Istruzioni e nozioni per una lettura non meramente contenutistica IL TESTO NARRATIVO Istruzioni e nozioni per una lettura non meramente contenutistica
NARRAZIONE E NARRATIVA non verbale/verbale orale scritta privata Pubblica Reale Finzionale NARRATIVA (NARRAZIONE LETTERARIA) = verbale, scritta, finzionale, pubblica Atto comunicativo > ATTI COMUNICATIVI (Jakobson) Tenere presente che: Ambito di studio della narratologia è il TESTO In letteratura emittente testo e destinatario sono collocati in segmenti temporali distinti
ROMANZO/RACCONTO, GENERE/MODO GENERE : Aggregato di testi che hanno caratteri formali e tematici comuni Normatività di genere forte/debole Genere come elemento storico (800, Hegel, positivismo) 900: romanzo e poesia I generi morti GENERI TEORICI e GENERI STORICI (O MODALI)> I generi teorici si realizzano come generi modali Aristotele, Poetica: mimesi e diegesi MODO: qualità, carattere, che si realizza e si articola nei diversi generi (es. storico, fantastico, epistolare, picaresco, di formazione) Il genere della NARRATIVA si articola nei sottogeneri del ROMANZO RACCONTO
ANALISI DEL TESTO NARRATIVO (1) Tre ambiti di analisi del testo: Stilistico-linguistico Formale-strutturale >> NARRATOLOGIA Contenutistico
1. STILE E LINGUAGGIO Registro linguistico prevalente Testo stilisticamente plurimo Ricerca di una lingua romanzesca: Foscolo, Ortis, 1798 Manzoni, Promessi sposi, 1927 Verga, I Malavoglia, 1881 D'Annunzio, Il Piacere, 1889 Svevo, La coscienza di Zeno, 1923 Moravia, Gli indifferenti, 1929 Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, 1947
L’esplosione letteraria di quegli anni in Italia fu, prima che un fatto d’arte, un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo. Avevamo vissuto la guerra, e noi più giovani – che avevamo fatto in tempo a fare il partigiano – non ce ne sentivamo schiacciati, vinti, «bruciati», ma vincitori, spinti dalla carica propulsiva della battaglia appena conclusa, depositari esclusivi d’una sua eredità. Non era facile ottimismo, però, o gratuita euforia; tutt’altro: quello di cui ci sentivamo depositari era un senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero, un rovello problematico generale, anche una nostra capacità di vivere lo strazio e lo sbaraglio; ma l’accento che vi mettevamo era quello di una spavalda allegria. Molte cose nacquero da quel clima, e anche il piglio dei miei primi racconti e del mio primo romanzo. Questo ci tocca oggi, soprattutto: la voce anonima dell’epoca, più forte delle nostre inflessioni individuali ancora incerte. L’essere usciti da un’esperienza – guerra, guerra civile – che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un’immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare, ognuno aveva avuto la sua, ognuno aveva vissuto vite irregolari drammatiche avventurose, ci si strappava la parola di bocca. La rinata libertà di parlare fu per la gente al principio smania di raccontare: nei treni che riprendevano a funzionare, gremiti di persone e pacchi di farina e bidoni d’olio, ogni passeggero raccontava agli sconosciuti le vicissitudini che gli erano occorse, e così ogni avventore ai tavoli delle «mense del popolo», ogni donna nelle code ai negozi; il grigiore delle vite quotidiane sembrava cosa d’altre epoche; ci muovevamo in un multicolore universo di storie. Chi cominciò a scrivere allora si trovò così a trattare la medesima materia dell’anonimo narratore orale: alle storie che avevamo vissuto di persona o di cui eravamo stati spettatori s’aggiungevano quelle che ci erano arrivate già come racconti, con una voce, una cadenza, un’espressione mimica. Durante la guerra partigiana le storie appena vissute si trasformavano e trasfiguravano in storie raccontate la notte attorno al fuoco, acquistavano già uno stile, un linguaggio, un umore come di bravata, una ricerca d’effetti angosciosi o truculenti. Alcuni miei racconti, alcune pagine di questo romanzo hanno all’origine questa tradizione orale appena nata, nei fatti, nel linguaggio. Eppure, eppure, il segreto di come si scriveva allora non era soltanto in questa elementare universalità dei contenuti, non era lì la molla (forse l’aver cominciato questa prefazione rievocando uno stato d’animo collettivo, mi fa dimenticare che sto parlando di un libro, roba scritta, righe di parole sulla pagina bianca); al contrario, mai fu tanto chiaro che le storie che si raccontavano erano materiale grezzo: la carica esplosiva di libertà che animava il giovane scrittore non era tanto nella sua volontà di documentare o informare, quanto in quella di esprimere. Esprimere che cosa? Noi stessi, il sapore aspro della vita che avevamo appreso allora allora, tante cose che si credeva di sapere o di essere, e forse in quel momento sapevamo ed eravamo. Personaggi, paesaggi, spari, didascalie politiche, voci gergali, parolacce, lirismi, armi ed amplessi non erano che colori della tavolozza, note del pentagramma, sapevamo fin troppo bene che quel che contava era la musica e non il libretto, mai si videro formalisti così accaniti come quei contenutisti che eravamo, mai lirici così effusivi come quegli oggettivi che passavamo per essere.
2. L’ORGANIZZAZIONE NARRATIVA (a) LE FORME DEL DISCORSO Discorso diretto Discorso indiretto o riferito Discorso indiretto libero Discorso diretto libero Monologo interiore/flusso di coscienza Soliloquio
2 L’ORGANIZZAZIONE NARRATIVA (b) 2) IL NARRATORE (Chi parla?) Il detentore dell'istanza narrativa Autore reale Autore implicito Narratore Eterodiegetico (onnisciente; testimoniale; impersonale) Omodiegetico (protagonista; testimone; attendibile/inattendibile)
2. L’ORGANIZZAZIONE NARRATIVA (c) 3) IL LETTORE (Chi legge?) Figura presupposta dal testo Lettore reale Lettore implicito (= Narratario/Destinatario) L'estetica della ricezione L'”opera aperta” e la “cooperazione interpretativa” (Eco)
2. L’ORGANIZZAZIONE NARRATIVA (d) 4) IL PUNTO DI VISTA (Chi vede?) Punto di vista del Narratore o del personaggio? GENETTE: N>P = focalizz. zero (Narratore onnisciente) N=P = focalizzazione interna (Punto di vista del personaggio) N<P = Focalizzazione esterna Mobile / Fisso Alto / Basso
2. L’ORGANIZZAZIONE NARRATIVA (e) 5) IL TEMPO trattamento del tempo (Joyce) Tempo della storia (o Fabula) = tempo dei contenuti narrati Tempo del racconto (o Intreccio) = modo in cui i fatti si dipanano nel testo Tempo della narrazione = collocazione temporale dell'atto che produce narrazione ACRONIE relative a: ORDINE (analessi, prolessi) VELOCITA' O DURATA (analisi, digressione, scena, sommario, ellissi) FREQUENZA (iterativa, singolativa)
3. CONTENUTI DELLA NARRAZIONE (a) VEROSIMIGLIANZA E FINZIONE I PERSONAGGI Tondi / piatti 800 / 900 GLI AMBIENTI SOCIALI IL TEMPO
3. CONTENUTI DELLA NARRAZIONE (b) LO SPAZIO Interno / esterno; Descrizione / interiorizzazione I luoghi letterari Il topos della frontiera (Lotman) Il cronotopo (Bachtin)