Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Modulo 2 (B) Modulo B Il secondo modulo del corso è suddiviso in due capitoli. Sezione 1: Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro Cenni di anatomia dello scheletro Lussazioni, fratture e complicanze Traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale Traumi e lesioni toraco-addominali. Sezione 2: Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro Lesioni da freddo e da calore Lesioni da corrente elettrica Lesioni da agenti chimici Intossicazioni Ferite lacero-contuse Emorragie esterne Annegamento. Approfondimenti: il D. 388 prevede che il secondo modulo (detto modulo B), venga illustrato in 4 ore di attività didattica frontale sia nelle aziende di gruppo A sia nelle aziende di gruppo B e C. Approfondimenti sulla classificazione delle aziende sono riportati in Sacco e Ciavarella, 2008 (pag. 30 e seguenti). Suggerimenti: utilizzare il materiale didattico presentato di seguito scegliendo le diapositive sulla base dei bisogni formativi dei discenti e, in particolare, in relazione ai rischi dell’azienda di provenienza; per esempio, nelle aziende ad elevato rischio di traumi di gruppo A (es., aziende del comparto delle costruzioni) è consigliabile destinare a questo modulo 6 ore e ridurre a 4 ore la durata del modulo A. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Sezione 1 Acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro Sezione 1: acquisire conoscenze generali sui traumi in ambiente di lavoro In questo sezione verranno trattati i seguenti argomenti: cenni di anatomia dello scheletro distorsioni, lussazioni, fratture e complicanze traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale traumi e lesioni toraco-addominali. Approfondimenti: Sacco e Ciavarella, 2008 (capitolo 11). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Cenni di anatomia dello scheletro Lo scheletro è una struttura rigida che sostiene e protegge il corpo umano gli conferisce la forma caratteristica consente alle sue varie componenti, connettendosi ai muscoli, di concorrere funzionalmente al movimento Cenni di anatomia dello scheletro Il corpo umano è sostenuto e protetto una struttura rigida, lo scheletro, che contribuisce a conferirgli la forma caratteristica e consentire alle sue varie componenti, connettendosi ai muscoli, di concorrere funzionalmente al movimento. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Componenti dello scheletro Lo scheletro è composto da ossa, elementi duri e resistenti articolazioni, specifici sistemi di raccordo e di snodo, che mettono fra loro in reciproco contatto le ossa Componenti dello scheletro L’apparato scheletrico è costituito da 203 ossa. Le ossa si distinguono in lunghe (come ad esempio le ossa degli arti inferiori e cioè femore, tibia e fibula, degli arti superiori, come omero, radio e ulna, ecc.), corte (le vertebre) e piatte (la scapola, le ossa del cranio, lo sterno, ecc.); esse costituiscono i vari segmenti dello scheletro come il cranio, la colonna vertebrale, la gabbia toracica, gli arti. All’interno delle ossa si trova il midollo osseo, una struttura deputata alla produzione degli elementi corpuscolari del sangue (globuli rossi, piastrine, globuli bianchi). Tra un osso e l’altro trovano posto le articolazioni (manicotti di materiale cartilagineo, elastico e resistente) con l’importante funzione di garantirne il movimento. Alcune articolazioni sono fisse (per esempio quelle delle ossa del cranio), altre sono parzialmente mobili (come quelle delle vertebre), altre ancora sono mobili (ginocchio, spalla, anca, ecc.). Per evitare l’attrito causato dallo scorrimento delle superficie l’una sull’altra, la membrana di rivestimento interno delle articolazioni (membrana sinoviale) secerne il liquido sinoviale, con azione di lubrificante. I muscoli sono ancorati alle strutture ossee attraverso i tendini per consentire ai vari distretti articolari di compiere i movimenti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Distorsioni, lussazioni e fratture Lesioni determinate da una forza particolarmente intensa sulle componenti ossee o/e articolari dello scheletro A seconda della componente interessata, sono distinti in: distorsioni lussazioni fratture Distorsioni, lussazioni e fratture Una forza applicata allo scheletro, se è particolarmente intensa, induce sulle sue componenti ossee o/e articolari lesioni chiamate traumi, che a seconda della componete interessata sono distinte in distorsioni, lussazioni, fratture. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Tipo di lesione Definizione Distorsione Lesione di un’articolazione in cui un capo articolare, per un movimento forzato, esce temporaneamente dalla propria sede, danneggiando la capsula ed/o i legamenti. Lussazione Lesione di un’articolazione in cui un capo articolare, per un movimento forzato, esce dalla sede naturale senza poterci rientrare, compromettendo non solo capsula e legamenti, ma, a volte, anche vasi e nervi. Distorsioni e lussazioni: definizioni La distorsione – o storta, nel linguaggio comune – è una lesione dell’apparato capsulo-legamentoso prodotta in un’articolazione da un capo osseo che, per un movimento forzato, esce temporaneamente dalla propria sede: quindi, non vi è spostamento permanente del contatto delle superfici articolari, ma la capsula e/o i legamenti subiscono una lesione temporanea (stiramento / lacerazioni capsulo-legamentose, versamento intra-articolare). La lussazione, invece, è la lesione di un’articolazione in cui un capo articolare, per un movimento forzato, esce dalla sede naturale e perde permanentemente i normali rapporti con gli altri capi articolari costituenti l'articolazione, compromettendo non solo la capsula e i legamenti, ma a volte anche i vasi e nervi, con conseguenti possibili disturbi vascolari e della sensibilità. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Segni comuni e distinti di distorsione e lussazione Dolore al movimento costante, accentuato dal movimento Tumefazione limitata, prodotta da lesioni di capsula e legamenti e da eventuali versamenti intrarticolari accentuata per l’azione del capo articolare che accentua le lesioni di capsula e legamenti ed i versamenti intrarticolari Deformazione da rigonfiamento articolare da rigonfiamento articolare e da perdita degli usuali rapporti articolari Mancata funzionalità ---- (assente) ---- per perdita del movimento e blocco articolare Distorsioni e lussazioni: segni e sintomi Le distorsioni e le lussazioni si manifestano con segni e sintomi comuni, più accentuati nelle lussazioni. È, comunque, importante essere in grado di distinguere le due condizioni per il successivo trattamento: il dolore nella distorsione è attivato dal movimento, mentre nella lussazione il dolore è costante, localizzato nell’area traumatizzata, e s’accentua col movimento la tumefazione nella distorsione è limitata, prodotta dalle lesioni capsulo-legamentose e da eventuali versamenti intra-articolari la deformazione nella lussazione della parte colpita rispetto a quella sana è più evidente per il maggior danno prodotto dall’osso sull’impianto articolare e per la perdita degli usuali rapporti articolari che compaiono in questo tipo di trauma la mancata funzionalità della parte lesa (che spesso manca nella distorsione, mentre è presente nella lussazione per il blocco articolare) è, quindi, il solo segno di danno che permette di distinguere le due lesioni. Altre volte nella lussazione possono comparire segni e sintomi più gravi come quelli legati alla lesione di vasi e nervi (formicolio, perdita della sensibilità, disturbi d’irrorazione periferica). I segni e sintomi sopra descritti possono confondersi con quelli di un’eventuale frattura: pertanto, in caso di dubbio, vale la regola di ipotizzare l’eventualità più grave e comportarsi di conseguenza per il successivo trattamento. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Distorsioni e lussazioni Primo soccorso considerare ogni caso dubbio come una frattura immobilizzare l’articolazione nella posizione assunta subito dopo il trauma assecondando la posizione antalgica dell’infortunato evitando manovre di riduzione dell’osso steccando e fasciando l’arto, per controllare il dolore e limitare la formazione di ematomi applicando del freddo (ghiaccio pronto uso) Distorsioni e lussazioni: primo soccorso Distorsioni e lussazioni si trattano allo stesso modo, rammentando che, nel dubbio, ogni trauma va considerato come una frattura. Ad ogni modo, se i segni e i sintomi non lasciano dubbi, non esiste un’urgenza e il soggetto infortunato può essere ospedalizzato per gli accertamenti e le cure necessari senza ricorrere all’ambulanza. Occorre, allora, immobilizzare l’articolazione nella posizione in cui si trova dopo il trauma, assecondando la posizione antalgica dell’infortunato, senza tentare pericolose manovre di riduzione dell’osso. Steccaggio e fasciatura sono indispensabili per controllare il dolore e limitare la successiva formazione di un ematoma; per le stesse ragioni và tempestivamente applicato del freddo (con il sacchetto di ghiaccio pronto uso o con altri sistemi) nella sede del trauma. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Frattura Definizione: rottura di un osso che determina una interruzione parziale o toltale della sua continuità. Fratture: definizione Il termine frattura si usa per indicare la determinazione di una interruzione nella continuità materiale di un osso (rottura, incrinatura). Di solito una frattura, se non è complicata da un’intensa emorragia, non comporta una situazione d’emergenza. Nell’immagine, la radiografia mostra una frattura scomposta pluriframmentaria della parte distale della tibia e del perone di sinistra. La frattura si è verificata in seguito ad un infortunio sul lavoro con precipitazione da circa 2 metri. Frattura scomposta della regione distale di tibia e perone Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" in cui i frammenti ossei, per una lesione del rivestimento cutaneo, sono in comunicazione con l’esterno esposta in cui la pelle sopra la lesione non è lesa, non consente all’osso, quindi, una comunicazione con l’esterno chiusa si spostano dalla loro sede scomposta restano in sede fra loro incastrati composta interruzione dell’osso a tutto spessore in cui i monconi F. completa parziale interruzione della continuità ossea Frattura (F) incompleta Tipo di lesione Denominazione Classificazione per tipo di lesione Fratture: classificazione Una prima distinzione delle fratture, molto importante sul piano clinico, è quella che le raggruppa in: fratture incomplete, dette anche infrazioni, nelle quali la lesione interessa una parte dello spessore osseo; fratture complete, in cui l’osso è interrotto a tutto spessore; a loro volta queste fratture sono distinte in composte, quando i monconi lesi restano in sede fra loro ingranati, scomposte, in cui i monconi si spostano dalla loro sede naturale. Se la pelle sovrastante alle fratture resta integra, si dice che la frattura è chiusa; si indica come frattura esposta quella in cui i frammenti ossei sono in comunicazione con l’esterno a causa della lesione del rivestimento cutaneo. Infine, le fratture comminute (dal latino comminutus, “stritolato”), come mostra la stessa etimologia del termine, indicano quelle lesioni traumatiche dell’osso nelle quali questo è frantumato in più frammenti. F frantumazione dell’osso in più frammenti F comminuta Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Segni e sintomi Nella regione traumatizzata compaiono: dolore vivo, incrementato da ogni tentativo di movimento gonfiore deformazione rispetto all'altra parte del corpo mancata funzionalità della parte traumatizzata scrosci, mobilità anomala Fratture: segni e sintomi Soccorrendo un traumatizzato bisogna sempre considerare che i segni rivelatori di un’eventuale frattura possono confondersi con quelli molto simili di patologie meno gravi quali le distorsioni e le lussazioni: anche in questi casi vale la regola di ipotizzare l’eventualità più grave e comportarsi di conseguenza. Il dolore è il sintomo più importante di un trauma; il dolore di una frattura, spontaneo e forte, è sempre localizzato nell’area traumatizzata, s’accentua per contatti nella sede della lesione dell’infortunato o dei soccorritori ed ogni tentativo di movimento; appunto per questo il traumatizzato si pone in posizione antalgica nel tentativo di non suscitare il dolore1. Segni importanti sono anche la tumefazione, il maggior rigonfiamento per la formazione dell’ematoma, e la deformazione della parte colpita rispetto a quella sana, che compaiono subito dopo il trauma e s’incrementano a distanza, dando alla regione un aspetto inconsueto. La mancata funzionalità della parte lesa è segno di un danno più serio; compare successivamente al trauma o, nei traumi più gravi, subito dopo l’incidente assieme ai segni prima descritti e con l’aggiunta di altri - mobilità anomala, per frattura completa dell’osso; scrosci (rumori brevi e secchi prodotti dal reciproco sfregamento dei monconi ossei) – testimoni molto attendibili del maggior danno in caso di trauma. 1 Anche quando è isolato, il dolore in un traumatizzato non và trascurato, ma considerato sempre un allertamento per una possibile patologia d’accertare con indagini specifiche. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Fratture Primo soccorso Valutare la scena del soccorso e la dinamica del trauma le condizioni generali del traumatizzato scoprire la parte lesa, tagliando i vestiti con le forbici come nella medicazione delle ferite immobilizzare nella posizione in cui si trova la parte lesa utilizzando – se disponibili - strumenti di contenimento (steccaggio) non tentare manovre di riduzione per evitare il rischio di lesioni vascolari e neurologiche esposizione della ferita valutazione primaria valutazione secondaria controllo del dolore Fratture: primo soccorso Quando si soccorre un traumatizzato la prima regola è l’autoprotezione del soccorritore, che comincia già in fase di richiesta di soccorso, con la predisposizione dei dispositivi di protezione individuali, e continua al momento del soccorso con la valutazione della scena (procedura che permette di evitare azioni pericolose per i soccorritori e di decidere quali sistemi e quali dispositivi di protezione impiegare). In caso di trauma localizzato, inoltre, prima d’intervenire sulla lesione è molto importante eseguire un esame globale dell’evento che, partendo dalla valutazione della dinamica dell’incidente, ricerchi altri danni potenziali ed assicuri al traumatizzato la protezione delle funzioni vitali ed il trattamento di eventuali patologie comportanti rischi per la vita dell’infortunato (valutazione delle condizioni generali del traumatizzato). Queste azioni devono precedere sempre il trattamento del danno manifesto e fanno parte della valutazione primaria del traumatizzato. Si può passare alla fase successiva, la valutazione secondaria, solo se la valutazione primaria non ha richiesto una specifica risposta. Infine, il soccorritore, in caso di trauma localizzato, ha un preciso compito: immobilizzare la parte lesa per ridurre il dolore; è importante, nell’immobilizzazione, non attuare manovre di riposizionamento in asse di monconi di un osso che abbiano perduto la normale disposizione (manovra di riduzione), per il rischio di lesioni vascolari e neurologiche e di esposizione della frattura. Lo steccaggio - l’applicazione di stecche, docce ed altri strumenti di contenimento - è il metodo da impiegare per immobilizzare allo stesso modo fratture, lussazioni o distorsioni (il termine di stecca si usa senza distinzione, riferito a qualsiasi strumento, anche di fortuna, di contenimento). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Alcune regole nello steccaggio Per dare stabilità allo steccaggio mettere imbottiture (ovatta) nello spazio fra stecche e pelle Per tener fermi due monconi rotti bloccare le articolazioni a monte e a valle dei capi dell’osso con steccaggio Steccaggio Nello steccaggio bisogna sempre mettere, nello spazio morto residuo fra strumento di contenimento e pelle, spessori ed imbottiture di cotone ed altro materiale di riempimento; l’eliminazione dello spazio morto ha il duplice scopo di: favorire una migliore aderenza delle stecche al corpo limitare l’effetto compressivo provocato dalla stecca sul corpo. Lo steccaggio si completa tenendo conto anche che occorre: bloccare sempre a monte ed a valle i capi articolari e le rispettive articolazioni se si vuole tener fermi due monconi rotti coinvolgere anche le ossa immediatamente sovrastanti e sottostanti, se il trauma riguarda un’articolazione applicare le stecche con legature sempre sopra e sotto l’area traumatizzata e mai sulla stessa area immobilizzare il tratto traumatizzato sempre nella posizione in cui si trova, senza, cioè, tentare di ridurre la frattura o allineare le parti. Approfondimenti: Sacco e Ciavarella, 2008 (capitolo 11). Immobilizzare il tratto traumatizzato nella posizione in cui si trova e bloccare le stecche con legature poste mai sull’area traumatizzata e sempre sopra e sotto ad essa Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Immobilizzazioni senza stecche Nelle immobilizzazioni provvisorie degli arti, si può bloccare la parte traumatizzata con un’altra parte del corpo: una gamba può essere bloccata steccandola con l’altra sana un braccio può essere bloccato addossandolo al torace con una fasciatura adesiva contenendolo nel triangolo di tela ancorato sulla spalla opposta, passante sotto il braccio opposto e pendente sul torace (bloccaggio ad armacollo) Immobilizzazione senza stecche Per un’immobilizzazione provvisoria si possono usare alcuni espedienti che fanno a meno delle stecche ed utilizzano parti sane del corpo del traumatizzato: si può immobilizzare una gamba steccandola con l’altra sana; si può steccare un braccio immobilizzandolo al torace con una fasciatura adesiva contenendolo nel triangolo di tela, che si fa pendere sul torace ancorato sulla spalla opposta, passante sotto il braccio opposto (bloccaggio ad armacollo). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Frattura esposta Definizione: lesione traumatica in cui i frammenti ossei sono in comunicazione con l’esterno. Attenzione! Le fratture esposte possono complicarsi con emorragie incontrollabili, lesioni di nervi e vasi, contagio della ferita… Fratture esposte: definizione Come si diceva nella diapositiva 10 sulle classificazione delle fratture, quando una tale lesione è in comunicazione con ambiente esterno a quello corporeo, si definisce esposta. La comunicazione con l’esterno dei frammenti ossei, in una frattura esposta, si crea per una lesione del rivestimento cutaneo sovrastante prodotta da: un moncone osseo perforante che lacera i rivestimenti sovrastanti ed affiora all’esterno, sulla cute una ferita cutanea perforante (ad es. quella prodotta da un colpo d’arma da fuoco), che attraversa gli strati cutanei e dermici sottostanti e frantuma l’osso al suo impatto. Molto più di una frattura chiusa, una frattura esposta può determinare pericolose complicazioni. Il primo problema nell’esposizione è l’emorragia con il rischio sempre presente di shock emorragico, anche a causa dell’impossibilità di controllare l’emorragia con la compressione diretta sulla ferita, poiché questa manovra scompone ancor più i frammenti ossei ed aggrava il dolore, produce ulteriori danni a vasi e nervi, rendendo più imponente l’emorragia, producendo o accentuando lesioni delle terminazioni nervose, può innescare un’embolia. Comunque, il controllo dell’emorragia è prioritario in attesa di personale specializzato, ricorrendo alle tecniche di compressione a distanza che verranno illustrate nel modulo C. La lesione di vasi e nervi, oltre che per manovre incongrue, si produce direttamente per la dinamica della frattura. L’embolia è causata dalla mobilitazione verso il torrente circolatorio di frammenti minuti di osso o di midollo e dalla formazione di trombi nelle arteriole a valle del punto di lesione; particolarmente gravi sono le embolie polmonari e cerebrali. Il rischio di contagio della ferita è tipico delle fratture esposte: a causa della comunicazione con l’ambiente esterno, numerosi agenti infettivi possono contaminare la ferita e diffondersi ai tessuti circostanti. Un'infezione particolarmente grave di una frattura esposta è la gangrena gassosa; l’infezione dell’osso (osteomielite) è un’altra temibile complicazione. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Fratture esposte Primo Soccorso chiamare il 118 controllare l’emorragia con una compressione a distanza coprire la ferita ed il moncone sporgente con medicazione sterile Cosa fare tamponare l’emorragia con una compressione diretta medicare la ferita e l’osso sporgente affondare sottocute i monconi ossei steccare la frattura esposta Cosa non fare Fratture esposte: primo soccorso In una frattura esposta va evitato con attenzione di toccare l’area traumatizzata, compiendo manovre di tamponamento dell’emorragia e di medicazione della ferita, per scongiurare la sua contaminazione o un’eventuale lesione di vasi e nervi. Per le stesse ragioni, i monconi ossei della frattura, non vanno mai spinti dentro i piani profondi di provenienza. Lo steccaggio di una frattura esposta, inoltre, non va mai praticato dal primo soccorritore, a meno che non si trovi in particolari situazioni ambientali e d’emergenza (luoghi impervi di montagna, in mare, isolamento per catastrofi; etc.). La frattura esposta è una condizione d’instabilità, che facilmente evolve in emergenza; pertanto, preliminare ad ogni trattamento è la chiamata al servizio di emergenza territoriale 118, per l’invio sul posto dei soccorsi professionali. In attesa del 118 la prima risposta deve mirare a controllare l’emorragia ed ad evitare la contaminazione della ferita; in sequenza si procede: tamponando l’emorragia con una compressione a distanza sui cosiddetti punti di compressione specifici lasciando il paziente disteso per contrastare l’eventuale shock coprendo la ferita ed il moncone sporgente con garze sterili (in questa manovra evitare di toccare la parte esposta e disinfettarla); in mancanza di tale materiale di medicazione si può usare un fazzoletto o un telo pulito. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale Sono “traumi maggiori” Il primo soccorritore deve intervenire sui danni specifici soltanto se la vittima è stabile (cioè se non presenta alterazioni dei parametri vitali) Traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale: definizioni Si tratta di “traumi maggiori” nei quali il primo soccorritore deve intervenire sui danni specifici soltanto se la vittima è stabile, ovvero non manifesta alterazione dei parametri vitali. Per trauma cranico s’indica una qualsiasi situazione che produce danni funzionali o anatomici alle le varie componenti del capo, dagli strati più superficiali fino all’encefalo. Nei traumi vertebrali il danno può riguardare la sola componente ossea (fratture, lussazioni, distorsioni, lesioni dei dischi intervertebrali) o anche quella midollare (lesioni midollari). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Fase di valutazione della scena del soccorso della dinamica del trauma delle condizioni generali del traumatizzato dei danni specifici valutazione primaria 118 Traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale: primo soccorso Il primo soccorso si basa sulla valutazione primaria e secondaria, riassunta nello schema mnemonico ABCDE. La valutazione primaria ha lo scopo di stabilire se c’è un imminente pericolo di vita per eventuali alterazioni dei parametri vitali. La valutazione secondaria, alla quale si passa soltanto in condizioni di stabilità della vittima, consente un eventuale trattamento della patologia accertata. Anche nel primo soccorso di un trauma cranico/vertebrale la prima regola è la valutazione della scena (procedura che permette di evitare azioni pericolose per i soccorritori e di decidere quali sistemi e quali dispositivi di protezione impiegare) e l’autoprotezione del soccorritore con specifici dispositivi di protezione individuali. Importante è, anche, la valutazione della dinamica dell’incidente, che permette di poter prevedere lesioni o complicazioni poco evidenti o non ancora manifeste. Prima di trattare la lesione evidente, è molto importante eseguire una valutazione delle condizioni generali del traumatizzato, che gli assicuri la protezione delle funzioni vitali ed il trattamento di eventuali patologie comportanti rischi per la sua vita. Queste azioni fanno parte della valutazione primaria e devono precedere sempre il trattamento del danno manifesto; la valutazione primaria deve essere rapida, non richiedere più di 90 secondi e non necessita dell’impiego di strumenti o attrezzature. I dati della valutazione (primaria, secondaria) devono poi esser comunicati all’operatore del 118, che valuta il tipo di risposta più appropriata all’evento traumatico in corso. valutazione secondaria Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Valutazione primaria (ABC) L’ABCDE del traumatizzato Valutazione primaria (ABC) Valutazione Azione coscienza (Airway) valutazione della coscienza - (eventuale) apertura delle vie aeree respiro (Breathing) - (eventuale) sostegno del circolo e del respiro circolazione (Circulation) se respira, contrasto delle emorragie, dello shock Traumi e lesioni cranio-encefalici e della colonna vertebrale: primo soccorso Come si diceva, l’approccio del traumatizzato s’avvia con la valutazione delle sue condizioni generali (valutazione primaria), che ha lo scopo di comprendere rapidamente se c’è un imminente pericolo di vita, individuando eventuali alterazioni dei parametri vitali (stato di coscienza e attività respiratoria). Il compito principale di questa procedura è di contrastare il più precoce killer per il tessuto cerebrale: l’insufficiente apporto di ossigeno all’encefalo. Analogamente al protocollo di rianimazione cardiopolmonare di base, le differenti tappe della sequenza valutativa sono contraddistinte dalla delle prime lettere dell’alfabeto; la sequenza nel trauma, a differenza della RCP, alla ABC aggiunge altre 2 lettere la D e la E. Nella fase A (Airway - apertura delle vie aeree) occorre valutare la coscienza e garantire la pervietà delle vie aeree. Nella fase B (Breathing - sostegno del respiro), se il paziente è incosciente, occorre valutare il respiro con la manovra GAS se non respira, è necessario avviare le manovre di RCP (respirazione artificiale e compressioni cardiache esterne), eseguendo una cauta iperestensione del capo* se respira, controllare la vittima evitando di effettuare la posizione laterale di sicurezza. Se il soggetto respira, in fase C (Circulation - sostegno dell’attività cardiocircolatoria), si palpa il polso radiale per valutare lo stato pressorio in funzione del contrasto dello stato di shock; se si rilevano emorragie - altro pericoloso killer per il tessuto cerebrale -, vanno immediatamente tamponate, ad eccezione delle epistassi e delle otorragie, che richiedono uno specifico trattamento (che verranno trattate nel modulo C). * Sulla base delle linee guida ERC (2005) ai soccorritori laici viene indicato di aprire le vie aeree utilizzando sempre la stessa manovra di iperestensione del capo e sollevamento del mento, anche nel trauma. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Valutazione secondaria (D) L’ABCDE del traumatizzato Valutazione secondaria (D) Valutazione Azione D. Disfunzionalità cerebrale/ Disability Impiego schema AVPU Ricerca deficit delle estremità Fase D dell’ABCDE In fase D (Disability - disfunzionalità cerebrale e midollare), il primo soccorritore esegue una sommaria valutazione dello stato di compromissione cerebrale; se il paziente è cosciente va fatta anche una rapida ricerca dei segni di danno spinale. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Fase D (Disability) dell’ABCDE Azione Valutazione dei deficit neurologici encefalici e midollari Azione uso del sistema AVPU ricerca dei segni di danno spinale Fase D dell’ABCDE In fase D (Disability - disfunzionalità neurologica), il soccorritore esegue una valutazione più estesa dello stato di compromissione cerebrale – che ha preso inizio già in fase A, quando si determina se il paziente è cosciente o privo di sensi -, impiegando lo schema mnemonico AVPU; questa azione è finalizzata a determinare se il traumatizzato dal punto di vista neurologico è stabile o in evoluzione (miglioramento/peggioramento); pertanto se un traumatizzato spinale è: sveglio e cosciente, è nello stadio “A” (Allert) confuso, ma, alla chiamata, apre gli occhi o risponde, è nello stadio “V” (Verbal) in coma, ma reagisce agli stimoli dolorosi (Pain), è nello stadio “P” in coma non reattivo agli stimoli, è nello stadio “U” (Unresponsive). Il coma non consente la successiva rilevazione dei segni di danno spinale, per questo si deve considerare il traumatizzato di tipo “P” o “U” come un soggetto a rischio di danno midollare. Subito dopo il controllo del livello di coscienza, su soggetto sveglio e cosciente - tipo “A” oppure tipo “B” portato nello stadio “A” con sollecitazioni verbali o con lievi stimoli tattili - si procede alla ricerca dei segni di danno spinale, che, con la raccolta della dinamica del trauma, sono i principali indicatori di sospetta lesione della colonna. probabile assenza di danno midollare danno midollare inferiore danno midollare cervicale Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Arti superiori sente, stringe, muove Arti inferiori sente, spinge, muove non sente, non spinge, non muove non sente, non stringe, non muove probabile assenza di danno midollare danno midollare inferiore Ricerca dei segni di danno spinale La ricerca dei segni di danno spinale si basa sulla raccolta di informazioni fornite dallo stesso traumatizzato e su azioni che il soccorritore esegue in cui è indispensabile la collaborazione della vittima. La presenza di dolore spontaneo o provocato dalla palpazione sulla schiena è uno dei segni di trauma spinale: pertanto, in fase D, al soggetto traumatizzato il soccorritore dovrà chiedere se ha dolore ed evocarlo toccando leggermente il collo, il dorso ed i fianchi posteriormente. Il dolore riferito al collo o alla schiena può accentuarsi se il traumatizzato tenta di muoversi (dolore motorio): per non scatenarlo, quindi, il soggetto resta immobile (nel ricercare questo segno il soccorritore non dovrà mai chiedere all’infortunato di muoversi, ma raccogliere solo la sua testimonianza!). Alterazioni della sensibilità (formicolio, intorpidimento, riduzione della sensibilità fino all’insensibilità negli arti), perdita della motilità volontaria o involontaria per paralisi e la perdita involontaria di urine e feci sono, in progressione, segni sempre più gravi di una possibile lesione midollare. Lo stato d’incoscienza, per l’impossibilità di valutare un soggetto privo di sensi, fa presupporre la presenza di un danno spinale, fino all’esecuzione di specifici accertamenti diagnostici. Bisogna sospettare una lesione midollare quando è presente uno solo di questi segni, mentre, al contrario, non è possibile escludere un lesione midollare, se il traumatizzato non presenta dolore o uno degli altri segni. Probabilmente non è in atto nessuna lesione del midollo spinale se la vittima riesce a: sentire il pizzicotto su entrambe le mani ed entrambi i piedi muovere in successione entrambe le mani ed entrambi i piedi stringere con entrambe le mani le mani del soccorritore spingere con entrambi i piedi, opponendosi alla forza sulle estremità esercitata dal soccorritore. Può esser insorto un danno midollare inferiore se il traumatizzato riesce a: sentire il pizzicotto sulle mani, ma non sui piedi muovere entrambe le mani ma non i piedi stringere con entrambe le mani le mani del soccorritore, ma non può spingere con entrambi i piedi. Può manifestarsi un danno midollare a livello del midollo cervicale quando il traumatizzato non riesce a: stringere con entrambe le mani una mano del soccorritore spingere con entrambi i piedi. danno midollare cervicale Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
L’ABCDE del traumatizzato Valutazione secondaria (E) nel trauma cranico Valutazione Azione Esposizione dell’area colpita per la ricerca di danni specifici scoprire la regione traumatizzata per una più efficace individuazione del danno proteggere dallo shock termico il traumatizzato coprendolo con una metallina Fase E dell’ABCDE nel trauma cranico Solo in fase E (Esposure - esposizione della ferita), il primo soccorritore scopre il cranio - se coperto - per ricercare i danni specifici dell’azione traumatica (contusioni, tumefazioni, ferite lacero-contuse del cuoio capelluto; fratture della scatola cranica). Se nel corso delle fasi precedenti in altre parti del corpo si sono individuate altre eventuali lesioni non comportanti un immediato pericolo di sopravvivenza del paziente, ma una complicazione della patologia in corso (traumi degli arti, ferite lacero-contuse extracraniche, etc.), in fase E vanno valutate, togliendo gli abiti che impediscono l’accesso all’area traumatizzata e poi medicate e/o comunicate al personale sanitario. Sempre in questa fase, subito dopo la valutazione, occorre coprire il paziente, per contrastare l’ipotermia e l’immanente rischio di shock termico del traumatizzato: in queste circostanze la coperta isotermica (o metallina), a diretto contatto con paziente è un valido ausilio; ma anche una normale coperta oppure lo stesso riutilizzo dei suoi indumenti possono esser sufficienti allo scopo quando la mantellina non è disponibile. Infine, occorre tener a mente che il capo è una potente fonte di dispersione termica; per questo, se c’è rischio d’ipotermia, occorre asciugarlo se bagnato e coprirlo. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
L’ABCDE del traumatizzato Valutazione secondaria (E) nel trauma spinale Valutazione Azione Esposizione dell’area colpita per la ricerca di danni specifici all'opposto della usuale procedura, non scoprire la regione traumatizzata per individuare il danno rischio di danno midollare proteggere dallo shock termico il traumatizzato coprendolo con una metallina Fase E dell’ABCDE nel trauma spinale In fase E (Esposure - esposizione della ferita) del trauma spinale, il soccorritore, nel ricercare i danni specifici dell’azione traumatica, deve fare molta attenzione ad evitare manovre che provochino una lesione midollare; pertanto, la ricerca di eventuali tumefazioni e deformità della schiena, la palpazione di ciascuna vertebra è opportuno che siano eseguite dal personale sanitario esperto (questi stessi operatori provvederanno, se è indispensabile per una più precisa valutazione, a togliere gli abiti che impediscono l’accesso all’area traumatizzata). In attesa degli operatori allertati dal 118 il compito principale del primo soccorritore è di contrastare l’ipotermia postraumatica con l’utilizzo degli indumenti del paziente, quando la metallina non è disponibile. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
In caso di sospetto trauma spinale, non far mai all’infortunato NON flettere, estendere, ruotare la schiena per farlo bere, vomitare, rialzare NON spostarlo dalla scena dell’infortunio, trascinandolo per le ascelle o le gambe, sollevandolo in braccio o in spalla se è cosciente, invitarlo a rimanere fermo Manovre da non eseguire in caso di sospetto trauma spinale Riassumendo, vengono sintetizzate le indicazioni indispensabili per evitare i più gravi errori nella gestione del trauma spinale e i comportamenti più efficaci per proteggere l’infortunato in attesa dei soccorsi sanitari. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Traumi e lesioni toracico-addominali Traumi del torace Una delle conseguenze più gravi dei traumi del torace è la lesione delle costole e la formazione di una comunicazione tra torace ed esterno (pneumotorace) Traumi e lesioni toraco-addominali Traumi del torace Una delle conseguenze più gravi del trauma del torace è la lesione di una o più coste che può determinare una breccia nella parete toracica, creando una comunicazione fra torace e l’esterno e quindi l’afflusso d’aria nella cavità pleurica (pneumotorace). La falda d’aria nelle cavità pleuriche ostacola i movimenti ventilatori dei polmoni - per cui il ferito respira con difficoltà - e può produrre una grave difficoltà respiratoria, fino al collasso polmonare ed al tamponamento dell’attività cardiaca (pneumotorace ipertensivo). Il pneumotorace (PNX) è una delle principali cause di morte nei traumi gravi, e, assieme all’emorragia, è la più importante causa di morte prevedibile: per questo il PNX è stato paragonato ad un killer molto pericoloso perché, a differenza dell’emorragia, colpisce le sue vittime in silenzio. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Traumi del torace Segni d’allarme aumento della frequenza respiratoria segni di probabile frattura costale asimmetrie toraciche riduzione delle escursioni movimenti paradossi della parete (rientramento di una parte del costato in ispirazione (“volet costale”) perforazione toracica con fuoriuscita di schiuma, liquido rossastro, accompagnato da un gorgoglio (“ferita soffiante”) Ferite gravi del torace: segni d’allarme Di rilevante importanza è l’aumento della frequenza degli atti respiratori: una normale frequenza respiratoria varia tra 10 e 20 atti al minuto; una ventilazione con una frequenza maggiore di 20 è da considerarsi alta ed indice – oltre che di trauma toracico - di pneumotorace e di shock. Altri segni di un trauma del torace da ricercare possono essere legati ad una frattura costale, che determina un’alterazione della forma della parete (asimmetrie) e una riduzione localizzata dei movimenti del torace o, a volte, un movimento paradosso della parete toracica, per cui la parte lesa, quando il soggetto inspira, rientra invece di espandersi e, a volte, sporge in espirazione (“volet costale”). Nella perforazione toracica, oltre al foro sul costato, si nota sul fianco ferito la fuoriuscita di schiuma o liquido rossastro, accompagnato da un gorgoglio della ferita (“ferita soffiante”). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Traumi del torace: altri segni Dolore toracico spontaneo nell’area traumatizzata del torace, accentuato dai movimenti respiratori alla palpazione dell’area traumatizzata lesioni della parete toracica (ferita cutanea con aree circostanti di ecchimosi) Ferite gravi del torace: altri segni e sintomi Altri segni e sintomi di ferite gravi del torace sono il dolore toracico (il dolore è spontaneo nell’area traumatizzata ed è accentuato dai movimenti respiratori; esso si evoca anche alla palpazione dell’area traumatizzata) e la presenza segni di lesione della parete toracica (come ad esempio ferite cutanee ed ecchimosi); essi diventano molto importanti nella valutazione della gravità di un trauma toracico se si associano o non si associano ad uno dei segni d’allarme (fame d’aria, fratture costali, perforazioni toraciche). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Traumi del torace Primo Soccorso Se si rilevano segni d’allarme da trauma grave, avvisare prioritariamente il 118, e poi coprire l’eventuale foro nella parete di una “ferita soffiante” con una compressa sterile e fissarla con un cerotto, lasciando aperto un lato sostenere con la propria mano il lato traumatizzato aiutare il pz. a trovare una posizione confortevole la posizione semiseduta di solito è la migliore portare il braccio del lato colpito sulla parete toracica fasciandolo con un triangolo (“fasciatura ad armacollo”) Ferite gravi del torace: trattamento Un grave trauma del torace, oltre al pneumotorace, può provocare danni agli organi contenuti nel torace (polmoni, pleure, cuore, grandi vasi) ed, anche, agli organi addominali (milza e fegato); ma sono tutte ferite chiuse, per cui il ruolo del soccorritore è quello di allertare il sistema territoriale 118 e, nell’attesa, praticare le manovre di bloccaggio del torace al solo scopo antidolorifico. Aspettando l’ambulanza, un intervento specifico che il primo soccorritore può avviare in una “ferita soffiante” è quello di coprire il foro rilevato nella parete con una compressa sterile e fissarla con un cerotto per evitarne la contaminazione batterica. Nell’eseguire la medicazione è opportuno lasciare la garza aperta su un lato per permettere all’aria esterna di entrare attraverso la breccia. Se non si rilevano segni d’allarme, probabilmente il danno prodottosi è legato ad una frattura costale semplice. Essa può essere trattata con delle manovre di bloccaggio del torace - sostegno con la mano del soccorritore del lato traumatizzato del torace; posizionamento del ferito in posizione antalgica semiseduta; posizionamento del braccio del soggetto ferito sul lato colpito della parete toracica e fasciatura con un triangolo (“fasciatura ad armacollo”) - che impediscano che le escursioni causino dolore. Queste misure rendono più agevole il trasporto del ferito in ospedale per ulteriori trattamenti sanitari. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite gravi dell’addome Dovute ad oggetti penetranti in parete o perforanti da parte a parte l’addome, che provocano lesioni più gravi dei traumi contusivi Ferite aperte Dovute a traumi contusivi, che provocano lacerazioni o rotture di organi o vasi contenuti in cavità Ferite chiuse Un trauma a livello addominale produce lesioni di 2 tipi: Ferite gravi dell’addome Le lesioni addominali si classificano in due tipologie specifiche: le ferite addominali chiuse, dovute a traumi contusivi, che provocano in cavità lacerazioni o rotture di vasi sanguigni o/e di organi addominali, determinando, quindi, emorragie interne gravi ed insidiose le ferite addominali aperte, le quali sono a loro volta suddivise, in base all’azione lesiva degli agenti causali, in ferite penetranti, prodotte da oggetti taglienti (lame, laniere, schegge di vetri, etc.) che attraversando la parete conficcandosi in addome, producono lesioni su vasi ed organi intercettati lungo il tragitto e gravi emorragie esterne ferite perforanti, in cui l’agente lesivo attraversa da parte a parte l’addome; i colpi d’arma da fuoco sono le cause più frequenti di questo tipo di ferite ed hanno un potere lesivo su organi e vasi maggiore non solo per l’imprevedibilità del tragitto (raramente un proiettile ha una traiettoria rettilinea nel corpo in cui penetra), ma anche per la maggiore potenza con cui l’agente lesivo devasta il corpo. È molto importante, quindi, per prevedere la gravità di una ferita dell’addome, che il soccorritore sia in grado di descrivere il tipo ferita all’addome, quando allerta il 118. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Segni e sintomi di trauma addominale I segni e i sintomi principali sono: il dolore addominale, accompagnato da nausea, vomito, tosse con emissione di sangue segni iniziali di shock emorragico (sete, senso di spossatezza) segni di lesione specifici dell’agente traumatico ecchimosi e lividi da contusione lacerazioni, ferite penetranti, fori d’entrata e d’uscita Ferite gravi dell’addome: segni e sintomi Nelle ferite chiuse i segni e i sintomi indicativi di un trauma sono il dolore addominale ed i segni di contusione addominale (ecchimosi, lividi); spesso, però, la vittima stessa trascura questi segni, perché non sono molto evidenti al loro esordio. Quando a questi si aggiungono quelli di un’emorragia interna (sete, spossatezza ed altri segni iniziali di shock emorragico), le probabilità di successo del successivo trattamento sanitario si riducono drammaticamente: per questa ragione il primo soccorritore, ricostruendo un’accurata dinamica del trauma, può fornire al 118 utili elementi per sospettare un meccanismo di lesione idoneo a causare un trauma addominale chiuso prima che s’instauri lo shock. In caso di traumi penetranti o perforanti, l’evidenza delle lesioni (lacerazioni, ferite penetranti, fori d’entrata e d’uscita) rende fin troppo scontata la necessità dell’intervento precoce del 118. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite addominali chiuse Primo Soccorso In sequenza … allertare il 118 per trasferire rapidamente l’infortunato in ospedale ridurre il dolore, rilassando la parete addominale sdraiare il traumatizzato e piegargli le gambe sulle cosce a ginocchia flesse non dargli da bere, anche se ha sete garantirgli l’apertura delle vie aeree in caso di vomito trattare lo shock, se insorge Ferite gravi dell’addome: primo soccorso (ferite chiuse) Allertato il 118, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza - oltre alle misure sommariamente elencate di prima risposta allo shock emorragico, a cui si rimanda per una più dettagliata trattazione - si deve far distendere il traumatizzato e si può fargli eseguire la manovra di flessione delle gambe sulle cosce a ginocchia flesse, che distendendo i muscoli della parete addominale, riduce il dolore in questo paziente. È altrettanto importante garantire l’apertura delle vie aeree ed è assolutamente vietato dare da bere alla vittima, anche se questa ha sete. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite addominali aperte Primo Soccorso In sequenza, come per le ferite chiuse, chiamare il 118 sdraiare il traumatizzato, piegandogli le gambe sulle cosce non dargli da bere, anche se ha sete se vomita, garantire pervietà vie aeree Ferite gravi dell’addome: primo soccorso (ferite aperte) Nelle ferite addominali aperte, dopo avere allertato il 118, bisogna far sdraiare la vittima a terra - come nelle ferite addominali chiuse – con le ginocchia flesse sull’addome; la manovra riduce il dolore in questo paziente. Anche in questi casi non bisogna far bere il soggetto e se vomita occorre garantire la pervietà delle vie aeree. L’intervento specifico sulla ferita mira a chiudere la breccia con una medicazione occlusiva; a diretto contatto della breccia si applica una medicazione sterile imbevuta di soluzione fisiologica, facendo attenzione a non toccare l’organo eventualmente esposto nel corso della medicazione. Per tenere gli organi addominali al caldo ed evitare una pericolosa dispersione di calore attraverso la breccia, occorre coprire bene la medicazione. E poi: coprire la breccia della parete con medicazione occlusiva tenere caldo l’addome, coprendolo Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Sezione 2 Acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro Sezione 2: acquisire conoscenze generali sulle patologie specifiche in ambiente di lavoro In questo sezione verranno trattati i seguenti argomenti: lesioni da freddo e da calore lesioni da corrente elettrica lesioni da agenti chimici intossicazioni ferite lacero-contuse emorragie esterne. Approfondimenti: Sacco e Ciavarella, 2008 (capitolo 12). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Colpo di sole e di calore Colpo di sole Causa: esposizione diretta al sole, con vaso dilatazione dei vasi cerebrali Sintomi iniziali: mal di testa violento, fotofobia, nausea, vomito, crampi, possibile svenimento Altri sintomi: rigidità nucale, allucinazioni e coma Colpo di sole e colpo di calore Di grande rilievo nell’ambito delle emergenze legate a cause professionali sono i danni acuti provocati per azione diretta del sole (colpo di sole) e surriscaldamento di quanti soggiornano in un ambiente ad elevata temperatura (colpo di calore). Colpo di sole Il colpo di sole è causato dalla esposizione diretta dell’organismo (in particolare del capo) ai raggi del sole. L’esposizione provoca un aumento della temperatura del corpo con vasodilatazione dei vasi cutanei, ma anche dei vasi cerebrali. Nelle fasi iniziali il paziente si presenta, dunque, con il volto congestionato, lamenta una cefalea violenta e avverte un forte senso di fastidio provocato dalla luce (fotofobia), crampi muscolari e, talvolta, nausea, vomito, rigidità nucale e possibile svenimento. Se perdura l’esposizione potranno aversi allucinazioni, depressione respiratoria sino al coma. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Colpo di sole Primo Soccorso Condotta la vittima in ambiente fresco, ventilato e poco illuminato o, almeno, al riparo dal sole sdraiarla e raffreddare la fronte con impacchi freddi (borsa del ghiaccio) se è cosciente, dargli da bere acqua non dare da bere alcolici se perde coscienza chiamare il 118 controllare le funzioni vitali e, se è necessario, sostenere respirazione e circolazione Trattamento del colpo di sole Il paziente con un colpo di sole deve essere prontamente condotto in un ambiente fresco, ventilato e poco illuminato (comunque al riparo dal sole); va quindi posto in posizione sdraiata, effettuandogli impacchi freddi sulla cute ed in particolare sulla fronte; se la vittima è cosciente, è possibile dargli da bere acqua. Non bisogna assolutamente somministrare bevande alcoliche. Se la vittima perde coscienza occorre chiamare il 118, controllare le sue funzioni vitali e, se occorre, avviare la rianimazione, in attesa dei soccorsi sanitari. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Colpo di calore Per la permanenza in ambienti particolarmente caldi si produce un’eccessiva sudorazione che può dare un collasso ipotensivo Sintomi e segni: malessere con pelle fredda, pallida ed umida, ipotensione, nausea, vomito, svenimento Colpo di calore Il colpo di calore è causato dalla permanenza in ambienti eccessivamente caldi ed umidi, che portano l’organismo ad una scarsa dispersione del calore corporeo. Ciò può avvenire all’esterno (per esempio nella stagione estiva, quando la temperatura e l’umidità dell’aria sono molto elevate) oppure all’interno di ambienti chiusi scarsamente ventilati, in prossimità di macchinari che producono calore (i forni, per esempio). Il lavoro muscolare in ambienti caldi predispone al colpo di calore. I sintomi e i segni sono caratterizzati da un malessere diffuso con cute fredda ed umida ed i segni iniziali di shock ipovolemico (cute pallida, nausea, vomito, ipotensione, svenimento). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Colpo di calore Primo Soccorso NON dare da bere alcolici NON applicare il ghiaccio NO Condotta la vittima in un ambiente fresco, ventilato o, al riparo dal caldo sdraiarlo e coprirlo se è cosciente, dargli da bere acqua se perde coscienza chiamare il 118 controllare le funzioni vitali valutare e, se necessario, sostenere le funzioni vitali SI Trattamento del colpo di calore - manovre da fare Il paziente con un colpo di calore deve essere prontamente condotto in un ambiente fresco, ventilato (e comunque al riparo dal caldo); va dunque posto in posizione sdraiata e protetto con coperte o abiti asciutti; se la vittima è cosciente, si potrà dare da bere acqua. Nel caso in cui sopraggiunga un arresto cardiopolmonare, bisognerà trattarlo con le procedure di rianimazione già descritte altrove, in attesa del personale sanitario allertato chiamando il 118. Trattamento del colpo di calore - manovre da NON fare Nel soggetto con colpo di calore non bisognerà effettuare impacchi freddi né somministrare bevande alcoliche. Approfondimenti: Soar et al., 2005. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Congelamento e Assideramento Congelamento Lesione simile alle ustioni, localizzata alle estremità del corpo, per esposizione diretta al freddo. Segni e sintomi di congelamento: iniziali: dolore della parte colpita (cute locale prima pallida e fredda, poi arrossata) avanzati: vescicole prima, perdita locale della sensibilità dolorosa, poi vere e proprie aree necrotiche Congelamento e assideramento In questo sezione affronteremo i danni esercitati dalle basse temperature sull’organismo, ovvero: il congelamento, quando il danno da freddo si limita ad alcune aree del corpo (in genere, le estremità); l’assideramento, quando il danno da freddo altera la funzionalità dell’intero organismo. Congelamento Le lesioni da congelamento sono ferite simili alle ustioni, in genere localizzate delle zone più estreme del corpo (dita delle mani o dei piedi, lobi delle orecchie, naso), causate dall’esposizione al freddo atmosferico (nel nostro Paese in montagna o d’inverno in giornate con freddo umido e vento si possono raggiungere temperature molto basse) o artificiale (attività lavorative in impianti e lavorazioni che producono o richiedono basse temperature ambientali). Segni e sintomi di congelamento Il congelamento dapprima si presenta con un dolore sordo della parte colpita, che, se viene esposta, appare pallida e fredda, poi arrossata. Se il congelamento non viene contrastato, per l’arresto della circolazione sanguigna nella parte colpita compaiono delle vescicole e poi la morte generalizzata dei tessuti (necrosi) e la perdita di parti (amputazione da freddo). Man mano che il danno diventa irreversibile il dolore via via s’attenua fino a scomparire. È, quindi, il dolore un importante segno dello stadio evolutivo del congelamento: se si allontana la vittima dal freddo durante la fase iniziale del dolore, prima che la parte diventi insensibile, è ancora possibile evitare la necrosi locale dei tessuti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Congelamento Primo soccorso SI NO chiamare i soccorsi invitare il paziente a muovere l’arto colpito sdraiarlo rimuovere abiti e calzature strette coprire la parte con coperte tenere la vittima al caldo non applicare sulla parte fonti di calore non somministrare alcolici non rompere le bolle non frizionare la parte congelata con la neve Trattamento del congelamento - manovre da fare Nel trattamento del congelamento, bisognerà invitare il paziente a muovere l’arto colpito (mano, dita della mano, piedi, dita dei piedi), porlo in posizione supina, rimuovere abiti, guanti e calzature troppo strette, bagnate, lacerate, coprire la parte lesionata con coperte oppure abiti asciutti (senza stringere la parte). Bisognerà tenere la vittima in un ambiente caldo. Trattamento del congelamento - manovre da NON fare Nel trattamento del congelamento non bisogna: applicare sulla parte lesa fonti di calore, avvicinando la parte congelata a termosifoni o stufe, che a loro volta possono causare ustioni insidiose a causa dell’anestesia della parte congelata; somministrare alla vittima alcolici, che inducono una vasodilatazione e quindi un’ulteriore perdita di calore; rompere, come nelle ustioni, le bolle, perché s’incrementa la traspirazione di plasma ed il rischio d’infezione; frizionare con neve la parte congelata (questa tragica consuetudine provoca un aumento della dispersione di calore locale per la vasodilatazione indotta; inoltre, il contatto diretto con il freddo provoca ulteriore danno da congelamento). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Assideramento Condizione in cui l’esposizione dell’organismo a basse temperature determina un crollo della temperatura corporea sotto i 35 °C. Segni e sintomi di assideramento: Ipotermia lieve: brividi, intorpidimento o sonnolenza Ipotermia grave: rallentamento della respirazione e del battito cardiaco, con deficit visivo, incoordinazione motoria, sonnolenza Ipotermia molto grave: perdita di coscienza, possibile arresto cardiaco e respiratorio Assideramento L’assideramento è causato dall’esposizione dell’organismo a basse temperature, che determinano un crollo della temperatura corporea sotto i 35 °C. Esso si verifica quando il freddo ambientale prevale sulle capacità di termoregolazione dell’organismo. Colpisce quanti sono esposti al gelo, al freddo, alla pioggia, al vento. Gli indumenti bagnati o non sufficientemente protettivi accrescono la perdita di calore da parte del corpo come pure alcune condizioni come l’alcolismo, il digiuno, l’età avanzata. Segni e sintomi di assideramento I segni e i sintomi d’assideramento sono strettamente dipendenti dalla temperatura corporea, e sono sempre annunciati da un’iniziale presenza di brividi, seguiti di rigidità muscolare, mancanza di coordinazione dei movimenti, alterazione della respirazione e disturbi della coscienza, accompagnati, infine, da perdita di coscienza, cianosi, arresto cardiaco e/o polmonare. Nell’approccio al soggetto con sintomi e segni di assideramento, per prima cosa bisognerà valutare la gravità dell’ipotermia; ciò perché il trattamento terapeutico dipende strettamente dal grado dell’ipotermia: nella ipotermia lieve si hanno brividi, intorpidimento o sonnolenza nella ipotermia grave si ha un rallentamento della respirazione e del battito cardiaco, con deficit visivo, incoordinazione motoria e sonnolenza nella ipotermia molto grave si avrà assenza di coscienza e possibile arresto cardiaco e respiratorio. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Assideramento Primo Soccorso chiamare il 118 porre la vittima al riparo dal freddo metterla in posizione sdraiata rimuovere gli indumenti bagnati coprirla con coperte e/o abiti asciutti non dare da bere alcolici valutare e sostenere le funzioni vitali trattare la vittima con cautela, evitando movimenti bruschi Assideramento: primo soccorso Nel trattamento dell’assiderato bisognerà chiamare immediatamente i soccorsi, condurre la vittima in un ambiente caldo e asciutto - comunque, al riparo dal freddo -, togliere gli abiti bagnati e coprirlo con coperte e/o abiti asciutti, mettere la vittima in posizione sdraiata. Non dare da bere alcolici. Soltanto in caso di lontananza dall’ospedale, si può tentare di riscaldare attivamente la vittima ponendola vicino a una fonte di calore. Nell’assideramento con ipotermia grave il paziente è ad alto rischio di sviluppare una fibrillazione ventricolare. Per tale ragione deve essere trattato con la massima cautela. Nel caso in cui la vittima sia in arresto cardiopolmonare, bisognerà trattarlo con le procedure di rianimazione cardiopolmonare di base già descritte altrove in attesa dei soccorsi sanitari. Approfondimenti: AHA, 2005 (capitoli 10.4 e 14) e Soar et al., 2005. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ustioni Definizione: lesione della pelle indotta da agenti di varia natura con energia lesiva superiore alle sue capacità difensive Cause: Le ustioni possono esser causate da 4 diversi tipi di agenti (termico, chimico, elettrico, nucleare) che sono attivati da differenti fonti e provocano distinte categorie di danno Ustioni. Definizione, epidemiologia e cause Le ustioni sono lesioni della cute. Esse si verificano quando tale tessuto di rivestimento esterno del corpo viene investito da un agente - un’energia fisica (calore, elettricità, radiazioni) o una sostanza chimica - che produce un’azione sulla superficie della pelle con un’intensità superiore a quella che il rivestimento cutaneo può assorbire. Le ustioni si verificano nel 60-80% dei casi in ambiente domestico e colpiscono soprattutto bambini e donne. Cause delle ustioni Le ustioni possono esser causate da diversi tipi di agenti, a partenza da specifiche fonti: termico (fiamme, fonti di luce intensa - compresa la luce solare -, vapori, liquidi bollenti, oggetti solidi arroventati); chimico (numerosi acidi, basi ed altre sostanze caustiche); elettrico (corrente alternata e continua, fulmini); radioattivo (raggi X e gamma, energia nucleare; raggi ultravioletti della luce solare). Le caratteristiche dell’agente lesivo e le modalità con cui esso si propaga sulla cute determinano il tipo di danno che si produce. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Agenti termici Agenti chimici frequenti cause di ustione; distinti in: solidi arroventabili (utensili, manufatti...) liquidi (olio, acqua bollenti) gassosi (fiamma viva, vapore…) acidi e basi forti, solventi organici, ecc. a contatto con la cute causano danni sulle superfici di contatto dei tessuti, chiamati causticazioni Agenti termici Le più comuni fonti d'ustione da calore liberano calore diretto (fiamme, schizzi di liquidi bollenti, contatto con superfici roventi), irradiato (luce naturale o da lampada), diffuso nell’aria (vapori, corpi arroventati). Gli agenti termici, a loro volta, si distinguono in agenti solidi (come, per esempio, macchinari, utensili, manufatti, ecc. portati a raggiungere intensità di calore molto elevate), agenti liquidi (oli, acqua bollenti, ecc.), agenti gassosi (vapore, fiamma libera, gas, ecc.). Agenti chimici Sono denominate causticazioni quelle lesioni dei tessuti dell'organismo provocate da sostanze, che - venendo a contatto con cute o mucose esposte - inducono danni simili a quelli prodotti da un corpo incandescente (effetto cauterizzante). Le causticazioni sono molto pericolose, perché l’agente può rimanere a contatto della pelle e proseguire la sua azione a lungo e penetrare nel circolo ematico e produrre un effetto tossico a distanza. Principali agenti chimici causa di ustioni. Possono causare ustioni gli acidi (per esempio l’acido solforico, cloridrico, nitrico, fosforico, acetico); le basi forti (per esempio il fenolo); i solventi organici; il magnesio ed il fosforo bianco. Questi agenti, a contatto con la cute, causano alterazioni strutturali irreversibili comportanti la perdita di qualsiasi funzione vitale a carico dei vari strati di tessuto (alterazioni necrotiche), per lesione delle cellule che li costituiscono. La gravità della lesione dipende direttamente dalla concentrazione dell’agente chimico e dal suo tempo di permanenza sull’area esposta. Le proprietà tossicologiche dei prodotti chimici sono riportate nelle schede tecniche e di sicurezza dei prodotti. Nelle schede sono riportati, tra l’altro gli interventi da attuare in caso di eccessiva o incongrua esposizione. Il lavoratore deve essere informato del contenuto di queste schede prima d’impiegare il prodotto; ogni qualvolta venga introdotto nel ciclo produttivo un nuovo prodotto, il lavoratore deve esser formato all’uso della sostanza. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Corrente elettrica Radiazioni La corrente elettrica cede calore ai corpi che attraversa (effetto Joule) lascia nei punti di entrata e di uscita il cosiddetto marchio elettrico componente ultravioletta della luce solare radiazioni non ionizzanti radiazioni ionizzanti Elettricità Le ustioni prodotte dalla folgorazione sono esposte dettagliatamente nello specifico spazio dedicato a tale tema al quale si rimanda per la gestione delle misure di primo soccorso. Le folgorazioni – soprattutto quelle da correnti ad alto voltaggio - per i danni prodotti nei punti d’ingresso e di uscita della scarica e per il rischio di danno al cuore ed in altri organi vanno sempre trattate come eventi ad alto rischio. Le lesioni cutanee tendono a riprodurre la forma del conduttore e si presentano nei punti di entrata e di uscita della corrente (marchio elettrico). Radiazioni Il termine radiazione si riferisce genericamente all’emissione d’energia (nucleare, solare, calore da combustione ecc.). Le radiazioni ionizzanti provengono da una fonte atomica, emittente energia per usi civili o militari. La componente ultravioletta della luce solare è causa piuttosto frequente di ustioni, che generalmente non vanno oltre l’arrossamento (eritema solare), circoscritto o diffuso in base all’estensione delle superfici esposte, al tempo d’esposizione ed all’intensità della luce. I raggi ultravioletti sono radiazioni elettromagnetiche che inducono sulla cute il cosiddetto eritema solare. Altre radiazioni elettromagnetiche che possono danneggiare la cute sono i raggi gamma, i raggi X, le radiazioni ultraviolette; attualmente la dermatite provocata su pelle ed annessi cutanei dall'azione dei raggi X o di sostanze radioattive (radiodermite) è fenomeno piuttosto raro. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Gravità dell’ustione Criteri di valutazione I parametri di valutazione della gravità di un’ustione sono: la profondità l’estensione altri fattori Gravità del danno da ustione La potenzialità lesiva di un agente ustionante e, conseguentemente, la gravità delle lesioni, dipendono dalla temperatura dell’agente, dal tempo di applicazione e dal suo calore specifico. Criteri di valutazione della gravità di una ustione La profondità e l’estensione delle ustioni hanno un’importanza fondamentale soprattutto quando le ustioni sono prodotte da un agente termico. Ai fini della valutazione della gravità di una ustione, meritano una considerazione diversa le ustioni da radiazioni, da agenti chimici, da elettricità, quelle termiche che colpiscono particolari aree critiche, i soggetti anziani ed i bambini, i soggetti con malattie preesistenti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ustioni di 1° grado eritema e edema cutanei Ustioni di 2° grado oltre a eritema e edema, presenza di flittene (bolle) Ustioni di 3° grado Valutazione della profondità di un’ustione Per una valutazione sintetica della profondità di un’ustione, si prendono in esame i segni e i sintomi che si ricavano interrogando l’ustionato, osservando sulla pelle le lesioni e, per il dolore, toccando leggermente con il dito della mano inguantata la ferita. Le ustioni di 1° grado coinvolgono solo gli strati più superficiali della cute. Le caratteristiche delle ustioni di 1° grado sono l’arrossamento (eritema) e l’ispessimento della pelle (edema). La pelle è arrossata, gonfia e dolente a causa della dilatazione dei vasi del derma (la vasodilatazione è un meccanismo di compenso dell’organismo finalizzato a disperdere calore). Nelle ustioni di 1° grado, dopo qualche tempo le superficie interessate perdono gli stati cutanei più superficiali danneggiati per spellamento e si salvano gli annessi cutanei; così, le cellule delle ghiandole sudoripare e degli annessi piliferi possono proliferare rapidamente, contribuendo a ricoprire spontaneamente la zona lesa. Di solito guariscono senza lasciare cicatrici. Le ustioni di 2° grado coinvolgono l’epidermide e parte del derma. La caratteristica peculiare di questa ustione è la presenza di flittène. Le flittène si formano a causa di piccole lesioni che interessano la parete dei vasi sanguigni presenti nel derma; attraverso tali lesioni fuoriescono liquidi e sali minerali che, esercitando una certa pressione verso l’alto, determinano lo scollamento dell’epidermide dal derma, costituendo la bolla. Anche nelle ustioni di 2°grado si salvano gli annessi cutanei; però la presenza di flittène può favorire, con la loro rottura, l’infezione dell’area lesa. Ad ogni modo, se non si avviano queste complicanze infettive, le lesioni guariscono senza lasciare cicatrici importanti in 2 - 3 settimane. Nella figura è rappresentata una classica ustione di 2 grado sul dorso della falange prossimale del III dito. L’ustione è stata causata dal contatto con una pentola rovente in un cuoco. Nell’ustione di 3° grado la temperatura del corpo ustionante è talmente elevata da superare di gran lunga lo scudo cutaneo difensivo. Di conseguenza, a contatto con la superficie calda, la cute in tutti i suoi strati – epidermide, derma, ipoderma - va incontro a fenomeni necrotici a causa dell’azione di vapori (colorito bianco avorio dell’area cutanea di lesione, consistenza molliccia del derma sottostante) o di fiamma (colorito brunastro dell’area cutanea, consistenza dura del derma sottostante). Spesso la sensibilità anche dolorosa è perduta per la lesione delle strutture nervose locali del derma. La possibilità d’infezione per i tessuti danneggiati è molto forte; queste ustioni guariscono, perciò, lentamente e lasciano sulla superficie danneggiata cicatrici retraenti spesso deturpanti. Generalmente, perché si ottenga la ricostruzione della superficie cutanea, esse richiedono un intervento di chirurgia plastica, con cui si applicano nella zona lesa innesti di cute sana (trapianto cutaneo). Se l’ustione si diffonde in profondità oltre il derma (al tessuto adiposo e muscolare o ancora più a fondo al tessuto nervoso e osseo), essa può facilmente indurre complicanze infettive e cicatrici retraenti diffuse e deturpanti. colorito bianco avorio o brunastro delle lesioni, consistenza molliccia o dura dello spessore sottostante, perdita locale della sensibilità dolorosa Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Valutazione dell’estensione Per valutare l’estensione di un’ustione si usa la regola del 9 (nell’adulto si divide il corpo in aree corrispondenti a multipli di 9) Valutazione dell’estensione di una ustione Per una valutazione approssimativa della superficie corporea interessata (estensione) sono stati proposti numerosi criteri e tra questi di più facile impiego risulta la regola del 9. Come è possibile evidenziare dalla figura, ognuna delle seguenti aree del corpo rappresenta il 9% della sua superficie: capo e collo, estremità superiori, torace, addome, parte superiore del dorso, parte inferiore del dorso e natica, parte anteriore di una gamba, parte posteriore della gamba. La somma di tutte queste parti raggiunge il 99% della superficie corporea; il rimanente 1% è attribuito alla regione genitale. Questo calcolo è valido per gli adulti, mentre per i bambini e nella prima infanzia devono essere utilizzati altri criteri di valutazione, giacché il capo ha una maggiore estensione in rapporto alle gambe rispetto agli adulti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Valutazione di altri fattori critici Altri fattori critici che condizionano l’evoluzione di un’ustione sono: fonte diversa da quella termica localizzazione del danno in aree critiche età del paziente preesistenza d’eventuali malattie Altri fattori critici Per stabilire la gravità di un’ustione, oltre alla sua profondità e alla sua estensione, è necessario valutare anche altri fattori, tra i quali i più importanti sono l’agente causale che la produce, la localizzazione del danno in aree critiche, l’età del paziente, eventuali malattie preesistenti (diabete, malattie cardiache, malattie respiratorie, etc.). Ustioni da agenti di natura diversa da quella termica Gli agenti di natura diversa da quella termica sono fortemente condizionanti la gravità del danno: una lesione di lieve entità causata dalle radiazioni ionizzanti è molto più preoccupante di una prodotta da un agente termico; le ustioni chimiche sono molto pericolose, perché l’agente può rimanere sulla pelle e proseguire la sua azione causticante a lungo; l’agente chimico può anche penetrare nel circolo ematico e produrre un effetto tossico a distanza; le ustioni elettriche - per i gravi danni prodotti nei punti d’ingresso e di uscita della scarica, per il rischio di danno al cuore ed in altri organi - vanno sempre trattate come eventi ad alto rischio. Danno in aree critiche Nella valutazione della gravità delle ustioni occorre considerare a parte le cosiddette aree critiche del corpo: qualsiasi ustione del volto è molto preoccupante, perché può causare una lesione delle vie aeree o degli occhi; mani e piedi sono altre zone a rischio, perché la formazione di cicatrici può determinare la perdita del movimento delle dita; gomiti e ginocchia sono sedi nelle quali la formazione di cicatrici retraenti tende a limitare le normali escursioni dell’arto; quando le lesioni interessano genitali, natiche, faccia interna delle cosce la possibilità d’infezione costituisce un problema spesso molto più grave del danneggiamento iniziale dei tessuti. Età del paziente Un’ustione di gravità moderata per un giovane adulto rischia di essere fatale per un anziano: gli adulti sopra i 60 anni - assieme ai neonati ed ai bambini sotto i 5 anni - hanno una capacità di resistenza più bassa alle ustioni ed una differente evoluzione sulle fasi di guarigione. Malattie preesistenti Ciò che per un adulto sano potrebbe essere un’ustione lieve, può diventare grave per pazienti con malattie croniche (diabete, malattie cardiache, malattie respiratorie, ecc.). Il soggetto con malattie respiratorie sarà esposto ad un rischio maggiore del soggetto sano, se verrà a trovarsi in presenza di fumi o di esalazioni tossiche derivanti da vapori chimici. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Valutazione della gravità Ustione lieve Estensione < 2% (escluso le aree critiche) 3° grado < 15%, se adulti 2° grado < 50% 1° grado Grado Valutazione della gravità Scala di gravità delle ustioni La valutazione di un’ustione - in base al grado di profondità, all’estensione ed agli altri criteri di criticità (età del paziente, agente causale, localizzazione del danno) - si classifica su tre livelli di gravità: 1) le ustioni lievi non pongono particolari problemi e possono essere trattate senza ricovero ospedaliero; 2) le ustioni moderate, dopo la medicazione, senza urgenza vanno esaminate da personale sanitario; 3) le ustioni gravi, dopo il primo soccorso, richiedono il trattamento in centri specializzati per le ustioni, dove avrà seguito una specifica terapia. Ustione lieve In un adulto sono considerate lievi le ustioni di: 1° grado, che non superano il 50% d’estensione del corpo; 2° grado, che non superano il 15% d’estensione del corpo (nei bambini il limite varia dal 5 al 10%); 3° grado, che superano il 2% d’estensione del corpo e che non interessano aree critiche. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Valutazione della gravità Ustione moderata In assenza di malattie preesistenti e senza l’interessamento di aree critiche Estensione <10% 3° grado 15-25%, se adulti 2° grado tra il 50 ed il 75% 1° grado Grado Valutazione della gravità Ustioni moderate In un adulto sono considerate moderate le ustioni di: 1° grado, che superano il 50% d’estensione del corpo, ma che al massimo si estendano fino al 75% della sua superficie; 2° grado, che interessano il 25 - 15% d’estensione del corpo (nei bambini il limite varia dal 10 al 20%); 3° grado, che non superano l’1% d’estensione del corpo. Nel caso, però, il soggetto ustionato presenti malattie preesistenti croniche (diabete, malattie cardiache ecc.) o respiratorie, come pure nel caso in cui la regione interessata faccia parte di una delle cosiddette aree critiche del corpo, si considerano tali ustioni come gravi. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ustione grave Sono gravi, indipendentemente dalla profondità: le ustioni di 2° grado in aree critiche qualsiasi ustione complicata da malattie preesistenti, traumi, inalazione di fumi o gas tossici le ustioni da agenti chimici e da elettricità Estensione >10% 3° grado >25%, se adulti 2° grado >75% (per il rischio di malattia dell’ustionato) 1° grado Grado Ustioni gravi o critiche Sono ustioni gravi o critiche quelle: di 1° grado, se l’estensione è maggiore del 75%; di 2° grado, se l’estensione è maggiore del 25%; di 3° grado, se l’estensione è maggiore del 10%. A prescindere dal grado e dall’estensione della lesione, sono gravi tutte le ustioni di 2° grado in aree critiche, le ustioni complicate da malattie preesistenti, traumi, inalazione di fumi o gas tossici, le ustioni da agenti chimici, le ustioni elettriche. Queste ustioni, dopo il primo soccorso, vanno ospedalizzate per esser trattate in centri specializzati per le ustioni. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Ustioni termiche Gravi: Primo Soccorso Obiettivi del primo soccorso: minimizzare la perdita di liquidi (prevenzione dello shock) prevenire la contaminazione batterica della cute (causa poi di setticemia) Cose da NON fare ! non rimuovere gli abiti, se sono “appiccicati” alla pelle non bucare le flittene non utilizzare polveri né pomate non utilizzare acqua troppo fredda né ghiaccio nelle ustioni estese Primo soccorso nelle ustioni termiche Nelle ustioni termiche, la successiva evoluzione è condizionata dalla insorgenza entro le prime ore dello shock ipovolemico per la cospicua perdita di liquidi che si verifica dalle ferite e di una setticemia causata dalla contaminazione batterica e la conseguente infezione delle ferite. L’ustionato grave è esposto al rischio di shock a causa della perdita di liquidi per essudazione dall’area ustionata e conseguente perdita di plasma dalla circolazione sanguigna (ipovolemia) e rischio di blocco renale nei casi più gravi. Riguardo alla contaminazione batterica, al momento in cui si determina il danno, è lo stesso agente termico che distrugge i microrganismi patogeni sulla cute ustionata; ma questa area, se non si medica bene la ferita, s’infetta rapidamente estendendosi in profondità e potendo indurre una setticemia, dovuta alla penetrazione e alla riproduzione continua di germi patogeni nel sangue. Di conseguenza, due sono gli obiettivi del primo soccorso: la minimizzazione della perdita di liquidi (prevenzione dello shock ipovolemico); la prevenzione della contaminazione batterica della cute e la conseguente setticemia. Cose da non fare nel primo trattamento delle ustioni termiche In caso di ustione nel trattamento preliminare è bene: non rimuovere dalle ustioni gli abiti del paziente né eventuali corpi estranei, se questi sono appiccicati alla superficie ustionata: si rischia di strappare lembi cutanei e di esporre maggiormente le ferite, aumentando la probabilità di infezioni e di disidratazione; non bucare le flittène presenti: se si bucano, si pone l’infortunato nella condizione di perdere maggiori quantità di liquidi e si incrementa il rischio d’infezione; non utilizzare polveri né pomate: nel primissimo soccorso non servono; in più aumentano il rischio d’infezione. non utilizzare acqua fredda né ghiaccio nelle ustioni estese: raffreddando rapidamente la vittima si rischia di facilitare l’avvio dello shock, legato alla repentina vasocostrizione sanguigna nel momento in cui il corpo viene esposto al freddo. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
SI Ustioni termiche gravi Primo Soccorso Cose da fare verificare la sicurezza della scena allontanare al più presto dalla fonte di calore soccorritore ed ustionato chiamare i soccorsi soffocare eventuali focolai accesi sul corpo con una coperta medicare le ferite (detergerle con soluzione fisiologica e coprirle con garze sterili) monitorare le funzioni vitali Cose da fare nel primo trattamento delle ustioni termiche gravi Nel caso di soccorso ad un grande ustionato occorrerà garantire per il soccorritore (e la vittima) la sicurezza della scena e limitare all’indispensabile l’esposizione alla fonte di calore del soccorritore e dell’ustionato. Garantita la sicurezza del soccorritore, occorre allertare il 118, soffocare eventuali focolai ancora accesi sul corpo del paziente con una coperta, medicare le zone di cute scoperta con garze sterili o teli puliti. Bisognerà dunque monitorare costantemente le funzioni vitali della vittima sino all’arrivo dei soccorsi sanitari: avviando le procedure di rianimazione, se la vittima non respira ponendolo in posizione laterale di sicurezza, se privo di coscienza. Per contrastare lo shock: è utile, se è cosciente, dargli da bere in abbondanza è necessario coprirlo con la coperta isotermica o con qualche indumento pesante. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
SI Ustioni termiche localizzate Primo Soccorso Cose da fare: chiamare i soccorsi allontanare al più presto la fonte di calore raffreddare con acqua fredda medicare la cute ustionata Cose da fare nel primo trattamento delle ustioni termiche lievi / moderate Nelle ustioni localizzate l’obiettivo del primo soccorritore è quello di alleviare le sofferenze della vittima e di prevenire la contaminazione batterica delle ferite, per facilitarne una guarigione più rapida e senza molte complicazioni. Il primo obiettivo si raggiunge raffreddando la parte ustionata con acqua fredde (l’acqua fredda genera vasocostrizione, riduzione dell’edema e, conseguentemente, allevia il dolore). Secondo le raccomandazioni dell’American Heart Association (2005), non è conveniente applicare direttamente sulla parte il ghiaccio: l’azione può produrre ischemia tissutale. La prevenzione della contaminazione batterica delle ferite si ottiene con una medicazione a regola d’arte coprendo la parte con garze sterili o teli puliti e fasciandola con benda o, se non è possibile tutto ciò, isolandola con un sacchetto di polietilene. Approfondimenti: AHA, 2005. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Causticazioni Primo Soccorso verificare la sicurezza della scena e chiamare i soccorsi specializzati allontanare immediatamente l’agente chimico coprire le zone di cute scoperta con garze sterili o teli puliti monitorare ed eventualmente sostenere le funzioni vitali della vittima Primo soccorso delle causticazioni In caso di ustioni causate da sostanze chimiche (causticazione) la scena dell’incidente per il soccorritore può essere molto pericolosa (stravasi di tossico, esalazioni); pertanto - se non è equipaggiato adeguatamente - non deve intervenire, ma allertare il personale specializzato d’emergenza (vigili del fuoco). Se la scena è sicura, il primo soccorso di una causticazione si fa allontanando immediatamente la sostanza chimica; ciò allo scopo di ridurre la durata del contatto della sostanza con la cute. Per questo, dirigendo un getto d’acqua sulla zona di contatto del caustico, si rimuove meccanicamente la sostanza senza dagli tempo di reagire con pelle; è necessario un lavaggio di parecchi minuti (nelle aziende chimiche le linee a maggior rischio hanno impiantato docce di sicurezza, dov’è possibile collocare il soggetto contaminato). Dopo l’irrigazione dell’area, la cute verrà coperta con garze sterili o teli puliti. Occorrerà, infine, monitorare e, se necessario, sostenere le funzioni vitali del paziente. E’ sempre opportuno consultare le schede tecniche e di sicurezza dei prodotti per conoscere il trattamento specifico da eseguire in caso di contaminazione (della pelle, degli occhi, d’ingestione accidentale, d’inalazione). Approfondimenti: per l’intervento di emergenza in caso di causticazione da prodotti chimici particolari (calce secca, acido solforico, fenolo ecc.) consultare le schede tecniche e di sicurezza dei singoli prodotti (cfr., al proposito, Sacco e Ciavarella, 2008, capitolo 8, pag. 142-143) Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Causticazioni di cornea e congiuntiva Sclera e congiuntiva Causticazioni di cornea e congiuntiva Pupilla Iride Palpebra inferiore Segni e sintomi dolore intenso, gonfiore e rossore dell’occhio Primo soccorso sciacquare immediatamente l’occhio irrorare a lungo l’occhio con getti a bassa pressione (utilizzando la soluzione fisiologica) tenere bene aperte le palpebre con le dita chiamare il 118 Causticazioni corneocongiuntivali Le causticazioni corneocongiuntivali sono causate dal contatto accidentale di acidi e basi con l’occhio e possono produrre gravi danni a carico dell’occhio. Il paziente lamenta dolore intenso e presenta gonfiore delle palpebre e rossore intenso dell’occhio (iperemia congiuntivale). Poiché questi agenti chimici sono spesso dotati di una elevata capacità di penetrazione nei tessuti oculari, la più efficace strategia di contenimento del danno è senz’altro una rapida irrigazione dell’occhio per diluire il caustico. Gli interventi da compiere sono in sequenza: sciacquare immediatamente gli occhi con acqua a bassa pressione (per attività ad alto rischio di causticazione corneocongiuntivali sarebbe opportuno impiantare nel reparto speciali impianti fissi con getto per lavaggi oculari; utili sono anche delle pompette lavaocchi preconfezionate da aggiungere agli ausili di pronto soccorso); proseguire nel lavaggio per almeno 10-15 minuti; ospedalizzare il paziente continuando il lavaggio degli occhi. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Lesioni da Elettricità eventi relativamente rari, ma con conseguenze spesso gravi colpiscono tutte le età, specialmente i soggetti in età lavorativa Lesioni da elettricità La folgorazione è un evento relativamente raro, ma con conseguenze spesso molto gravi. Questi eventi colpiscono i soggetti di tutte le età, benché privilegino persone in età lavorativa. Il rischio da esposizione alla corrente elettrica è ubiquitario e riguarda non solo i soggetti esposti per ragioni professionali (gli addetti alla produzione, alla trasformazione, alla distribuzione dell’energia elettrica ed alla manutenzione di apparecchiature elettriche), ma anche soggetti esposti per fattori meteorologici (come per esempio i boscaioli) e i semplici cittadini esposti a rischi generici di un ambiente domestico. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Effetti della corrente Effetto termico: riscaldamento del corpo Effetto chimico: dissociazione chimica delle soluzioni elettrolitiche Effetto magnetico: creazione di un campo magnetico intorno al corpo attraversato Gli effetti sull’organismo vivente sono in relazione a: a) resistenza del corpo umano b) fattori fisici della corrente c) altri fattori Effetti della corrente elettrica A contatto con la materia vivente, l’energia elettrica produce i seguenti tre effetti: 1) effetto termico (effetto Joule): la corrente elettrica riscalda il conduttore che attraversa 2) effetto chimico (elettrolisi): la corrente elettrica provoca la dissociazione chimica delle soluzioni elettrolitiche 3) effetto magnetico (effetto Oersted): la corrente elettrica crea un campo magnetico intorno al conduttore che attraversa. Variabili che influiscono sugli effetti della corrente Alcune variabili condizionano il tipo e l’entità degli effetti fisiopatologici della corrente elettrica sul corpo umano; tra questi la resistenza del corpo, i fattori fisici della corrente ed altri fattori (la durata del passaggio attraverso il corpo, la via seguita dalla corrente e le modalità del contatto). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Resistenza del corpo una volta venuta a contatto col corpo umano, la corrente percorre tutte le vie con minore resistenza e così in un baleno attraversa i tessuti il sangue è un ottimo conduttore, seguito dal tessuto muscolare e dagli altri organi il grasso e le ossa offrono una notevole resistenza al passaggio della corrente Variabili che influiscono sugli effetti della corrente – resistenza del corpo umano Una volta a contatto col corpo umano, la corrente elettrica si propaga più o meno facilmente in relazione alla resistenza offerta dai tessuti. Il sangue è un ottimo conduttore, seguito dal tessuto muscolare e dagli organi solidi (fegato, milza, reni). Il tessuto adiposo ed il tessuto osseo offrono una notevole resistenza al passaggio della corrente. Di solito il primo contatto con la corrente elettrica avviene a livello cutaneo. Come è noto, la resistenza della pelle asciutta è molto elevata. Se la pelle è umida o bagnata, la resistenza diminuisce notevolmente. La sudorazione aumenta la conduttività della corrente. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Fattori fisici Tipo corrente alternata più pericolosa di quella continua; basse frequenze sono più pericolose rispetto alle alte Intensità Tensione (correnti ad altissima tensione causano carbonizzazione) Altri fattori modalità del contatto durata del passaggio via seguita attraverso il corpo Variabili che influiscono sugli effetti della corrente – fattori fisici della corrente I danni della corrente elettrica sul corpo umano dipendono da numerose variabili. Tra queste, il tipo di corrente: ad esempio, la corrente alternata è più pericolosa rispetto a quella continua e le basse frequenze sono più pericolose rispetto alle alte. Gli effetti della corrente elettrica sull’organismo umano sono strettamente dipendenti dall’intensità della corrente: per corrente di meno di 25 mA (milliampere) di intensità non avremo nessun effetto sul ritmo cardiaco, mentre avremo delle contrazioni muscolari localizzate al punto di contatto. Per intensità di corrente compresa tra 25 e 80 mA, si potranno avere disturbi del ritmo cardiaco, ma anche arresto cardiaco. Correnti tra 80 mA e 3 A possono causare fibrillazione ventricolare. Correnti superiori a 3A causano gravi disturbi del ritmo cardiaco ed arresto cardiorespiratorio. Correnti ad alta tensione (oltre 1000 Volts) cedono una grande quantità di energia termica (effetto Joule), provocando gravi ustioni o, addirittura, la carbonizzazione della vittima. Benché sia meno frequente, anche correnti a bassissima tensione possono causare la morte. Variabili che influiscono sugli effetti della corrente – altri fattori Il fenomeno della tetanizzazione dei muscoli (ad esempio bloccano le mani alla fonte di scarica) può aggravare il danno da elettricità in quanto può “far rimanere attaccato” l’infortunato al conduttore. Anche le modalità del contatto possono condizionare l’esito dell’evento. Se si tocca un conduttore con il palmo della mano, la contrazione dei muscoli (tetanizzazione) può portare ad afferrare il conduttore, rimanendo “attaccati” alla fonte, attraversando il corpo per più tempo. La via seguita dalla corrente attraverso il corpo può comportare una gamma di effetti sino alla morte immediata. Infatti, se la corrente percorre da subito un grosso vaso, arriva immediatamente al cuore, provocando arresto cardiaco o fibrillazione ventricolare. Si ritiene che tra le vie più pericolose vi siano quella che va da un braccio all’altro, dalla testa ai piedi, ecc. Il passaggio della corrente da un braccio all’altro è uno dei percorsi più pericolosi Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Morte da Folgorazione MORTE Fibrillazione ventricolare Tetania muscoli resp. Inibizione centri bulb. Arresto respiratorio Arresto cardiaco Arresto resp. + card. Morte da folgorazione La morte per folgorazione può avvenire attraverso tre meccanismi: 1) per fibrillazione ventricolare, alla quale segue l’arresto respiratorio 2) per asfissia in seguito a paralisi dei muscoli respiratori, alla quale segue l’arresto cardiaco 3) per arresto respiratorio e cardiaco da inibizione dei centri bulbari (in questi casi, che rappresentano una evenienza piuttosto rara, con meno del 3% dei casi mortali, una grande quantità di corrente passa attraverso il bulbo). MORTE Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Effetti sugli organi della corrente Sul cuore: fibrillazione ventricolare arresto cardiaco Sull’apparato respiratorio: paralisi dei muscoli intercostali e del diaframma ostruzione delle vie respiratorie per coma del folgorato Sulla pelle: ustioni Effetti fisiopatologici della corrente elettrica Gli effetti più gravi esercitati dalla corrente elettrica riguardano due importanti organi vitali: l’apparato cardiovascolare e l’apparato respiratorio. Sul cuore la corrente determina l’arresto cardiaco o la fibrillazione ventricolare. Sull’apparato respiratorio la corrente può determinare l’arresto respiratorio per tetanizzazione dei muscoli intercostali e del diaframma. La corrente elettrica può anche provocare un arresto cardiaco e respiratorio in seguito a lesioni sui centri bulbari. Effetti che potrebbero essere egualmente gravi sono le ustioni nel punto di ingresso e di uscita della scarica. Effetti della corrente elettrica sulla cute Se in gioco è un’alta tensione, le ustioni sono generalmente molto ampie, prodotte dall’elevato calore liberato dall’arco elettrico, con il raggiungimento di temperature sino a 3.000 gradi centigradi. Le lesioni prodotte da queste ustioni guariscono con grande difficoltà per la presenza di ampi e profondi fenomeni necrotici tessutali dovuti agli effetti coagulativi e necrotizzanti delle alte temperature sui tessuti. Queste ustioni possono porre il paziente in pericolo di vita per la plasmorragia (perdita cospicua di liquidi dalle ferite da ustione) ed il conseguente shock. Le basse e medie tensioni causano invece ustioni di più modeste dimensioni, generalmente localizzate nei punti di entrata e di uscita della corrente (per esempio, mani e piedi); nel punto di entrata esse riproducono fedelmente la forma del conduttore, tanto da essere denominate in medicina legale “marchi elettrici”. Queste ustioni, specie se interessano specifiche zone della superficie cutanea (ad esempio il palmo delle mani), possono lasciare esiti funzionali di rilievo (cicatrici, retrazioni, etc.). Le ustioni elettriche sono generalmente indolori a causa della distruzione delle terminazioni nervose sensitive. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Tensioni < 1.000 V Tensioni > 1.000 V togliere la corrente se ciò non fosse possibile, staccare la vittima dall’elemento in tensione, isolandosi adeguatamente e senza toccarla direttamente valutare le funzioni vitali e se è il caso, sostenerle coprire le ferite da ustione con garze sterili e fasciarle non avvicinarsi all’elemento in tensione prima di avere interrotto la corrente (arco voltaico!!!) soccorrere il folgorato, valutare le funzioni vitali e, se è il caso, sostenerle medicare le ustioni con garze sterili e coprirle con fasce Intervento d’emergenza per tensioni inferiori a 1.000 Volts Se bisogna intervenire per soccorrere un folgorato oggetto di una scarica di tensione inferiore a 1000 Volts, bisognerà, per prima cosa, tentare di togliere la corrente; se questo non è possibile (o se questo intervento farebbe perdere troppo tempo), allora è opportuno staccare la vittima dall’elemento in tensione, isolandosi adeguatamente e senza toccare direttamente la vittima. Il soccorritore dovrà isolarsi dalla vittima e dal terreno, utilizzando, per staccare la vittima dall’elemento in tensione, tubi di gomma, bastoni di legno o cinture di cuoio; dal terreno dovrà isolarsi ponendosi su una superficie di gomma o di legno asciutto. Dopo avere staccato l’infortunato dall’elemento in tensione occorrerà valutare le funzioni vitali e se è il caso sostenerle. Se non è possibile aprire la bocca dell’infortunato per la tetanizzazione dei muscoli della masticazione, va praticata la respirazione bocca-maschera o, in mancanza della pocket mask, bocca-naso. Infine, bisognerà proteggere le ustioni, coprendo le ferite con garze sterili oppure con teli puliti, e poi fasciarle per sostenere le medicazioni. Intervento d’emergenza per tensioni superiori a 1.000 Volts Per tensioni superiori a 1.000 Volts non bisogna avvicinarsi all’elemento in tensione prima di avere interrotto la corrente (generalmente tale operazione viene svolta dai servizi d’urgenza dell’ENEL). Avvicinandosi all’elemento in tensione si rischia infatti di venire investiti dall’arco voltaico (un’area ad alta energia prodotta dalla corrente elettrica fonte di elevatissima temperatura). Una volta interrotta la corrente bisognerà valutare e, se è il caso, sostenere le funzioni vitali e trattare le ustioni. E’ importante ricordare che in ogni caso di folgorazione la morte del soggetto è sempre preceduta da un periodo più o meno breve di morte apparente. Per questa ragione, le manovre di sostegno delle funzioni vitali potranno risultare determinanti a mantenere in vita il folgorato fino all’arrivo del 118. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Intossicazioni Vie di penetrazione dei tossici nell’organismo: ingestione (raro in azienda) inalazione contato con la cute e le mucose I segni di intossicazione variano in base al tipo di sostanza e alla via di penetrazione I quadri clinici peggiorano in un tempo molto breve dall’avvelenamento Intossicazione Si definisce intossicazione una condizione patologica sistemica, sovente molto grave, indotta dall’assorbimento di sostanze che possono compromettere più o meno gravemente l'integrità e la funzionalità dell’organismo. Se sostanze presenti nell'ambiente di lavoro, assorbite dall’organismo, provocano danni organici si verifica la cosiddetta intossicazione occupazionale. Modalità di penetrazione dei tossici Le sostanze tossiche possono penetrare all’interno dell’organismo umano per: ingestione, attraverso il sistema digerente; inalazione, attraverso il sistema respiratorio; contatto con il rivestimento esterno del corpo (cute e mucose). E’ raro che una intossicazione occupazionale si sviluppi attraverso il sistema digerente, anche se è possibile l’ingestione accidentale di un prodotto tossico. Le altre due vie - quella inalatoria e quella da contatto cutaneo - sono invece più frequenti. L’avvelenamento può verificarsi anche per inoculazione, cioè in seguito a punture di insetti, morsi di animali, introduzione accidentale nell'organismo, per iniezione o per scarificazione (graffi o tagli profondi del rivestimento cutaneo) di una sostanza tossica. Segni d’intossicazione Nell’avvelenamento, i sintomi ed i segni clinici variano notevolmente a seconda del tipo di sostanza in gioco e della sua concentrazione, ma anche in base alla via di penetrazione nell’organismo. Generalmente, i casi clinici peggiorano drammaticamente in un tempo molto breve dalla penetrazione del tossico nell’organismo. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Segni e sintomi più comuni Iniziali mancanza di forza e malessere mal di testa nausea e vomito crampi addominali Altri segni capogiro e vertigine sonnolenza confusione mentale convulsioni Segni e sintomi iniziali d’avvelenamento Benché i sintomi ed i segni clinici dipendano in larga misura dal tipo di tossico causa dell’avvelenamento, alcuni sono comuni a tutte le intossicazioni; tra i sintomi iniziali abbiamo: stanchezza improvvisa e non giustificata (astenia) e malessere, mal di testa (cefalea), nausea e vomito, crampi addominali. Altri segni e sintomi d’avvelenamento Sintomi e segni più facilmente riconducibili ad uno stato d’intossicazione sono altresì: capogiro e vertigine, instabilità, sonnolenza e confusione mentale, convulsioni. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Intossicazioni Primo Soccorso In caso d’intossicazione consultare sempre le Schede Tecniche e di Sicurezza dei prodotti utilizzati Il primo soccorso varia da sostanza a sostanza in base alla via di penetrazione Intossicazione: trattamento Il trattamento, anche quello di primo soccorso, varia notevolmente da sostanza a sostanza e a seconda della via di penetrazione nell’organismo. Per questa ragione è molto importante conoscere preventivamente la specificità del trattamento di emergenza da effettuare nel malaugurato caso di intossicazione per ogni singola sostanza utilizzata; questo compito è facilitato dai dati riportati all’interno della scheda tecnica e di sicurezza dei prodotti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Intossicazioni Primo Soccorso Principi generali controllare le funzioni vitali e, se sono alterate, sostenerle individuare l’agente intossicante mettersi in contatto con Centro antiveleni rimuovere le sostanze tossiche / gli abiti contaminati Trattamento - principi generali Qualunque sia la causa e le modalità di un avvelenamento, possono essere delineati dei principi generali da utilizzare nell’approccio al soggetto con segni e sintomi di intossicazione: controllare e, se del caso, mantenere le funzioni vitali; questo primo passo rappresenta la priorità nell’approccio al paziente con segni e sintomi di intossicazione ed è finalizzata a verificare la necessità e, eventualmente, ad attuare il trattamento di rianimazione cardiopolmonare; individuare la sostanza tossica; è molto importante poiché la tipologia del trattamento in molti casi è funzione del tipo di sostanza tale azione; mettersi in contatto con un centro antiveleni: la precoce richiesta di informazioni ad un centro antiveleni è in grado di guidare correttamente le primissime azioni del soccorritore; avviare la rimozione o neutralizzare le sostanze tossiche: l’entità del danno prodotto da una sostanza tossica è legata alla concentrazione del tossico e alla durata del contatto con l’organismo; per minimizzare il danno bisognerà agire su queste due variabili, riducendo la concentrazione del tossico (per esempio, diluendolo e neutralizzandolo) e limitando il tempo di contatto della sostanza con l’organismo (allontanando prontamente la sostanza). Autoprotezione del soccorritore Le scene in cui si effettuano tali soccorsi possono porre a repentaglio la sicurezza del soccorritore (presenza di gas tossici, possibile contatto con sostanze nocive che impregnano gli abiti della vittima o che contaminano la cute del paziente, aria espirata del paziente contaminata dal prodotto tossico). L’azione del soccorritore può avviarsi solo quando è possibile agire in assoluta sicurezza; il soccorritore, dunque, deve opportunamente proteggersi utilizzando gli appositi dispositivi di protezione individuale, che, variando ampiamente da prodotto a prodotto, dovranno essere individuati preventivamente nell’ambito della valutazione del rischio. Nel caso si debba procedere ad RCP, è necessario pulire accuratamente le superficie cutanee contaminate ed utilizzare una pocket mask dotata di filtro di sicurezza. Per procedere ad un’eventuale RCP, pulire la cute contaminata ed utilizzare una pocket mask. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
allontanare il paziente dal pericolo portandolo in luogo aerato Incidente da ingestione: Primo Soccorso Oltre a quanto già indicato: porre l’infortunato in posizione favorente l’emissione del tossico con il vomito se il paziente ha ingerito un caustico, non favorire il vomito Incidente da inalazione: Primo Soccorso Incidente da ingestione di sostanze tossiche Nel trattamento di soggetti che hanno ingerito sostanze tossiche, per prima cosa bisognerà raccogliere le informazioni sul tipo di prodotto causa dell’intossicazione, assumendo la scheda tecnica del prodotto o, in assenza di essa, l’etichetta. Bisognerà chiamare immediatamente un Centro Antiveleni, comunicando: il tipo di tossico ingerito le condizioni del paziente informazioni circa il primo trattamento. Se il soggetto intossicato perde conoscenza, è anche necessario garantire la pervietà delle vie aeree con le tecniche di RCP, ponendo la vittima in posizione laterale di sicurezza. Tale posizione permette al soggetto intossicato di potere espellere le sostanze ingerite con il vomito. Incidente da inalazione di sostanze tossiche Nel trattamento di soggetti che hanno inalato sostanze tossiche, per prima cosa bisognerà allontanare il paziente dal pericolo, portandolo in un luogo aerato. Se ciò non è possibile, in alternativa si può “allontanare il pericolo dal paziente”, per esempio ventilando l’ambiente. Bisognerà, anche, chiamare immediatamente il Centro Antiveleni, comunicando: il tipo di tossico inalato Con la rimozione degli abiti contaminati s’avviano precocemente le operazioni di rimozione della sostanza tossica, allontanandola prontamente dal primo contatto cutaneo e limitandone il tempo di contatto con l’organismo. Oltre a quanto già indicato: allontanare il paziente dal pericolo portandolo in luogo aerato Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Incidente da contatto Primo Soccorso allontanare il paziente dal pericolo portandolo in luogo aerato chiamare immediatamente il Centro Antiveleni rimuovere gli abiti contaminati lavare abbondantemente con acqua la zona di cute contaminata Incidente da contatto con sostanze tossiche Nel trattamento di soggetti che hanno assorbito sostanze tossiche attraverso la cute, per prima cosa bisognerà allontanare il paziente dal pericolo (conducendolo in un luogo aerato, poiché il prodotto potrebbe essere volatile), chiamare i soccorsi, rimuovere gli abiti contaminati facendo attenzione a non danneggiare la pelle e lavare abbondantemente con acqua corrente la zona di cute contaminata. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Incidente da contatto con agenti biologici – Primo soccorso Contaminazione di pelle e mucose rimuovere gli abiti contaminati lavare abbondantemente con acqua e sapone in caso di contaminazione delle mucose, sciacquare con acqua corrente e recarsi al pronto soccorso Puntura con ago potenzialmente infetto far sanguinare la parte lavare abbondantemente con acqua disinfettare con un blando antisettico e recarsi al pronto soccorso Incidente da contatto con agenti biologici Contaminazione di cute e mucose Nel trattamento di soggetti che sono venuti a contatto con agenti biologici attraverso la cute, per prima cosa bisognerà rimuovere gli abiti contaminati e lavare abbondantemente con acqua corrente e sapone la zona di cute contaminata. Se l’inquinante è venuto a contatto con le mucose (della bocca, del naso e degli occhi) è necessario sciacquare con abbondante acqua e recarsi al pronto soccorso. Puntura con ago potenzialmente infetto In caso di puntura con ago potenzialmente infetto bisognerà far sanguinare la parte, lavare abbondantemente con acqua, disinfettare con un blando antisettico, recarsi al pronto soccorso. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Morso di Vipera Il morso di vipera è raramente un evento mortale in quanto il veleno della vipera ha una azione piuttosto lenta e, molto spesso, è inoculato solo superficialmente Cosa non fare praticare incisioni succhiare il sangue muovere il paziente dare da bere somministrare il siero antivipera Morso di vipera Diversamente da quanto si è soliti ritenere, il morso di vipera è solo poco frequentemente un evento mortale. Infatti il veleno viene inoculato molto spesso solo in superficie, ha una azione lenta e risulta letale per soggetti in condizioni generali già compromesse. Il veleno giunge agli organi vitali tramite i vasi linfatici determinando effetti patologici sul cuore, sul sistema nervoso e sul sangue. Queste conoscenze sono molto importanti per potere attuare una corretta strategia d’intervento da parte del primo soccorritore. Trattamento Il primo trattamento nel morso di vipera è una procedura che propone divieti piuttosto che richiedere manovre da compiere: non praticare incisioni sul punto interessato dal morso (questa manovra è inutile e potenzialmente dannosa perché può facilitare il sanguinamento); non succhiare il sangue nel punto interessato dal morso; anche in questo caso, la manovra è sostanzialmente inutile, infatti il veleno viene velocemente drenato dal punto di inoculo e potenzialmente dannosa, potendo esporre il soccorritore all’assorbimento del veleno; non muovere il soggetto morso (il movimento facilita la circolazione del veleno); non dare da bere alla vittima specie gli alcolici (gli alcolici facilitano la circolazione del veleno); non utilizzare il siero antivipera (non è una pratica di primo soccorso, bensì una terapia di pronto soccorso). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Morso di vipera Primo soccorso Cosa fare chiamare il 118 tranquillizzare e tenere ferma la vittima, cercando di evitare ogni movimento, specialmente della zona interessata attendere i soccorsi con vittima in posizione sdraiata fasciare con un bendaggio debolmente compressivo la zona interessata Trattamento - cose da fare Nel caso di morso di vipera gli interventi del primo soccorritore sono assai limitati: per prima cosa bisognerà chiamare i soccorsi sanitari (118); bisognerà poi: tranquillizzare la vittima tenerla più ferma possibile, evitando ogni movimento, specie della zona interessata sdraiarla in attesa dei soccorsi. Per ritardare la diffusione del veleno, è infine opportuno fasciare la zona interessata con un bendaggio compressivo che sia in grado di comprimere i vasi linfatici, attraverso i quali viene drenato il veleno ed evitando di provocare una cattiva irrorazione della regione, comprimendo il distretto venoso ed arterioso con una fasciatura troppo tirata. Approfondimenti: AHA, 2005. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Centri antiveleni in Italia Sono servizi di informazione tossicologica funzionanti 24 ore su 24 Nel nostro Paese non sono istituzionalizzati Informazioni da fornire al C. Antiveleni: natura dell’esposizione (inalazione, contatto cutaneo, ingestione) durata dell’esposizione nome della sostanza tossica I Centri antiveleni in Italia Si definisce “Centro antiveleni” un servizio di informazione tossicologica, svolto 24 ore su 24. L’attività di questi Centri nel nostro Paese non è istituzionalizzata, ovvero non è regolata da criteri né da standard. Generalmente questo centri assicurano un'attività di informazione tossicologica che supera l’ambito locale. Approfondimenti: l’elenco dei Centri Antiveleni del nostro Paese è riportato in Sacco e Ciavarella 2008 (pagina 222), tratto dal sito internet del Ministero della Salute www.ministerosalute.it Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite (cutanee e mucose) Lesioni prodotte da traumi, che determinano la perdita dell’integrità di cute o mucose ed eventualmente dei tessuti sottostanti Ferite cutanee e mucose Sono lesioni dei tessuti prodotte da forze meccaniche di varia natura che determinano una perdita dell’integrità (lesione di continuo) di una o più regioni cutanee o mucose ed eventualmente dei tessuti sottostanti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Tipi di ferite in base alla profondità del danno quando il danno investe i tessuti sottostanti ferite profonde si limita a cute e mucose ferite superficiali quando il danno si parla di in base alla profondità del danno Ferite: classificazione in base alla gravità La profondità del danno indotto sulla cute e sulle mucose determina la denominazione di ferita superficiale, se la ferita non interessa i tessuti sottostanti, ferita profonda, quando colpisce con particolare violenza la barriera cutanea o mucosa e determina lesioni anche nei piani sottostanti (adiposi, muscolari, ossei). Le ferite possono essere classificate anche in base alla forma che sul tessuto l’agente traumatico produce; si parla allora di: abrasione, quando un corpo tagliente (es. una lama) scalfisce un tratto lineare di tessuto asportando soltanto gli strati più superficiali di tessuto escoriazione, quando un corpo contundente o ruvido produce una perdita di sostanza che interessa gli strati superficiali del tessuto cutaneo e si distribuisce in modo non omogeneo in profondità nei piani sottostanti ferita da punta, quando un corpo acuminato penetra nei tessuti più o meno profondamente, lasciando sulla superficie l’impronta a ricalco della sua forma ferita da taglio, quando una lama penetra con maggiore o minore profondità, procurando uno squarcio di tessuto a margini netti e molto sanguinanti ferita lacero-contusa, nella quale l’azione lesiva provoca uno squarcio a margini irregolari con aree di tessuto circostanti senza perdita di sostanza ma con ecchimosi ferita d’arma da fuoco, che presenta due caratteristiche lesioni: il foro d’entrata ovvero una ferita a margini tondeggianti e con i bordi introflessi il foro d’uscita, ferita a margini tondeggianti ed a bordi estroflessi di diametro maggiore. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferita superficiale Primo soccorso Il trattamento di una ferita superficiale si basa sulle seguenti fasi: esposizione pulizia disinfezione medicazione indossando sempre i guanti! Ferite superficiali: primo soccorso Il trattamento di una ferita superficiale si effettua, dopo avere indossato un paio di guanti sterili, esponendo, pulendo, disinfettando e medicando la ferita. Queste operazioni dovranno essere effettuate con delicatezza, facendo attenzione a non creare ulteriori danni sulle zone cutanee interessate dalle lesioni. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Esposizione e pulizia Indossati guanti, in sequenza sulla ferita si procede con: esposizione: scoprire subito la ferita pulizia: lavarla con acqua corrente (usare il sapone per rimuovere impurità) Primo soccorso delle ferite superficiali: esposizione e pulizia Prima di procedere al trattamento di una ferita superficiale occorre proteggersi dal rischio di contagio con il sangue dell’infortunato e proteggerlo dal contagio della cute circostante e delle mani del soccorritore, indossando, prima di iniziare ogni operazione, un paio di guanti sterili. Deve essere, poi, contrastata l’infezione. Tutte le fasi di trattamento di una ferita superficiale hanno lo scopo d’impedire agli agenti microbici presenti abitualmente sulla cute o veicolati dall’agente lesivo di contaminare l’area di lesione, non più integra. Tutte le ferite vanno esaminate a tutto campo, eliminando gli indumenti che le coprono (esposizione), e lavate accuratamente (pulizia). Un’efficace pulizia di una ferita si può fare con acqua e sapone; quest’ultimo deve essere rimosso sciacquando la ferita sotto abbondanti getti d’acqua corrente; così si rimuovono anche le impurità presenti (polvere, terriccio, etc.). Il fondo sanguinante della ferita si pulisce spruzzandoci acqua ossigenata; l’azione meccanica del getto spazza la ferita, mentre le bollicine d’ossigeno portano in superficie impurità meno evidenti (in alternativa all’acqua ossigenata si può usare la soluzione fisiologica). Eventuali corpi estranei voluminosi o molto conficcati non vanno rimossi per il rischio d’emorragia grave. Le ferite di testa, mani e piedi richiedono, comunque, l’intervento del medico, per i possibili danni neurologici e tendinei. Eventuali schegge non devono essere asportate per il pericolo di emorragie Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Disinfezione disinfettare soltanto con soluzione antisettica non usare - per gli inconvenienti che determinano - ovatta, alcol, polvere antibiotica Primo soccorso delle ferite superficiali: disinfezione La disinfezione è un intervento finalizzato a limitare la contaminazione microbiologica della ferita; si esegue passando sui bordi della ferita uno specifico disinfettante (ad es. lo iodopovidone prescritto dal D.M. n. 388/03); non usare per questa procedura prodotti quali: l’alcol denaturato, perché ha scarso potere battericida ed un’azione fortemente irritante sugli stati cutanei e mucosi lesionati la polvere antibiotica, specialmente quando viene impiegata direttamente sulla parte lesa; questo prodotto può dare reazioni allergiche pericolose, resistenze ai farmaci stessi ed ostacolare la formazione fisiologica della crosta. Per passare il disinfettante sui bordi della ferita servirsi sempre di una garza sterile, mai di ovatta: l’ovatta, infatti, lascia sulla ferita le sue caratteristiche sfilacciature; questi filamenti possono ritardare e limitare la formazione della crosta e quindi costituire una breccia pericolosa alle infezioni. Anche nella disinfezione occorre proteggersi dal rischio di contagio; quindi, è indispensabile, in questa fase, non sfilarsi i guanti. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Medicazione coprire la ferita con garze o altro materiale sterile per prevenire l’infezione per arrestare l’emorragia fasciarla con bende - non necessariamente sterili - per tenere a posto la medicazione Primo soccorso delle ferite superficiali: medicazione La medicazione con garze sterili della ferita, dopo esser stata disinfettata, ne impedisce la contaminazione; la medicazione facilita anche la coagulazione del sangue e il successivo consolidamento del coagulo in crosta grazie all’intreccio a maglie fitte della garza, che ostacola meccanicamente il deflusso del sangue e affretta la formazione del coagulo. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Fasciatura della ferita (Medicazione continua) Oltre a proteggere la medicazione, favorendo la difesa contro le infezioni della ferita, la fasciatura potenzia l’emostasi della medicazione. Se continua il sanguinamento: non rimuovere la fasciatura già applicata, ma aggiungere un’altra fasciatura sollevare l’arto comprimere la ferita applicare su di questa ghiaccio secco Primo soccorso delle ferite superficiali: fasciatura Poi, per tenere a posto la medicazione, si utilizzano le bende, strisce di garza avvolte a rotolo; per il bendaggio si procede arrotolando sulla medicazione la striscia di garza, che così avvolge e stringe la medicazione sull’area della ferita (fasciatura); nel far questo: far aderire bene i lembi della benda intorno alla medicazione, in modo che questa non si muova o scivoli; evitare, allo stesso tempo, di stringere troppo la benda, per permettere un buon afflusso locale di sangue. A differenza delle garze - sempre sterili - a diretto contatto con la ferita, le bende e gli altri materiali di copertura della medicazione (cerotti, nastri adesivi, ecc.) non devono essere necessariamente sterili. Anche nella medicazione occorre proteggersi dal rischio di contagio tenendo calzati i guanti. La fasciatura - oltre a proteggere la medicazione contro le infezioni della ferita - potenzia l’azione di tamponamento dell’emorragia (emostasi); se, però, continua la perdita di sangue (controllare il diametro della chiazza rossa sulla fasciatura!), non rimuovere mai la medicazione fatta, ma aggiungere altri giri di benda o/e usare degli accorgimenti – sollevamento dell’arto ferito; compressione sulla ferita; applicazione di ghiaccio o di specifici prodotti refrigeranti – che rallentano l’afflusso in zona di sangue. È infine importante rammentare all’infortunato di verificare il proprio stato di copertura vaccinale contro il tetano. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Medicazione con garze sterili 1 2 4 3 Medicazione con garze sterili Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" 1 Fasciatura di una ferita sanguinante 2 3 4 Fasciatura di una ferita sanguinante Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite profonde delle estremità Primo soccorso Una ferita profonda delle estremità richiede lo stesso trattamento di una ferita superficiale. Se, però, si determina una lesione arteriosa (getto abbondante intermittente) occorre prioritariamente avviare il trattamento dell’emorragia! Ferita profonda delle estremità: primo soccorso La gravità di una semplice ferita cutanea - se questa non è accompagnata da altre complicazioni locali come ad esempio fratture, o generali come ad esempio disturbi della coscienza – dipende dalla profondità della lesione e dal coinvolgimento del sistema circolatorio sottostante: più la lesione è penetrante maggiore è la probabilità di danneggiare un’arteria. Pertanto, quando, in una ferita cutanea delle estremità, è lesionata un’arteria di grosso calibro, prima di medicarla, và data la precedenza al trattamento dell’emorragia. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite profonde delle estremità Primo soccorso chiamare il 118, comunicando che è in atto un’emorragia arteriosa proteggersi con mezzi barriera sdraiare l’infortunato: posizione antishock esporre la ferita scoprendola tamponare l’emorragia (compressione diretta) utilizzare il laccio emostatico solo in caso di emorragia irrefrenabile Ferita profonda delle estremità: primo soccorso Siccome, in questi casi, la semplice medicazione non è in grado di tamponare la falla emorragica, per ottenere l’emostasi occorre provvedere in sequenza a: mettere l’infortunato in posizione antishock per permette rapidamente un’adeguata irrorazione degli organi nobili (cervello e cuore) tamponare l’emorragia con la pressione diretta e, se non si riesce ad arrestarla, utilizzare i punti di compressione specifici fino ad ottenere la completa emostasi o fino all’arrivo dell’ambulanza; chiamare o dare indicazione ad altri d’allertare il 118, riferendo che si sta tamponando un’emorragia arteriosa di un grosso vaso. Solo quando l’emorragia è sotto controllo si passa, con una procedura simile a quella delle ferite semplici, a trattare specificamente la ferita. Prima d’avviare ogni trattamento delle ferite profonde delle estremità è indispensabile proteggersi dal rischio di contagio con guanti monouso e visiera paraschizzi, presidi di protezione individuali (mezzi barriera) indispensabili per evitare il contatto diretto con il sangue dell’infortunato. Indicazioni all’uso del laccio emostatico L’uso del laccio emostatico in un ferita grave alle estremità è un provvedimento da estrema ratio, che ha una precisa indicazione soltanto quando con le altre manovre non si è avuto successo come può verificarsi in caso di un’emorragia da un grosso vaso arterioso (es. l’arteria femorale), in caso di fratture esposte con perdita di sangue a getto, amputazioni di grandi estremità (es. gamba). La procedura d’impiego è trattata nel sezione sulle emorragie arteriose. Solo con l’emorragia sotto controllo, pulire, disinfettare, medicare la ferita Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite da corpo estraneo dell’occhio Primo soccorso Corpo estraneo conficcato nell’occhio 1. indossare i guanti e far sedere la vittima, invitandola a non stropicciarsi l’occhio 2. non tentare di aprire le palpebre se il soggetto oppone resistenza 3. non tentare di rimuovere il corpo estraneo con manovre manuali 4. coprire l’occhio con una garza sterile 5. trasportare il ferito dallo specialista Ferite degli occhi da corpo estraneo Gli agenti più comuni che possono penetrare nell’occhio sono piccoli insetti, pulviscolo atmosferico, granuli di materiale vario, piccole schegge. Sintomi: l’infortunato avverte dolore localizzato all’occhio e senso di fastidio molto accentuato; l’occhio si arrossa rapidamente e si ha una lacrimazione intensa. Il soggetto infortunato ha anche la tendenza a stropicciarsi l’occhio per attenuare il dolore ed il bruciore. Questo riflesso non è positivo poiché può determinare l’ulteriore approfondimento nell’occhio dei corpi estranei. Ferita da corpo estraneo conficcato nell’occhio: primo soccorso In sequenza: indossare i guanti far sedere la vittima invitare il paziente a non stropicciarsi l’occhio non tentare di aprire le palpebre se il soggetto oppone resistenza non tentare di rimuovere il corpo estraneo con manovre manuali coprire l’occhio con una garza sterile trasportare il ferito nell’ambulatorio oculistico. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Ferite da corpo estraneo dell’occhio Primo soccorso Corpo estraneo libero nell’occhio 1. indossare i guanti e far sedere la vittima, invitandola a non stropicciarsi l’occhio 2. sollevare verso l’alto la palpebra superiore e verso il basso la palpebra inferiore, afferrandole per le ciglia, senza insistere 3. tentare di rimuovere il corpo estraneo con l’angolo di una garza 4. lavare l’occhio con acqua per 15’ (pz sdraiato sul lato dell’occhio malato) versando acqua da 15 cm, a partenza dall’angolo interno dell’occhio 5. trasportare il ferito dallo specialista Ferita da corpo estraneo libero nell’occhio: primo soccorso In sequenza: indossare i guanti far sedere la vittima invitare il paziente a non stropicciarsi l’occhio sollevare verso l’alto la palpebra superiore e verso il basso la palpebra inferiore afferrandole per le ciglia per verificare la presenza del corpo estraneo non insistere nella manovra di apertura delle palpebre se il soggetto oppone resistenza tentare di rimuovere il corpo estraneo utilizzando l’angolo di un fazzoletto inumidito o di una garza (non utilizzare cotone idrofilo, né carta) lavare abbondantemente l’occhio infortunato con acqua per almeno 15 minuti facendo sdraiare il paziente sul lato dell’occhio malato e versando acqua dall’altezza di circa 15 cm a partenza dall’angolo interno dell’occhio trasportare il ferito nell’ambulatorio oculistico. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Amputazione Il distacco di parti del corpo in seguito ad un evento traumatico può essere distinto... Nella figura: esiti amputazione subtotale falange prossimale del secondo dito mano sinistra in amputazione… delle dita degli arti Sede del danno parziale totale Tipo di distacco …in base a Amputazione Il distacco di parti del corpo in seguito ad un evento traumatico può determinare una: amputazione totale (il moncone è mozzato di netto); in tal caso è molto importante il recupero della parte asportata, per poter poi tentare, in ospedale, il reimpianto chirurgico amputazione parziale, per cui il problema del reimpianto è meno grave, in quanto il moncone è ancora in parte irrorato. La sede del danno influisce sulla gravità dell’amputazione se riguarda un arto, l’emorragia è più difficilmente contenibile le amputazioni delle dita sono invece eventi più facilmente tamponabili. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Amputazione di un arto Primo soccorso chiamare il 118 arrestare l’emorragia con il laccio emostatico, proteggendosi con guanti monouso e visiera paraschizzi tenere il ferito in posizione antishock, avvolto dalla coperta isotermica, fino all’arrivo del 118 recuperare la parte amputata, rimuovere lo sporco con sciacqui d’acqua o di soluzione fisiologica, medicandola con garze sterili inumidite e fasciandola portarla in ospedale in contenitore contenente ghiaccio, evitando che il pezzo sia a contatto diretto con il ghiaccio Amputazione di un arto: primo soccorso Nell’amputazione di un arto - dopo aver chiamato il 118 riferendo che si sta tamponando un’emorragia da amputazione d’arto - è prioritario bloccare l’emorragia, proteggendosi dal rischio di contagio con guanti monouso e visiera paraschizzi. Da sottolineare che l’uso del laccio emostatico, pur se è indicato, è preferibile sostituirlo con meno traumatico l’uso del bracciale dell’apparecchio della pressione, in dotazione nei presidi di pronto soccorso. Per il rischio di una rapida evoluzione in shock delle condizioni del ferito, porlo sempre posizione antishock, avvolto dalla coperta isotermica, e tenerlo disteso fino all’arrivo dell’ambulanza. Recuperare, appena possibile, la parte amputata (il tempo utile per il reimpianto della porzione di arto amputato è di 6-8 ore: per questo il recupero di questi segmenti può avvenire anche dopo il trasferimento d’urgenza del paziente amputato in ospedale) e medicarla come una comune ferita senza disinfettarla, rimuovendo lo sporco presente con sciacqui d’acqua o di soluzione fisiologica, coprendola con garze sterili inumidite con soluzione fisiologica. Per il trasporto imbustare il pezzo amputato in un sacchetto di plastica o, se manca, avvolgendolo più volte un una benda. Portare, infine, il pezzo da reimpiantare in ospedale, con un contenitore in cui si è collocato del ghiaccio per refrigerarlo, evitando che la parte amputata sia a contatto diretto con il ghiaccio. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Amputazione delle dita Primo soccorso chiama il 118 indossa i guanti, ed esegui la compressione diretta del moncone sanguinante ridotto il sanguinamento, medica e fascia la ferita con un tamponamento compressivo recupera il segmento amputato, sciacquarlo con acqua o soluzione fisiologica senza disinfettarlo per rimuovere lo sporco medicarlo con garze sterili inumidite e conservarlo in un contenitore refrigerato trasporta infermo e frammento in ospedale Amputazione delle dita: primo soccorso Le amputazioni delle dita si gestiscono con minor difficoltà di quelle degli arti. L’emostasi del moncone sanguinante si raggiunge con la compressione diretta e dopo, quando si riduce lo sgocciolamento, medicando e fasciando la ferita con un tamponamento compressivo. Riguardo al reimpianto del frammento amputato, anche se il tempo utile per l’intervento di microchirurgia è di 10-12 ore, il recupero richiede la stessa procedura delle grosse amputazioni: la parte amputata va pulita sciacquandola con acqua o soluzione fisiologica senza disinfettarla il frammento, avvolto in garze sterili inumidite con soluzione fisiologica, va trasportato in un sacchetto di plastica inserito a sua volta in un involucro più grande refrigerato (va evitato il contatto diretto del ghiaccio con il pezzo recuperato). Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Emorragie Classificazione Sede di emorragie arteriose emorragie venose emorragie capillari emorragie esterne e. interne e. esteriorizzare Provenienza Affluenza Le emorragie Come abbiamo visto nella sezione dedicata alla anatomia del sistema cardiovascolare, nel nostro organismo il sangue circola all’interno di un sistema idraulico a circuito chiuso. Per questa ragione, quando in questo circuito i vasi, per qualche lesione della loro parete, presentano una falla, si verifica una perdita di sangue dal loro lume, altrimenti denominata emorragia (dal greco “emo” = sangue e “reo” = scorrere). Classificazione delle emorragie Le emorragie sono suddivise in due diversi modi, a secondo se nella classificazione si sceglie la sede di localizzazione del versamento ematico (esterne, interne, esteriorizzate) o il tipo di vaso da cui il versamento proviene (arterioso, venoso, capillare). Entrambe le classificazioni hanno un’importanza sulla possibilità di prevedere l’esito del danno emorragico sui parametri vitali del paziente o sulle capacità di recupero a distanza. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
perdita di sangue all’esterno dell’organismo Emorragie esterne Emorragie interne Emorragie esteriorizzate perdita di sangue all’esterno dell’organismo versamenti di sangue confinati all’interno del corpo emorragie che avvengono all’interno di cavità collegate con l’esterno (tubo digerente, vie respiratorie, vie urinarie, orecchio, naso) Emorragie esterne Nell’emorragia esterna il sangue defluisce all'esterno del corpo. Un’emorragia esterna può comportare un’ingente perdita di sangue, d’arrestare rapidamente con le manovre di emostasi (manovre salvavita). In questi casi una risposta inadeguata pone l’infortunato in pericolo di vita. Emorragie interne Le emorragie interne sono versamenti ematici che restano racchiusi nelle cavità chiuse del corpo e non affiorano; per questo, specie se sono imponenti e profonde, sono particolarmente insidiose. Semplici emorragie interne sono gli ematomi. Si formano per infiltrazione di sangue nel tessuto sottocutaneo a seguito di un trauma. Traumi (al capo, all’addome), malattie generali (es. un’ulcera perforata) o del sangue possono produrre uno stravaso ematico in una cavità chiusa del corpo (cranio, peritoneo) senza che si possano vedere, come per gli ematomi, segni diretti del versamento. In questi casi bisogna cercare segni indiretti di perdita di sangue, che inizialmente sono molto vaghi (pallore, debolezza, affanno, irrequietezza o ansietà, sete, freddo), e facilmente confondibili con quelli di generico spavento. Successivamente, quando si manifestano i segni tardivi - polso rapido e debole, abbassamento della pressione arteriosa, perdita di coscienza- e s’avvia lo shock, la gestione del soggetto assume i caratteri dell’urgenza o dell’emergenza; di conseguenza occorre attivare da parte del primo soccorritore le stesse procedure adottate per lo shock. Emorragie esteriorizzate Nelle emorragie esteriorizzate l’evento ha preso origine all’interno del corpo, in una cavità o condotto (naso, orecchio, bocca, bronchi, stomaco, intestino, vescica, retto, etc.), in comunicazione con l’esterno attraverso una via, che il sangue percorre per emergere. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Emorragie Arteriose fuoriuscita di sangue dalle arterie il sangue zampilla fuoriesce a fiotti intermittenti in maniera sincrona con i battiti del cuore sprizza lontano della lesione bordi della ferita puliti sanguinamento imponente con rapido dissanguamento Emorragie arteriose Le emorragie arteriose sono senza dubbio le più gravi; esse infatti interessano le arterie, vasi sanguigni che trasportano il sangue dal cuore ai vari organi del corpo. In queste emorragie il sangue fuoriesce abbondante, in maniera sincrona con i battiti del cuore - il sangue “zampilla” - e, generalmente, i bordi della ferita sono puliti in quanto il sangue schizza via dalla ferita. Per la spinta offerta dalla pompa cardiaca, questa tipo d’emorragia non s’arresta spontaneamente; infatti l’emostasi naturale non ha il tempo di organizzarsi, l’ondata montante del torrente arterioso spazza via ogni coagulo. In poco tempo, così, si dissipano imponenti quantitativi di sangue. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Emorragie Venose Fuoriuscita di sangue dalle vene il sangue scorre (sgorga lentamente con flusso costante) bordi della ferita sporchi Emorragie Capillari Fuoriuscita di sangue dai capillari il sangue fuoriesce in piccole quantità, lentamente non sono mai gravi Emorragie venose Si definiscono emorragie venose quelle emorragie caratterizzate dalla fuoriuscita di sangue dalle vene. Nell’emorragia venosa il sangue scorre, sgorga lentamente con un flusso costante e i bordi della ferita sono sporchi da sangue che ristagna sulla ferita. Generalmente queste emorragie non sono gravi, perché l’organismo mette in atto dei meccanismi emostatici fisiologici; acquistano maggiore gravità (paragonabile a quelle delle emorragie arteriose) solo quando si verifica una importante lesione a carico di un ramo venoso di grandi dimensioni. Emorragie capillari Nelle emorragie capillari, il sangue fuoriesce dai vasi capillari in piccole quantità, lentamente. Queste emorragie non sono mai gravi in quanto i fisiologici meccanismi emostatici sono solitamente in grado d’arrestarle spontaneamente. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Emorragie esterne Primo Soccorso Pressione diretta sul punto di lesione Sollevamento (di un arto) applicazione laccio emostatico Intervento nelle emorragie esterne Nelle emorragie esterne è opportuno agire utilizzando una sequenza d’interventi via via più aggressivi, che bloccano la fuoriuscita di sangue dal circuito vascolare. Si comincia con la: pressione diretta con mano guantata sul punto di emorragia, dopo avere interposto tra il punto di emorragia e la mano del soccorritore un tampone costituito da garze sterili. Se la pressione diretta è inefficace si passa alla manovra del sollevamento dell’arto, che ostacola la fuoriuscita di sangue grazie alla forza di gravità. Se anche quest’ultima manovra dovesse dimostrarsi inefficace si utilizzano i punti di compressione posti a monte dell’arteria lesionata; il laccio emostatico a monte della lesione come ultima ratio. L’impiego del laccio emostatico ha, infatti, delle precise regole che ne limitano chiaramente l’uso. In realtà, non esistono evidenze scientifiche dell’efficacia delle manovre di sollevamento dell’arto e compressione dell’arteria a monte del punto di emorragia; al contrario, vi sono prove che sia la compressione diretta sul punto di emorragia, sia l’applicazione (in casi estremi) del laccio emostatico siano efficaci nel ridurre significativamente il sanguinamento. Le tecniche di tamponamento emorragico saranno illustrate nel modulo C. Approfondimenti: AHA, 2007. Compressione arteria a monte Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Emorragie interne Primo Soccorso Nel sospetto di emorragia interna, chiamare il 118 e - in attesa - trattare lo shock emorragico distendendo il paziente in posizione antishock coprendolo con la coperta isotermica impedendogli di bere, anche se ha sete Emorragie esteriorizzate Primo Soccorso Intervento nelle emorragie interne Nelle emorragie interne i segni di shock spesso denunciano il suo esordio; il trattamento, quindi, di questa patologia si sovrappone a quello dello shock ed a questo per la trattazione si rimanda. A ogni modo è importante rammentare di non dare da bere nulla al paziente, anche se a causa dello shock ha sete, per il rischio, in presenza di lesioni di organi interni, di complicazioni da ingestione di liquidi nei traumi, soprattutto toracici ed addominali; l’ingestione di alcool come tonico – consuetudine di generico conforto ancora troppo spesso praticata – ha un grave effetto di dilatazione dei vasi circolatori, che, abbassando la pressione sanguigna, induce un’ulteriore caduta dei livelli d’irrorazione cerebrale. Comunque l’azione prioritaria, in caso di sospetta emorragia interna, è l’intervento del sistema sanitario territoriale, che va prontamente attivato chiamando il 118. Intervento nelle emorragie esteriorizzate Il tema verrà trattato nel modulo C. Il tema verrà illustrato nel modulo C Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"
Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso" Annegamento Primo soccorso dopo avere chiamato aiuto, rimuovi la vittima dall’acqua utilizzando ogni mezzo condotta la vittima a riva (o su una barca), controlla coscienza e respiro avvia, se del caso le manovre di rianimazione, dopo avere chiamato il 118 non tentare manovre di soccorso in acqua se non si ha a disposizione un materassino, una barca ecc. Annegamento Interventi da compiere dopo avere chiamato aiuto, rimuovi la vittima dall’acqua utilizzando ogni mezzo (aiutati con una corda, un materassino, una barca); condotta la vittima a riva (o su una barca), controlla coscienza e respiro avvia, se del caso le manovre di rianimazione, dopo avere chiamato il 118. La presenza di acqua nel cavo orale non rappresenta un limite né una controindicazione alle manovre rianimatorie. Approfondimenti: AHA, 2005. Docente <Nome> - Corso di formazione "Primo soccorso"