Teorema del campionamento

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Teorema del campionamento

Il teorema del campionamento Il teorema del campionamento, o di Nyquist-Shannon, è la teoria matematica che soggiace al processo di conversione di un segnale analogico in uno digitale. Compare per la prima volta nel 1949 in un articolo di C. E. Shannon. Stabilisce quale deve essere il valore minimo della frequenza (detta anche frequenza di Nyquist) necessaria per campionare un segnale analogico senza perdere informazioni e per poter, quindi, ricostruire il segnale analogico originario.

I vantaggi della conversione A/D Nel corso degli ultimi decenni si è assistito ad una progressiva sostituzione delle apparecchiature analogiche con apparecchiature digitali. Le principali ragioni di ciò sono: maggiore immunità al rumore dei segnali digitali rispetto a quelli analogici, soprattutto nella trasmissione; possibilità di elaborare segnali digitali, che rappresentano informazioni di natura diversa, con le medesime apparecchiature (integrazione dei servizi); possibilità di elaborare un segnale digitale con un calcolatore per migliorarne le caratteristiche o per estrarre, da questo, determinate informazioni; possibilità di applicare tecniche di crittografia ed autenticazione (sicurezza delle comunicazioni).

Trasmissione analogica in presenza di rumore Definiamo segnale analogico, v(t), una funzione di t che può assumere qualsiasi valore nell’intervallo (vmin, vmax). Se trasmettiamo tale segnale, lungo un cavo metallico, una fibra ottica o via etere, si avrà, in ricezione, un segnale attenuato e distorto. Le ragioni dell’attenuazione sono principalmente legate alle perdite per effetto joule. Quelle della distorsione, invece, sono legate alla sovrapposizione di segnali di disturbo provenienti da diverse sorgenti. Segnali che, genericamente, indichiamo col termine rumore. Individuiamo due fondamentali sorgenti di rumore: quello introdotto dagli apparati coinvolti nel processo di comunicazione (trasmettitori, filtri, amplificatori, modulatori, ricevitori, ecc.) e quello dovuto alle interferenze e.m. presenti sul canale di trasmissione.

Il rumore termico o rumore bianco I primi studi sul rumore sono stati effettuati dal fisico statunitense (di origine svedese) J.B. Johnson (1887-1970) nel 1928. Egli scoprì che ai capi di un conduttore non percorso da corrente esiste sempre una tensione debole e fluttuante, dovuta all’agitazione termica degli elettroni di conduzione. Tale effetto, in suo onore, è denominato effetto Johnson o effetto granulare. In un qualunque conduttore vi sono, oltre agli elettroni che fanno parte degli atomi costituenti il reticolo cristallino, gli elettroni di conduzione. Gli elettroni di conduzione (o elettroni liberi) sono liberi di muoversi e, quando applicata ai capi del conduttore una d.d.p., si orientano in un flusso che denominiamo corrente elettrica. Tuttavia, in assenza di tale d.d.p., gli atomi che costituiscono il reticolo vibrano attorno alle loro posizioni di equilibrio; ed anche gli elettroni liberi si muovono in modo caotico. Si può dimostrare che tale moto è tanto maggiore quanto è maggiore la temperatura dell’ambiente in cui è immerso il conduttore.

Il rumore termico o rumore bianco La figura mostra, nel primo caso, un resistore ai capi del quale è applicata una d.d.p.: in tal caso gli elettroni si muovono in modo ordinato e costituiscono una corrente elettrica. Nel secondo caso non vi è d.d.p. esterna: gli elettroni si muovono caoticamente e non producono, mediamente, alcuna d.d.p.. Istantaneamente, però, vi è una d.d.p. istantanea, δV, generalmente diversa da zero, istante per istante.

Il rumore termico o rumore bianco Se si rappresenta tale tensione nel dominio del tempo si ottiene un grafico simile a quello qui illustrato (è stato ottenuto col generatore termico di NI Multisim). Nella figura successiva si può notare l’effetto della sovrapposizione del rumore ad un segnale informativo (per semplicità sinusoidale).

Il rumore termico o rumore bianco E’ necessario sottolineare che sebbene il valor medio della tensione di rumore sia nullo, non è così per il suo valore efficace. E’ quindi associabile al rumore una potenza, PN, che rapportata alla potenza di segnale fornisce un importante parametro per la misura della qualità di un sistema di trasmissione (la misura, in genere, viene eseguita all’ingresso del ricevitore). Più tale parametro è elevato e minore sarà l’effetto del rumore sulla qualità del segnale informativo. Il rumore termico è anche detto rumore bianco (in analogia con la luce) in quanto un’analisi in frequenza su di esso mostra la presenza di infinite armoniche tutte di simile ampiezza.

Il rumore termico o rumore bianco Si può dimostrare che il quadrato del valore efficace della tensione di rumore vale: Dove K è la costante di Boltzman (1,38·10-23 J/K), T è la temperatura assoluta espressa in kelvin, R la resistenza del resistore e B la larghezza di banda in cui il rumore viene considerato. Inoltre, rappresentando il resistore rumoroso come un resistore ideale di valore R ed un generatore di tensione Vn in serie, si ha che la massima potenza che esso può fornire vale: Si definisce, inoltre, densità spettrale di potenza del rumore:

Trasmissione digitale in presenza di rumore La trasmissione digitale, rispetto a quella analogica, consente di ottenere risultati nettamente superiori, in termini di qualità. Si definisce segnale digitale binario, vD(t), una funzione del tempo che può assumere solo due valori [vH, vL] con vH>vL. E’ una funzione costante a tratti. Anche il segnale digitale, nel corso della trasmissione, come quello analogico, è soggetto all’attenuazione ed alla distorsione. Nel caso del segnale digitale, però, l’effetto del rumore può essere notevolmente contenuto. Se l’ampiezza del rumore è sensibilmente inferiore a quella del segnale è sufficiente, per il ricevitore, confrontare la tensione ricevuta con una tensione di riferimento pari a (vH+ vL)/2: se maggiore, il segnale ricevuto lo si fa corrispondere a vH, se minore, a vL.

Trasmissione digitale in presenza di rumore Il rumore, come dovrebbe ormai esser chiaro, ha una natura di carattere casuale e, pertanto, deve essere descritto in termini matematico-probabilistici. Per misurare la qualità di un sistema di trasmissione digitale si usa la probabilità di errore, definita come: dove be è il numero di bit ricevuti in modo errato e br è il numero complessivo di bit ricevuti. Per evitare l’attenuazione dei segnali digitali si interpongono, lungo il canale di trasmissione, opportuni dispositivi denominati rigeneratori, la cui funzione è appunto quella di rigenerare il segnale eliminando il rumore (trigger di Schmitt).

La conversione A/D La conversione di un segnale analogico in uno digitale, prima della trasmissione, consta delle seguenti fasi: filtraggio passa-basso (anti-alias) campionamento quantizzazione codifica Una volta ricevuto il segnale dovrà essere decodificato e interpolato.

Il teorema del campionamento Un segnale analogico a banda limitata ed energia finita, privo di componenti spettrali di frequenza superiore a W [Hz], può essere completamente descritto specificando i valori che assume in istanti di tempo separati tra loro da un intervallo temporale pari ad 1/2W secondi. In sostanza si tratta di memorizzare i valori che il segnale assume (campioni) avendo cura che tra una lettura e la successiva vi sia un tempo non inferiore a Tc=1/2W (intervallo di campionamento). L’inverso di Tc, fc, è detto frequenza di campionamento ed indica il numero di campioni memorizzati in un secondo.

Energia di un segnale analogico La potenza fornita ad un carico R da un segnale analogico è calcolabile con la: In generale, ponendo R=1 Ω, la potenza assume la denominazione di potenza normalizzata e si può scrivere: La quantità infinitesima di energia associata al segnale, nell’intervallo di tempo dt, può essere scritta nella forma: Se vogliamo conoscere l’energia associata a tale segnale, in un determinato intervallo di tempo (per esempio T, centrato nell’origine), dovremo integrare dw in tale intervallo: L’energia totale, pertanto, sarà: Dalla quale, dividendo per T, si ottiene la potenza media. Il vincolo imposto dal teorema del campionamento, nella pratica, è ampiamente rispettato in quanto i segnali reali hanno tutti durata ed ampiezza limitata.

Campionamento di un segnale analogico L’operazione di campionamento equivale al prodotto del segnale analogico con un treno di impulsi di ampiezza unitaria e durata infinitesima. In pratica, però, impulsi di tale durata non sono realizzabili e ciò pone alcuni problemi che ora cercheremo di comprendere.

Campionamento di un segnale analogico Sappiamo che un treno di impulsi è una funzione del tempo che è possibile sviluppare in serie di Fourier:

Campionamento di un segnale analogico Supponendo che il segnale analogico da campionare sia costituito da una sola armonica: Il segnale campionato assumerà la forma (ponendo Ap=1): Se ora consideriamo il secondo termine della serie e ad esso applichiamo le formule di Werner: otteniamo: che corrispondono a due righe spettrali di eguale ampiezza e frequenza fc-fa e fc+fa.

Spettro di un segnale analogico campionato Ripetendo la stessa operazione per ciascuno degli infiniti prodotti tra l’armonica del segnale analogico e quella di ordine 2, 3, …, n del treno di impulsi si ottiene lo spettro indicato in figura d).

Spettro di un segnale analogico non periodico campionato Nel caso in cui sa(t) sia un segnale periodico composto (onda quadra, triangolare, dente di sega, ecc.) si procederà come nel caso precedente ottenendo, concettualmente, lo stesso risultato spettrale. Ed anche per un segnale non periodico, come quello telefonico, si può dimostrare che si ottiene lo stesso tipo di risultato.

Il fenomeno dell’aliasing Consideriamo un segnale s(t) non periodico la cui trasformata di Fourier è quella riportata nel grafico a). Si tratta di un segnale a banda limitata e la cui componente armonica a frequenza più elevata ha frequenza pari a W. Campionando il segnale idealmente (con impulsi di durata infinitesimale), si ottiene un segnale sc(t) il cui spettro è riportato in figura b). Se le repliche sono sufficientemente distanziate è possibile ricostruire il segnale analogico di partenza con un semplice filtro passa-basso. Affinché le repliche siano separabili è sufficiente campionare con fc≥2W. Se questa condizione non è rispettata si verifica il fenomeno dell’aliasing, mostrato in figura c): le repliche del segnale analogico sono sovrapposte tra loro e non è più possibile ricostruire il segnale analogico di partenza.

Distorsione introdotta dal campionamento flat-top Nella pratica il campionamento ideale non è realizzabile. La tecnica di campionamento più usata, nei convertitori A/D, è la flat-top sampling. Il segnale campionato risulta costituito da impulsi di durata τ e distanziati Tc. Lo spettro del segnale così campionato risulta distorto e, anche in questo caso, ciò che verrà ricostrutito con un filtro passa-basso non sarà il segnale analogico di partenza. Per mitigare tale distorsione è necessario che τ << Tc.

Sovracampionamento Nella pratica non si campiona mai ad fc=2W. Si preferisce sempre campionare ad un ritmo maggiore effettuando quello che si chiama sovracampionamento. Cerchiamo di capire la ragione di questa scelta. Osserviamo la figura. La ricostruzione del segnale analogico richiede l’impiego di un filtro passa-basso in grado di eliminare le repliche superiori a W (Hz). Se tali repliche sono troppo vicine occorrerà utilizzare un filtro estremamente selettivo, costoso e difficile da realizzare. Per tale motivo si preferisce lasciare tra le repliche una banda di guardia che possa consentire l’impiego di filtri non particolarmente selettivi. Tale banda vale:

La quantizzazione dei segnali campionati Alla stessa stregua di un segnale analogico, anche un segnale campionato è soggetto agli effetti dei rumori additivi. Occorre quindi sottoporlo all’operazione di quantizzazione per renderlo – in larga parte – immune ai rumori additivi. Immunità che si ottiene al prezzo di una distorsione del segnale campionato di partenza. Questa operazione viene svolta da un quantizzatore al cui ingresso si applica il segnale campionato, sc(t) ed alla cui uscita si preleva il segnale quantizzato, sq(t). Il quantizzatore funziona secondo i seguenti passi: la dinamica di sc(t) viene divisa in un certo numero di subintervalli denominati quanti; all’interno di ogni quanto viene individuato il valore che sq(t) assumerà (in genere il valore centrale); se il valore di sc(t), in un determinato istante, ricade all’interno di un certo quanto, ad esso sarà associato il valore indicato al passo precedente (due differenti valori di sc(t), ma ricadenti nello stesso subintervallo, all’uscita del quantizzatore non saranno più distinguibili.

La quantizzazione dei segnali campionati La figura a fianco mostra la curva di quantizzazione di un segnale campionato (nell’esempio si suppone di dividere la dinamica di sc(t) in 16 quanti). Sull’asse delle ordinate viene riportata l’ampiezza del segnale sq(t) mentre, su quello delle ascisse, l’ampiezza del segnale sc(t). Il segnale d’ingresso rispetta la seguente dinamica: Facciamo un paio di esempi: Si definisce errore di quantizzazione la differenza:

Considerazioni sull’errore di quantizzazione L’errore di quantizzazione varia linearmente, all’interno di un quanto, passando da –q/2 a q/2. Il valore massimo di tale errore lo si ha proprio in corrispondenza dei valori estremi del quanto. Mentre è nullo al centro dell’intervallo. L’andamento nel tempo di εq(t) è casuale e indipendente da sc(t). Per tale ragione viene anche denominato rumore di quantizzazione. Tale rappresentazione ci consente, quindi, di valutare qualitativamente l’effetto della quantizzazione sul segnale. Per far ciò si determina la potenza media associata al rumore di quantizzazione e la si confronta con la potenza media del segnale campionato. La potenza media associata al rumore di quantizzazione, di cui si tralascia il calcolo, vale: che dipende esclusivamente dal quanto.

Le ragioni della quantizzazione La quantizzazione è un passaggio decisivo e necessario nel processo di conversione A/D. Le ragioni sono: Immunità al rumore. E’ possibile separare il segnale quantizzato dal rumore introdotto dagli apparati e nei canali di comunicazione se l’ampiezza del rumore non supera, in modulo, q/2. Se il segnale campionato rimanesse tale (ovvero con la possibilità di assumere infiniti possibili valori all’interno della dinamica del segnale analogico) ciò non sarebbe possibile. Soglia percettiva dei sensi umani. I sensi degli umani, gli utenti finali dei sistemi trasmissione ed elaborazione delle informazioni, hanno una soglia di percezione per cui avvertono solo variazioni finite di intensità. Se, quindi, l’approssimazione introdotta dalla quantizzazione non è eccessivamente grossolana i segnali analogici ricostruiti saranno, in pratica, indistinguibili da quelli originali. Codifica in binario. L’operazione di quantizzazione dei segnali campionati è indispensabile per la successiva operazione di codifica. Non è possibile codificare in binario campioni che possono assumere qualsiasi valore: occorrerebbe, per ognuno di essi, una stringa di un numero infinito di bit.

La codifica dei segnali campionati Il processo di codifica dei segnali informativi si colloca a due livelli: Codifica di sorgente. E’ la tecnica che, per ogni valore del segnali quantizzato, sq(t), viene associata una stringa di L bit. Codifica di canale. E’ la rappresentazione elettrica di ciascun bit. Una buona codifica di canale ottimizza la trasmissione dei segnali digitali lungo i canali di comunicazione.

La codifica di sorgente Numerose sono le tecniche di codifica di sorgente ma, comunque, raggruppabili in due categorie: Codici a lunghezza fissa (FLC – Fixed Length Coding): ogni valore di sq(t) viene rappresentato con una stringa di bit di lunghezza L (costante). Codici a lunghezza variabile (VLC – Variable Length Coding): ogni valore di sq(t) viene rappresentato con una stringa di bit variabile tra Lmin e Lmax.

Codici a lunghezza fissa Codifica naturale: ad ogni valore di sq(t) viene associato il numero ordinale del valore ammissibile stesso. Un esempio è mostrato in figura: un segnale di ampiezza ±Vmax è quantizzato con 16 intervalli ciascuno ampio Vmax/8 . Con questo tipo di codifica lo zero non è ammissibile.

Codici a lunghezza fissa Codifica in complemento a due: ad ogni valore di sq(t) viene associata una codifica che utilizza il complemento a due. In questo caso la codifica del numero zero è ammessa.

Codici a lunghezza fissa Codifica in codice Gray. La particolarità di questo codice è quella che tra un livello e quello contiguo la codifica differisce di un solo bit. La figura mostra il codice per parole di 4 bit.

Codici a lunghezza variabile Per questo tipo di codici la stringa di bit che viene associata a ciascun valore del segnale quantizzato è variabile. Un codice a lunghezza variabile ha senso se i vari livelli del segnale quantizzato non sono equiprobabili. La logica è quella di assegnare a livelli meno probabili stringhe di lunghezza maggiore e viceversa. Nel 1948 Shannon dimostrò il teorema sulla codifica di sorgente.

Teorema di Shannon sulla codifica di sorgente Si consideri un segnale quantizzato sq(t) caratterizzato da un insieme di valori ammissibili {s1, s2, …, sn} con probabilità, rispettivamente, {p1, p2, …, pn}. Si definisce quantità di informazione, associata al livello si, la quantità: L’unità di misura dell’informazione è il bit (non inteso come cifra binaria ma come quantità di informazione associata ai valori di un segnale caratterizzato da due valori ammissibili equiprobabili). Si definisce entropia del segnale, la quantità media di informazione associata a ciascun valore del segnale sq(t): Consideriamo, ora, una possibile codifica non ambigua (che possa, cioè, essere decodificata in modo non ambiguo) dei valori ammissibili e supponiamo che al generico valore si sia associata una lunghezza li. Il numero medio di bit per valore ammissibile sarà: Il teorema di Shannon stabilisce che si ha, necessariamente:

Codice di Huffman E’ un codice a lunghezza variabile proposto nel 1952 da David A. Huffman nella sua tesi di dottorato presso il MIT. Per poterlo costruire occorre conoscere la probabilità con cui ciascun valore ammissibile compare nel segnale quantizzato. Valori che in alcuni casi sono determinati per via analitica e, quando ciò non è possibile, per mezzo di un’analisi statistica. Il codice Huffman è rappresentato da un albero costruito in base al seguente algoritmo: le foglie dell’albero sono rappresentate da tutti i valori ammissibile ordinate secondo le probabilità di quest’ultimi; le due foglie con probabilità più bassa devono essere unite per formare un nuovo nodo dell’albero, cui è associata la somma delle probabilità dei rispettivi valori ammissibili; il procedimento si ripete fino a quando non si ottiene un nodo unico con probabilità 1.

Esempio di codice Huffman Supponiamo di avere un segnale quantizzato costituito da 8 livelli ammissibili {s1, s2, s3, s4, s5, s6, s7, s8} con probabilità, {0,06; 0,23; 0,3; 0,15; 0,08; 0,06; 0,06}. La figura illustra come costruire l’albero di Huffman. La codifica da associare a ciascun simbolo è effettuata annotando, in successione i bit che si incontrano, ad ogni bivio, percorrendo l’albero dalla radice alla foglia associata al medesimo simbolo.

Esempio di codice Huffman E’ interessante osservare che il calcolo di Hq conduce ad un valore poco al di sotto di Lq. E ciò sottolinea l’estrema efficienza del codice Huffman.

Esempio di codice Huffman Un’ultima considerazione è sulla caratteristica del codice Huffman di non ambiguità. Ovvero non è possibile confondere un valore ammissibile con un altro. Si consideri una possibile sequenza del segnale campionato sq(t): e la corrispondente conversione in digitale secondo la legge di codifica Huffman appena costruita: Scorrendo la lista di bit da sinistra verso destra si osserva che non si presenta mai un caso di ambiguità. In altre parole, il ricevitore della sequenza digitale sarà sempre in grado di risalire alla corretta sequenza dei valori di sq(t).

Codifica di linea La codifica di linea consiste nel decidere quale rappresentazione elettrica associare a ciascuna delle due cifre binarie. Ciò viene fatto affrontando diverse problematiche che appartengono al dominio delle telecomunicazioni e che riguardano, in primis, la risposta in ampiezza, fase e frequenza del canale di trasmissione e le caratteristiche elettriche del rumore che, nello specifico, affligge il mezzo trasmissivo. In questa sede, non potendo affrontare nel dettaglio tali problematiche, ci limiteremo a descrivere alcune delle forme d’onda più diffuse. Codifica On-Off. La cifra 0 viene rappresentata con l’assenza del segnale elettrico e la cifra 1 con un impulso positivo. Codifica NRZ. La cifra 0 viene rappresentata con un impulso negativo e la cifra 1 con un impulso positivo.

Codifica di linea Codifica RZ. La cifra 0 viene rappresentata con l’assenza del segnale elettrico; la cifra 1 viene rappresentata con un impulso positivo di durata pari alla metà della distanza temporale tra due impulsi successivi. Codifica BRZ. Nella codifica bipolare si usano tre livelli: la cifra 0 viene rappresentata con l’assenza di segnale elettrico; la cifra 1 con un impulso positivo o negativo. Un segnale BRZ non possiede componente continua e componenti spettrali a bassa frequenza se i bit 0 e 1 sono distribuiti in modo equiprobabile. Codifica Split Phase o codifica Manchester. La cifra 0 viene rappresentata con un impulso negativo seguito da un impulso positivo; la cifra 1 con un impulso positivo seguito da uno negativo. Tutti gli impulsi sono di durata pari alla metà della distanza temporale tra due impulsi successivi. La codifica Manchester non possiede componente continua e componenti spettrali a bassa frequenza a prescindere dalla distribuzione dei bit 0 e 1. Codifica differenziale. La cifra 0 viene rappresentata con una transizione del valore del segnale; la cifra 1 viene rappresentata con il mantenimento del segnale. Per porre in atto questa codifica è necessario stabilire un valore di partenza del segnale.