Strategie e tecniche di Lobbying Sociologia dei fenomeni politici
Strategie di Lobbying È possibile individuare quattro possibili strategie di lobbying: Negativa Difensiva Reattiva Proattiva (soft e hard)
Tecniche di Lobbying Lobbying diretto (o interno) comprende tutti i metodi usati dai lobbisti per influenzare con azioni dirette un decisore politico o un funzionario governativo. Tale tipologia di lobbying si basa spesso su rapporti informali, fondati sulla conoscenza diretta tra il rappresentante di un gruppo di pressione e un funzionario o un rappresentante politico. Lobbying indiretto (o esterno) detto anche grassroots lobbying, fa riferimento a un processo di comunicazione con il pubblico che a sua volta dovrebbe influenzare il decisore; in questo caso si fa ricorso a campagne di sensibilizzazione rivolte all’opinione pubblica con l’intento di influenzare il decisore politico
«Theory of Access» (Pieter Bowen) Studiando i lobbisti provenienti dal mondo imprenditoriale a Bruxelles, evidenzia come il presupposto indispensabile ad ogni azioni di lobbying sia costituito dall’accesso. I lobbisti forniscono alle istituzioni 3 «access goods» Expert Knowledge (EK): rappresenta la capacità di fornire informazioni tecniche e dettagliate, richieste dalle istituzioni europee in quanto indispensabili per sviluppare la legislazione europea in una determinata area. Information about the European Encompassing Interest (IEEI): questo tipo di informazioni è quello che normalmente forniscono le associazioni di categoria europee, e rappresenta i bisogni e gli interessi di un determinato settore a livello europeo. Information about the Domestic Encompassing Interests (IDEI): si tratta delle informazioni che provengono dalle associazioni di categoria a livello nazionale, che rappresentano i bisogni e gli interessi delle imprese di un determinate paese
Lobbying da parte delle ONG Upstream lobbying (preparazione) the capacity to obtain pertinent information dissemination of information amongst members impact assessments (social or economic) of a legislative proposal mobilisation of human and financial resources Downstream lobbying (realizzazione) concentration on priority objectives Strategy choices: negative, defensive or pro-active? intensity of action: aggressive or consensual? institutional communications mobilising the media and public opinion
Le direttive e i lobbisti Lobbying in azione Le direttive e i lobbisti
La direttiva sugli imballaggi Durata del processo decisionale: 4 anni (1990-1994) Prima applicazione della procedura di cooperazione e codecisione Messa in agenda su iniziativa di Germania, Danimarca e Paesi Bassi
La direttiva sugli imballaggi Recupero dei rifiuti da imballaggio tra il 50% e il 60% del totale nazionale Riciclaggio tra il 25% e il 45% (con una soglia minima al 15%) Previste deroghe per gli Stati più indietro in tema di politica ambientale
La direttiva sugli imballaggi Abbandono dello stand-still principle Nessuna gerarchia nel trattamento dei rifiuti Flessibilità e deroghe Armonizzazione delle normative: effetto negativo sulle singole normative nazionali Mancata messa al bando di alcuni materiali
La direttiva sulla cioccolata (2000/36/CE) Coinvolgimento di Paesi extra-europei e la vastità delle conseguenze che un provvedimento europeo può comportare La direttiva sul cioccolato del 1973 riconosceva che l’unico grasso vegetale che poteva essere aggiunto al cacao era il burro di cacao, fissandone la soglia minima per la produzione del cioccolato al 19%. Con l’entrata nella Comunità europea di Regno Unito, Danimarca e Irlanda, che invece avevano una legislazione nazionale che fin dagli anni ’50 consentiva l’utilizzo di altri oli vegetali per la preparazione del cioccolato, fu necessario trovare un compromesso.
La direttiva sulla cioccolata (2000/36/CE) Nel 1984 la Commissione europea cercò di affrontare nuovamente la questione avanzando la proposta di permettere l’accesso al mercato unico del cioccolato inglese, ma trovò l’opposizione della Francia e del Belgio. Successive adesioni all’Ue di Svezia, Finlandia, Austria, Portogallo. La Commissione nel 1996 avanzò nuovamente una proposta di direttiva per riarmonizzare il settore, affermando che la mancanza di standard comuni costituiva un ostacolo alla libera circolazione delle merci nel mercato unico.
La direttiva sulla cioccolata (2000/36/CE) Soggetti coinvolti: da una parte le lobbies delle industrie alimentari, guidate da FEDIOL (la Federazione europea degli oli vegetali) e le grandi multinazionali produttrici di cioccolato (Nestlé, Mars, Philip Morris, Cadbury) Opposizione di alcuni Stati (Belgio, Francia, Italia) Impegno in attività di lobbying da parte delle istituzioni della Costa d’Avorio
La direttiva sulla cioccolata (2000/36/CE) La Commissione riuscì a far passare la sua proposta che prevede: l’estensione a tutti i paesi dell’Unione Europea della facoltà di utilizzare, a titolo opzionale, entro il limite massimo del 5%, sei materie grasse vegetali di origine tropicale diverse dal burro di cacao; l’obbligo di indicare in etichetta gli ingredienti del cioccolato e la data di scadenza del prodotto; l’obbligo, per i prodotti contenenti altri grassi oltre al burro di cacao, di menzione in etichetta, accanto alla denominazione di vendita, la dicitura “contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao”; la facoltà, per i produttori che non utilizzano grassi vegetali diversi dal burro di cacao, di farne esplicita menzione in etichetta con tutta l’evidenza.