Edward Said Out of Place LETTERATURA COMPARATA MAGISTRALE DI LETT. EUROAMERICANE CORSO DI LINGUE PER LA COMUNICAZIONE Edward Said Out of Place
Accanto alla lingua, l’altro cuore affettivo delle mie memorie infantili è la geografia, specialmente nelle sue trasposizioni simboliche: partenze, arrivi, addii, esilio, nostalgia, senso di appartenenza, esperienza del viaggio. Ciascuno dei luoghi in cui ho abitato (Gerusalemme, Il Cairo, il Libano, gli Stati Uniti) possiede un’intricata rete di valenze che attengono al processo di crescita, di costruzione di un’identità, di formazione della consapevolezza di me stesso e degli altri.
Ciascuna famiglia si inventa i propri genitori e figli, assegnando a ognuno di essi una storia, un carattere, un destino, addirittura una lingua. Nel modo in cui sono stato inventato io per essere inserito nel mondo dei miei genitori e delle mie quattro sorelle c’è stata una sfasatura fin dall’inizio. Che essa fosse dovuta ad una lettura sbagliata da parte mia del ruolo assegnatomi oppure a un qualche radicato difetto del mio essere, non avrei saputo dire. A volte ero intransigente e fiero di esserlo. Altre volte mi sentivo come svuotato di ogni carattere, timido, insicuro, privo di volontà. Ma la sensazione dominante era quella di essere sempre nel posto sbagliato.
Così diventai “Edward”, una creatura inventata dai miei genitori, le cui quotidiane sofferenze erano osservate da un’altra personalità, molto diversa, nascosta dentro di lui, ma ancora dormiente e il più delle volte incapace di recargli aiuto. “Edward” era in primo luogo il figlio, poi il fratello, poi il ragazzo che andava a scuola e che cercava di seguire (o di ignorare e aggirare) tutte le regole, senza riuscirci. La sua invenzione fu resa necessaria dal fatto che i suoi genitori si erano a loro volta dovuti inventare: due palestinesi, con ambienti di provenienza e temperamenti vistosamente differenti, che vivevano nel Cairo coloniale e facevano parte di una minoranza cristiana all’interno di un vasta sacca di minoranze.
All’inizio degli anni quaranta, il Cairo era una città molto popolosa durante la guerra vi stazionavano migliaia di soldati delle truppe alleate, che si erano aggiunti alle numerose comunità di espatriati italiani, francesi ed inglesi e alle minoranze residenti di ebrei, armeni, siriano-libanesi (i shawam) e i greci)(39). Nel Cairo del dopoguerra ebbi per la prima volta la percezione di una stratificazione sociale altamente differenziata. Il cambiamento più notevole fu la sostituzione delle istituzioni e del personale inglesi con quelli degli americani vittoriosi, di un impero con un altro impero, con ancora maggiore vantaggio per gli affari di mio padre. (97)
Esilio avvincente e terribile a viversi. Condizione irrimediabilmente secolare e insopportabilmente storica. Condizione ambivalente di Parigi rispetto agli esiliati Nodo del nazionalismo rispetto all’esilio Ogni tipo di nazionalismo nasce e cresce su una condizione di estraneità. Pierre Bourdieu habitus Esilio vs nazionalismo Assoluta discontinuità Pathos dell’esilio Senso di perdita e creazione di un mondo nuovo, tutto da governare- sradicamento trascendentale.