LA CONVERSIONE DA SEGNALE ANALOGICO A SEGNALE DIGITALE

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Transcript della presentazione:

LA CONVERSIONE DA SEGNALE ANALOGICO A SEGNALE DIGITALE PREMESSE Spesso si sente parlare di dispositivi digitali come se fossero una sorta di divinità elettronica dalle prestazioni stravolgenti, capaci di risolvere qualsiasi problema. Scopo di questo capitolo è cercare di far luce sul significato di segnale digitale, percorrendo tutto il cammino che, partendo dal concetto di segnale continuo nel tempo, porta alla definizione di informazione numerica relativa ad un segnale. E chissà, alla luce delle nuove conoscenze maturate (spero) grazie a queste dispense, che non vi sia una nuova consapevolezza relativa al significato ed alle prestazioni ottenibili dai dispositivi digitali.

GLI STRUMENTI DIGITALI LA CONVERSIONE DA SEGNALE ANALOGICO A SEGNALE DIGITALE Massimo valore Minimo valore zero V1 V2 Intervallo di osservazione Istante iniziale Istante finale INFINITI VALORI INFINITI ISTANTI t0 tf Asse dei tempi Asse dei valori Fig. 12.1 : definizione di grandezza analogica che evolve nel tempo Per una grandezza analogica che evolve nel tempo vi sono due caratteristiche fondamentali: 1) CARATTERISTICA TEMPORALE: a partire da un istante iniziale t0 esiste ed è definita per ogni istante t0  t  tf 2) CARATTERISTICA DELLE AMPIEZZE: nell’intervallo di tempo t0  t  tf la grandezza può assumere qualsiasi valore compreso tra il minimo ed il massimo

LE PRIME DIFFICOLTA’ CHE SI INCONTRANO Da quanto visto in Fig. 8.1 si vede come per una grandezza analogica, anche di durata e valore limitati, valgono le seguenti due affermazioni: 1) è definita in ogni istante  quantità infinita di istanti 2) è definita per ogni valore  quantità infinita di valori Da un punto di vista insiemistico si può parlare di un insieme “infinito al quadrato” NOTA Si supponga di volere rappresentare numericamente una tale grandezza  si ha la necessità di: - una quantità infinita di numeri per indicare gli istanti di tempo - una quantità infinita di numeri per indicare i corrispondenti valori (  • )  NON POSSIBILE

A QUESTO PUNTO CI SI PONE UNA DOMANDA FONDAMENTALE: “Per avere una sufficiente informazione relativa al segnale v(t) occorre, veramente, conoscere il segnale in ogni istante conoscendo con assoluta precisione il corrispondente valore?” Se si accetta che il NO sia una possibile risposta, occorre fare alcuni ragionamenti: Se (  t  0 )  ( v  0 )  Si può vedere anche la più piccola variazione del segnale.  Domanda: “di quanto è possibile penalizzare l’informazione che si ottiene osservando il segnale v(t) non in tutti gli istanti in cui è definito, ma solamente in alcuni?”  Occorre cercare il modo di non perdere troppa informazione Variazione del segnale tra due istanti successivi di osservazione v  t Intervallo di tempo tra due istanti successivi di osservazione v v2 v(t) v1 t t1 t2 Fig. 12.2 : Un segnale osservato in due istanti di tempo, distanti tra loro  t Se (  t  0)  ( v  0 ) ; Se (  t  0 )  ( v  0 ) Tanto più grande è l’intervallo di tempo ( t) tra due istanti successivi di informazione, tanto maggiore risulta la variazione del segnale (v), il che comporta la perdita di informazione.

ANALISI TEMPORALE (QUALITATIVA) Se un segnale varia, nel tempo, lentamente, andarlo ad osservare molto spesso può risultare inutile, in quanto due successive osservazioni non dicono niente di nuovo (le seconda osservazione dice, in pratica, quello che aveva detto la precedente). Come esempio si può pensare di osservare un termometro che indica la temperatura di un ambiente domestico ogni dieci secondi: tra due successive osservazioni non c’è alcuna significativa variazione della temperatura. Se (  t  0 )  ( v  0 ) = nessuna nuova informazione Perché la nuova informazione risulti significativa occorre far trascorrere un certo tempo, ma non troppo. Concetto del “non troppo tempo” : intervallo di tempo che consente di avere una significativa variazione del segnale, ma che consenta, nello stesso tempo, di NON perdere di vista l’evoluzione del segnale. In pratica occorre non perdere di vista v(t) nel suo complesso. Si va ad osservare v(t) una volta ogni tanto, in modo da conoscere il suo andamento temporale, anche senza conoscere con grande precisione tutti i suoi valori GUARDARE IL SEGNALE OGNI TANTO = CAMPIONAMENTO Vengono effettuati dei campioni del segnale ad intervalli di tempo prestabiliti 1 Campione significa “valore del segnale in un determinato istante”

CAMPIONAMENTO RAPIDO  MIGLIORE CONOSCENZA DEL SEGNALE CAMPIONAMENTO LENTO  PEGGIORE CONOSCENZA DEL SEGNALE t campioni istanti di campionamento Segnale reale Segnale ricostruito (1) (2) segnale originario Fig. 12.3 : Ricostruzione mediante interpolazione lineare dei campioni ottenuti dal campionamento Nel caso (1) la ricostruzione mediante interpolazione coincide abbastanza bene con il segnale originario Nel caso (2) la ricostruzione mediante interpolazione si discosta notevolmente dal segnale originario

ASPETTO FONDAMENTALE Occorre tenere presente che una volta che si è campionato il segnale v(t) si hanno a disposizione solamente i campioni ed è, appunto, da tali campioni che si cerca di ricostruire il segnale, mediante operazioni di interpolazione lineare o altro. Nella Fig. seguente è mostrata l’informazione dopo l’operazione di campionamento nel caso (1). L’informazione è data solamente dai campioni; il segnale v(t) è sconosciuto: si è persa ogni informazione tra un campione e l’altro. t campioni istanti di campionamento (1) ? v(t) Fig. 12.4 : dopo il campionamento si conoscono solamente i campioni e si è persa ogni altra informazione relativa al segnale v(t) Si procede, ora, con lo sviluppo delle questioni relative al campionamento nel caso in cui gli istanti di campionamento (quando si “tasta” il segnale) si ripetono ad intervalli di tempo costanti. Si parla di “frequenza di campionamento” che, però, non si esprime in Hertz (Hz), dato che non si tratta della frequenza di un segnale sinusoidale, bensì in campioni al secondo..

DOMANDA: Esiste un legame tra la frequenza ottimale di campionamento e l’andamento temporale del segnale? Ricordiamoci che l’andamento temporale è in stretta relazione con il contenuto frequenziale (Fourier). RISPOSTA: Come visto dalle Fig. precedenti, tanto più rapidamente cambia il segnale, tanto più spesso occorre andare a campionarlo, per poter realizzare una buona ricostruzione del segnale partendo dai campioni. CONSIDERAZIONE: Esisterà certamente una Fcmin (frequenza di campionamento minima) al di sotto della quale non si può scendere, altrimenti i campioni ottenuti risultano non sufficienti per ricostruire (con buona approssimazione) il segnale (campionamento inadeguato). OSSERVAZIONE: La ricostruzione perfetta del segnale v(t) si ottiene solamente se la frequenza di campionamento tende a infinito (Fc = ). In tal modo si “tasta” il segnale con un ritmo talmente elevato da riconoscere (e quindi poter ricostruire in maniera perfetta) anche la più piccola variazione del segnale v(t). CONSEGUENZA se Fc =  Per ogni campione devo esprimerne il valore numericamente, ma, se i campioni sono infiniti come quantità, si avrà la necessità di una quantità infinita di numeri e, quindi, si arriva all’impossibilità di effettuare tale tipo di rappresentazione numerica.

A questo punto ci si pone una domanda cruciale: Si può arrivare ad un valido compromesso tra ricostruzione accettabile del segnale v(t) e numero di campioni non elevatissimo? COME SI ARRIVA A DETERMINARE TALE COMPROMESSO Innanzi tutto si prende in considerazione il teorema di Fourier che dice che qualsiasi segnale può essere scomposto nella somma di segnali tutti quanti sinusoidali. Dato che, intuitivamente, si è visto che tanto più un segnale cambia velocemente, tanto più spesso occorre campionarlo, per un generico segnale si prende in considerazione la componente sinusoidale, tra quelle che lo compongono, a frequenza maggiore. Si cerca di determinare la frequenza di campionamento minima per ricostruire bene tale componente. Una volta determinata la frequenza di campionamento minima per poter campionare correttamente la componente sinusoidale a frequenza più alta, tutte la altre componenti sinusoidali che costituiscono il segnale, essendo a frequenza più bassa, saranno campionate certamente in modo ancora migliore, rispetto a quella a frequenza più elevata. Si procede, ora, a determinare, in un modo un po’ empirico, poco matematico, ma, spero, ben comprensibile a tutti, la frequenza minima di campionamento per un segnale sinusoidale.

IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO valore tempo periodo Fig. 12.5 Si campiona due volte per ogni periodo Dalla figura si nota come, campionando due volte per ogni periodo, nel caso di molta fortuna si ottengano dei campioni abbastanza buoni, nel caso di poca fortuna i campioni non siano proprio buoni, nel caso di molta sfortuna i campioni ottenuti risultano certamente errati. Istanti e corrispondenti campioni molto fortunati Istanti e corrispondenti campioni poco fortunati Istanti e corrispondenti campioni molto sfortunati

IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO valore tempo periodo Fig. 12.6 : Si campiona meno di due volte per ogni periodo Dalla Fig. precedente si nota come, anche nel caso di partenza molto fortunata per il primo campione, quando si campiona con una frequenza di campionamento minore del doppio della frequenza della sinusoide (ciò significa un ritmo di campionamento minore di due campioni ogni periodo della sinusoide) il risultato ottenuto risulta alquanto scadente. Prima conclusione: per ottenere un campionamento accettabile non si può scendere, con il ritmo di campionamento, al di sotto di due campioni per periodo della sinusoide.

IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO valore tempo periodo Fig. 12.7 : Si campiona più di due volte per ogni periodo Dalla Fig. precedente si nota come, anche nel caso di partenza molto sfortunata per il primo campione, quandoi si campiona con una frequenza di campionamento maggiore del doppio della frequenza della sinusoide (ciò significa un ritmo di campionamento maggiore di due campioni ogni periodo della sinusoide) il risultato ottenuto risulta accettabile. Seconda conclusione: per ottenere un campionamento accettabile, in ogni condizione, è necessario che il ritmo di campionamento, sia maggiore di due campioni per periodo della sinusoide.

IL TEOREMA DEL CAMPIONAMENTO Per poter campionare un segnale sinusoidale, in modo da poter ricostruire, partendo dai campioni, almeno l’andamento del segnale di partenza, occorre che la frequenza di campionamento sia più del doppio della frequenza del segnale sinusoidale da campionare. NOTA: la ricostruzione del segnale sarà tanto migliore quanto più la frequenza di campionamento supera il doppio della frequenza del segnale sinusoidale. Tale teorema, dimostrato da Shannon, in un modo decisamente più matematico di quello sviluppato in questa lezione, costituisce uno dei teoremi fondamentali applicati nella conversione dei segnali analogici in informazioni di tipo numerico. Riassumendo: La frequenza di campionamento deve essere maggiore del doppio della frequenza del segnale sinusoidale da campionare. Nota: se il segnale da campionare non è sinusoidale, esso si può scomporre nelle sue componenti sinusoidali (mediante il teorema di Fourier), si individua la componente di ampiezza significativa alla massima frequenza (Fmax) e, di conseguenza, si imposta la frequenza di campionamento maggiore del doppio di tale valore. (Fc > 2Fmax) Osservazione: per i CD audio, che riproducono segnali con componenti fino a circa 15KHz, la frequenza di campionamento scelta (si tratta di uno standard) è di 44.100 campioni al secondo, cioè circa il triplo della fmax.

SIGNIFICATO ELETTRICO DI CAMPIONAMENTO L’interruttore si chiude con un ritmo che coincide con la frequenza di campionamento e rimane chiuso per un tempo in teoria nullo (in pratica molto minore dell’intervallo tra due campioni successivi). v*(t) è presente solo negli istanti in cui l’interruttore è chiuso. Si passa da un segnale continuo nel tempo ad un segnale discreto nel tempo. v(t) v*(t) Segnale continuo nel tempo campionato Comando di chiusura Fig. 12.8 Il campionatore elettrico v(t) v*(t)  Fig. 12.9 La tempistica del campionatore t v Tc t’ t” Se  (tempo di chiusura dell’interruttore) risulta molto minore di Tc (intervallo di campionamento), con Tc = 1 / Fc, allora la variazione del valore della v(t) durante il tempo  risulta certamente trascurabile. In tal modo il campionamento si può considerare quasi ideale. Se (  << Tc )  ( v(t’) - v(t”) )  0  la variazione del valore all’interno di un campione risulta trascurabile.

SEGNALE TEMPO CONTINUO  SEGNALE TEMPO DISCRETO campioni istanti di campionamento v(t) Tempo discreto v*(t) Segnale continuo nel tempo Segnale discreto nel tempo DISCRETIZZAZIONE TEMPORALE Prima del campionatore Dopo il campionatore Fig. 12.10 : La discretizzazione temporale: passaggio da un segnale continuo nel tempo (definito in ogni istante) ad un altro segnale discreto nel tempo (definito solo negli istanti di campionamento).

CONSIDERAZIONI FINO A QUESTO MOMENTO Occorre tenere presente che partendo dal segnale campionato si deve arrivare ad una “rappresentazione numerica”, cioè ad ogni valore del segnale campionato deve essere associato un corrispondente valore numerico. OSSERVAZIONE: v*(t) è ottenuto da v(t) , segnale continuo nel tempo e nelle ampiezze, il che comporta una serie di conseguenze. v(t) : continuo nelle ampiezze  può assumere una quantità infinita di valori  anche v*(t) può assumere una quantità infinita di valori  per ogni valore che può assumere v*(t) sarà necessario un diverso valore numerico  si ha la necessità di una quantità infinita di numeri = GROSSO PROBLEMA COSA SI E’ OTTENUTO FINO A QUESTO MOMENTO? Da un punto di vista temporale  quantità finita di campioni  OK Da un punto di vista del valore  quantità infinita di valori  NON OK

COME SI PROCEDE PER ARRIVARE AD UNA RAPPRESENTAZIONE NUMERICA Giunti a questo punto ci si pone una domanda cruciale: “Serve effettivamente conoscere il segnale campionato v*(t) con una precisione assoluta? ” La risposta è NO, sostanzialmente per due motivi: 1) v*(t) è già, di per sé, un’approssimazione di v(t) 2) Dare una rappresentazione perfettamente esatta di v*(t) presuppone che anche il segnale v(t) sia perfetto, cioè non ci sia alcun errore o imprecisione. Ciò non è realistico, in quanto il segnale v(t) proviene, di solito, da trasduttori i quali hanno già un certo errore di partenza. Ragionevole conclusione: non ha significato conoscere esattamente il valore di ogni campione v*(t), ma basta conoscerlo con una adeguata approssimazione, tale da non penalizzare di una quantità significativa l’errore già intrinsecamente presente nel segnale v(t), fornito dal trasduttore. Partendo, proprio, dalla non necessità di una misura assolutamente perfetta della v*(t), viene sviluppato, di seguito, uno studio (qualitativo ed intuitivo) volto a comprendere come superare il problema appena visto del numero infinito di possibili valori.

LA QUANTIZZAZIONE DELLE AMPIEZZE valore t 1 2 4 5 6 7 3 -6 -4 -3 -2 -1 -5 -7 N intervalli (nell’es. 14) Vmax Vmin Identificatori dell’intervallo Ogni possibile valore che può assumere il segnale elettrico campionato appartiene sicuramente ad uno degli intervalli contraddistinto dal corrispondente identificatore di intervallo campioni istanti di campionamento Fig. 12.11 : La quantizzazione delle ampiezze Significato di QUANTIZZAZIONE: - Si suddivide l’intera escursione dei possibili valori del segnale (sicuramente compresi tra Vmin e Vmax in N intervalli (di solito tutti uguali tra loro) - Ad ogni intervallo si associa un numero che lo individua univocamente - Per ogni valore del segnale si osserva a quale intervallo appartiene, assegnando, a tale valore, l’indice del corrispondente intervallo di appartenenza.

LA QUANTIZZAZIONE DELLE AMPIEZZE (approfondimenti) valore V(x) V(x+1) V(x+2) V(x+3) n = x n = x+1 n = x+2 V(x +1) V  V(x+2) n = x +1 Vx  V  V(x+1) V(x+2)  V  V(x+3) Valori Intervalli La regola di associazione tra valore ed intervallo mostrata a fianco non è tassativa. Ciò che risulta tassativo è l’appartenenza di ciascun possibile valore ad un solo intervallo. In pratica ogni punto di confine di ciascun intervallo deve appartenere al solo intervallo inferiore o al solo intervallo superiore (in tal modo tutti gli intervalli risultano dello stesso tipo) Fig 12.12 Associazione tra valore del segnale ed intervallo di appartenenza Con tale processo si realizza una funzione fondamentale: Si associa ad ogni intervallo di valori del segnale un numero che identifica l’intervallo di appartenenza Si passa da una quantità infinita di valori ad una quantità finita di intervalli INFINITI VALORI  FINITI INTERVALLI

OSSERVAZIONI SULLA QUANTIZZAZIONE V(x) V(x+1) V(x+2) V(x+3) x x+1 x+2 Valori (insieme continuo) Identificatori degli intervalli (insieme discreto) Differenti valori, appartenenti ad uno stesso intervallo, “vanno a finire” in un unico numero che identifica l’intervallo di appartenenza. Fig. 12.13 Tutti i valori di un intervallo vengono associati ad un unico numero che identifica l’intervallo CONSEGUENZA esattamente VALORE QUALSIASI INTERVALLO DI APPARTENENZA INTERVALLO DI APPARTENENZA ESATTO VALORE Dato un intervallo fornito dal quantizzatore è possibile stabilire a quale intervallo di valori appartiene il dato ma non quanto vale esattamente. L’identificatore di intervallo dice solamente a quale intervallo appartiene il valore. Non è possibile risalire al valore esatto.

LA RISOLUZIONE DEL QUANTIZZATORE Tanto maggiore è il numero degli intervalli in cui è suddivisa la possibile escursione dell’ampiezza del segnale  Tanto minore risulta l’incertezza nella interpretazione dei dati numerici forniti dal quantizzatore. Valori del segnale (insieme continuo) V(x) V(x+1) V(x+2) V(x+3) Vmax Vmin N intervalli La V, che corrisponde alla larghezza di un intervallo, viene detta RISOLUZIONE del sistema e corrisponde alla minima variazione del valore V che, in ogni condizione (anche la più svantaggiosa) il sistema è in grado di riconoscere. V = (Vmax - Vmin ) / N RISOLUZIONE = Fig. 12.14 : Definizione di risoluzione del sistema di campionamento e conversione

ANALISI SU ALCUNE QUESTIONI RELATIVE ALLA RISOLUZIONE V(x) V(x+1) V(x+2) V(x+3) n-1 n n+1 Identificatore dell’intervallo valori V+ V- V V* Sia V* appartenente ad un generico intervallo n. Domanda: Quale variazione deve subire il valore V* affinché il quantizzatore se ne accorga e fornisca un valore numerico  n. Risposte possibili Se V* si trova al centro dell’intervallo sarà necessaria una variazione appena superiore a V/2  perché il quantizzatore mostri un valore numerico  n. Se V* si trova prossimo ad un estremo dell’intervallo, ad esempio nella parte iniziale, basterà una minima variazione negativa per passare all’intervallo precedente, mentre sarà necessaria una variazione positiva pari a quasi tutta la larghezza dell’intervallo per passare all’intervallo successivo. Fig. 12.15 : analisi sui risultati del quantizzatore in funzione della risoluzione e del valore di V*

ANALISI SU ALCUNE QUESTIONI RELATIVE ALLA RISOLUZIONE Valori V(x) V(x+1) V(x+2) V(x+3) n-1 n n+1 Identificatore dell’intervallo Vb* Vc* Va* Vd* Ve* Vf* n = 0 n = -1 n = 1 n = 2 n = -2 Fig. 12.16 : alcuni esempi di come varia n (fornito dal quantizzatore) a seconda della variazione di V* (segnale in ingresso al quantizzatore)

ANALISI SU ALCUNE QUESTIONI RELATIVE ALLA RISOLUZIONE Analizzando la Fig. 12.15 si vede come variazioni molto diverse tra loro del valore V* possano portare a stesse variazioni del valore n fornito dal quantizzatore. Inoltre si vede come variazioni poco diverse tra loro del valore V* possano portare a diverse variazioni del valore n fornito dal quantizzatore. In generale si può dire che una variazione del numero fornito dal quantizzatore pari a n non significa, automaticamente, una variazione del valore di V* pari a  intervalli. L’effettiva variazione di V* può essere compresa tra un valore minimo pari a poco più di (-1) intervalli ad un valore massimo pari a poco meno di (+1) intervalli. Ciò deriva dal fatto che il numero fornito dal quantizzatore non indica l’effettivo valore di V* ma solo l’intervallo di appartenenza. Dovendo dare un nome a tale aspetto, penso che un nome adeguato possa essere: INCERTEZZA INTERPRETATIVA DEL VALORE n (fornito dal quantizzatore) E DELLE SUE POSSIBILI VARIAZIONI Nota: onde evitare cattive interpretazioni, si consiglia, per la risoluzione, di parlare di migliore o peggiore e non di maggiore o minore (un intervallo maggiore corrisponde ad un sistema più scadente come prestazioni).

LA TRANSCARATTERISTICA DI UN QUANTIZZATORE UNIPOLARE La definizione di quantizzatore è generalmente non utilizzata comunemente ed al suo posto si utilizza quella di CONVERTITORE ANALOGICO / DIGITALE (convertitore A/D), cioè un dispositivo che trasforma un valore di tensione nel corrispondente valore numerico. Se si descrive, mediante un grafico su un sistema cartesiano ortogonale, la regola che lega la tensione in ingresso V* al convertitore A/D al numero fornito in uscita (detta transcaratteristica), si ottiene la caratteristica funzione a gradini. n V* 1 2 3 4 5 6 V0 V1 V2 V3 V4 V5 V6 V7 V0  V*  V1 n = 0 V1  V*  V2 n = 1 . . . . . . . . V6  V*  V7 n = 6 Nella Fig. a fianco è mostrata una transcaratteristica relativa ad un convertitore A/D di tipo unipolare, cioè il segno della tensione applicata all’ingresso del convertitore stesso è sempre positivo. Nel diagramma a fianco: V*min = 0 e V*max > 0, Fig. 12.17 : La transcaratteristica di un convertitore A/D unipolare

LA TRANSCARATTERISTICA DI UN QUANTIZZATORE BIPOLARE V* 8 9 10 11 12 V6 V7 V8 V9 V10 V11 V12 V13 1 2 3 4 5 6 V0 V1 V2 V3 V4 V5 7 n Dato in uscita dal A/D V0  V*  V1 n = 0 V1  V*  V2 n = 1 . . . . . . . . V6  V*  V7 n = 6 Il grafico mostra la transcaratteristica di un convertitore A/D del tipo bipolare, in quanto il segno della tensione in ingresso V* può essere sia positivo che negativo. Nel caso indicato (Vmin = V0) < 0 e (Vmax = V13) > 0. Fig. 12.18 : La transcaratteristica di un convertitore A/D bipolare

UN PROBLEMA TECNOLOGICO PER IL CONVERTITORE A/D Osservando le Fig. 12.9 e 12.10 ci si rende conto che se il convertitore A/D (quantizzatore) fosse posto direttamente all’uscita del campionatore (interruttore di fig 12.8), dato che il segnale viene visto solamente per un breve istante in corrispondenza del campionamento, che coincide con la chiusura dell’interruttore, si richiederebbe, da parte sua, la capacità di convertire un valore di tensione nel numero corrispondente all’intervallo di appartenenza in un tempo poco più che nullo, restando poi inoperoso fino al prossimo campione. Ciò richiederebbe un tempo di conversione estremamente ridotto , per poi rimanere inattivo fino al prossimo campione. Questo modo di funzionamento costituisce un problema: il quantizzatore, per poter funzionare correttamente, ha bisogno di avere a disposizione il segnale per un certo tempo (maggiore di zero); non solo, tale valore, durante l’intera fase di conversione, deve rimanere costante. Tale problema non è risolvibile tenendo chiuso per più tempo l’interruttore che costituisce il campionatore: ciò andrebbe in contrasto con la tecnica di campionamento stessa. Occorre trovare un’altra soluzione. Soluzione di concetto: si applica al quantizzatore un segnale che rimane costante per tutto il tempo necessario al quantizzatore per effettuare la conversione tensione  numero. Tale soluzione viene realizzata in pratica mediante un particolare dispositivo di memorizzazione del segnale sotto forma di tensione: il sample & hold (letteralmente campiona e trattieni)

IL SAMPLE & HOLD S & H A / D n v(t) v*(t) Segnale continuo nel tempo campionato Comando di chiusura + comando S/H S & H A / D n memorizzato Numero in uscita v°(t) Il circuito S&H è in condizione di Sample con l’interruttore chiuso, mentre è in condizione di Hold con l’interruttore aperto. Fig. 12.19 La struttura con Sample & hold Nella Fig. precedente è mostrata la struttura completa di un campionatore, seguito da un Sample & Hold e da un convertitore Analogico / Digitale. Nella successiva Fig. 12.20 sono mostrati i possibili andamenti dei segnali indicati in Fig.12.19 con: v(t) = segnale applicato all’ingresso v*(t) = segnale dopo il campionatore v°(t) = segnale dopo il circuito S / H

SEGNALI CON IL CIRCUITO SAMPLE & HOLD Tempo continuo campioni istanti di campionamento v(t) Tempo discreto v*(t) Segnale continuo DISCRETIZZAZIONE TEMPORALE Prima del campionatore Dopo il campionatore v°(t) Dopo il sample & hold MEMORIZZAZIONE a b c Tempo a disposizione del convertitore A/D per effettuare una conversione Fig. 12.20 : Segnali con il campionatore seguito dal sample & hold

L’ERRORE DI ALIASING  t t t Segnale correttamente campionabile, se fosse presente da solo t  Segnale con componenti a frequenza troppo elevata per poter essere correttamente campionato t Segnale composito ottenuto sommando i due segnali (non correttamente campionabile) t Campioni corretti (se fosse presente solo il primo segnale) Istanti di campionamento Campioni soggetti all’errore di aliasing (con il segnale composito) Fig. 12.21 : L’errore di aliasing (da “alias” : falso) durante il campionamento

L’ERRORE DI ALIASING Si tratta di un errore, tipico dei sistemi di campionamento e conversione analogico digitale, che è una diretta conseguenza del teorema del campionamento (teorema di Shannon), applicato ai segnali compositi. Una volta che il ritmo di campionamento è stato scelto per garantire un corretto campionamento per segnali sinusoidali fino ad una certa frequenza, se è presente anche un segnale con frequenza superiore a quella massima campionabile correttamente, nasce appunto tale tipo di errore. Nella figura precedente sono mostrati due distinti segnali ed il segnale costituito dalla loro somma. Fissata una certa frequenza di campionamento il primo risulta correttamente campionabile mentre il secondo segnale non verifica il teorema di Shannon. Il segnale composito ottenuto come somma dei due segnali risulta ancora NON CORRETTAMENTE CAMPIONABILE il quanto basta la presenza di una componente a frequenza troppo elevata per mandare in crisi il processo di campionamento. Altra questione è costituita dal fatto che un errore di tale tipo si manifesta quando sono presenti delle componenti spettrali oltre il consentito dal teorema del campionamento. Nel caso in cui siano presenti l’errore che ne consegue (Aliasing) non risulta più correggibile, nemmeno con complicatissimi algoritmi matematici.

PER MEGLIO COMPRENDERE L’ERRORE DI ALIASING Con riferimento alla Fig. 12.21 si vede come il segnale ottenuto dai campioni segnati con il quadratino rosso non corrisponda a nessuno dei tre segnali in gioco: quello correttamente campionabile, la componente a frequenza troppo elevata e il segnale composito. La presenza di una componente a frequenza troppo elevata, per il campionatore, non solo non consente a tale segnale di essere campionato correttamente, ma va a falsare anche il campionamento di quella parte del segnale (indicata in Fig. come segnale correttamente campionabile) che, se fosse presente da solo, verrebbe campionato correttamente. L’errore così ottenuto, detto di aliasing (da alias = falso) NON E’ PIU’ RIMEDIABILE Se si perdesse solamente l’informazione relativa alla componente a frequenza più elevata il problema non sarebbe poi tanto grave. Invece:  Si perde inesorabilmente l’informazione del segnale. Per ovviare all’errore di aliasing NON RISULTA POSSIBILE UNA CORREZIONE A POSTERIORI. Unica possibilità: quando si effettua il campionamento occorre essere sicuri di effettuarlo correttamente, in base al teorema di Shannon  Non devono essere presenti componenti a frequenza maggiore di metà della frequenza di campionamento  IL SEGNALE DEVE ESSERE A BANDA RIGOROSAMENTE LIMITATA

UNA POSSIBILE STRUTTURA (CORRETTA) PER UN SISTEMA DI CAMPIONAMENTO E CONVERSIONE ANALOGICO/DIGITALE DI UN SEGNALE PROVENIENTE DA UN TRASDUTTORE Serve ad ottenere un segnale a banda limitata, per evitare l’errore di aliasing v(t) v*(t) Segnale continuo nel tempo campionato Comando di chiusura + comando S/H S & H A / D n memorizzato Numero in uscita dal convertitore A/D v°(t) Grandezza fisica trasduttore amplificatore Filtro passa basso di ordine elevato con Ft < (Fc/2) CPU CPU: Central Process Unit Comanda le operazioni di campionamento Elabora numericamente il segnale Segnale elettrico T