DOCUMENTAZIONE CLINICA: RESPONSABILITÀ PROFESSIONALI

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DOCUMENTAZIONE CLINICA: RESPONSABILITÀ PROFESSIONALI Corretta tenuta della documentazione clinica nei Servizi Territoriali Dipendenze Patologiche DOCUMENTAZIONE CLINICA: RESPONSABILITÀ PROFESSIONALI Dott.ssa Alessandra De Palma Bologna, 12 settembre 2014

Un presupposto… …Responsabilità parola chiave in ambito professionale il cui significato può essere recepito in una duplice accezione OTTICA POSITIVA: Conoscenza degli obblighi connessi allo svolgimento della professione OTTICA NEGATIVA: Attitudine a rispondere del proprio operato (valutazione di un organo giudicante)

RESPONSABILITÀ come MAGGIORE AUTONOMIA E IMPEGNO PROFESSIONALE DERIVANTI DA UNA MIGLIORE QUALIFICAZIONE DEL RUOLO E DA UN AUMENTO DELLE COMPETENZE (concetto “positivo”)

della RESPONSABILITÁ… AMMINISTRATIVO-CONTABILE Il LATO “NEGATIVO” della RESPONSABILITÁ… PENALE CIVILE DISCIPLINARE DEONTOLOGICA AMMINISTRATIVO-CONTABILE

RESPONSABILITÁ DISCIPLINARE I dipendenti pubblici, nell’esercizio delle loro funzioni, devono garantire non solo il rispetto delle norme contrattuali ma anche una piena adesione ai valori che presiedono l'azione delle pubbliche amministrazioni. Innanzitutto, l’interesse pubblico; ma anche: comprensibilità e affidabilità nelle comunicazioni, nelle dichiarazioni e, in particolare, negli atteggiamenti relativi ai contatti con il pubblico e ai rapporti sociali.

In ambito giurisdizionale… ILLECITO PENALE COLPA GENERICA ART. 43 C.P. COLPA SPECIFICA ILLECITO CIVILE RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE

La violazione delle norme penali La violazione delle norme civili ART. 27 della COSTITUZIONE La responsabilità penale è personale Nell’ambito di un contenzioso in sede penale, il professionista è chiamato a rispondere personalmente del fatto-reato che gli viene attribuito La violazione delle norme civili ART. 28 della COSTITUZIONE La responsabilità civile si estende all’ente (fatto salvo il diritto di rivalsa sul dipendente nei casi di dolo e di colpa grave in virtù delle norme specifiche sul pubblico impiego)

CONDOTTA ANTIGIURIDICA DELL’OPERATORE SANITARIO (E NON) NESSO CAUSALE DANNO al/la PAZIENTE

La responsabilità contrattuale Questo è vero per la responsabilità penale e per la responsabilità civile extracontrattuale … ma non per quella civile contrattuale che è quella dei pubblici dipendenti … La responsabilità contrattuale Il/la paziente deve allegare l’esistenza del contratto e la prova che il danno patito si è verificato in costanza della prestazione sanitaria

Anche dopo il D.L. 158/2012 (c.d. Decreto Balduzzi) – Legge 189/2012 “…la materia della responsabilità civile segue le sue regole consolidate, e non solo per la responsabilità aquiliana del medico, ma anche per la c.d. responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale (Cass. 4030/2013)” per cui “il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l’onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (Cass. 6093/2013)”.

La responsabilità extracontrattuale Il/la paziente che si ritiene danneggiato/a deve provare: l’errore la lesione patita la corrispondenza biunivoca tra errore e danno (cioè il nesso causale…)

DIPENDENTE E STRUTTURA POSIZIONE DI GARANZIA DEL SISTEMA SANITARIO E SOCIO-SANITARIO VERSO IL CITTADINO DIPENDENTE E STRUTTURA MAGGIORE EFFICIENZA POSSIBILE IN BASE ALLE RISORSE DISPONIBILI

ATTIVITÀ in ÉQUIPE PRINCIPIO dell’AFFIDAMENTO: SE DANNO al CITTADINO: ciascuno deve tenere un comportamento corretto e appropriato alle circostanze SE DANNO al CITTADINO: ciascun operatore risponderà dell’inosservanza delle leges artis del proprio settore professionale

SI NO

Art. 113 c.p. “Cooperazione nel delitto colposo” Nei delitti colposi, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di esse soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso….

DOCUMENTAZIONE CLINICA Rappresenta lo strumento di lavoro che consente la comunicazione tra i professionisti che intervengono nel processo di cura Ma anche lo strumento che consente, a posteriori (ad es. nei casi di presunta responsabilità sanitaria), di ricostruire il processo di cura cui il paziente è stato sottoposto (ricostruire il percorso logico relativo alle decisioni cliniche e assistenziali dei professionisti che hanno avuto in cura la persona)

LA RESPONSABILITÁ DEL PROFESSIONISTA E DELLA STRUTTURA

A FRONTE DI UNA RICHIESTA DI RISARCIMENTO O DI UNA CITAZIONE IN GIUDIZIO… ACCADE NON DI RADO DI DEDURRE CHE LA CONDOTTA DEL/DEI PROFESSIONISTA/I NON SIA CRITICABILE DAL PUNTO DI VISTA TECNICO…

CONTENZIOSO GIUDIZIARIO CIVILE PER I PROFESSIONISTI E PER LE SE É COSÍ… PERCHÉ DUNQUE IL CONTENZIOSO GIUDIZIARIO CIVILE “FINISCE MALE” NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI PER I PROFESSIONISTI E PER LE AZIENDE SANITARIE?

PERCHÉ NELL’AMBITO DI UN CONTENZIOSO CIVILE NON SONO AMMESSE DEDUZIONI “A FAVORE DEL PROFESSIONISTA…” NON SI TRATTA IN QUESTI CASI DI PRESTAZIONI INADEGUATE SUL PIANO TECNICO MA DI PRESTAZIONI INADEGUATAMENTE DOCUMENTATE…

IN ALTERNATIVA (O CONGIUNTAMENTE) ALL’AZIONE PENALE PUÓ ESSERE INTRAPRESA UN’AZIONE DI RESPONSABILITÁ IN AMBITO CIVILE IN QUESTO CASO… L’ESITO DEL PROCEDIMENTO NON É UNA PENA PER L’OPERATORE BENSÍ UN RISARCIMENTO ALLA PERSONA DANNEGGIATA… (SOSTENUTO ANCHE DALLA STRUTTURA SANITARIA)

GIURISDIZIONALE E GIURIDICO “MEDICAL MALPRACTICE”? …MA COM’É VALUTATA IN AMBITO GIURISDIZIONALE E GIURIDICO LA RESPONSABILITÁ DA “MEDICAL MALPRACTICE”?

CASSAZIONE “BIFRONTE” IN AMBITO PENALISTICO: IN DUBIO PRO REO (A FAVORE DEL PROFESSIONISTA) IN AMBITO CIVILISTICO: IN DUBIO PRO MISERO (CONTRO IL PROFESSIONISTA)

“SONO COMPLICANZE PREVISTE, PURTROPPO É SUCCESSO…” DI FRONTE AD UN EVENTO AVVERSO CON DANNO AL/LA PAZIENTE …NON BASTA DI CERTO IL TRINCERARSI DIETRO A… “SONO COMPLICANZE PREVISTE, PURTROPPO É SUCCESSO…”

…E ALLORA? CIÓ CHE FA LA “DIFFERENZA” RISPETTO ALL’EVENTUALE INNESCARSI DI UN CONTENZIOSO É L’AVER SAPUTO COMUNICARE IL RISCHIO NEL MODO ADEGUATO… AL/LA PAZIENTE E AI SUOI FAMILIARI

Questo richiede la messa in atto di una gestione “a monte”, proattiva del contenzioso, che ha il suo fondamento nella buona relazione con il/la paziente …e con l’éntourage familiare BISOGNA DOCUMENTARE ADEGUATAMENTE IL PROPRIO OPERATO E LE SCELTE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICHE DOPO UN PROCESSO DI CONDIVISIONE CON L’INTERESSATO/A ANCHE QUANDO É DIFFICILE…

Sentenza Corte di Cassazione n. 8875/1998 «...la mancata segnalazione in cartella clinica, di manifestazioni cliniche rilevanti, di trattamenti medicamentosi e di atti operativi, è indice di comportamento assistenziale costantemente negligente ed imperito…» Sentenza Corte di Cassazione n. 8875/1998

Cassazione penale, sez. V, sentenza 13989/2004 «La documentazione clinica, in virtù della sua funzione pubblica, non appartiene a colui che la redige. É quindi vietato alterare il significato della cartella, anche se il documento rimane nella disponibilità materiale del medico. Nell’ipotesi di una annotazione errata, è quindi lecito solo ripetere successivamente l’annotazione corretta, senza modificare le precedenti scritture…» Cassazione penale, sez. V, sentenza 13989/2004

Cassazione Civile, Sezione III, 21 luglio 2003, n. 11316 «La imperfetta compilazione della cartella clinica (la cui corretta compilazione e tenuta compete al sanitario) non può pregiudicare il paziente, nel caso in cui non si possono trarre utili elementi di valutazione della condotta del medico. Se il documento clinico è incompleto possono essere ammesse presunzioni logiche come fonti di prova…». Cassazione Civile, Sezione III, 21 luglio 2003, n. 11316

«…Nella valutazione dell'esattezza della prestazione medica valore indiziante è attribuito alla corretta ed esaustiva compilazione della cartella clinica, con la conseguenza che le omissioni imputabili al medico nella redazione della stessa cartella clinica possono rilevare ai fini del nesso eziologico presunto …» Tribunale di Genova - 2004

NO cancellazioni occlusive…. Art. 476 c.p. Falsità materiale commessa da PU in atti pubblici Il PU che, nell’esercizio delle sue funzioni forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un fatto vero, è punto con la reclusione da 1 a 6 anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da 3 a 10 anni ATTENZIONE: le ev. correzioni vanno eseguite lasciandone traccia (lasciando visibile la parte sbagliata e documentando data e ora della correzione) NO cancellazioni occlusive….

ATTENZIONE: cercare di mettere a posto le cose Art. 479 c.p. Falsità ideologica commessa da PU in atti pubblici Il PU che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute o comunque attesta falsamente atti…soggiace alle pene stabilite nell’art. 476 ATTENZIONE: cercare di mettere a posto le cose a posteriori (es. dando atto dell’esecuzione di qualche cosa che non è stata fatta) è un falso!

IL CONTENZIOSO È STATO SOSTENUTO NON TANTO NEGLI ULTIMI ANNI IL CONTENZIOSO È STATO SOSTENUTO NON TANTO E NON SOLO DA PRESTAZIONI INADEGUATE DAL PUNTO DI VISTA TECNICO-PROFESSIONALE QUANTO DA PRESTAZIONI NON ADEGUATAMENTE DOCUMENTATE

L’inadeguata documentazione dell’attività diagnostico-terapeutica e della consapevole adesione del/la paziente alle cure si configura come la causa più frequente della scarsa “difendibilità” dell’operato dei professionisti coinvolti in procedimenti giudiziari oltre che delle Aziende Sanitarie “chiamate” al ristoro dei danni provocati alla persona, sia in ambito giudiziale, sia extragiudiziale. La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizations (JCAHO) ha precisato che le informazioni presenti nella documentazione clinica sono fondamentali al fine di: facilitare l’assistenza al paziente; fornire la base informativa per scelte assistenziali appropriate e per attivare l’integrazione di competenze professionali e di strutture organizzative diverse; favorire e promuovere il miglioramento delle attività assistenziali; consentire la ricerca clinica; servire come fonte primaria per il riconoscimento dell’attività sanitaria e per tutte le incombenze di tipo medico-legale.

La realtà Dei Ser.T.

Le certificazioni Il certificato è l’atto scritto con cui si dichiarano conformi a verità fatti di natura tecnica direttamente constatati di cui il certificato è destinato a provare l’esistenza Requisiti formali e sostanziali del certificato COMPLETEZZA, CHIAREZZA E VERIDICITÁ DEL CONTENUTO CORRETTEZZA FORMALE NELLA COMPILAZIONE

La maggioranza delle certificazioni rilasciate compete al medico. Esistono, tuttavia, certificati, come quello di svantaggio sociale o, per i detenuti tossicomani, di idoneità del programma terapeutico, che potrebbero, in certi casi, essere rilasciati anche da altri professionisti poiché i fatti che devono essere attestati non sono sempre necessariamente di carattere medico. Carattere multidisciplinare che il Testo Unico 309/90 attribuisce ai Ser.T. Anche psicologi e assistenti sociali e infermieri professionali devono attenersi alle regole

CERTIFICAZIONI DI COMPETENZA MEDICA Sono di stretta competenza medica le seguenti certificazioni: certificazione di tossicodipendenza, ai sensi del Decreto Ministeriale (DM) 186/1990, con indicazione delle procedure diagnostiche e medico-legali per l'accertamento dell'uso abituale desunte da: a) riscontro documentale di trattamenti socio-sanitari, b) segni di assunzione abituale, c) sintomi fisici e psichici di intossicazione in atto, d) sindrome da astinenza in atto, e) presenza di sostanze stupefacenti e/o loro metaboliti nei liquidi biologici e/o nei tessuti; certificazione di alcol-dipendenza indicando il criterio diagnostico utilizzato (per esempio DSM o ICD).

il suo rappresentante legale Titolato a chiedere una certificazione è unicamente il diretto interessato o il suo rappresentante legale (genitore esercente la potestà genitoriale di un minore, tutore, avvocato difensore) Solo nei casi, tassativamente stabiliti dalla legge (art. 32 della Costituzione), concernenti trattamenti sanitari obbligatori (diagnostici o terapeutici) la certificazione dell’avvenuto trattamento potrebbe essere richiesta dall’Autorità che lo ha legittimamente disposto

CERTIFICAZIONE DI ASSENZA DI TOSSICODIPENDENZA in ambito lavorativo (obbligatoria per determinate categorie di lavoratori, art. 125 del T.U. 309/90); procedimenti di affidamento di minori o adozione; separazione tra coniugi; richiesta di patente o porto d’armi; idoneità ad attività sportiva

PREGRESSA DIAGNOSI DI TOSSICODIPENDENZA Certificazione del “superamento dello stato di tossicodipendenza” DSM-V Maggio 2013 scompare la distinzione tra abuso e dipendenza, a favore di un unico disturbo modulato in un continuum su tre livelli di gravità

per un periodo di 12 mesi, di due criteri I criteri di riconoscimento del disturbo di dipendenza sono 13 (tra cui tolleranza e astinenza), gli stessi utilizzati dal DSM IV Al fine di formulare una diagnosi di dipendenza è sufficiente la presenza, per un periodo di 12 mesi, di due criteri (da cui sono però esclusi tolleranza e astinenza in quanto considerate risposte adattive alla sostanza dal punto di vista fisiologico)

Per formulare la certificazione, considerare i seguenti aspetti: negatività dell’anamnesi e dell’esame obiettivo; assenza di fatti, registrati in cartella clinica o in altro modo rilevati, indicanti il permanere dei criteri DSM per la dipendenza; documentazione di avvenuta sorveglianza catamnestica presso un Servizio Tossicodipendenze con esecuzione periodica degli esami tossicologici per le sostanze d’abuso oppure

adozione di un programma analogo al momento della richiesta di certificazione (che verrà rilasciata solo dopo 12 mesi) oppure risultato negativo di test tossicologici sul capello in grado di rivelare l’assunzione di sostanze d’abuso in periodi, dipendenti dalla lunghezza del campione prelevato, antecedenti il momento della richiesta.

NELLA CERTIFICAZIONE SI DOVREBBE FARE RIFERIMENTO AI CRITERI UTILIZZATI Qualora non fossero disponibili riscontri per un periodo di 12 mesi, la certificazione dovrà limitarsi ad attestare quanto supportato dalla documentazione clinica, riferito al periodo effettivamente controllato. Se il paziente è astinente ma ancora inserito in programmi di recupero ambulatoriali o territoriali, questo fatto dovrebbe essere citato. Benché la certificazione sia prevalentemente di competenza medica, per la rilevazione dei criteri DSM il medico potrebbe utilmente avvalersi, se lo ritiene necessario, anche di valutazioni da parte di altri professionisti come gli assistenti sociali o gli psicologi

Certificazione di «uso abituale» Decreto 186/1990 per l’accertamento dell’uso abituale di sostanze stupefacenti Il decreto (datatissimo….) aveva lo scopo di distinguere i detentori illegali di sostanze vietate per uso personale, che incorrono in sanzioni amministrative, da coloro che le detengono per altri motivi e che incorrono, invece, in sanzioni penali. Di fatto, questo decreto è rimasto l’unico riferimento normativo per gli accertamenti a fini medico-legali riguardanti l’uso, l’abuso e la dipendenza da sostanze illegali, se si eccettua la normativa emanata ai sensi dell’art. 125 del T.U. 309/90 per le certificazioni necessarie per l’idoneità a determinate mansioni lavorative.

DM 186/90 Criteri per la certificazione a fini medico-legali di “uso abituale” di sostanze stupefacenti: riscontro documentale di esami tossicologici positivi per sostanze d’abuso; segni di assunzione abituale della sostanza d’abuso, sintomi fisici e psichici di intossicazione in atto; riscontro documentale di interventi terapeutici specificamente dovuti a dipendenza, sovradosaggio o astinenza da sostanze illegali.

Il T.U., nell’attuale versione, ipotizza altri due tipi di certificazione All’art 89, comma 2, e all’art. 94 prevede il rilascio di certificazione attestante lo “stato di tossicodipendenza o di alcol-dipendenza” ai fini, rispettivamente, della disposizione degli arresti domiciliari alternativi alla custodia cautelare in carcere e dell’affidamento in prova dopo la condanna per persone che intendano effettuare un programma terapeutico per dipendenza da sostanze stupefacenti o psicotrope o da alcol. All’art. 91, comma 2, prevede la “certificazione” del, si suppone pregresso, “stato di tossicodipendente” di cui all’art. 90, rilasciata dai Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze o dai Servizi Multidisciplinari Integrati per la sospensione della pena detentiva per chi si è già sottoposto “positivamente” ad un programma terapeutico se il reato era “in relazione” allo stato di tossicodipendente.

Misure alternative e sostitutive della pena Occorre tenere presente che all’istanza per ottenere i benefici riservati a persone dipendenti, indirizzata al giudice (art. 89, TU 309/1990) o al Tribunale di Sorveglianza (art. 90 TU 309/1990) da parte dell’interessato (o del suo rappresentante legale) va sempre allegata una delle certificazioni indicate dagli specifici articoli di legge e precisamente : 1. certificazione attestante che l’imputato in attesa di giudizio, già in trattamento, “è una persona tossicodipendente o alcoldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero” e che “l'interruzione del programma può pregiudicare il recupero dell'imputato” (art. 89, comma 1 TU 309/1990); 2. certificazione “attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcoldipendenza” dell’imputato che non è in trattamento ma intende sottoporsi “ad un programma di recupero” con l’indicazione della “procedura con la quale è stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche” e con allegata la “dichiarazione della disponibilità all’accoglimento” da parte della struttura residenziale a cui il soggetto intende accedere (art. 89, comma 2 TU 309/1990);

3. certificazione, richiesta da persona con condanna definitiva, che attesti che l’interessato si è “sottoposto con esito positivo ad un programma terapeutico e socioriabilitativo” (art. 90 comma 1 TU 309/1990) comprendente l’indicazione della “procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope”, il “tipo di programma terapeutico e socio-riabilitativo scelto, l’indicazione della struttura ove il programma è stato eseguito, le modalità di realizzazione ed i risultati conseguiti a seguito del programma stesso” (art. 91, comma 2, TU 309/1990); 4. certificazione, richiesta da persona con condanna definitiva che richieda “l’affidamento in prova in casi particolari” al servizio sociale “attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, l'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato” (art. 94, comma 1, TU 309/1990).

In tutti i casi, la certificazione deve contenere il riferimento alle procedure con le quali è stato accertato “l’uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope” o alcoliche. Il T.U. utilizza in maniera apparentemente intercambiabile i termini di “abuso”, “uso abituale” e “tossicodipendenza – alcoldipendenza” creando notevoli problemi interpretativi, ulteriormente aggravati dal fatto che sono tuttora in vigore gli articoli 92, 93, 94 e 95 del Codice Penale che dispongono, per i casi di reati commessi sotto l’effetto di alcol e/o di stupefacenti, quanto segue:

art. 92: “l’ubriachezza non derivata da caso fortuito o forza maggiore non esclude né diminuisce l’imputabilità. Se l’ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato o di prepararsi una scusa la pena è aumentata”; art. 93: “le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti”; art. 94: “Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la pena è aumentata. Agli effetti della legge penale è considerato ubriaco abituale chi è dedito all’uso di bevande alcoliche e in stato frequente di ubriachezza. L’aggravamento di pena (…) si applica anche quando il reato è commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti da chi è dedito all’uso di tali sostanze”; art. 95 “per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcol ovvero da sostanze stupefacenti si applicano le disposizioni degli artt. 88 e 89” (non imputabilità o imputabilità diminuita)”.

RIASSUMENDO… Il legislatore ipotizza la certificazione a fini medico-legali di diverse condizioni con i seguenti fini: abuso di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 78 DPR 309/90) per applicare ai detentori le sanzioni amministrative di cui agli artt. 75 e 75 bis invece delle misure penali; uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope (DM 186/90) al fine originario di distinguere i consumatori dagli altri detentori; stato di tossicodipendenza o alcol-dipendenza ai fini di ottenere gli arresti domiciliari invece della detenzione cautelare in carcere quando imputati (art. 89, comma 2, T.U. 309/90) con definizione delle procedure con cui è stato accertato “l’uso abituale” delle sostanze;

stato di tossicodipendenza o alcol-dipendenza ai fini di ottenere l’affidamento in prova dopo la condanna con definizione delle procedure con cui è stato accertato “l’uso abituale” delle sostanze (art. 94 TU 309/90); stato di tossicodipendente ai fini di ottenere la sospensione della pena per reati in relazione allo stato di tossicodipendente dopo aver concluso positivamente un programma terapeutico; cronica intossicazione da alcol o sostanze stupefacenti (art. 95 CP) al fine di diminuire o escludere l’imputabilità.

Limiti… Criteri del DM 186/90 non coincidenti con quelli utilizzabili per la diagnosi clinica, presupposto per certificare l’idoneità del programma terapeutico più volte citato nella legge; difficilmente applicabili a sostanze diverse dall’eroina Il DM non definisce, inoltre, i limiti temporali entro cui considerare in atto la dipendenza. L’obbligo di rilasciare sia certificazioni di tossicodipendenza in atto sia certificazioni di non tossicodipendenza comporterebbe la necessità di adottare criteri temporali omogenei e non arbitrari per valutare l’attualità della documentazione esibita

Certificazione di idoneità alla guida Il medico che effettua la valutazione presso il SERT non dovrebbe essere un membro della Commissione patenti (CML): vero o falso? Meglio: sarebbe preferibile che non valutasse i suoi pz.... La certificazione è rilasciata all’interessato che potrà esibirla alla Commissione patenti La valutazione dovrà comprendere, come sempre, la rilevazione dell’anamnesi, la valutazione dell’eventuale documentazione esibita dall’interessato/a o già in possesso del SERT, l’esame obiettivo e gli opportuni esami tossicologici Il medico dovrebbe limitarsi a verificare la persistente assunzione della sostanza per cui il cittadino è stato inviato alla Commissione Patenti o effettuare una valutazione delle comorbidità?

Altre osservazioni… La formulazione del giudizio diagnostico, così come la descrizione di altri dati utili, debbono essere registrati impiegando un linguaggio tecnico scevro da giudizi di valore e da commenti indebiti Non redigere annotazioni anche minimamente umoristiche o “colorite” possibili contestazioni da parte dell’interessato o di altre parti in causa, con possibili conseguenze negative, anche disciplinari, a carico del medico certificatore Non può giustificare l’atteggiamento precostituito dello “scrivere il meno possibile”…

Ad esempio… In materia di aggiornamento periodico del Magistrato circa l’andamento del programma di cura alternativo alla detenzione, qualora si sia riscontrata una “violazione” nei termini di una isolata positività al THC in un soggetto che gode di permessi di uscita settimanali, il riportare meramente detto rilievo senza corredarlo di un preciso ed esauriente commento tecnico inerente a se e a quanto detta “violazione” incida negativamente nel processo di cura del soggetto, appare una omissione… …in questo caso, lo “scrivere il meno possibile” diviene omissione sul piano della responsabilità e configura un atteggiamento disdicevole su quello del rapporto con l’utente.

…ancora… La firma deve essere apposta dal medico e dal Responsabile del SER.T., se il Responsabile non è medico. Il certificato deve rispondere a quanto l’utente, il suo Avvocato o una pubblica Autorità hanno espressamente richiesto. L’interessato, qualora non abbia materialmente ricevuto un certificato di TD che lo riguarda, deve comunque essere sempre stato avvisato prima, o il più presto possibile, del rilascio di detto certificato. Se non sussistono elementi di giudizio validi a supportare la diagnosi di TD il certificato di TD non deve, evidentemente, essere predisposto e rilasciato dal SER.T., a prescindere da quanto opinato o suggerito da altri professionisti o presunti tali, da figure più o meno significative e più o meno in buona fede appartenenti al contesto familiare dell’interessato e a prescindere ancora da quanto contenuto in qualsivoglia documento di natura dottrinaria o normativa della più varia ispirazione o cogenza, attualmente disponibile così come di futura pubblicazione. In caso di certificazione di non-TD e qualora dal contrasto tra la propria «scienza e coscienza» e le opinioni e le aspettative altrui scaturisca una controversia apprezzabile, è bene considerare come riferimento, oltre ai superiori gerarchici del Servizio Sanitario Regionale che debbono ovviamente essere investiti del problema in prima battuta, anche l’Ordine dei Medici (o di altra categoria professionale) di appartenenza.

Terapia sostitutiva per la dipendenza da oppiacei Legge 309/90 prevede: obbligo del registro di carico e scarico; divieto di consegna a minori e persone manifestamente inferme di mente scopo terapeutico della prescrizione; consegna o prescrizione su ricettario ministeriale fino ad un massimo di 30 giorni di terapia. La persona alla quale sono consegnati in affidamento i medicinali è tenuta ad esibire a richiesta la prescrizione medica o il piano terapeutico in suo possesso. Il farmaco deve, quindi, essere consegnato o all’interessato o anche, sempre che non sussista la necessità di diretti controlli clinici, ad una persona da lui stesso delegata per iscritto nota del Ministero della Salute - 19/04/2006 e dall’ art. 1, comma 4 del Decreto Min. Salute 16/11/2007

RESPONSABILITÀ DEL MEDICO PER L’USO CHE IL PAZIENTE FA DEL FARMACO Per prescrivere correttamente una qualsiasi terapia il medico dovrebbe: 1. formulare la diagnosi sulla base, per lo meno, di un’anamnesi e di un esame obiettivo e, nel caso intenda iniziare una terapia sostitutiva, di esame tossicologico positivo per composti morfinici oppure della rilevazione di segni oggettivi indicatori di sindrome d’astinenza da oppiacei oppure di riscontro documentale di assunzione cronica di oppiacei; 2. definire gli obiettivi della terapia e scegliere il farmaco dopo aver valutato rischi e benefici; 3. discuterli con il/la paziente ed acquisire la sua collaborazione; 4. informare il/la paziente delle precauzioni, degli effetti collaterali, delle norme di conservazione in maniera comprensibile; 5. nel caso di prescrizione di stupefacenti, informare il/la paziente dei rischi legali di un uso diverso da quello terapeutico; 6. documentare tutto ciò sulla cartella clinica.

DSM V Maggio 2013 CERTIFICARE DIPENDENZE NON FARMACOLOGICHE nella stessa categoria dei disturbi da uso di sostanze, compare, per la prima volta, il disturbo da gioco d'azzardo (gambling), indicato come unica condizione di una nuova categoria di dipendenze comportamentali

In questi casi, per la rilevazione dei sintomi l’osservazione diretta e l’esame obiettivo non sono mai utilizzabili. È, invece, possibile documentare i criteri “diagnostici” utilizzati se, per esempio, il/la paziente che richiede tale certificazione ha una cartella clinica in cui sono stati registrati anamnesi, decorso e terapia effettuata. Anche un/a paziente con diagnosi, per esempio, di “dipendenza da gioco d’azzardo” può quindi chiedere una certificazione che dovrà però necessariamente avere carattere descrittivo, distinguere nettamente i fatti documentati dai riferiti e indicare il criterio diagnostico, se esiste, a cui si fa riferimento. Tali certificazioni, tuttavia, non potranno far riferimento al D.M. 186/90 per ottenere benefici in ambito penale, in quanto tale provvedimento è strettamente legato al controllo delle sostanze illegali e non ha nulla a che fare con altre problematiche.

comorbilità fra disturbi psichiatrici e disturbi da uso di sostanze Doppia diagnosi comorbilità fra disturbi psichiatrici e disturbi da uso di sostanze

Trattamento integrato Può essere la stessa équipe di clinici ad occuparsi di entrambi i disturbi del/la paziente, coordinando i programmi specifici oppure vi è una presa in carico (cura) congiunta da SERT e CSM. Gli obiettivi sono il recupero del soggetto e il miglioramento di entrambe le problematiche. Per “recupero” si intende che il soggetto a doppia diagnosi impari a gestire entrambi i disturbi e migliori la propria qualità di vita.

Amministratore di sostegno Art. 404 c.c. (1) (Amministrazione di sostegno). La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un Amministratore di Sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. _____________________________________________________ (1) Questo articolo è stato così sostituito dall’art. 4, comma 2, della L. 9 gennaio 2004, n. 6, a decorrere dal sessantesimo giorno dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 19 gennaio 2004) I soggetti legittimati a proporre ricorso per l’amministrazione di sostegno sono i responsabili dei servizi sociali e sanitari direttamente impegnati nella cura e nell’assistenza della persona

L’atto del ricorso è di per sé sufficiente, qualora vi sia necessità, a promuovere provvedimenti di protezione a favore della persona non autonoma. Art. 405 comma 5 del c.c. “…anche d’ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio. Può procedere alla nomina di un Amministratore di Sostegno provvisorio indicando gli atti che è autorizzato a compiere”.

…Osservazioni? …Quesiti?

Grazie per l'attenzione