L’ETÀ GIULIO-CLAUDIA (14-68 d.C.)
Con dinastia giulio-claudia si indica la serie dei primi cinque imperatori romani, che governarono l'impero dal 27 a.C. al 68 d.C., quando l'ultimo della linea, Nerone, si suicidò, si dice, aiutato da un liberto. La dinastia viene così chiamata dal nomen (il nome di famiglia) dei primi due imperatori: Caio Giulio Cesare Ottaviano (l'imperatore Augusto), adottato da Cesare e dunque membro della famiglia Giulia (gens Iulia) e Tiberio Claudio Nerone (l'imperatore Tiberio figlio di primo letto di Livia, moglie di Augusto), appartenente per nascita alla famiglia Claudia (gens Claudia).
Membri della famiglia Gli imperatori della dinastia furono: Augusto (27 a.C. – 14) **************************** Tiberio (14 – 37) Caligola (37 – 41) Claudio (41 – 54) Nerone (54 – 68)
Augusto (27 a.C.-14 d.C.) Il Senato gli conferì il titolo di Augustus il 16 gennaio 27 a.C., e il suo nome ufficiale fu da quel momento Imperator Caesar Divi filius Augustus (nelle epigrafi IMPERATOR•CAESAR•DIVI•FILIVS•AVGVSTVS Nel 23 a.C. gli fu riconosciuta la tribunicia potestas e l'Imperium proconsulare a vita,mentre nel 12 a.C. divenne Pontefice Massimo. Restò al potere sino alla morte, e il suo principato fu il più lungo della Roma imperiale (44 anni dal 30 a.C., 37 anni dal 23 a.C.).
L'età di Augusto rappresentò un momento di svolta nella storia di Roma e il definitivo passaggio dal periodo repubblicano al principato. La rivoluzione dal vecchio al nuovo sistema politico contrassegnò anche la sfera economica, militare, amministrativa, giuridica e culturale. Augusto, negli oltre quarant'anni di principato, introdusse riforme d'importanza cruciale per i successivi tre secoli
riformò il cursus honorum di tutte le principali magistrature romane, ricostruendo la nuova classe politica e aristocratica, e formando una nuova classe dinastica; riorganizzò le forze armate di terra ; fece di Roma una città monumentale con la costruzione di numerosi nuovi edifici; favorì la rinascita economica e il commercio, grazie alla pacificazione dell'intera area mediterranea, alla costruzione di porti, strade, ponti e ad un piano di conquiste territoriali senza precedenti, che portarono all'erario romano immense e insperate risorse ; promosse una politica sociale più equa verso le classi meno abbienti, con continuative elargizioni di grano e la costruzione di nuove opere di pubblica utilità (come terme, acquedotti e fori); diede nuovo impulso alla cultura, grazie anche all'aiuto di Mecenate. introdusse una serie di leggi a protezione della famiglia e del mos maiorum chiamate Leges Iuliae.
Tiberio (14-37 d.C.) Discendente della gens Claudia, alla nascita ebbe il nome di Tiberio Claudio Nerone (Tiberius Claudius Nero). Fu adottato da Augusto nel 4, ed il suo nome mutò in Tiberio Giulio Cesare (Tiberius Iulius Caesar); alla morte del padre adottivo, il 19 agosto del 14 d.C., ottenne il nome di Tiberio Giulio Cesare Augusto (Tiberius Iulius Caesar Augustus) e poté succedergli ufficialmente nel ruolo di princeps.
In gioventù Tiberio si distinse per il suo talento militare conducendo brillantemente numerose campagne lungo i confini settentrionali dell'Impero e in Illirico . Asceso al trono, operò alcune importanti riforme in ambito economico e politico, e pose fine alla politica di espansione militare, limitandosi a mantenere sicuri i confini grazie anche all'opera del nipote Germanico. Dopo la morte di quest'ultimo, Tiberio favorì sempre più l'ascesa del prefetto del pretorio Seiano, allontanandosi da Roma per ritirarsi nell'isola di Capri. Quando il prefetto mostrò di volersi impadronire del potere assoluto, Tiberio lo fece destituire e uccidere, ma evitò ugualmente di rientrare nella capitale. Tiberio fu duramente criticato dagli storici antichi, quali Tacito e Svetonio, ma la sua figura è stata rivalutata dalla storiografia moderna come quella di un politico abile e attento.
Caligola (37-41 d.C.) Il terzo imperatore di questa dinastia fu Caligola, su cui le fonti storiche pervenute lo hanno reso noto per la sua stravaganza, eccentricità e depravazione, tramandandone un'immagine di despota. L'esiguità delle fonti fa comunque di Caligola il meno conosciuto di tutti gli imperatori della dinastia.
Al momento della morte di Tiberio, molti dei personaggi che avrebbero potuto succedergli erano stati brutalmente uccisi. Il successore più logico (scelto anche da Tiberio) era Gaio (meglio conosciuto col nome di Caligola, per la sua abitudine di portare particolari sandali chiamati caligae), suo pronipote e figlio di Germanico. Caligola iniziò il regno ponendo fine alle persecuzioni e bruciando gli archivi dello zio.
Sfortunatamente, però, cadde presto malato: gli storici successivi, probabilmente alterando in parte la verità, riportano una serie di suoi atti insensati che avrebbero avuto luogo a partire dalla fine del 37. Pare, ad esempio, che avesse ordinato ai suoi soldati di invadere la Britannia, ma che avesse cambiato parere all'ultimo minuto, mandandoli invece a raccogliere conchiglie sulla riva del mare. Venne inoltre accusato di intrattenere rapporti incestuosi con le proprie sorelle. Celebre è anche la sua presunta decisione di nominare senatore un suo cavallo.
Nel 41, Caligola cadde vittima di una congiura, assassinato dal comandante dei pretoriani Cassio Cherea. L'unico membro rimasto della famiglia imperiale era un altro nipote di Tiberio: Tiberio Claudio Druso Nerone Germanico, meglio noto come Claudio.
Claudio (41-54) A Caligola succede lo zio Claudio. Nato col nome di Tiberio Claudio Druso, era considerato dai suoi contemporanei come un candidato improbabile al ruolo di imperatore, soprattutto in considerazione di una qualche infermità da cui era affetto, tanto che la sua famiglia lo tenne lontano dalla vita pubblica fino all'età di quarantasette anni, quando tenne il consolato assieme al nipote Caligola.
Fu probabilmente questa infermità e la scarsa considerazione politica di cui godeva che gli permisero di sopravvivere alle purghe che colpirono molti esponenti della nobiltà romana durante i regni di Tiberio e Caligola: alla morte di quest'ultimo, Claudio divenne imperatore proprio in quanto unico maschio adulto della dinastia giulio-claudia.
Malgrado la mancanza di esperienza politica, Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico, questo il nome adottato dopo l'acclamazione ad imperatore, dimostrò notevoli qualità: fu un abile amministratore, un grande patrono dell'edilizia pubblica, espansionista in politica estera (sotto il suo comando si ebbe la conquista della Britannia) e un instancabile legislatore, che presiedeva personalmente i tribunali e che giunse a promulgare venti editti in un giorno. Claudio dovette anche sopportare molte disgrazie nella vita privata: una di queste potrebbe essere stata all'origine del suo assassinio. La fama di Claudio presso gli storici antichi non fu certo positiva, al contrario tra i moderni molte delle sue opere furono rivalutate.
Nerone (54-68) Ultimo di questa importante dinastia fu Nerone. Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia il quale, succedendo a suo zio Claudio nell'anno 54, governò per quattordici anni fino al suicidio avvenuto all'età di trent'anni. Inizialmente, Nerone lasciò il governo di Roma a sua madre Agrippina ed ai suoi tutori, in particolare a Seneca. Tuttavia, divenendo adulto, il suo desiderio di potere aumentò: fece giustiziare la madre ed i tutori.
Durante il suo regno ci fu una serie di rivolte e ribellioni in tutto l'Impero: in Britannia, Armenia, Partia e Giudea. L'incapacità di Nerone di gestire le ribellioni e la sua sostanziale incompetenza divennero rapidamente evidenti e nel 68 si suicidò. L’anno 69 (noto come l'anno dei quattro Imperatori) fu un anno di guerra civile, con gli Imperatori Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano al trono in rapida successione. Alla fine dell'anno, Vespasiano riuscì a consolidare il suo potere come Imperatore di Roma.
INTELLETTUALI E POTERE: TRA ADULAZIONE E DISSENSO Durante l'età degli imperatori della casa Giulio Claudia, si accentua il fenomeno di disgregazione del rapporto tra gli intelletuali e il potere, che si era già manifestata in effetti in termini poco appariscenti, iniziata già negli ultimi anni di Augusto (provvedimenti contro Ovidio). L'età Giulio Claudia vide il tramonto di quel precario equilibrio tra il principe e il Senato su cui si era retto lo Stato, durante l'età Augustea, a vantaggio del potere imperiale che tende ad assumere carattere assolutistico ed autocratico.
La maggior parte degli intellettuali appartiene al rango Senatorio, allora si determina una mancanza d'autonomia degli intellettuali, i quali mostrano tre atteggiamenti: SMACCATA ADULAZIONE DISIMPEGNO (Letteratura d'evasione) DISSENSO: aperto o velato ( si oppongono al potere)
INTELLETTUALI TRA CONSENSO E DISSENSO Nell’età giulio-claudia si accentuò il fenomeno di disgregazione del rapporto fra gli intellettuali e il potere (ma già con Augusto v. Ovidio). Finché Mecenate era rimasto in vita, col suo prestigio e la sua influenza aveva fatto da tramite discreto tra il potere e gli uomini di cultura ed era riuscito ad assicurare a questi una certa autonomia.
Lo stoicismo come ideologia del dissenso In questa prima metà del I d.C., fino al principato di Nerone, lo stoicismo diventò l’asse ideologico intorno a cui ruotò gran parte del dissenso nei confronti della politica imperiale. La speculazione filosofica stoica adesso, si dedica infatti soprattutto ai problemi etici, anzi si può affermare che la filosofia finisce col coincidere addirittura con l’etica e diviene la disciplina che insegna a vivere, tanto che Musonio, uno stoico di questa età, arriva a sostenere che “essere buono ed essere filosofo è la stessa cosa”.
Dunque compito del saggio stoico deve essere fondamentalmente l’esercizio della virtù, che consiste in un processo di interiorizzazione, nell’autonomia e nella libertà della coscienza. Questo ideale speculativo, in un momento in cui il principato andava assumendo sempre più connotazioni tiranniche, era destinato ad acquistare una spiccata valenza politica, e pertanto si spiega con una certa facilità perché la filosofia stoica divenne lo strumento culturale e ideologico preferito da quei gruppi di rango senatorio che osteggiavano il principe e deprecavano la perdita della libertà politica.
GENERI LETTERARI Il diffondersi di una sensibilità tendente al meraviglioso e allo straordinario e il libero dispiegarsi della fantasia nell’opera d’arte fecero sentire i loro effetti anche nella letteratura, soprattutto nell’ambito dei generi.
L’ingenium sembra prevalere sull’ ars , o quanto meno, su un’arte classicamente intesa. Dunque si percorrono vie nuove, nella certezza che le strade tradizionali sono ormai impraticabili, sia perché sono state già percorse fino in fondo dai poeti dell’età augustea, sia perché non appaiono più rispondenti alle nuove istanze della cultura del tempo.
Di questo stravolgimento delle istituzioni letterarie risentono soprattutto i generi, che spesso mutano caratteristiche o tendono a fondersi in altri generi, sperimentando nuove forme letterarie (es. Satyricon).
Escludendo le opere di Seneca e di Petronio i generi che maggiormente si diffondono durante l’età dei giulio-claudia sono: la favolistica, la satira, l’epica, la storiografia, il teatro e la poesia e la prosa scientifica.
LA FAVOLISTICA Fedro riesce a dare a questo genere un carattere tutto proprio, in quanto non si accontenta più di utilizzare la favola come apologo o come pretesto, ma riesce a caricare i suoi componimenti di una velata, ma non per questo meno valida, protesta contro i potenti che opprimono senza via di scampo gli umili, ai quali va la simpatia del poeta.
LA SATIRA Con Persio la satira acquista un carattere fortemente moralistico e filosofico, che con Orazio non aveva avuto e diventa lo strumento per un’intransigente fustigazione dei vizi del tempo (influenza della filosofia stoica e soprattutto delle prediche dei cinici). Perde il carattere bonario nei confronti delle debolezze degli uomini e tende a diventare astratta riflessione moraleggiante che sconosce le debolezze ma anche la complessità del cuore umano.
L’EPICA Il poema epico perde i caratteri che aveva avuto durante il principato augusteo. Lo sforzo di Virgilio era stato quello di trasfigurare nel mito, e quindi in una dimensione atemporale, la storia di Roma e del suo principe; Lucano, invece, non rinuncia alla storia, e riprende l’antica tradizione epico-storica romana da Nevio a Ennio, descrivendo e trasfigurando artisticamente i fatti concernenti la guerra fra Cesare e Pompeo. Nel Bellum Civile l’interesse per la realtà storica si fonde con il gusto per il meraviglioso, per l’esotico e per l’immaginario
LA STORIOGRAFIA Non è possibile tracciare un bilancio complessivo dell’attività storiografica di questo periodo, perché la produzione che esprimeva dissenso nei confronti del potere è stata censurata e quindi non ci è pervenuta. Ci resta la produzione più innocua, ma forse anche la meno valida, quella cioè che fiancheggiò l’opera del principato, o che tutt’al più si mise in una posizione di neutralità. Nell’ambito di questa storiografia sostanzialmente conformistica si collocano le opere di Velleio Patercolo, Valerio Massimo e Curzio Rufo.
LA POESIA E LA PROSA SCIENTIFICA Si ebbe un grande sviluppo della scienza, dovuto probabilmente al fatto che si trattava di una disciplina non compromettente sul piano politico e che veniva anzi favorita dal principato, convinto di poter creare un miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini proprio attraverso la scienza e la sua successiva applicazione politica (Seneca “Naturales quaestiones”, Manilio “Astronomica”, Pomponio Mela, Celso, Columella)