Maurizio Piscitelli – dirigente tecnico Il futuro della Scuola dell’Infanzia e il sistema integrato zero-sei anni Maurizio Piscitelli – dirigente tecnico
1. La scuola dell'infanzia La natura della attuale scuola dell'infanzia può essere in qualche modo ricostruita a partire dall'evoluzione del suo nome. È alla fine del Settecento che cominciano a nascere gli asili, che dichiarano fin dal nome la loro natura prevalentemente assistenziale e di custodia: accogliere o semplicemente raccogliere bambini per offrire loro talvolta solo sussistenza o anche occasioni di socializzazione e di formazione attraverso attività adeguate alla loro età.
In Italia, già con Ferrante Aporti, nella prima metà del secolo XIX, comincia a nascere l'idea che l'asilo infantile abbia una specifica finalità educativa e dunque debba essere considerato una sorta di scuola; ma sarà con le scuole delle sorelle Agazzi, tra Ottocento e Novecento, e poi con il metodo elaborato da Maria Montessori, che le peculiarità pedagogiche di questa fascia di età vengono pienamente alla luce, adeguando l'azione educativa alle fasi evolutive del bambino, rispettando le sue esigenze di gioco e di spontaneità e costruendo una scuola su misura del bambino e delle sue capacità di azione e produzione.
Questa ricca tradizione pedagogica trova un riconoscimento formale solo nel 1968 con la legge 444, che istituisce la scuola materna statale, il cui nome dichiara l'evidente intenzione di porsi in continuità con l'educazione familiare. L'articolo 1 della legge descrive con chiarezza natura e finalità della scuola: «La scuola materna statale, che accoglie i bambini nell'età prescolastica da tre a sei anni, […] si propone fini di educazione, di sviluppo della personalità infantile, di assistenza e di preparazione alla frequenza della scuola dell'obbligo, integrando l'opera della famiglia. L'iscrizione è facoltativa; la frequenza gratuita».
A sottolineare la dimensione “materna” della scuola, la legge prevedeva che il personale educativo fosse esclusivamente femminile: la clausola è stata superata solo nel 1977 con la legislazione sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, ma la quasi totalità del personale dell'attuale scuola dell'infanzia è ancora femminile. Nonostante abbia il nome di scuola, la materna si caratterizzava per la natura prescolare, ma nel corso degli anni il collegamento con il sistema scolastico successivo ha progressivamente preso il sopravvento.
La legge 30/00 ha ufficializzato il nome di scuola dell'infanzia, già comparso negli Orientamenti delle attività educative del 1991, dove era usato indifferentemente in alternativa a scuola materna, ma ora esplicitamente finalizzato a sottolineare la precipua finalità educativa. La scuola dell'infanzia, infatti, diceva la legge 30/00 all'art. 2, «concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine».
Questa impostazione subisce un'evoluzione con la legge 53/03, che abroga la legge 30/00 ma ne conserva in gran parte l'intento con significative integrazioni: «la scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria».
Nonostante l'evoluzione, che la fa rientrare a pieno titolo nel sistema educativo, la scuola dell'infanzia non fa parte del percorso scolastico vero e proprio, che è caratterizzato da finalità di istruzione ancora precluse ai bambini in questa fascia di età (3-5 anni). Fino all'istituzione della scuola materna statale, il settore è stato appannaggio esclusivo di istituzioni non statali (di privati ed enti locali), che sul finire degli anni Sessanta accoglievano oltre un milione e mezzo di bambini. La punta massima del settore si è toccata nel 1979-80 con oltre 1.900.000 bambini, tra scuola materna statale e non statale.
La scuola dell'infanzia ha durata triennale e si rivolge a bambini fra i tre e i sei anni di età, anche se la legge consente l'accesso anche a bambini che compiano i tre anni entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento: «Al fine di garantire qualità pedagogica, flessibilità e specificità dell'offerta educativa in coerenza con la particolare fascia di età interessata, - recita l’art. 2 comma 2 del D.P.R. n°89/2009 - l'inserimento dei bambini ammessi alla frequenza anticipata è disposto alle seguenti condizioni: a) disponibilità dei posti; b) accertamento dell'avvenuto esaurimento di eventuali liste di attesa; c) disponibilità di locali e dotazioni idonei sotto il profilo dell'agibilità e funzionalità, tali da rispondere alle diverse esigenze dei bambini di età inferiore a tre anni; d) valutazione pedagogica e didattica, da parte del collegio dei docenti, dei tempi e delle modalità dell'accoglienza.
Normalmente la scuola dell'infanzia si articola in tre sezioni, corrispondenti alle tre fasce di età (3, 4 e 5 anni), affidate a due insegnanti; in relazione all’età dei bambini frequentanti le sezioni però possono esser formate in modo omogeneo o eterogeneo. La scelta può avere ragioni pedagogiche e didattiche come pure ragioni organizzative. Il modello orario di funzionamento normale è di 40 ore distribuite su cinque o sei giorni. La delibera spetta al consiglio di istituto sulla base delle esigenze delle famiglie che potrebbero richiedere di: Elevarlo fino a 50 ore settimanali Ridurlo a non meno di 25 ore
I genitori possono quindi optare fra 25, 40 e 50 ore settimanali. Le sezioni vengono costituite così da accogliere un minimo di 18 bambini e un massimo di 26, tale numero massimo può essere elevato a 29 nel caso di eccesso di iscrizioni, quando non è possibile ridistribuire i bambini tra scuole viciniori e quando nella sezione non sia presente bambini con disabilità certificata. L'attività educativa si svolge per dieci mesi l'anno.
Poco dopo l'istituzione della scuola materna statale, con DPR 647/69 sono pubblicati gli Orientamenti delle attività educative, caratterizzati dall'impronta della pedagogia attivistica e dal tentativo di mediare la finalità assistenziale con quella educativa vera e propria. Si tratta di "orientamenti" perché la scuola materna, vista l'età dei suoi allievi, non consente lo svolgimento di un "programma" sistematico, differenziato per temi o discipline, come negli altri ordini scolastici.
L'evoluzione verso la scolarizzazione piena di questa "premessa" scolastica si compie con i nuovi Orientamenti del 1991, in cui la scuola materna tende a sottolineare più la dimensione scolastica che quella materna, attraverso una felice sintesi tra la cultura dei servizi e la cultura dell'istruzione. L'attività educativa si articola in campi di esperienza, termine con il quale «si indicano i diversi ambienti del fare e dell'agire del bambino e quindi i settori specifici ed individuabili di competenza nei quali il bambino conferisce significato alle sue
molteplici attività sviluppa il suo apprendimento, acquisendo anche le strumentazioni linguistiche e procedurali, e persegue i suoi traguardi formativi, nel concreto di una esperienza che si svolge entro confini definiti e con il costante suo attivo coinvolgimento». Negli anni Novanta dello scorso secolo si è svolta la sperimentazione "Ascanio", che accentuava la flessibilità nell'uso dei tempi e delle persone (bambini e docenti), aprendo prospettive che si realizzeranno meglio nel nuovo regime di autonomia scolastica.
Il percorso di rinnovamento, formalmente arrestatosi per consentire l'approvazione della riforma dell'intero sistema educativo, è ripartito con la legge 53/03 e i successivi interventi riformatori. Le Indicazioni nazionali allegate al DLgs 59/04 in attuazione della riforma Moratti sono state sostituite dalle Indicazioni per il curricolo allegate al DM 31-7-2007, la cui vigenza è stata prorogata fino al 2012.
In quest’ultimo testo i campi di esperienza sono cinque: il sé e l’altro (le grandi domande, il senso morale, il vivere insieme), il corpo e il movimento (identità, autonomia, salute), linguaggi, creatività espressione (gestualità, arte, musica, multimedialità), i discorsi e le parole (comunicazione, lingua, cultura), la conoscenza del mondo (ordine, misura, spazio, tempo, natura).
Le Indicazioni nazionali 2012 per la scuola dell’infanzia Regolamento recante Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione a norma dell’articolo 1, comma 4, del Decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89. Le Indicazioni nazionali, allegate al decreto, sostituiscono le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati di cui agli allegati A, B, C e D del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e le successive Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 31 luglio 2007.
A partire dall’anno scolastico 2012-2013, le scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione procedono all’elaborazione dell’offerta formativa avendo a riferimento in prima attuazione e con gradualità, le Indicazioni nazionali contenute nel documento allegato al decreto. Le Indicazioni Nazionali rappresentano per le scuole dell’autonomia ciò che i Programmi scolastici costituivano per le scuole in epoca precedente: un punto di riferimento per definire la proposta formativa e didattica a livello dei singoli istituti scolastici.
Ma tra le Indicazioni Nazionali e i Programmi scolatici ci sono differenze istituzionali, culturali e professionali che rendono la loro natura e la loro funzione abbastanza differenti, così come è palesemente diversa la loro organizzazione e articolazione interna: l’idea di Programmi scolastici validi sull’intero territorio nazionale confliggeva con l’idea di autonomia scolastica; le Indicazioni Nazionali, pur comprendendo un nucleo fondamentale omogeneo su base nazionale che rispecchia la cultura, le tradizioni e l’identità nazionale, garantiscono una maggiore flessibilità e adattabilità delle scelte formative in relazione al contesto vitale di riferimento del singolo istituto scolastico.
con l’introduzione della programmazione curricolare anche i Programmi Scolastici (come successivamente le Indicazioni Nazionali) sono diventati “punti di riferimento” per le scelte collegiali a livello decentrato. Il “passaggio” dalla loro “applicazione” a livello individuale a programmazioni collegiali” non apparve immediatamente chiaro e di facile attuazione; i tre documenti delle Indicazioni Nazionali presentano delle analogie e delle differenze che testimoniano come le Indicazioni Nazionali abbiano subito nel tempo delle variazioni in relaziona anche ai risultati della loro applicazione.
Struttura: cultura, scuola, persona L’organizzazione del curricolo la scuola nel nuovo scenario dalle Indicazioni al curricolo centralità della persona aree disciplinari e discipline per una nuova cittadinanza continuità ed unitarietà del curricolo per un nuovo umanesimo Finalità generali traguardi per lo sviluppo delle competenze obiettivi di apprendimento valutazione scuola, costituzione, Europa certificazione delle competenze profilo dello studente nuova scuola di tutti e di ciascuno profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione comunità educativa – comunità professionale, cittadinanza
Articolazione: scuola dell’infanzia i bambini, le famiglie, i docenti, l’ambiente di apprendimento i campi di esperienza (5) (il corpo e il movimento, immagini, suoni, colori) i traguardi per lo sviluppo della competenza
La scuola dell’infanzia, statale e paritaria, si rivolge a tutte le bambine e i bambini dai tre ai sei anni di età ed è la risposta al loro diritto all’educazione e alla cura, in coerenza con i principi di pluralismo culturale ed istituzionale presenti nella Costituzione della Repubblica, nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e nei documenti dell’Unione europea. Essa si pone la finalità di promuovere nei bambini lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia, della competenza e li avvia alla cittadinanza
Consolidare l’identità significa vivere serenamente tutte le dimensioni del proprio io… Sviluppare l’autonomia significa avere fiducia in sé e fidarsi degli altri.. Acquisire competenze significa giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare, imparare a riflettere sull’esperienza…. Vivere le prime esperienze di cittadinanza significa scoprire l’altro da sé e attribuire progressiva importanza agli altri e ai loro bisogni…. Tali finalità sono perseguite attraverso l’organizzazione di un ambiente di vita, di relazioni e di apprendimento di qualità, garantito dalla professionalità degli operatori e dal dialogo sociale ed educativo con le famiglie e con la comunità.
Ogni campo di esperienza offre specifiche opportunità di apprendimento, ma contribuisce allo stesso tempo a realizzare i compiti di sviluppo pensati unitariamente per i bambini dai tre ai sei anni, in termini di identità (costruzione del sé, autostima, fiducia nei propri mezzi), di autonomia (rapporto sempre più consapevole con gli altri), di competenza (come elaborazione di conoscenze, abilità, atteggiamenti), di cittadinanza (come attenzione alle dimensioni etiche e sociali).
I due Regolamenti che reggono l’assetto della scuola dell’infanzia oggi sono: Il D.P.R. 20 marzo 2009, n° 81 « «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola» Il D.P.R.20 marzo 2009, n° 89 che prevede la « Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione»
Le «Sezioni primavera» Le sezioni primavera sono state attivate per i bambini dai 24 ai 36 mesi ( art. 1 comma 630 della Legge 296/2006 ) in sede di Conferenza Unificata del 14 giugno 2007 sulla base dell’Accordo tra il MIUR, il Ministro delle Politiche per la Famiglia, il Ministro della Solidarietà sociale, le Regioni, le Provincie, i Comuni e le Comunità montane.
Così il Ministro Fioroni ,riconfermando la priorità di garantire una rete estesa e qualificata di servizi socio-educativi per la prima infanzia, consente, attraverso i 1158 progetti Sezioni Primavera approvate per l’anno scolastico 2007/2008, di avviare in via sperimentale un’offerta educativa rivolta ai bambini dai 2 ai 3 anni. Le sezioni primavera svolgono la funzione di anno-ponte fra l’asilo nido e la scuola dell’infanzia; non prevedono un organico proprio né figure professionali specifiche; l’impostazione pedagogica e il Piano dell’offerta formativa sono lasciati all’autonomia didattica e di sperimentazione del collegio dei docenti.
Dalle «Sezioni primavera» al Decreto legislativo 13 aprile 2017, n°65 Con l'approvazione dei decreti attuativi della legge 107 - art. 1, commi 180 e 181, lettera e) - arriva finalmente anche la riforma del sistema educativo per l'infanzia da 0 a 6 anni con una armonizzazione su base nazionale delle norme regionali in materia sia di reclutamento che di servizi minimi da garantire. Cambiano le modalità di accesso alla professione di educatore con la definizione dei titoli necessari per poter essere assunti. Sarà necessaria infatti una qualifica universitaria per l'accesso e vengono costituiti per la prima volta i poli per l’infanzia per potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e dei bambini.
Con questo decreto legislativo si pongono le basi per un modello, il Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita fino a 6 anni, che concorre a far uscire i servizi educativi per l’infanzia dalla dimensione assistenziale per farli entrare a pieno titolo nella sfera educativa garantendo continuità tra il segmento di età 0-3 e 3-6. Si offriranno alle famiglie strutture e servizi ispirati a standard uniformi su tutto il territorio nazionale e organizzati all’interno di un assetto di competenze tra i diversi attori istituzionali chiaro ed efficiente.
Con l’ambizione di avvicinare l’Italia agli obiettivi europei del 2020: l’ampliamento dei servizi educativi per l’infanzia (0-3), tendendo al 33% di copertura della popolazione sotto i tre anni di età, a livello nazionale; la presenza dei servizi educativi per l’infanzia attraverso un’equa distribuzione territoriale, superando l’evidente diversificazione sul territorio nazionale con riferimento alla presenza sui territori dei nidi e degli altri servizi per l’infanzia a seconda della diversa capacità degli enti locali di rispondere alla domanda delle famiglie.
la generalizzazione qualitativa e quantitativa della scuola dell’infanzia per tutte le bambine e i bambini dai tre ai sei anni. la qualificazione dell’intero modello, in primo luogo attraverso l’introduzione della qualifica universitaria quale titolo di accesso.
Articolo 1 — Principi e finalità È istituito, per la prima volta, il Sistema integrato di educazione e di istruzione per le bambine e i bambini in età compresa dalla nascita fino a 6 anni per promuovere la continuità del percorso educativo e didattico e concorrere a ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali, rispettando e accogliendo le diversità ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione e favorendo l’inclusione delle bambine e dei bambini con disabilità certificata nel rispetto della normativa vigente in materia (legge 5 febbraio 1992, n. 104). Si prevede, altresì, il rafforzamento del coinvolgimento e della partecipazione delle famiglie, anche attraverso organismi di rappresentanza.
Articolo 2 — Definizione dei servizi educativi per l’infanzia e scuola dell’infanzia Per la prima volta sono definiti—sulla base del Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali approvato il 29 ottobre 2009, in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome—i servizi educativi per l’infanzia (nido e micro-nido, sezioni primavera, servizi integrativi). In particolare:
le sezioni primavera (2-3 anni) favoriscono la continuità del percorso educativo da 0 a 6 anni di età e sono aggregate, di norma, alle scuole per l’infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l’infanzia. la scuola dell'infanzia (3-6 anni), che assume una funzione strategica nel Sistema integrato di educazione e di istruzione operando in continuità con i servizi educativi per l’infanzia e con il primo ciclo di istruzione ai sensi dell’articolo 1 del d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 e del dPR 20 marzo 2009, n. 89.
Articolo 3 — Poli per l’infanzia Sono costituiti per la prima volta i Poli per l’infanzia per potenziare la ricettività dei servizi e sostenere la continuità del percorso educativo e scolastico di tutte le bambine e dei bambini. In unico plesso o in edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino a 6 anni, per offrire esperienze progettate nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età. Secondo una procedura straordinaria—sul modello delle scuole innovative previste dalla legge n. 107 del 2015—potranno essere costituiti da uno a tre Poli per l’infanzia in ogni Regione. L’investimento di 150 milioni nel triennio 2018-2020 è a carico dell’INAIL.
Articolo 4 — Obiettivi strategici La qualificazione omogenea e di livello universitario degli educatori dei servizi per l’infanzia trova già riscontro nella maggior parte delle normative regionali recenti e in percorsi universitari specifici, con questo decreto è perseguita quale elemento strutturale e obbligatorio per garantire la qualità dell’esperienza dei bambini nei servizi per l’infanzia ovunque collocati e comunque denominati. Per la prima volta, infatti, si prevede la qualificazione universitaria quale titolo di accesso alla professione di educatore dei servizi educativi per l’infanzia:
laurea in Scienze dell’educazione nella classe L19 ad indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi per l’infanzia; laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari. Mentre il titolo di accesso alla professione di docente della scuola dell’infanzia resta disciplinato secondo la normativa vigente (D.M. n. 249 del 2010).
Articoli 5-7 Governance Per la prima volta è chiarito l’assetto di competenze tra i diversi attori istituzionali. In particolare, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 284 del 2016: il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca coordina, indirizza e promuove, in sintonia con le Regioni e gli Enti locali, il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni;
le Regioni definiscono gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia, disciplinano le attività di autorizzazione, accreditamento e vigilanza effettuate dagli Enti Locali, nonché individuano le sanzioni da applicare per le violazioni accertate (articolo 5); gli Enti locali autorizzano, accreditano e vigilano, applicando le relative sanzioni, i soggetti privati per l’istituzione e la gestione dei servizi educativi per l’infanzia, nel rispetto degli standard strutturali, organizzativi e qualitativi definiti dalle Regioni, delle norme sull’inclusione delle bambine e dei bambini con disabilità e dei contratti collettivi nazionali di lavoro di settore (articolo 7).
Articoli 8 e 12 — Piano di azione nazionale pluriennale e relativo fondo di finanziamento È adottato per la prima volta il Piano di azione nazionale pluriennale ed è istituito il relativo fondo di finanziamento presso il MIUR per consolidare, ampliare e qualificare il Sistema integrato. Esso progressivamente estenderà i servizi educativi per l’infanzia e la scuola dell’infanzia su tutto il territorio nazionale, escludendoli dai servizi pubblici a domanda individuale. Contestualmente, saranno gradualmente superati i cosiddetti anticipi di iscrizione alla scuola dell’infanzia statale e paritaria.
Il MIUR provvederà all'erogazione delle risorse del Fondo direttamente ai Comuni, previa apposita programmazione regionale. Nell'ambito della programmazione regionale, sarà riconosciuta priorità per i Comuni privi o carenti di scuole dell’infanzia statale. Per la prima volta, si potrà contare su risorse a regime. Infatti, la dotazione del Fondo è pari a 209 milioni di euro per l’anno 2017, 224 milioni di euro per l’anno 2018 e 239 milioni di euro a decorrere dall’anno 2019
Articolo 9 — Sostegno alle famiglie per l’accesso ai servizi educativi per l'infanzia Per la prima volta, si prevede una soglia massima di partecipazione economica delle famiglie alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l’infanzia, pubblici e privati accreditati, che ricevono finanziamenti pubblici, da definire con intesa in sede di Conferenza unificata.
Gli Enti locali possono prevedere agevolazioni tariffarie sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) nonché l'esenzione totale per le famiglie con un particolare disagio economico o sociale rilevato dai servizi territoriali. Inoltre le aziende pubbliche e private, quale forma di welfare aziendale, possono erogare alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno figli in età compresa fra i tre mesi e i tre anni un buono denominato «Buono nido», spendibile nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale.
La Legge 107 del 13 luglio 2015 alla lettera e) del comma 181, si propone l’ambizioso traguardo di dare visibilità ed importanza ad un segmento del nostro sistema formativo a volte trascurato: l’infanzia.
Il Decreto legislativo 13 aprile 2017 n° 65 Con il decreto legislativo 13 aprile 2017, n° 65 in pratica, e per la prima volta, viene presa in seria considerazione la possibilità di integrare e uniformare gli interventi normativi per la fascia dell’istruzione definita «non obbligatoria» e considerata anche dalla legislazione fascia di «servizio a domanda individuale». Il decreto si propone inoltre l’ambizioso traguardo di portare il livello dei servizi educativi per la prima infanzia, cioè rivolti ai bambini al di sotto dei 3 anni, fino alla soglia del 33%, al momento raggiunto solo da poche regioni italiane. Le differenze tra le diverse regioni attualmente è clamorosa se si considera che si passa dal 35,5 di copertura del servizio dell’Emilia Romagna al 5,9 della Sicilia.
Il profilo «sociale» ed istituzionale del decreto legislativo 65 parte dal presupposto che una rete estesa di strutture educative per l’infanzia sia garanzia di coesione sociale e di supporto alle giovani coppie, con la convinzione che in questa fascia di età si gettano le potenzialità di ogni bambino, si possono contrastare condizionamenti sociali e culturali negativi e le vecchie e nuove forme di povertà.
(art. 3) POLI per l’Infanzia Servizi educativi per l’Infanzia SERVIZI INTEGRATIVI Tra 3 e 36 mesi Spazi gioco NIDI Strutture eroganti Differenza solo n° di bambini MICRO NIDI Centri per bambini e famiglie Tra 24 e 36 mesi SEZ. PRIMAVERA Servizi educativi per l’Infanzia Servizi educativi in contesto domiciliare (art. 3) POLI per l’Infanzia Enti locali, in forma diretta o indiretta Chi gestisce Enti pubblici Decreto Legislativo n° 65 Privati Scuola dell’Infanzia Le sez Primavera anche dallo Stato Chi accoglie Chi gestisce le strutture Bambini tra 3 e 6 anni Stato: SCUOLE STATALI Pubblico (comuni) Privato SCUOLE PARITARIE
( art. 3) Polo per l’infanzia I poli per l’infanzia accolgono , in un unico plesso o edifici vicini, più strutture di educazione e di istruzione per bambine e bambini fino a sei anni di età, nel quadro di uno stesso percorso educativo, in considerazione dell’età e nel rispetto degli stili di apprendimento di ciascuno. I poli per l’infanzia si caratterizzano quali laboratori permanenti di ricerca, innovazione, partecipazione e apertura al territorio, anche al fine di favorire la massima flessibilità e diversificazione per il miglior utilizzo delle risorse, condividendo servizi generali, spazi collettivi e risorse professionali. Servizi educativi per l’Infanzia Decreto Legislativo n° 65 Scuola dell’Infanzia
Servizi educativi per l’Infanzia Decreto Legislativo n° 65 Concorrono con le famiglie alla loro cura, educazione e socializzazione, promuovendone il benessere e lo sviluppo dell’identità, dell’autonomia e delle competenze. Presentano modalità organizzative e di funzionamento diversificate in relazione ai tempi di apertura del servizio e alla loro capacità ricettiva, assicurando il pasto e il riposo e operano in continuità con la scuola dell’infanzia. Servizi educativi per l’Infanzia Decreto Legislativo n° 65 Scuola dell’Infanzia
Centri per bambini e famiglie SERVIZI INTEGRATIVI Soddisfano i bisogni delle famiglie in modo flessibile e diversificato sotto il profilo strutturale ed organizzativo Centri per bambini e famiglie Dai primi mesi di vita insieme ad un adulto accompagnatore. I centri non prevedono il servizio mensa e consentono una frequenza flessibile. Strutture eroganti Servizi educativi per l’Infanzia Decreto Legislativo n° 65 Spazi gioco 12-36 mesi Non prevedono servizio di mensa ; prevedono una frequenza flessibile, per un massimo di cinque ore giornaliere Servizi educativi in contesto domiciliare Da 3 a 36 mesi con un numero ridotto di bambini affidati a uno o più educatori in modo continuativo Scuola dell’Infanzia
Senza alcun dubbio il Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni è una grande occasione educativa con la vera novità rappresentata dalla istituzione, in via sperimentale, dei poli per l’infanzia. Questo settore della formazione è stato accompagnato negli anni sessanta e settanta dalla migliore pedagogia italiana e, probabilmente, europea. Negli ultimi 40 anni la tradizione pedagogica italiana ha prodotto sperimentazioni, ricerche e grandi risultati didattici grazie a tante personalità dell’Università e della Pedagogia che si sono interessate del settore 0-6. Nella realtà la nostra tradizione di sperimentazione e studio è iniziata con Maria Montessori che per prima ha identificato la scuola dei piccoli come «luogo per l’apprendimento.
Il Sistema integrato connette i servizi educativi (i nidi) e le scuole (3-6 anni), gli educatori e gli insegnanti, le competenze e i ruoli diversi dei Comuni e delle Regioni e dello Stato e del MIUR in una prospettiva pedagogica capace di far accrescere l’attenzione verso l’infanzia come richiedono i più aggiornati documenti europei di «Educazione e Cura» (ECEC «Early Childhood Education and Care») . Il Quadro Europeo per la qualità dei servizi educativi e di cura per l’infanzia, redatto da un gruppo di Lavoro tematico della Commissione europea, contiene, infatti, dieci principi fondamentali per realizzare strutture educative per i bambini
dalla nascita fino a sei anni nei paesi dell’unione europea: Disponibilità di servizi a costi accessibili per tutte le famiglie; Servizi che favoriscono la partecipazione, che rafforzino l’inclusione sociale e che accolgano la diversità; Personale qualificato con una formazione, iniziale e in servizio, adeguata al ruolo professionale richiesto; Organizzazione, leadership e gestione condivisa anche con la collaborazione dei genitori; Curricolo collaborativo fondato su obiettivi, valori e approcci pedagogici condivisi
Il documento richiama l‘idea di una cittadinanza europea solidale, inclusiva, che guarda alla coesione sociale, all’integrazione culturale, alle pari opportunità nella quale il ruolo dell’educazione e cura dei bambini è determinante. Il sistema «zerosei» non istituisce una nuova e diversa struttura educativa unitaria: il nido d’infanzia sovrintende a cura, relazioni, gioco, corpo, accoglienza, contesto, la scuola dell’infanzia a competenze, apprendimento, sviluppo , campi di esperienza, linguaggi, saperi (declinati chiaramente nelle Indicazioni 2012).
Cosa cambia per le scuole dell’Infanzia? Il regolamento per il primo ciclo che riassume l’impianto organizzativo della scuola dell’infanzia , il il DPR 89/2009, e il progetto curriculare espresso dalle Indicazioni 2012 vengono confermati. Quest’ultime legano strettamente la scuola dell’infanzia all’intero primo ciclo. Con il decreto 65 la scuola dell’infanzia «rinasce» nella sua valenza di luogo di apprendimento dove si gettano le fondamenta dello sviluppo e delle potenzialità per tutti i bambini., luogo per far emergere il massimo potenziale dell’intelligenza nelle sue svariate dimensioni.
Una buona scuola dell’infanzia, che tiene conto delle vigenti Indicazioni nazionali per il curricolo (oggi anche nella rilettura delle «Indicazioni Nazionali e nuovi scenari» presentate il 23 febbraio 2018 al Miur), può esser pilastro il successo scolastico e prevenire l’insuccesso scolastico. Nella rilettura delle Indicazioni, la scuola dell’infanzia è parte integrante del percorso formativo unitario previsto dalle Indicazioni 2012 e, soprattutto negli istituti comprensivi, contribuisce alla elaborazione del curricolo verticale. Curricolo verticale che non deve esser considerato una semplice architettura che organizza e colloca in sequenza temporale i contenuti da insegnare, ma percorsi generativi di scoperta, di crescita, di liberazione di energie cognitive, sociali ed emotive dei bambini.
In questo grado di scuola la centralità di ogni soggetto nel processo di crescita è favorita dal particolare contesto educativo: è la scuola dell’attenzione e dell’intenzione, del curricolo implicito - che si manifesta nell’organizzazione degli spazi e dei tempi della giornata educativa - e di quello esplicito che si articola nei campi di esperienza. Questi mettono al centro dell’apprendimento l’operare del bambino, la sua corporeità, le sue azioni, i suoi linguaggi. Nella scuola dell’infanzia non si tratta di organizzare e “insegnare” precocemente contenuti di conoscenza o linguaggi/abilità, perché i campi di esperienza vanno piuttosto visti come contesti culturali e pratici che “amplificano” l’esperienza dei bambini grazie al loro incontro con immagini, parole, sottolineature e “rilanci” promossi dall’intervento dell’insegnante.
Tra le finalità fondamentali della Scuola dell'Infanzia, oltre a "identità", "autonomia« "competenze" viene indicata anche la "cittadinanza": "Vivere le prime esperienze di cittadinanza significa scoprire l’altro da sé e attribuire progressiva importanza agli altri e ai loro bisogni; rendersi sempre meglio conto della necessità di stabilire regole condivise; implica il primo esercizio del dialogo che è fondato sulla reciprocità dell’ascolto, l’attenzione al punto di vista dell’altro e alle diversità di genere, il primo riconoscimento di diritti e doveri uguali per tutti; significa porre le fondamenta di un comportamento eticamente orientato, rispettoso degli altri, dell’ambiente e della natura."
Al centro del curricolo si colloca la promozione delle competenze di base (cognitive, emotive, sociali) che strutturano la crescita di ogni bambino. Suggestive a questo proposito sono le osservazioni contenute nel campo di esperienza “il sé e l’altro” che prefigura la promozione di una cittadinanza attiva e responsabile. (...)" I molti perché rappresentano la loro spinta a capire il significato della vita che li circonda e il valore morale delle loro azioni. Nella scuola hanno molte occasioni per prendere coscienza della propria identità, per scoprire le diversità culturali, religiose, etniche, per apprendere le prime regole del vivere sociale, per riflettere sul senso e le conseguenze delle loro azioni (...)
(...) Questo campo rappresenta l’ambito elettivo in cui i temi dei diritti e dei doveri, del funzionamento della vita sociale, della cittadinanza e delle istituzioni trovano una prima “palestra” per essere guardati e affrontati concretamente.(...) (...) La scuola si pone come spazio di incontro e di dialogo, di approfondimento culturale e di reciproca formazione tra genitori e insegnanti per affrontare insieme questi temi e proporre ai bambini un modello di ascolto e di rispetto, che li aiuti a trovare risposte alle loro domande di senso in coerenza con le scelte della propria famiglia, nel comune intento di rafforzare i presupposti della convivenza democratica.(...)"
Questo campo riguarda la ricostruzione dell’ambiente di vita dei bambini, della loro esperienza e storia personale, da curvare verso la consapevolezza di una storia “plurale”, di regole trasparenti di convivenza, di costruzione di un futuro da vivere insieme (cittadinanza), nel delicato equilibrio tra “grammatiche comuni” (da condividere) e diversità (da riconoscere e rispettare). “Cittadinanza e Costituzione” si affaccia concretamente nella vita delle sezioni “colorate” e non solo nei documenti curricolari. L’identità pedagogica della scuola dell’infanzia, oggi chiamata a confrontarsi anche con la prospettiva “zero-sei” può aiutare tutta le scuola di base (3-14 anni) ad affrontare con fiducia e convinzione i compiti formativi a cui è chiamata dalle nuove condizioni sociali e culturali.
«Le Indicazioni Nazionali e i nuovi scenari» danno maggiore centralità al tema della cittadinanza, quale vero sfondo integratore e punto di riferimento di tutte le discipline, concorrenti alla definizione del curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione in una prospettiva verticale. Il Documento va utilizzato per una rilettura delle Indicazioni nazionali, in particolar modo di quelle parti del testo che indicano prospettive di integrazione tra le discipline di studio, di scelta di metodi didattici efficaci ed operativi, di predisposizione di ambienti di apprendimento coinvolgenti e partecipati.
Il rilancio delle Indicazioni Nazionali è supportato anche dalle risorse stanziate dal DM 851/2017 ai fini dell’implementazione delle Indicazioni Nazionali del primo ciclo e destinati a una Scuola polo per ciascuna delle tre aree geografiche Nord, Centro e Sud. Le suddette risorse potranno essere destinate a: attivare progetti di ricerca-azione mediante la costituzione di reti di scopo finalizzate all’innovazione didattica, all’esplorazione di nuovi contenuti disciplinari, alle connessioni trasversali stimolate dal richiamo alle competenze chiave e di cittadinanza;
promuovere la formazione di figure “sensibili” (tutor, facilitatori, formatori) scegliendoli tra le migliori professionalità presenti nel territorio, per costituire una rete di esperti in grado di fornire consulenza e supporto alle scuole impegnate nei progetti di innovazione didattica; organizzare momenti formativi, seminariali, eventi, attraverso i quali costruire una maggiore sensibilità sui temi oggetto di riflessione; raccogliere, organizzare, documentare i migliori esiti del lavoro delle scuole, anche come contributo allo sviluppo, all’integrazione e al rilancio delle Indicazioni Nazionali.
Ulteriori azioni finalizzate al rilancio delle Indicazioni Nazionali, affinché diventino, come affermato da Max Bruschi, “terreno di lavoro concreto negli istituti comprensivi”, possono essere organizzate nell’ambito sia del Piano Nazionale di Formazione Docenti ( DM n. 797/2016), recentemente rifinanziate con nota n. 47777 dell’8-11-2017, sia di quanto previsto dall’art. 33 del DM n. 851/2017. Il documento infatti richiama giustamente, nelle battute finali, quale compito cruciale delle istituzioni scolastiche, la costruzione del curricolo di istituto verticale, che assuma la responsabilità dell’educazione delle persone da 3 a 14 anni in modo unitario e organico, organizzato per competenze chiave,
articolate in abilità e conoscenze e riferito ai Traguardi delle Indicazioni. Le proposte didattiche e le modalità di verifica e valutazione dovrebbero essere coerenti con la progettazione curricolare, evitando di frammentare la proposta didattica in miriadi di “progetti” talvolta estemporanei e non collegati tra di loro e con il curricolo. I percorsi didattici messi a punto dovrebbero essere formalizzati in modelli che li documentino, consentano la verifica e la valutazione e la trasferibilità ad altre classi, nonché la capitalizzazione per gli anni successivi, razionalizzando così le risorse e costruendo progressivamente intenzionali, coordinate e condivise pratiche di istituto.
Una governance strategica, articolata ed efficace: una questione di feeling Materia concorrente: capacità di dialogo che riesca a coniugare le competenze dei diversi soggetti istituzionali Ruolo nodale degli UUSSRR: attivano le intese con le Regioni per collaborare - alla programmazione dell’istituzione dei Poli dell’infanzia - alla promozione dei coordinamenti pedagogici territoriali Leva della formazione del personale Nota MIUR 4141/2018 19 febbraio 2018: specializzazione professionale del personale educativo e insegnante Coordinamento pedagogico: promuove la continuità e le pari opportunità di educazione e di istruzione