Il ruolo della memoria nella testimonianza infantile

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Transcript della presentazione:

Il ruolo della memoria nella testimonianza infantile

Una delle applicazioni più importanti degli studi sullo sviluppo della memoria è data dalla testimonianza infantile. Negli ultimi anni si assiste, infatti, a una crescente tendenza a utilizzare le testimonianza dei minori come una delle prove più rilevanti per la risoluzione dei processi giudiziari. In particolare nei casi in cui il bambino abusato è l’unico testimone dell’accusa, la sua testimonianza tende a divenire l’aspetto centrale del processo stesso. Con il termine «bambino abusato» non solo si intende fare riferimento al maltrattamento fisico e/o all’abuso sessuale compiuto su un minore, ma anche alle forme di maltrattamento psicologico e alle patologie legate alle modalità di accudimento. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (2002) definisce come abusi all’infanzia «tutte le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità, nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia e potere».

Il nostro sistema giudiziario non pone preclusioni alla testimonianza sulla base dell’età del testimone; anche un bambino di tre anni, una volta che sia stata verificata la sua idoneità fisica e psicologica, può rendere testimonianza. Per questa ragione il giudice può richiedere accertamenti opportuni, consulenze e perizie, con i mezzi che gli sono consentiti dalla legge, al medico, allo psicologo oppure al neuropsichiatra infantile. In genere l’esperto del giudice, che in ambito penale si chiama perito, deve valutare il bambino in riferimento a variabili fisiche, comportamentali, cognitive e affettive. Attraverso la perizia l’esperto deve sostanzialmente accertare la coerenza dello sviluppo psichico del minore con la sua età e la sua capacità di comprendere i fatti, il grado in cui il bambino riesce a rievocare i ricordi, quali sono le fonti alla base della conoscenza della realtà in questione. Il perito risponde ai quesiti posti dal giudice che non riguardano la «veridicità» del fatto quanto piuttosto la misura, e l’eventuale margine di errore, in cui il bambino è in grado di fornire una testimonianza.

L’attendibilità della testimonianza Quando il bambino viene ascoltato ci possiamo trovare di fronte a diversi valori della testimonianza: vera negativa (VN), se il bambino non è stato abusato e non ricorda nessun abuso; vera positiva (VP), se il bambino è stato abusato e ricorda l’evento; falsa negativa (FN), se il bambino è stato abusato e non ricorda l’evento; falsa positiva (FP), se il bambino non è stato abusato e ricorda invece di esserlo stato.

Valutare l’attendibilità L’attendibilità della testimonianza del bambino può essere definita attraverso due criteri fondamentali: la competenza e la credibilità. Per quanto concerne la competenza, l’esperto deve essere in grado di stabilire fino a che punto il bambino sa distinguere la verità dalla bugia, e il reale dal verosimile. Un secondo elemento rilevante è se il minore sia in grado di comprendere il suo ruolo di testimone. Inoltre, è importante valutare il linguaggio, la memoria e le variabili emotive che possono influenzare il giudizio stesso del bambino. La credibilità si riferisce agli aspetti motivazionali della testimonianza e verifica possibili fonti di influenzamento delle dichiarazioni del soggetto. Per essere definito credibile, un minore deve essere in grado di esporre un fatto in modo spontaneo, logico e coerente, e deve poter fornire testimonianze simili anche se viene sentito in tempi diversi. La credibilità del minore va inoltre messa in relazione alle possibili influenze, dirette e indirette, positive e negative del contesto come i familiari, gli amici, l’ambito scolastico, i media.

Elementi che rendono attendibile una testimonianza Un primo e fondamentale elemento è ovviamente la memoria, ovvero il grado di accuratezzadel ricordo. I bambini al di sotto dei 5 anni possono avere ricordi accurati, anche se gli elementi ricordati sono in numero assai ridotto. In realtà, per comprendere un fatto, o gli aspetti rilevanti che lo caratterizzano, sono necessari anche pochi elementi, purché salienti. A causa delle loro modalità di codifica, i bambini tendono a ricordare preferibilmente dettagli relativi a oggetti e azioni piuttosto che a persone e a luoghi. Tendono a memorizzare gli eventi centrali di un fatto, come ad esempio, nel caso di un abuso, le dinamiche dell’evento o certe parti del corpo interessate, piuttosto che gli elementi periferici come le informazioni specifiche relative a un certo evento.

Il tempo L’intervallo di tempo trascorso dalla codifica di un determinato evento al momento del recupero è fondamentale per la precisione del ricordo stesso. Nel periodo di ritenzione la memoria dei bambini è soggetta a potenziali influenze, dovute sia alle informazioni ricevute in tempi successivi all’evento (interferenza) che alla quantità di tempo che intercorre prima che venga recuperata l’informazione (decadimento). Anche i mass media possono interferire con il ricordo originario del bambino, sia parlando direttamente del fatto a cui il bambino ha assistito, sia raccontando una storia simile che distorce però l’evento di cui il bambino è stato testimone. In entrambi i casi le nuove informazioni possono «entrare a far parte» dei ricordi del bambino, posto quindi in difficoltà nel differenziare ciò di cui è stato testimone diretto da ciò che ha semplicemente visto alla tv o ascoltato da qualcun altro. Questo effetto è normalmente definito «effetto di disinformazione post-evento» (post-event misinformation effect) e indica la tendenza involontaria ad acquisire nuove diverse informazioni che alterano il ricordo di un certo evento.

Confrontando bambini di 3-4 anni con bambini di 5-6 anni (Gobbo, 2007), emerge che a distanza di una settimana da un’attività manuale, come preparare una «pasta di sale» e modellare un animale: i bambini più grandi ricordano meglio l’evento e forniscono risposte più accurate sia alle domande neutre che fuorvianti; l’intervallo di tempo influenza negativamente il ricordo dei bambini più piccoli sia in riferimento agli eventi che alle azioni; nei bambini più grandi si assiste a una riduzione di accuratezza solo nel caso del ricordo delle azioni svolte; in alcuni casi la suggestionabilità diminuisce con il tempo e può essere perfino temporanea sia nei bambini più piccoli che in quelli più grandi.

La rilevanza soggettiva della situazione Il ricordo di un evento è più accurato se il bambino lo ha vissuto in prima persona rispetto all’esserne stato un semplice spettatore o all’averne semplicemente sentito parlare (Rudy e Goodman, 1991). Alcuni studi indicano che se un bambino ha fatto esperienza di un evento sul proprio corpo, come nel caso di un’iniezione, egli ne avrà un ricordo più accurato e sarà anche meno suggestionabile (Saywitz et al., 1991). Altre ricerche hanno enfatizzato la rilevanza di variabili psicologiche, quali ad esempio l’interesse e la motivazione, sul ricordo infantile (Mazzoni, 2007). Se un bambino è particolarmente interessato da un evento, lo ricorderà con maggiore precisione; l’attenzione sarà infatti meno dispersa, e il conseguente «risparmio» cognitivo garantirà un ricordo più preciso. Normalmente, oltre ai bambini, anche gli adulti non sono in grado di ricordare tutti gli elementi o i dettagli presenti nel contesto.

Cosa si ricorda? L’elemento maggiormente ricordato, sia che si parli di stimoli visivi che uditivi, è generalmente quello più rilevante, mentre gli altri elementi spesso non vengono considerati. Esistono però anche delle eccezioni in cui, ad esempio, la persona è in grado di ricordare solo elementi apparentemente non rilevanti e di scarso supporto alla ricostruzione di un evento. Il bambino può in modo intenzionale dirigere l’attenzione su uno specifico aspetto del contesto perché valuta, ad esempio, che una certa informazione è più rilevante oppure semplicemente più piacevole.

spostamento involontario dell’attenzione L’attenzione di un bambino durante un litigio con la propria madre può ad esempio dirigersi, senza che egli lo voglia, dal contenuto verbale dell’interazione all’oggetto che il genitore tiene in mano e che agita davanti ai suoi occhi. Il fenomeno definito come weapon effect spiega perché il bambino potrebbe ricordare in modo attendibile solo questo elemento e non ricordare niente altro di tale episodio.

Conoscenze pregresse e stereotipi sociali Anche i bambini posseggono stereotipi sociali e li utilizzano per conferire significato a ciò che percepiscono. Un bambino potrebbe essere portato a ricordare elementi negativi che caratterizzano il comportamento di un individuo socialmente pericoloso, piuttosto che ricordare azioni a valenza positiva. L’informazione potrebbe quindi essere modificata e in tal modo fatta rientrare nei propri schemi mentali. Queste connessioni causali possono essere arbitrarie e allontanare la testimonianza dal fatto realmente accaduto. Va inoltre considerata l’influenza che gli stereotipi sociali dell’intervistatore possono avere sulla testimonianza del bambino: se l’adulto che intervista il bambino ha credenze su come è andato un fatto, può tendere a fare domande che prevedono risposte di tipo si/no, e ottenere di conseguenza con maggiore probabilità informazioni fuorvianti (De Leo, Piscione e Calabrese, 2007).

Connotazione emotiva dell’evento Le emozioni sono attivatori importanti per la nostra memoria e per molti processi cognitivi di base. A causa della componente emozionale è possibile che il soggetto di un’esperienza focalizzi l’attenzione su uno specifico evento, oppure, al contrario, che la sua attenzione sia distolta da particolari soggettivamente salienti in quel contesto ma di fatto non rilevanti per una ricostruzione adeguata di un certo avvenimento. È stato ampiamente dimostrato, ad esempio, che la tendenza alla suggestionabilità dei bambini aumenta nel caso in cui essi si trovino in una situazione caratterizzata da una certa valenza emotiva (Welch-Ross, 1999). È stato inoltre sottolineato che vengono ricordati meglio gli eventi connotati negativamente e i dettagli centrali piuttosto che periferici, anche se tali ricordi possono essere modificati da variabili interne o esterne al soggetto

In un recente esperimento (Parisi, Manno e Fadda, 2007) bambini di circa 4 anni erano sottoposti a un evento emotigeno come la visita medica da un oculista. In tale visita i bambini, che indossavano un paio di occhiali a visione tridimensionale, avevano il compito di indicare degli animali raffigurati in un quaderno. Il dottore ispezionava quindi gli occhi dei bambini con una piccola luce, chiedendo loro di seguire la luce con lo sguardo mentre egli la muoveva. La sessione di suggestione era caratterizzata dall’introdurre, il giorno seguente, due tipi di informazioni false: informazioni in contraddizione, chiedendo ad esempio al bambino se aveva visto della frutta, quando in realtà aveva visto degli animali; informazioni di aggiunta di un elemento non presente, chiedendo ad esempio al bambino se ricordava l’ispezione della bocca da parte del dottore quando in realtà gli erano stati ispezionati solo gli occhi. Un secondo gruppo di bambini assisteva invece a un evento del tutto simile al precedente ad eccezione della connotazione emotiva della situazione; in questo caso si trattava infatti di una situazione neutra, consistente in un gioco con della frutta, dei pupazzi e una sveglia. La ricerca ha evidenziato che a parità di abilità metarappresentative, i bambini che avevano partecipato all’evento emotigeno presentava-no un numero di risposte suggestionate superiore a quelle del gruppoche aveva partecipato all’evento neutro (37% contro 15%).

Il tono emotivo entra in gioco anche nel momento in cui il bambino viene intervistato dall’adulto per ricordare e narrare un certo evento. Vengono sconsigliate sia modalità di conduzione dell’intervista troppo amichevoli che, al contrario, troppo fredde e distanti. Entrambe queste modalità possono infatti rinforzare la produzione di specifiche risposte e creare un’atmosfera «incriminante» che riflette le convinzioni dell’intervistatore. Anche bambini di 4 o 5 anni possono riportare testimonianze più o meno accurate (Gobbo, 2007; Goodman e Reed, 1986), sebbene essi siano generalmente più coinvolti emotivamente nella situazione e tendano a dimenticare gli elementi periferici rispetto all’evento principale. In questo caso è possibile aumentare il livello di accuratezza del ricordo, sia incrementando il livello di attenzione nel momento della codifica che strutturando un contesto simile a quello in cui è avvenuto il fatto stesso

Richiamo libero contrapposto a domande più o meno dirette In età prescolare il processo di richiamo libero delle informazioni in memoria è particolarmente complesso. Il richiamo libero presenta dei vantaggi, ma anche numerosi svantaggi come, ad esempio, il fatto di omettere elementi non rilevanti per il soggetto ma fondamentali per coloro che lo intervistano. Lo stesso Piaget (1936) aveva fornito importanti suggerimenti su come intervistare un bambino, e aveva più volte evidenziato come piccoli cambiamenti nel formulare domande potevano produrre grandi differenze nella soluzione dei compiti.

prova piagettiana di «inclusione in classi» Se vengono mostrate a un bambino 20 perle di legno, di cui 17 marroni e 3 bianche, e poi gli si chiede se si ottiene una collana più lunga infilando le perle marroni o le perle di legno, si hanno diverse risposte in funzione dello sviluppo cognitivo. Un bambino nello stadio preoperatorio (dai 2 ai 6 anni) risponde generalmente che la collana di perle marroni è più lunga poiché egli può manipolare mentalmente o le parti (perle marroni e perle bianche) o l’intero (perle di legno) ma non riesce a mettere in relazione, contemporaneamente, l’insieme (perle di legno) e un suo sottoinsieme (perle marroni). Solo a uno stadio successivo diventa facile ragionare su relazioni simili. Rivolgendo a un bambino domande più dirette o fornendo informazioni aggiuntive, è possibile quindi determinare in modo rilevante gran parte della testimonianza stessa.

I bambini soggetti a domande ripetute sì/no tendono a modificare la loro risposta poiché, ad esempio, possono immaginare che la domanda venga ripetuta dato che la loro prima risposta era sbagliata; essi cambiano quindi la risposta per correggere l’errore. Persino il semplice cambiamento di una piccola parte di una domanda, come ad esempio l’articolo, può avere degli effetti sul ricordo del bambino. È diverso infatti chiedere «Hai visto una pistola?» o «Hai visto la pistola?». Nel primo caso ci si riferisce all’oggetto in sé, di cui il bambino avrà fatto sicuramente esperienza, fosse solo di una pistola giocattolo,pci si riferisce a quella specifica pistola che egli avrebbe visto in quella determinata situazione.

Come porre le domande La memoria dei bambini, specie in età prescolare, in genere migliora se il somministratore è in grado di fornire dei suggerimenti (prompts); è però importante che essi non diventino delle domande guidanti (leading questions) che implicano la risposta e la determinano. Occorre anche evitare domande fuorvianti (misleading questions), che contengono informazioni errate. Nel caso in cui il bambino racconti un episodio che implica l’aver visto una macchina, un suggerimento adeguato potrebbe essere «Di che colore era la macchina?»; una domanda guidante «Era un uomo di colore nero che guidava la macchina?»; una domanda forviante «Era rossa la macchina?». In quest’ultimo caso l’intervistatore in realtà sospetterebbe che la macchina fosse invece nera. Le modalità migliori per porre domande ai minori, specie nei casi di abuso, consistono nell’usare frasi e domande brevi, nell’evitare costruzioni grammaticali e tempi verbali complessi, nell’evitare l’uso di pronomi al posto dei nomi propri come pure l’utilizzo di termini relativi che variano con il tempo (ieri, la scorsa settimana ecc.) o il luogo (qui, là ecc.).

Difficoltà a riconoscere la fonte dei propri ricordi In relazione a quanto considerato nel capitolo 5, i bambini in età prescolare possono non essere in grado di distinguere se un certo ricordo è il frutto di un racconto oppure di un’esperienza realmente vissuta (Mazzoni, 2003). I bambini in età prescolare avrebbero infatti problemi a richiamare informazioni precedentemente immagazzinate, in particolare per quando riguarda informazioni poco rilevanti. Ciò dipenderebbe dalla forza delle tracce e da una maggiore difficoltà a integrare nella codifica i diversi elementi presenti nella scena ed esperiti attraverso diverse modalità percettive. Anche i recenti sviluppi della Teoria della Mente hanno evidenziato come bambini con modeste abilità metarappresentative hanno difficoltà a considerare simultaneamente e a mettere a confronto due rappresentazioni diverse di uno stesso evento. Una possibile risoluzione del conflitto consiste nel sostituire la rappresentazione originale, meno accessibile alla memoria, con l’ultimo ricordo relativo all’evento in questione.

Definire la suggestionabilità T. Huenefeldt nella sua tesi di dottorato fa una ricognizione della suggestionabilità della memoria in età evolutiva che può essere definita come la misura in cui la codifica, l’immagazzinamento, il recupero e il rapporto di eventi da parte di bambini può essere influenzato da una serie di fattori sociali e psicologici (Ceci e Bruck, 1993). A differenza di definizioni più strette, questa definizione presentale seguenti implicazioni: la suggestionabilità della memoria non comporta necessariamente un’alterazione della memoria stessa, ma può includere fenomeni come l’acquiescenza consapevole e la menzogna; la suggestionabilità della memoria può essere dovuta all’esposizione a informazioni fornite prima o dopo un evento da ricordare; la suggestionabilità può essere dovuta sia a fattori cognitivi che a fattori sociali. Questa definizione di suggestionalità è particolarmente utile in contesti come l’ambito forense.

suggestionabilità interrogativa è la tendenza ad acconsentire a domande fuorvianti, ovvero a domande che suggeriscono o presuppongono informazioni non corrette sull’evento in questione, o a cambiare risposta dopo un feedback negativo. Si tratta dunque di una suggestionabilità dovuta al tipo di domande fatte nella sessione di recupero dell’informazione o al feedback fornito in seguito alle risposte. Tipicamente, le domande fuorvianti sono domande chiuse, cioè domande che obbligano a rispondere sì o no oppure a scegliere fra due risposte alternative.

L’effetto di disinformazione è la tendenza a incorporare informazioni ottenute dal soggetto dopo aver assistito all’evento da ricordare. Si tratta di una suggestionabilità dovuta all’esposizione, dopo l’evento da ricordare e prima della sessione di recupero, a informazioni supplementari o conflittuali con l’evento da ricordare. In linea di principio, tale suggestionabilità sarebbe rilevabile indipendentemente dal tipo di domande fatte nella sessione di recupero dell’informazione sull’evento, quindi in presenza di domande chiuse, di domande aperte o di un resoconto libero.

creazione di falsi eventi è la tendenza, stimolata da tecniche di suggestione, a costruire la narrazione di un evento mai accaduto o a rispondere acriticamente a domande specifiche su tale evento. Si tratta di una suggestionabilità che non è relativa a un determinato evento da ricordare e che non è dovuta necessariamente all’esposizione a informazioni fornite da altri. Piuttosto, l’informazione errata viene tipicamente inventata dal soggetto stesso, che poi non è più in grado di riconoscere la sua invenzione come tale.

Fattori che influenzano la suggestionabilità della memoria in età evolutiva In linea di principio, si possono distinguere tre generi di variabili che condizionano la suggestionabilità della memoria: variabili extrasistemiche, variabili sistemiche e variabili subsistemiche . Le variabili extrasistemiche non riguardano l’individuo suggestionabile ma l’evento da ricordare, la sessione di recupero o eventi precedenti o intermedi fra l’evento da ricordare e la sessione di recupero. Le variabili sistemiche sono relative all’individuo suggestionabile, ovvero alle sue caratteristiche demografiche, cognitive e psico-sociali. Le variabili subsistemiche sono date da tutte quelle variabili relative a componenti anatomo-fisiologiche dell’individuo suggestionabile, come il suo cervello o i suoi geni Finora la maggior parte delle ricerche sui fattori che influenzano la suggestionabilità della memoria in età evolutiva studia l’effetto di variabili extrasistemiche in funzione dell’età. Da alcuni anni, però, le ricerche che prendono in considerazione gli effetti di variabili cognitive e psico-sociali sono in notevole aumento. Questa evoluzione è dovuta al tentativo di comprendere meglio le fortissime differenze individuali nella suggestionabilità della memoria che si sono manifestate nelle precedenti ricerche. Sono ancora carenti le ricerche sugli effetti di variabili subsistemiche e, in particolare, sui correlati neurali della suggestionabilità della memoria in età evolutiva.

Falsi ricordi, suggestionabilità e Teoria della Mente Ero seduto in una carrozzina, spinta dalla mia bambinaia negli Champs Elysées (presso il Grand-Palais), quando un individuo ha cercato di rapirmi. La cinghia di cuoio stretta all’altezza dei miei fianchi mi ha trattenuto, mentre la bambinaia cercava coraggiosamente di contrastare l’uomo, ne ha ricevuto persino dei graffi e vedo ancora vagamente la sua fronte graffiata: (Piaget, La formazione del simbolo nel bambino)

Diversi studi sperimentali hanno dimostrato, ad esempio, che è possibile creare un falso ricordo anche in adolescenti e adulti (Loftus e Pickrell, 1995; Pezdek, 1994). Perché si crei un falso ricordo le fonti di distorsione devono rispondere a tre requisiti: 1) l’evento suggerito deve potersi collegare a conoscenze personali, a una parte della propria storia; il soggetto deve crearsi un’immagine mentale ed essere in grado di costruire una narrazione di quell’episodio in modo che l’evento possa essere ricordato e dotato di coerenza; 2) l’evento che viene suggerito deve essere plausibile; 3)il soggetto deve credere che il falso ricordo faccia parte della sua memoria autobiografica e non sia invece una sua creazione.

Un aspetto centrale in questi studi è indagare se la memoria, in particolare quella infantile o quella che riguarda esperienze infantili, sia sufficientemente accurata e precisa oppure vulnerabile alla suggestione e, in quanto tale, imprecisa o addirittura inesatta fino al punto da generare falsi ricordi. La presentazione di un’informazione erronea in seguito all’esposizione allo stimolo può interferire con il recupero dei ricordi e favorire l’accettazione dell’elemento fuorviante suggerito attraverso domande formulate in modo induttivo. Possono inoltre verificarsi fenomeni di sovrapposizione o appaiamento delle informazioni provenienti da diverse fonti rispetto alle quali il soggetto deve operare una scelta (Mazzoni, 1995a).

Possedere una Teoria della Mente, competenza che inizia solitamente fra i 4 e i 5 anni, significa essere capaci di attribuire a se stessi e ad altri stati mentali come intenzioni, desideri e credenze, e di utilizzare la conoscenza di tali stati mentali per prevedere il comportamento proprio e altrui (Baron-Cohen, 1995; Premack e Woodruff, 1978). I dati presenti in letteratura evidenziano sostanzialmente come possedere una Teoria della Mente tenda a ridurre il grado di suggestionabilità infantile (Parisi, Manno e Fadda, 2007; Templeton e Wilcox, 2000; Welch-Ross, 1999; Welch-Ross, Diecidue e Miller, 1997). Possedere una Teoria della Mente favorisce infatti sia il riconoscimento dell’altro nell’interpretazione della realtà, sia la comprensione che le rappresentazioni della realtà sono diverse dal fatto in sé. La capacità di mettere a confronto più modelli mentali della realtà permette ai bambini di scegliere il dato che meglio si ancora alla realtà stessa e di essere in definitiva meno suggestionabili.

La Teoria della Mente del bambino potrebbe influenzare la capacità di fornire testimonianza in riferimento a tre aspetti fondamentali: a) la comprensione di come avviene il processo di conoscenza; b) la competenza nel monitorare le fonti di conoscenza e delricordo; c) la comprensione che la mente struttura e interpreta la realtà e non la riproduce semplicemente in quanto dato percepito (Baron-Cohen et al., 1999; Doise e Mugny, 1981; Hyman, Husbande Billings, 1995). Sebbene siano necessari ulteriori studi, la ricerca in questo ambito sembra aver dimostrato che i bambini dotati di Teoria della Mente risultano meno suggestionati, rispetto agli altri gruppi di soggetti, sia quando viene presentata loro un’informazione fuorviante basata sulla «non esistenza» di un fatto, come quando viene raccontato loro un aneddoto mai accaduto, sia nel caso in cui ricevono un’informazione contraddittoria a cui possono contrapporre la propria esperienza reale.

Le fonti di informazione Pochi studi si sono occupati di questo problema, ma è probabile che le varie fonti di informazione entrino in gioco in misura diversa nei differenti contesti in cui si applica la metacognizione. La scelta di una determinata fonte di informazione potrebbe fornirci, specie nei bambini, una visione più completa delle differenze individuali presenti nelle abilità metacognitive dei soggetti. I bambini sono maggiormente in grado di resistere alla suggestione nei casi in cui possono esplicitare le fonti dell’informazione e comprendere qual è l’origine dei ricordi (Lindsday, Jhonson e Known, 1991). Viene considerato elemento sostanziale di trasformazione il processo che permette al bambino di comprendere che la mente non riproduce semplicemente la realtà esterna, ma che le conferisce una forma, la codifica e la trasforma. Il modello rappresentazionale della mente permette al bambino di affermare che esistono diverse interpretazioni della realtà e che tali interpretazioni sono il risultato di una combinazione più o meno dinamica di realtà esterna e interna (Flavell, 1988).

L’Intervista Cognitiva per bambini L’Intervista Cognitiva per bambini (IC; Geiselman et al., 1984), utilizzata molto negli Stati Uniti con bambini di almeno 8 anni, ha lo scopo di diminuire gli effetti della suggestionabilità del bambino dando particolare importanza alla fase di preparazione dell’intervista stessa. Prevede una sequenza prestabilita di attività che devono essere svolte in successione, basandosi su principi di psicologia cognitiva relativi al ricordo e al recupero di informazioni dalla memoria. Si fonda sull’ipotesi che: 1) esistono numerosi metodi per recuperare dalla memoria un evento; le informazioni non accessibili con un metodo possono esserlo con un altro; 2) la memoria agisce attraverso processi ricostruttivi, e il recupero mnestico non è mai una copia fedele della realtà percepita.

L’intervista cognitiva prevede l’utilizzo di quattro specifiche mnemotecniche1: 1) ricreare il contesto: si chiede al soggetto di creare nuovamente il contesto in cui è avvenuto un certo evento, compresi gli stati emozionali; 2) riferire ogni cosa: si incoraggia la persona a riferire ogni particolare, indipendentemente dal livello di sicurezza personale del ricordo; 3) ricordare gli eventi in modo differente: ad esempio, dall’inizio alla fine oppure dalla fine all’inizio; questa tecnica è possibile solo con bambini di almeno 8 anni; 4) mutare prospettiva: il soggetto è invitato a ricordare l’evento come se fosse un’altra persona o se si trovasse in un’altra posizione mentre avvenivano le cose che ricorda; si può utilizzare solo con bambini di almeno 12 anni.

5 fasi dell’intervista L’IC è articolata in cinque fasi ben codificate. Nella prima fase, della costruzione del rapporto, si cerca di instaurare un’atmosfera rilassata che permetta di rassicurare il bambino: l’esperto deve chiarire lo scopo del colloquio e incoraggiare il bambino a dire qualunque cosaricordi di un certo evento. Nella seconda fase, del racconto libero, si cerca di ricreare il contesto dell’evento (mnemotecnica del «ricreare il contesto») e successivamente si chiede al bambino, senza interruzioni esterne, di raccontare il fatto riportando tutto ciò che ricorda. Nella terza fase, del fare domande, si fanno domande aperte relative alle informazioni che il bambino ha riportato fino a quel momento. L’esperto cerca di comprendere le rappresentazioni mentali dell’evento a cui il bambino ha assistito. Nella quarta fase, del secondo racconto, si sollecita un ulteriore resoconto libero utilizzando la possibilità di illustrare l’evento da una prospettiva diversa oppure in un ordine differente. Nell’ultima fase, della chiusura, si cerca di ricreare un’atmosfera in cui il bambino si possa rilassare e tranquillizzare.

La Step Wise Interview Può essere condotta anche con bambini con meno di 8 anni, ed è costituita da una serie di passaggi graduali o «gradini» che hanno lo scopo di tranquillizzare il bambino e minimizzare la contaminazione. All’inizio l’esperto parla di argomenti neutri o gioca con il bambino, non solo per creare un contesto più tranquillo, ma anche per condurre osservazioni non strutturate sulle sue abilità linguistiche, cognitive, comportamentali e sociali. Nella seconda fase si chiede al bambino di ricordare esperienze del passato definibili come «importanti» (ad esempio un compleanno), sia per creare un contesto relazionale di fiducia che per stabilire la qualità e la quantità degli elementi ricordati di un evento importante. Nella terza fase si affrontal’argomento alla base della testimonianza e si evidenzia al bambino la necessità di dire la verità senza timori. In questa fase l’esperto deve anche valutare in quale misura il bambino è in grado di conoscere la differenza tra verità e bugia. Gradatamente nella quarta fase vengono fatte domande sull’evento da investigare. All’inizio le domande sono aperte e se esse non conducono a nessun ricordo vengono i disegni; come ultima possibilità si prevede il ricorso alle domande dirette. Nell’ultima fase dell’intervista cognitiva si conclude il colloquio ringraziando il bambino.

Processi metacognitivi e di memoria:Criteria-Based Content Analysis L’ipotesi è che la deposizione di un evento realmente ricordato è diversa quantitativamente e qualitativamente dal modo in cui si descrive una fantasia oppure qualche cosa che ci è stata riferita da altri. Per un bambino ricordare un evento è difficile ma costruire una bugia è un processo ancora più complesso; il bambino si impegna molto di più nella costruzione di un evento inventato e inevitabilmente la sua descrizione sarà di qualità inferiore, dato che egli impiega parte delle sue risorse cognitive a controllare quanto sta dicendo.

L’esperto deve analizzare la trascrizione della testimonianza attraverso una griglia che esamina 5 «criteri di realtà generali» e 19 «criteri specifici » (Pezzati, Mazzoni, Bausano, 2007). A. caratteristiche generali: 1) struttura logica del racconto; 2) strutturazione della produzione in un senso ordinato e coerente; 3) quantità di dettagli relativi al luogo, al tempo, alle persone e agli oggetti; B. contenuto specifico: 4) ordine spaziale e temporale degli elementi in un contesto; 5) descrizioni di interazioni fra il testimone e gli altri personaggi; 6) presenza di conversazioni fra i protagonisti del racconto; 7) elementi che introducono complicazioni o che sono inaspettati; C. particolarità del contenuto: 8) dettagli inusuali che arricchiscono il senso della storia; 9) dettagli superflui; 10) dettagli poco compresi dal bambino ma che vengono riportati in modo accurato; 11) associazioni esterne che sono collegate in modo periferico ma coerente all’evento raccontato; 12) riferimento a stati mentali propri; 13) descrizioni mentali delle altre persone coinvolte nel racconto; D. motivazione ad accusare: 14) correzioni spontanee; 15) ammissioni di vuoti di memoria, il soggetto ammette in modo spontaneo di non sapere o di non ricordare; 16) dubbi sulla propria testimonianza; 17) autocolpevolizzazione; 18) perdono verso il colpevole; E. elementi specifici dell’offesa: 19) presenza di dettagli specifici che si riferiscono alla molestia o al crimine in questione. L’esperto, in riferimento ai 19 criteri, utilizza una scala a tre punti e assegna 0 se il criterio è assente, 1 se è parzialmente presente e 2 se è presente in modo preminente. Un punteggio elevato alla CBCA, sebbene non esista un numero minimo di criteri da soddisfare, suggerisce la possibilità che l’evento riportato possa essere realmente accaduto. L’assenza di criteri di validità non implica però necessariamente che la dichiarazione sia falsa ma potrebbe indicare, ad esempio, una difficoltà del bambino a ricordare l’evento cui ha assistito (Yuille, 1988).