La certificazione del rapporto di lavoro

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Transcript della presentazione:

La certificazione del rapporto di lavoro

Norma inderogabile e volontà delle parti Valore della norma inderogabile nel rapporto di lavoro Valore della volontà individuale nel rapporto di lavoro Apertura di spazi alla disponibilità delle obbligazioni del contratto di lavoro

Questa strada non viene percorsa Il rischio Strada della volontà assistita (organo autorevole che sorregge la volontà del soggetto debole del rapporto, ovvero del lavoratore) = Ridisegno in sede individuale del contratto di lavoro subordinato attraverso deroghe alla disciplina vincolistica Rottura del nesso fra subordinazione e disciplina protettiva inderogabile Questa strada non viene percorsa

LA CERTIFICAZIONE Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, le parti possono ottenere la certificazione di qualsiasi contratto in cui sia dedotta una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria di certificazione. = Obiettivo molto ridotto rispetto al potere di sorreggere la volontà abdicativa del lavoratore: si verifica corrispondenza fra schema negoziale e tipi contrattuali previsti dalla legge e si offre consulenza alle parti

Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 " Art. 76 - Organi di certificazione Sono organi abilitati alla certificazione dei contratti di lavoro le commissioni di certificazione istituite presso: a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell'albo di cui al comma 2, esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con docenti di diritto del lavoro di ruolo (Ministero lavoro e consigli provinciali consulenti del lavoro, in casi particolari)

L’ISTANZA La procedura di certificazione è volontaria e consegue obbligatoriamente a una istanza delle parti del contratto di lavoro l’istanza comune deve essere presentata alla commissione nella cui circoscrizione si trova l'azienda ad essa va allegato il contratto che si intende certificare e deve essere espressamente indicato a quali effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali si chiede la certificazione, pena l’improcedibilità

IL PROCEDIMENTO Sulla base degli atti e dei documenti presentati, la commissione verifica la correttezza del contratto scelto dalle parti e, ove si renda necessario, propone eventuali modifiche e integrazioni. La commissione presta attività di consulenza e assistenza sia in relazione alla stipulazione del contratto di lavoro e del relativo programma negoziale, sia in relazione alle modifiche del programma negoziale medesimo concordate in sede di attuazione del rapporto di lavoro, con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti e alla esatta qualificazione dei contratti di lavoro Le parti devono presentarsi personalmente dinanzi alla commissione. L’audizione ha per oggetto l’assunzione di informazioni sui fatti e sugli elementi dedotti o da dedurre nel contratto di lavoro di cui si chiede la certificazione.

PROVVEDIMENTO DI CERTIFICAZIONE L’atto di certificazione ha natura di provvedimento amministrativo. Deve essere motivato e contenere l’indicazione dei rimedi esperibili avverso di esso, del termine, nonché delle autorità cui è possibile ricorrere Il provvedimento di certificazione deve contenere esplicita menzione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti richiedono la certificazione. Il provvedimento viene sottoscritto dai componenti di diritto della commissione

EFFETTI DELLA CERTIFICAZIONE ART. 79 Gli effetti dell'accertamento dell'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, un ricorso giurisdizionale (contro la certificazione si può agire davanti al giudice, sia per erroneità della stessa che per difformità tra la certificazione e l’attuazione concreta del contratto) Uno degli effetti rilevanti della validazione del contratto risiede in primo luogo nel rendere opponibile in via amministrativa il medesimo a quelle “autorità pubbliche” (Inps, Agenzia delle entrate ecc) che potrebbero essere interessate a rivendicare una diversa prospettazione della relazione lavorativa corrente tra datore di lavoro e prestatore.

LA CERTIFICAZIONE DOPO IL JOBS ACT Il Dlgs 81/2015 individua i nuovi casi nei quali è consigliabile rivolgersi alle commissioni di certificazione. La certificazione è praticamente necessaria: quando si voglia evitare l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro; quando sia necessario un accordo per modificare le mansioni, la categoria, il livello di inquadramento e la retribuzione del dipendente; quando, nell’ambito di un contratto part time, si voglia stipulare la clausola elastica e questa non sia disciplinata da parte del contratto collettivo; quando – dopo aver licenziato un lavoratore nel regime delle tutele crescenti – si voglia procedere con l’offerta di conciliazione.

La certificazione delle nuove collaborazioni L’abrogazione del contratto a progetto prevede l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione: che rappresentano prestazioni di lavoro personali e continuative le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (anche orari e luogo di lavoro). Le parti possono dunque richiedere alle Commissioni di certificare la genuinità della collaborazione e quindi  l’assenza dei requisiti che invaliderebbero l’autonomia del rapporto di lavoro, ovvero la: libera gestione dei tempi di lavoro; indipendenza dal luogo di lavoro; carattere non personale e non continuativo delle prestazioni (etero-organizzazione).

PRESTAZIONE DI FATTO

Prestazione di fatto La signora Dolores ha prestato per 6 mesi la propria attività come badante alle dipendenze della anziana signora Parodi, con orario 8-12 e 13-20, dal lunedì al sabato, ricevendo un compenso solo per il primo mese di lavoro. Al termine di un’accesa discussione con la Parodi, riguardante la corresponsione delle retribuzioni arretrate, la Dolores viene invitata a non ripresentarsi più al lavoro. La Dolores è una peruviana non regolarizzata e priva del permesso di soggiorno. Il datore di lavoro che occupa clandestini commette reato. Cosa può ottenere la Dolores in questa situazione? Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e percorsi di risposta, Milano, Giuffrè.

Prestazione di fatto. Art. 2126 c.c. La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi da illiceità dell’oggetto o della causa. Se il rapporto è prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione

Le tre regole dell’art. 2126 c.c. Regola: La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione Eccezione: La nullità produce invece effetto se deriva da illiceità dell’oggetto o della causa Eccezione all’eccezione: Se il rapporto è prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione, anche in ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto o della causa

Regola: inefficacia dell’ invalidità Il rapporto di lavoro esiste e produce tutti i suoi effetti anche se il contratto è invalido Necessarietà fonte contrattuale, ma non della forma scritta 2126 c.c. è l’alternativa all’art. 2037 c.c. di ripetizione dell’indebito (salva la contrarietà al buon costume) Prestazione di fatto di natura extracontrattuale, ovvero effettuata invito o prohibente domino: art. 2041 c.c. azione di ingiustificato arricchimento

Illiceità dell’oggetto o della causa: riprende efficacia l’invalidità Contratto relativo a prestazioni lavorative proibite da norme imperative di legge o contrarie all’ordine pubblico o al buon costume Es.: Prestazioni immorali, attività vietate dalla legge penale

Illiceità oggetto/causa Interpretazione restrittiva, limitata alle ipotesi di contrarietà ai principi etici fondamentali dell’ord.giur. Mera contrarietà a norme imperative non rileva anche quando costituisce reato, a meno che non si rifletta sulla causa

Violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro: diritto alla retribuzione, anche in ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto o della causa Per esempio: lavoro prestato da minore incapace (Capacità di lavoro si acquista di norma quando è concluso periodo scolastico obbligatorio [10 anni di scuola] e comunque non prima dei 15 anni di età).

PATTO DI PROVA

Il lavoro non è una merce Partendo dal concetto che il lavoro non può essere trattato alla stregua di una qualsiasi merce oggetto di scambio, vi è anche la necessità di «verificare» la compatibilità delle parti in relazione ad un rapporto (fiduciario) di durata.

Art. 2096 Assunzione in prova 1. (Salvo diversa disposizione delle norme corporative), l'assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto. 2. L'imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova. 3. Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto, senza obbligo di preavviso o d'indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine. 4. Compiuto il periodo di prova, l'assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell'anzianità del prestatore di lavoro.

Art. 2096 c.c. assunzione in prova Forma scritta ad substantiam Datore di lavoro e lavoratore sono tenuti a consentire e a fare l’esperimento della prova Durata massima periodo di prova: 6 mesi (art. 10 l.n. 604/1966) Recesso libero durante la prova senza obbligo di preavviso o indennità, ma con TFR e ferie Computo del periodo di prova nella anzianità di servizio Il patto di prova è ammissibile anche nelle assunzioni obbligatorie e nel contratto formativo (apprendistato) Deve essere sottoscritto prima o contestualmente all’inizio del rapporto; in caso contrario deve ritenersi nullo. (Cass. civ., sez. lav., 11-01-2011, n. 458)

Il patto di prova nel contratto formativo (apprendistato) il patto riguarda l’attitudine del soggetto a svolgere le mansioni proposte Il patto di prova nell’assunzione obbligatoria riguarda la residua capacità lavorativa del soggetto disabile

Il lavoratore si ammala durante il periodo di prova, cosa succede?

Effettività del periodo Cass. civ., sez. lav., 22-03-2012, n. 4573 Il decorso di un periodo di prova […], mentre non è sospeso dalla mancata prestazione lavorativa inerente al normale svolgimento del rapporto, quali i riposi settimanali […] deve ritenersi escluso, […], in relazione ai giorni in cui la prestazione non si è verificata per eventi non prevedibili al momento della stipulazione del patto stesso, quali la malattia, […], i permessi, lo sciopero, la sospensione dell’attività del datore di lavoro e, in particolare, il godimento delle ferie annuali, che, data la funzione delle stesse di consentire al lavoratore il recupero delle energie lavorative dopo un cospicuo periodo di attività, non si verifica di norma nel corso del periodo di prova; tale principio trova applicazione solo in quanto non preveda diversamente la contrattazione collettiva, la quale può attribuire od escludere rilevanza sospensiva del periodo di prova a dati eventi, che si verifichino durante il periodo medesimo

Il datore di lavoro stipula due o più patti di prova con lo stesso lavoratore, è legittimo?

Moltiplicazione del patto Cass. civ., sez. lav., 22-06-2012, n. 10440 […] la ripetizione del patto di prova in due successivi contratti di lavoro tra le stesse parti è ammissibile solo se essa […], risponda alla suddetta causa, permettendo all’imprenditore di verificare non solo le qualità professionali, ma anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per l’intervento di molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (nella specie, la s.c. ha respinto il ricorso del datore di lavoro avverso la declaratoria di nullità del secondo patto di prova, apposto al contratto a tempo indeterminato stipulato appena quindici giorni dopo la scadenza del rapporto a termine, durato tra le stesse parti per quasi sette mesi, non avendo l’imprenditore dimostrato l’esistenza di uno specifico motivo di rivalutazione delle caratteristiche del lavoratore)

Regime della recedibilità nel patto di prova La società Mira e Danza stipula con la signora Calimeri un patto scritto di prova di 3 mesi come impiegata di VI livello. Dopo un mese dall’inizio della prova, la Mira e Danza, dichiarandosi insoddisfatta del lavoro della signora, le comunica il recesso per mancato superamento della prova. E’ legittimo il comportamento della azienda? Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e percorsi di risposta, Milano, Giuffrè.

T. Milano, 14-06-2011 Con riguardo al rapporto di lavoro costituito con patto di prova, la facoltà di recesso prevista dal 3º comma dell’art. 2096 c.c. soggiace all’unico limite - oltre quello temporale dell’adeguatezza della durata della prova - della mancanza di un motivo illecito ed è consentita non solo al termine ma, salvo che l’esperimento sia stato stabilito per un tempo minimo necessario, anche nel corso del periodo di prova.

Patto di prova con il lavoratore disabile Il signor Adalberto, disabile visivo, è avviato per l’assunzione obbligatoria presso l’impresa Chiari & Netti. Questa, dopo aver sottoposto l’Adalberto ad un periodo di prova di 3 mesi, alla scadenza recede dal contratto, senza fornire alcuna motivazione del recesso, che secondo Adalberto è invece motivato proprio dal suo handicap. E’ legittimo il comportamento dell’azienda? Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e percorsi di risposta, Milano, Giuffrè.

Cass. civ., sez. lav., 14-10-2009, n. 21784 Il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso; incombe, pertanto, sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova

Riforme contratto a termine Fornero e Renzi (incluso decreto dignità M5S 2018) Privano di importanza il patto di prova: si stipula un contratto a termine anziché un patto di prova e alla scadenza del termine si decide; così si bypassa la giurisprudenza sulla sindacabilità del recesso durante il periodo di prova.