo è uguale al costo marginale di produzione che è costante Soluzione decentralizzata: livello di bene pubblico locale offerto in ogni Ente è determinato dall’uguaglianza tra domanda e costo marginale: qe e qa Soluzione centralizzata: offerta uniforme qc determinata dall’uguaglianza tra la media delle funzioni di domanda degli Enti locali ed il costo marginale; Soluzione centralizzata comporta: perdita di benessere (triangolo 154) per l’Ente locale con domanda De perché nel tratto qe-qc il beneficio marginale è inferiore al prezzo. perdita di benessere (triangolo 123) per l’Ente locale con domanda Da perché nel tratto qc-qa il beneficio marginale è superiore al prezzo.
Il teorema del decentramento di Oates
Il teorema del decentramento di Oates aspetti critici Si assume che nella soluzione centralizzata il bene venga fornito in misura uguale alle due collettività. Si potrebbe immaginare che uno Stato centrale sia in grado di offrire il bene in misura differenziata realizzando lo stesso livello di benessere della soluzione decentralizzata.E’ tuttavia probabile che per far questo lo Stato centrale incontri problemi informativi rispetto alle preferenze delle due comunità e quindi costi maggiori dei governi locali. Se si accettano queste considerazioni, la soluzione decentralizzata rimane superiore a quella centralizzata non tanto per la differenziazione delle preferenze ma quanto per i costi informativi dello Stato centrale. Si assume che il costo marginale di offerta è costante. E’ però possibile che nella produzione di molti servizi locali siano presenti economie di scala che renderebbero la soluzione centralizzata preferibile.
Il teorema del decentramento di Oates aspetti critici L’ipotesi principale è che le preferenze rispetto a tutti i beni pubblici locali siano omogenee all’interno di ciascuna comunità. Ciò è molto irrealistico perché le preferenze dipendono dalle caratteristiche socio economiche dei cittadini e quindi ciò presupporrebbe comunità omogenee dal punto di vista socio economico. Se le comunità sono differenziate la domanda del bene pubblico è quella dell’elettore mediano. ; ne consegue che l’offerta di bene desiderata da ciascuna comunità comporta una perdita di benessere per i cittadini diversi dall’elettore mediano. Ora è possibile che se le differenze tra le preferenze all’interno di ciascuna comunità sono maggiori di quelle tra i cittadini di comunità diverse, la perdita di benessere della soluzione centralizzata è minore di quella della soluzione decentralizzata.
Il teorema del decentramento di Oates aspetti critici Il Teorema implicitamente assume che trovi applicazione il principio di equivalenza o corrispondenza: per ogni funzione o bene esiste un livello di governo locale i cui confini amministrativi coincidono con i confini dell’area in cui ricadono i benefici e i costi della funzione. Ma tale impostazione porterebbe ad una moltiplicazione degli enti locali ed inoltre i confini tenderebbero a sovrapporsi perché i beneficiari di un bene possono esserlo anche di altri. Ciò creerebbe problemi di natura informativa tra i cittadini-utenti con conseguenti decisioni inefficienti Inoltre la moltiplicazione degli Enti comporterebbe costi amministrativi e di gestione molto elevati che potrebbero più che compensare la perdita di benessere dell’offerta centralizzata.
Forme di finanziamento dei livelli inferiori di governo Le forme di finanziamento dei livelli inferiori di governo possono essere di tre tipi: Tariffe e/o tasse Imposte (autonome, compartecipazioni, sovraimposte) Trasferimenti dal governo centrale o da altri enti locali.
Tariffe e tasse Le tariffe e le tasse rispondono al criterio del beneficio secondo il quale il finanziamento è la controprestazione del beneficio ottenuto dal bene Le tariffe o prezzi pubblici si applicano a servizi locali che sono divisibili ed escludibili (trasporti urbani, raccolta rifiuti, fornitura acqua, gas ). Le tasse si applicano a quei servizi (scuola, servizio antincendio, polizia locale, pompieri) che generano forti esternalità positiva oltre a benefici privati appropriabili da chi ne usufruisce.
Imposte Le imposte sono la forma di finanziamento dei servizi pubblici locali che presentano il carattere dell’indivisibilità dei vantaggi (viabilità, opere pubbliche, nettezza urbana, illuminazione pubblica). Si distinguono: I tributi propri sono gli unici che configurano un’autonomia finanziaria dell’ente decentrato che è libero di fissare l’aliquota e in alcuni casi, la base imponibile; Le addizionali sono le aliquote che l’ente decentrato fissa a proprio favore sull’imponibile di un’imposta nazionale e che quindi si somma all’aliquota stabilita dal governo centrale; le sovrimposte sono aliquote locali commisurate al gettito di tributi nazionali
Le imposte Sovrimposte e addizionali non coincidono negli effetti; nel caso della sovrimposta la decisione del governo centrale di modificare le proprie aliquote influisce sulle risorse disponibili a livello inferiore. Se le imposte nazionali sono progressive, sovrimposte e addizionali hanno effetti diversi sulla distribuzione personale dei carichi fiscali dei contribuenti. Se, ad esempio, il governo cenrale, al fine di non variare la progressività, intendesse introdurre una modifica proporzionale delle aliquote legali dell’imposta progressiva, in presenza di un’addizionale la variazione delle aliquote complessive non risulterebbe proporzionale e quindi la progressività risulterebbe alterata 4) le compartecipazioni sono quote di gettito di un’imposta amministrata da u livello di governo superiore a favore di un’ente inferiore sulla base di qualche criterio che tenga conto di aspetti locali (gettito riscosso, base imponibile…). Se la misura della compartecipazione è fissata dalla legge, l’ente decentrato non ha alcuna autonomia tributaria.
Imposte locali La scelta delle imposte locali dovrebbe soddisfare criteri d’efficienza (non distorcere le scelte degli operatori) e d’equità (assicurare uguali prestazioni a parità d’aliquota applicata) Dal punto di vista dell’efficienza, la scelta deve tener conto degli effetti sulle decisioni di localizzazione e di mobilità delle imprese e degli individui determinata dall’introduzione dell’imposta. Dal punto di vista dell’equità, le imposte assegnate a livello locale dovrebbero essere caratterizzate da una base imponibile uniforme nelle varie comunità locali al fine di garantire , a parità d’aliquota fiscale applicata, parità di gettito e quindi di livelli di servizi. Nella realtà quasi tutte le imposte sono caratterizzata da una distribuzione uneguale della base imponibile e ciò giustifica\la necessità di trasferimenti centrali all’Ente locale.
Concorrenza Fiscale Dal punto di vista dell’efficienza due sono i problemi maggiori generati dall’utilizzo di imposte locali: la concorrenza fiscale e l’esportazione dell’imposta. Concorrenza fiscale: ogni Ente locale può avere convenienza a ridurre l’aliquota d’imposta per attirare base imponibile dagli Enti Locali vicini; ciò comporta un aumento di gettitro se l’aumento percentuale della base imponibile indotto dalla riduzione dell’aliquota, è superiore alla riduzione dell’aliquota stessa. Tale fenomeno è generato dalle imposte la cui base imponibile è mobile: imposta sul reddito della società, imposta sul reddito da capitale, imposta personale sul reddito. La concorrenza fiscale distorce le scelte di localizzazione delle imprese o degli individui che si muovono in base all’obbiettivo di ridurre il carico fiscale; comporta una riduzione generalizzata delle aliquote e quindi dei livelli dei servizi in tutte le comunità locali.
Esportazione delle imposte L’esportazione delle imposte consiste nel far pagare le imposte a cittadini residenti in Enti Locali diversi da quelli che le riscuotono Può essere involontaria come nel caso di imposte specifiche su beni che sono esportati. E’ volontaria quando l’Ente locale sfrutta una rendita di posizioni di cui dispone: le imposte di soggiorno nei Comuni Turistici o le imposte appartenenti a società, banche, assicurazioni che operano all’interno dell’Ente locale. Infine l’esportazione delle imposte può essere uno strumento per far pagare ai non residenti il costo dei servizi da essi utilizzati. Solo in quest’ultimo caso , l’esportazione dell’imposta soddisfa un criterio d’efficienza.
L’imposta locale sulla proprietà immobiliare L’imposta sulla proprietà immobiliare (terreni e dei fabbricati) è il sistema di finanziamento delle collettività periferiche adottato da quasi tutti i Paesi che hanno una finanza pubblica decentrata. E’ una delle poche imposte che non determina né concorrenza fiscale, né esportazione dell’imposta ed inoltre soddisfa sia un criterio di capacità contributiva che del beneficio L’ammontare dell’imposta è determinato dal prodotto dell’aliquota per il valore figurativo dell’immobile o del terreno, assegnato dall’amministrazione. .
Motivazioni dei trasferimenti dal governo centrale a quello locale Gettito locale insufficiente a garantire il funzionamento degli enti locali a causa della limitata disponibilità di imposte locali non distorsive Motivo perequativo: assicurare lo stesso livello di fornitura dei servizi, a parità di prelievo fiscale, agli enti con minore base imponibile. Correzione dell’esternalità dell’azione locale, più precisamente degli effetti di traboccamento dei servizi locali; Garantire livelli minimi (decisi dal governo centrale) nella prestazione di alcuni servizi da parte degli enti locali. Garantire il finanziamento degli investimenti pubblici in presenza di limiti legislativi alla capacità d’indebitamento degli enti decentrati
Trasferimenti tra diversi livelli di governo Possiamo distinguere i trasferimenti principalmente in base a tre aspetti: modalità di utilizzo, modalità di distribuzione del trasferimento e misura del trasferimento: Con riguardo all’utilizzo, il trasferimento può essere generale (non vincolato):è concesso senza nessuna destinazione prefissata e quindi può essere impiegato dall’Ente locale in perfetta autonomia; specifico(vincolato): il Governo centrale specifica le finalità per le quali l’Ente che riceve può utilizzare i fondi, per esempio deve destinarlo a migliorare il servizio smaltimento rifiuti. I trasferimenti generali sono più adatti per assicurare un gettito sufficiente o per motivi redistributivi; i trasferimenti specifici sono più adatti per correggere le esternalità o assicurare livelli minimi di prestazione dei servizi
Trasferimenti tra diversi livelli di governo Con riguardo alla modalità di distribuzione, il trasferimento può essere in somma fissa: comporta il trasferimento di una somma di danaro indipendente dalle scelte dell’Ente; compartecipato (matching grants) è commisurato a una certa percentuale della spesa sostenuta dal beneficiario : ad esempio, un euro di erogazione statale per ogni euro di spesa effettuata dall’Ente locale per un asilo nido. In questo esempio l’ammontare del trasferimento non è definito dal Governo centrale, ma dipende dalla scelta dell’Ente: se l’Ente spende 8000 euro , il trasferimento deve essere di ammontare equivalente; l’ammontare complessivo speso sul sevizio è di 16000 euro. I trasferimenti generali possono essere solo in somma fissa, mentre quelli specifici possono essere sia in somma fissa che compartecipati
Trasferimenti tra diversi livelli di governo Con riguardo alla misura, i trasferimenti compartecipati possono essere illimitati (open-ended) Limitati o a stanziamento definito (closed-ended). Ad esempio, il Governo centrale concede un euro per ogni euro speso dall’Ente locale fino ad un massimo di 5000 euro. Se quindi l’Ente locale spende 8000 euro, il governo trasferisce solo 5000; l’ammontare complessivo di spesa sul progetto è 13000
Approcci per studiare effetti dei trasferimenti E’ possibile distinguere tre approcci per studiare gli effetti dei trasferimenti: Approccio paternalistico; l’obiettivo è massimizzare il benessere del livello superiore di governo che ha il potere decisionale; si assume che rifletta il benessere delle comunità locali. Approccio individualistico; l’obiettivo è la massimizzazione del benessere dei cittadini delle comunità locali ; problemi legati all’impossibilità di definire regole di scelta collettive che riflettano le preferenze della collettività (Teorema di Arrow). Approccio dell’elettore mediano; si fa riferimento alle preferenze dell’elettore che determina l’esito del voto a maggioranza dell’ente locale; si deve assumere: i) il trasferimento non modifica l’elettore mediano; ii)le decisioni di spesa dell’ente locale riflettono realmente tali preferenze.
Approccio elettore mediano L’approccio che generalmente si segue è quello dell’elettore mediano che, come abbiamo visto, si basa su ipotesi molto restrittive: il voto deve riguardare solo una dimensione, ossia ammontare spesa pubblica; le preferenze dei cittadini della comunità locali sono unimodali; tutti i cittadini partecipano al voto la votazione avviene a maggioranza senza accordi tra i votanti (assenza di comportamenti strategici); si conoscono i costi delle alternative di spesa poste in votazione; gli effetti delle imposte e dei trasferimenti non modificano l’identità dell’elettore mediano.
Effetti dei trasferimenti I trasferimenti da un livello superiore di governo ad un livello inferiore hanno l’obbiettivo di stimolare l’offerta dei servizi locali attraverso due canali: aumentando le risorse dei cittadini che votano nella comunità a cui i trasferimenti sono diretti (effetto reddito); Riducendo il prezzo relativo dei servizi in questione (effetto sostituzione) Questo secondo effetto è presente solo con i trasferimenti di tipo compartecipato.
Effetti dei trasferimenti L’effetto finale dei trasferimenti dipende dall’elasticità al reddito e ai prezzi della domanda dell’elettore mediano. In particolare, l’aumento di reddito si può tradurre in tutto o in parte anche in aumento della domanda di beni privati. Possiamo distinguere tre effetti: addizionalità diretta netta. Il trasferimento sia generale che specifico finanzia servizi pubblici locali che altrimenti non sarebbero stati prodotti (finalità sua propria); addizionalità indiretta netta. Il trasferimento specifico diretto ad aumentare il consumo di uno specifico servizio pubblico locale, è utilizzato per altri servizi pubblici locali; spiazzamento. il trasferimento centrale è utilizzato dall’ente locale per sostituire le imposte locali come fonte di finanziamento del medesimo ammontare di servizi.
Effetti dei trasferimenti Si esamineranno gli effetti di quattro tipologie di trasferimenti: Generale in somma fissa; Specifico in somma fissa; Compartecipato senza limite (matching open-ended); Compartecipato a stanziamento definito (matching closed-ended); Utilizzeremo l’analisi grafica per mostrare alcuni effetti.
Trasferimento in somma fissa vincolato/non vincolato
Trasferimento compartecipato senza limite
Un trasferimento compartecipato a stanziamento determinato
Le modalità di riparto dei trasferimenti perequativi Semplificando molto rispetto alle soluzioni adottate nella realtà, i possibili criteri di riparto dei trasferimenti erariali sono i seguenti: • la spesa storica; • pro capite; • per perequare la capacità fiscale; • per perequare i fabbisogni di spesa.
Il criterio della spesa storica Ripartire i trasferimenti erariali secondo il criterio della spesa storica significa assegnare a ciascun Ente una somma proporzionale al livello di spesa sostenuto nell’anno precedente o in media in un intervallo ritenuto indicativo. In sostanza, l’erogazione va a coprire la differenza tra la spesa sostenuta effettivamente e le entrate proprie dell’Ente. Si tratta di una modalità di ripartizione neutrale rispetto alla finalità perequativa.
Il criterio della spesa pro-capite Anche il riparto in base alla spesa pro capite è neutrale dal punto di vista della perequazione delle risorse, perché, assegnando a ogni cittadino residente nelle varie giurisdizioni una stessa somma, il Governo centrale non tiene conto né delle risorse proprie degli Enti periferici né delle diverse necessità di spesa, o meglio, tiene conto solo delle differenze imputabili alla popolosità della collettività locale. Il trasferimento può essere illustrato dalla seguente formula: dove: Ti è l’assegnazione all’ente i-esimo; F è l’ammontare di risorse che lo Stato trasferisce agli enti periferici; N è la popolazione nazionale; Ni è la popolazione della collettività i-esima.
Il criterio della capacità fiscale Il criterio della capacità fiscale, invece, è una modalità di ripartizione che tiene conto delle disponibilità delle singole collettività e, dunque, delle sue capacità di finanziamento autonome. L’assegnazione in questo caso è così determinata: Ti = tY – tYi = t (Y – Yi) con: Ti è il trasferimento alla collettività i-esima; t è l’aliquota media di riferimento; Yi è la base imponibile della giurisdizione locale; Y è la base imponibile nazionale.
Lo sforzo fiscale… Il tipo di assegnazione precedentemente illustrato è interamente determinato dalle differenze di basi imponibili e non dalle aliquote applicate dagli Enti locali. Se il Governo centrale volesse premiare lo sforzo fiscale dovrebbe erogare un’assegnazione proporzionale all’aliquota applicata dall’Ente locale e alla differenza tra basi imponibili. La formula precedente dovrebbe essere modificata come segue: Ti = ti (Y – Yi) dove ti è l’aliquota adottata dall’ente periferico.
...e i fabbisogni Talvolta il Governo centrale può voler tener conto dei differenti bisogni a cui ciascuna collettività deve rispondere: gli Enti locali possono differire anche per la popolazione di riferimento (per esempio perché particolarmente anziana) o per i costi di determinati input (per esempio a causa della conformazione geografica del territorio). Se l’obiettivo di chi eroga il trasferimento è colmare le differenze di finanziamento riconducibili a questi elementi, l’erogazione dovrebbe essere determinata: TGi = ti (Y – aYi) dove a rappresenta una funzione dei costi e dei fabbisogni della popolazione della collettività