Made in Italy Settore tessile Innovazione tecnologica

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Made in Italy Settore tessile Innovazione tecnologica Parole chiave Made in Italy Settore tessile Innovazione tecnologica

…se il Made in Italy fosse un brand sarebbe il terzo marchio più noto al mondo, dopo Coca Cola e Visa!!!!!! (Sole 24 ore 10/09/2015)

Made in Italy

Anni ‘80 Storicamente «Made in Italy» era un'espressione in lingua inglese apposta dai produttori italiani, specie dagli anni ottanta in poi, nell'ambito di un processo di rivalutazione e difesa dell'italianità del prodotto, al fine di contrastare la falsificazione della produzione artigianale e industriale italiana

Dal prodotto italiano ci si aspettavano: All’estero i produttori italiani si erano conquistati un certo prestigio con vantaggio commerciale di tutto rispetto Dal prodotto italiano ci si aspettavano: -notevoli qualità di realizzazione Cura nei dettagli Fantasia delle forme e del disegno Durevolezza Soprattutto nei quattro tradizionali settori di moda, alimentari, arredamento e meccanica (automobili, disegno industriale, macchinari e navi)

Il «Made in Italy» rappresenta una cifra fondamentale per la nostra economia. Quanto vale l'export made in Italy? In prima linea ci sono i macchinari (motori, turbine, pompe, compressori, rubinetteria, forni, bruciatori, macchine per l’industria delle pelli, delle calzature e per la lavorazione dei metalli, etc.) con un saldo positivo di ben 48 miliardi di euro (39,5% del totale). Ottima la performance anche del comparto della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori) che ha raggiunto un risultato positivo di 18 miliardi e dei prodotti in metallo (cisterne, serbatoi, radiatori, coltelleria, stoviglie, generatori di vapore, utensili, etc.) che hanno raggiunto quota +10,9 miliardi e dei mobili (+7,2 miliardi). 

Settori moda e abbigliamento I settori moda e abbigliamento sono il fiore all’occhiello del nostro paese, sottolineando l’eleganza e la capacità di creare tendenza che da sempre hanno contraddistinto lo stile italiano. La moda italiana rappresenta uno dei grandi richiami del turismo internazionale insieme all’arte, alla gastronomia e alla musica: nessuno può resistere allo shopping Made in Italy….  Il settore tessile in Italia, che comprende abbigliamento, pelletteria e calzature, realizza una buona fetta della produzione Made in Italy, esportando qualità ed eleganza in tutto il mondo, insieme anche a sperimentazioni artistiche e nuove firme stilistiche.

La forza del made in Italy è alimentata anche dai distretti industriali le cui esportazioni, dopo essere crollate vertiginosamente a fine 2009 in seguito alla recessione economica, hanno messo a segno in sette anni una crescita in valore assoluto pari a circa 30 miliardi di euro: riuscendo non solo a recuperare i livelli pre-crisi ma a portarsi abbondantemente al di sopra di essi. Nel complesso degli 844 prodotti in cui l’Italia sale sul podio, 367 appartengono al comparto della automazione-meccanica-gomma-plastica e generano un saldo attivo di 81 miliardi di dollari; 247 appartengono all’abbigliamento-moda e danno origine a un surplus di 33,4 miliardi di dollari; 63 prodotti rientrano nel comparto degli alimentari-vini, con un saldo attivo di 19,4 miliardi; 41 prodotti appartengono all’arredo-casa e generano un avanzo commerciale di 14,6 miliardi. I rimanenti 126 prodotti che generano un surplus di 12,5 miliardi di dollari non appartengono a nessuna delle 4 A (alimentari-vini, abbigliamento-moda, arredo-casa e automazione-meccanica- gomma-plastica). Aiuta il made in Italy anche la scelta della sostenibilità: oltre il 26% delle nostre imprese durante la crisi hanno scommesso sulla green economy e sono quelle che hanno le performance migliori su occupazione, innovazione ed export.

Sono 141 i distretti industriali identificati dall’Istat a partire dai sistemi locali del lavoro (SLL) sulla base dell'analisi della loro specializzazione produttiva, come emerge dai dati delle unità economiche rilevati nel 2011 attraverso il 9° Censimento generale dell'industria e dei servizi. Rispetto al 2001, il numero di distretti industriali diminuisce di 40 unità. I distretti industriali costituiscono circa un quarto del sistema produttivo del Paese, in termini sia di numero di SLL (il 23,1% del totale), sia di addetti (il 24,5% del totale), sia di unità locali produttive (il 24,4% del totale). L'occupazione manifatturiera distrettuale rappresenta oltre un terzo di quella complessiva italiana, in linea con quanto osservato 10 anni fa. All’interno dei distretti industriali risiede circa il 22% della popolazione italiana. Aumenta l'estensione e la dimensione demografica ed economica dei distretti. Ogni distretto, in media, è costituito da 15 comuni (13 nel 2001), abitato da 94.513 persone (67.828 nel 2001) e presidiato da 8.173 unità locali (6.103 nel 2001) che assorbono 34.663 addetti (26.531 nel 2001). Il maggior numero di distretti (45) è localizzato al Nord-est, tradizionalmente l'area territoriale di riferimento del modello distrettuale italiano. Nel Nord-est oltre due terzi dei SLL corrispondono a distretti industriali. Il Nord-ovest presenta 37 distretti (il 58,7% dei propri SLL) e il Centro 38 (il 71,7%). Nel Sud sono presenti 17 distretti, mentre nelle Isole sono concentrati unicamente in Sardegna, dove tutti i sistemi locali manifatturieri hanno le caratteristiche distrettuali (4). I distretti del Made in Italy sono 130, ben il 92,2% dei distretti industriali del Paese; sono maggiormente presenti nei settori della meccanica (il 27,0%), tessile-abbigliamento (22,7%), beni per la casa (17,0%) e pelli, cuoio e calzature (12,1%).

Industria laniera L’Italia è il maggiore produttore europeo di tessuti di lana e il secondo esportatore mondiale dopo la Cina, mantenendo la leadership mondiale nei tessuti di fascia alta.

STRUTTURA PRODUTTIVA La struttura produttiva comprende oltre 2.100 aziende che si concentrano prevalentemente in Toscana, Piemonte e Veneto. I maggiori gruppi leader del mercato operano nel distretto di Biella dove si producono tessuti e filati lanieri di qualità elevatissima. Generalmente le attività di filatura e tessitura sono separate, a causa delle difficoltà di armonizzazione gestionale delle due fasi del ciclo. La fase di tintoria è generalmente l’attività che rappresenta il plus di valore del Made in Italy, rappresentando il nodo cruciale delle strategie di differenziazione.

INDUSTRIA COTONIERA L’Italia si conferma primo operatore europeo in termini di valore della tessitura e della filatura cotoniera ed è il secondo paese esportatore mondiale subito dopo la Cina.

STRUTTURA PRODUTTIVA   Il settore è caratterizzato da un basso livello di concentrazione e da una forte presenza di piccole e medie imprese specializzate in alcune fasi di lavorazione, che operano accanto a grandi gruppi integrati. Negli ultimi anni la concorrenza proveniente dai Paesi low cost ha innescato un processo di ristrutturazione dell’industria cotoniera italiana. In particolare si sta assistendo al declino della grande industria cotoniera verticalmente integrata e al conseguente sviluppo di politiche di decentramento produttivo di consistenti quote di produzione e di specializzazione in fasi produttive a più alto valore aggiunto.

INDUSTRIA SERICA

A trainare l'attività del settore, che riguarda in gran parte la tessitura serica (pari al 65% del giro d'affari del settore), è soprattutto l'export, che incide per circa ¾ sul valore della produzione, mentre il mercato interno continua ad essere sofferente. Nella tessitura serica, il nostro Paese risulta il secondo esportatore al mondo dopo la Cina, vendendo i suoi tessuti in tutto il mondo. I principali fattori su cui fanno leva le imprese di successo sono l'elevato know how, gli alti standard qualitativi della produzione Made in Italy e la capacità di anticipare le tendenze del comparto moda, operando in modo molto flessibile.

STRUTTURA PRODUTTIVA   Sotto il profilo dell’offerta il settore è eterogeneo per la presenza di diverse tipologie di operatori: aziende verticalmente integrate e diversificate, piccole aziende specializzate e terzisti. Si riscontra una concentrazione di imprese nella provincia di Como, distretto con origini molto antiche, in grado di sfruttare significative economie esterne. La competizione tra gli operatori è elevata e giocata soprattutto sull’innovazione di prodotto e sulle competenze specifiche necessarie per il mantenimento del posizionamento di fascia alta che contraddistingue il made in Italy. 

Rispetto all’elenco di dimensioni proposte, due sono quelle che polarizzano, nell’immaginario collettivo, il nostro «Made in»: la «creatività» (83,2%) e l’«estetica, bellezza» (81,5%). Ma sono le ultime due dimensioni della classifica a dover far riflettere maggiormente: l’«innovazione» (21,1%) e la «tecnologia» (19,9%) non sono percepite come elementi tipici del nostro Dna.

Produzioni «tailor made» A ben vedere, quello che definiamo Made in Italy ha già riassunto in sé i fattori che – all’interno dei processi di globalizzazione – sono oggi trainanti per affermarsi nella competizione internazionale: produzioni «tailor made», a misura del cliente, personalizzate flessibilità qualità dei materiali utilizzati design, estetica, cultura; professionalità

Italian sounding Dunque, il Made in Italy, con le sue caratteristiche, incrocia positivamente le richieste di un mercato in aumento su scala globale. Non è un caso se assistiamo al fenomeno dell’italian sounding, ovvero di imprese straniere che utilizzano richiami ai prodotti italiani per conquistare fette di mercato, sottraendole proditoriamente a quelle titolate. Perché per affermarsi in un mercato sempre più affollato è necessario distinguersi. E ciò che permette di farsi riconoscere sono gli aspetti immateriali, le dimensioni evocative: ciò che comunica un’identità, dei valori, uno stile.

1999 Dal 1999, la dicitura Made in Italy ha cominciato ad essere tutelata da associazioni come l'Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani( ITPI) e regolata da leggi statali, sia su territorio nazionale che all’estero. Nella realtà dei fatti apporre la bandiera italiana, la dicitura Italy o Made in Italy su un prodotto è possibile per riferirsi alla parte imprenditoriale del produttore, mentre quella produttiva (manifatturiera, coloro che materialmente lavorano il prodotto) vera e propria può trovarsi ovunque. Basta quindi che il prodotto sia «pensato o disegnato» quando non totalmente gestito da un imprenditore italiano, per potersi tranquillamente fregiare di tale marchio, anche se questo manufatto è costruito in un qualsiasi altro luogo

2009 Nel 2009 è stata emanata una legge per tutelare il made in Italy: il decreto legge nº 135 del 25 settembre 2009 contiene l'art. 16 dal titolo «Made in Italy e prodotti interamente italiani». Il marchio "Made in Italy" è diventato fondamentale per l'export italiano ed è così noto a livello mondiale da essere considerata una categoria commerciale a sé stante.

"FULL MADE IN ITALY" e limiti di utilizzo Legge 166 del 2009 Con l'avvento della legge 166 del 2009 è avvenuto il pieno riconoscimento del 100% Made in Italy e la conseguente emanazione della garanzia attraverso la certificazione. L'Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani ITPI è l'organo certificatore del prodotto interamente realizzato in Italia. "FULL MADE IN ITALY" e limiti di utilizzo In base alla recente legge 20 novembre 2009 n.166 l’utilizzo delle diciture “100% Made in Italy”, “interamente realizzato in Italia”, “tutto italiano” è consentito solamente per quei prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano

COME E QUANDO NASCE LA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Finora le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre: nel 1784 con la nascita della macchina a vapore e di conseguenza con lo sfruttamento della potenza di acqua e vapore per meccanizzare la produzione; nel 1870 con il via alla produzione di massa attraverso l’uso sempre più diffuso dell’elettricità, l’avvento del motore a scoppio e l’aumento dell’utilizzo del petrolio come nuova fonte energetica; nel 1970 con la nascita dell’informatica, dalla quale è scaturita l’era digitale destinata ad incrementare i livelli di automazione avvalendosi di sistemi elettronici e dell’IT (Information Technology). La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora stabilita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile indicarne l’atto fondante. (Cibernetica: Scienza che studia dal punto di vista teorico e applicativo la riproducibilità su macchine del comportamento degli esseri umani.)

Industria 4.0 Il Made in Italy torna a essere fatto in Italia Le imprese italiane tornano a casa. Dopo anni di delocalizzazione, cresce in Italia il "back reshoring", ovvero il rientro in patria della produzione di aziende che durante la crisi avevano spostato le proprie attività. E questo rientro è dovuto, secondo l'istituto di ricerca socio-economico Censis, al forte valore che il brand 'Made in Italy' conserva sul mercato e l'evoluzione della green economy. Made in Italy torna a essere fatto in Italia anche perché solo così è possibile "connotare i prodotti con un brand territoriale favorevole

Il secondo elemento", si legge ancora nello studio, è che le tecnologie oggi disponibili consentono di abbattere l'impatto ambientale della gran parte delle produzioni industriali: 'produrre pulito' è fondamentale per continuare a produrre in contesti, come quelli italiani, fortemente e capillarmente antropizzati, oltre che un modo per aggiungere qualità e appeal ai prodotti". "Un terzo elemento attiene alla nostra cultura manifatturiera (industriale e artigianale), ancora molto radicata in alcune aree del Paese (e in fase di iniziale recupero in altre che l'avevano dimenticata)

TERMINI ECONOMICI In termini di valore aggiunto il tessile-moda italiano rappresenta l'11% del manifatturiero, il doppio dell'auto. La sfida cinese e l’aumento del costo delle materie prime ha obbligato il settore a compiere una profonda ristrutturazione, ma il processo di delocalizzazione si è decisamente ridimensionato.

punto di vista ambientale Le produzioni tessili sono infatti spesso caratterizzate da processi notevolmente impattanti dal punto di vista ambientale, soprattutto in termini di consumo di risorse naturali (in primo luogo acqua), consumo di energia elettrica e utilizzo di prodotti chimici; in particolare ai processi ad umido, quali tintura, stampa e finissaggio, viene imputato il grande consumo di acqua e di sostanze chimiche. Il TA rappresenta la sesta attività produttiva che più incide sulle emissioni di gas serra - circa il 10% delle emissioni globali per un valore pari a 3,4 milioni di tonnellate nel 2011- con consumi di: 1,074 milioni di kWh di elettricità,  6-9 miliardi di litri di acqua, 6 milioni di tonnellate di prodotti chimici.

Innovazione tecnologica Ricerca, sviluppo, tecnologia, innovazione e competitività:  sono queste le cinque parole chiave utili per comprendere l’evoluzione del comparto del tessile: un settore dove l’investimento in ricerca e sviluppo genera ritorni economici miliardari, - dove i tessuti tecnici trovano sempre più spazio e che rappresenta quindi il punto d'incontro tra due mondi, quello della moda e quello della tecnologia

- nuove tecnologie in aiuto alla comunicazione ed al marketing: Visibilità internazionale, creazione di network, opportunità di condivisione tecnologica e di partnership produttive all’estero: sono queste le opportunità per accrescere la competitività di un brand. «COMUNICARE BENE, COMUNICARE MEGLIO"